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Infinito con valore finale-consecutivo

5. La sintassi delle subordinate

5.2 Valore finale-consecutivo

5.2.1 Infinito con valore finale-consecutivo

Un primo elemento di riflessione è relativo alla resa delle proposizioni subordinate di valore finale e consecutivo, la cui analisi risulta nell’insieme abbastanza complessa per la molteplicità di moduli espressivi che l’autore utilizza171. La prima evidenza è data dalla predilezione che Filostrato dimostra per il costrutto dell’infinito finale-consecutivo172: Infinito finale-consecutivo Imagines 21 Vita Apollonii 12 Vitae sophistarum 2 Heroicus 4

Il mero dato numerico, che risulta ancora più significativo se rapportato alle dimensioni delle opere confrontate tra loro173, induce a un’analisi approfondita che consente di contestualizzare l’uso di questa forma e spiegarla in relazione al più ampio quadro delle scelte linguistiche dell’autore.

170 WEBB 2009, p. 17: «The progymnasmata represented a process of transition from reading to speaking,

the moment when the schoolboy, whether in Egypt, Syria or Asia Minor, now primed with examples and mastery of the classical Attic idiom still used in high-level discourse».

171All’interno del quarto volume della sua corposa opera sull’atticismo, SCHMID 1896 (pp. 85-90) dedica

una sezione al censimento delle modalità di resa delle proposizioni subordinate presenti nel corpus.

172 Scegliamo per il momento di concentrare la nostra attenzione esclusivamente sulle forme non

precedute da ὥστε o da μή, poiché entrambe possono generare confusione rispetto al loro valore: lo stesso Schmid non include queste forme nel conteggio delle attestazioni dell’infinito finale-consecutivo.

88 Quella dell’infinito finale-consecutivo è certamente una struttura molto antica e ben radicata nella lingua, già a partire da Omero. In origine il suo valore era legato all’espressione di una volontà connessa alla conseguenza di un’azione, dunque il senso finale e quello consecutivo si sovrapponevano almeno parzialmente174. Nel tempo l’utilizzo di questa struttura si è progressivamente ridotto, attestandosi prevalentemente in dipendenza da forme verbali di movimento, condizione o processo175. Il greco della κοινή non solo conosce ancora quest’uso, ma testimonia anche una sua maggiore diffusione rispetto al greco classico, almeno per quanto possiamo vedere dalle attestazioni della lingua dei papiri176. Lo stesso Schmid considera quest’uso tra le forme di eleganza della κοινή177.

Osserviamo qualche esempio. Nell’imago dedicata alla descrizione degli Eroti intenti a cogliere mele dalle sommità di alcuni alberi, Filostrato scrive:

I 6, 2

ἀπ' ἄκρων δὲ τῶν ὄζων μῆλα χρυσᾶ καὶ πυρσὰ καὶ ἡλιώδη προσάγονται τὸν ἑσμὸν ὅλον τῶν Ἐρώτων γεωργεῖν αὐτά.

Dalle cime dei rami mele dorate, color fuoco e splendenti spingono tutto lo sciame degli Eroti a coltivarle.

Il composto che regge l’infinito γεωργεῖν rientra all’interno della categoria dei verbi di movimento, benché utilizzato in questo caso col valore metaforico di “indurre”.

174KÜHNER-GEHRT 1904, pp. 16-7. 175SCHWYZER 1939, pp. 362-6.

176MAYSER 1926, pp. 296-7. La forma è ben attestata anche nel greco neotestamentario, come segnalato

da BLASS-DEBRUNNER-REHKOPF 1982, pp. 467-70.

177SCHMID 1896, p. 618. L’uso di questo infinito è attestato anche per gli altri atticisti presi in esame

nell’opera dello studioso tedesco: in Dione Crisostomo (1887, p. 97) compare poco e solo vincolato all’uso di verbi di movimento; per Luciano (Ibid. p. 242), Schmid produce tre esempi senza ulteriori precisazioni in merito alla frequenza di utilizzo della costruzione. In Elio Aristide (1889, p. 56) si contano sette occorrenze, precedute dalla considerazione che la forma è ritenuta ein Atticismus nach Schol. Il. B 183. Lo scolio al verso omerico dà all’infinito θέειν un valore consecutivo: βῆ δὲ θέειν: ὥστε θέειν e aggiunge inoltre ἢ Ἀττικῶς λείπει τὸ ὥστε. ἢ τὸ ἀπαρέμφατον ἀντὶ μετοχῆς. Evidentemente lo scoliasta percepisce l’assenza di ὥστε come insolita. Si noti che la stessa espressione ricorre molto simile anche in un altro caso analogo non segnalato da Schmid: Schol. Il. 11, 519. In Eliano (1893, pp. 79-80) l’uso dell’infinito è più frequente e le attestazioni risultano complessivamente trentacinque.

89 È ovvio che l’autore non è vincolato all’utilizzo dell’infinito in tutti i casi in cui la proposizione finale/consecutiva dipende da un verbo di movimento, ma che ciò rappresenta una sua precisa scelta. Nel caso seguente, il verbo ἄγω si trova come reggente di una finale esplicita:

I 25, 3

πλεῖ καὶ Διόνυσος ἐπὶ κῶμον τῆς Ἄνδρου καὶ καθώρμισται μὲν ἡ ναῦς ἤδη, Σατύρους δὲ ἀναμὶξ καὶ Ληνὰς ἄγει καὶ Σειληνοὺς ὅσοι178. τὸν Γέλωτά τε ἄγει καὶ τὸν Κῶμον ἱλαρωτάτω καὶ ξυμποτικωτάτω δαίμονε, ὡς ἥδιστα ὁ ποταμὸς αὐτῷ τρυγῷτο.

Anche Dioniso naviga verso la festa di Andro e la nave è già approdata; conduce confusamente satiri e menadi e sileni quanti ce ne sono. Conduce anche Gelos e Komos, due spiriti molto allegri e compagni di bevute, perché il fiume faccia per lui vendemmia delle cose più dolci.

Come nel caso precedente, il soggetto della subordinata è diverso da quello della reggente, il cui verbo è legato all’idea del movimento. La differenza più significativa sembra riscontrabile nel fatto che mentre nell’esempio precedente il soggetto della subordinata può rimanere sottinteso poiché è noto (gli Eroti sono stati citati immediatamente prima, anche se con un'altra funzione grammaticale), in quest’ultimo caso il fiume è un elemento nuovo nel periodo e necessita di essere inserito in una costruzione esplicita. Al di là di queste considerazioni, sembra possibile affermare che l’utilizzo dell’infinito finale-consecutivo, proprio per il suo essere vincolato a condizioni più specifiche, rappresenta una scelta sintattica marcata rispetto alla variante esplicita della finale e della consecutiva.

Analizzando più da vicino l’uso filostrateo, una prima valutazione da compiere è relativa proprio al contesto sintattico in cui questi infiniti sono inseriti. Se prendiamo in considerazione le forme verbali presenti nelle proposizioni reggenti179, osserviamo

178 Si noti la struttura fortemente ellittica di questa frase, che si chiude in modo decisamente brusco. Per

l’uso di ὅσος nelle Imagines si veda 5.2.4.

179 Si riportano le forme coniugate così come presenti nel testo per mettere in evidenza il tempo e il modo

90 come accanto alla presenza di numerosi verbi ascrivibili alla categorie del movimento180 si trovino anche forme di valore diverso, non canonicamente connesse alla reggenza di questo costrutto: in alcuni casi, dunque, Filostrato sembra estendere l’uso dell’infinito finale-consecutivo anche a contesti sintattici differenti da quelli più consueti.

Prendiamo ad esempio il caso del verbo γράφω, per il quale possiamo citare due esempi di reggenza dell’infinito:

I 5, 2

[Δαίμων] γέγραπται δὲ οὐρανομήκης ἐπινοῆσαι καὶ τὸν πόδα <ἐπ>έχει ταῖς πηγαῖς οἷον Ποσειδῶν προσνεύων.

Un demone è dipinto da pensarlo alto fino al cielo e appoggia il piede sulle fonti, piegandosi come Posidone.

II 2, 6

γέγραπται δὲ ὁ μὲν ἀποπνίξας νεκρῷ εἰκάσαι καὶ τὸ ἀπαγορεῦον ἐπισημαίνων τῇ χειρί, ὁ δὲ Ἀρριχίων ὅσα οἱ νικῶντες γέγραπται·

Uno è dipinto mentre soffoca, tale da essere simile a un morto e mentre mostra il segno di resa con la mano, Arrichione invece è dipinto come sono quelli che vincono.

Il verbo non sembra rientrare tra quelli canonicamente utilizzati per la reggenza dell’infinito finale-consecutivo, anche se nel contesto delle Imagines potrebbe essere considerato come espressione di una condizione, poiché si riferisce alla particolare posizione in cui uno o più elementi descritti sono immortalati dal pittore. Nell’opera troviamo comunque lo stesso verbo anche come reggente di una costruzione esplicita:

ἔρρωται, κεῖται, κινοῦνται, κολακεύει, κωμάζουσιν, νενίκηκε, παρεῖνται, πέμπει, περιῆκται, πορεύονται, προσάγονται, φοιτᾷ.

180 Possiamo far rientrare nella categoria dei verbi di movimento: αἴρει, ἀπονένευκεν, διῆκται, ἐμβέβληκε,

91 Ι 19, 3

ὡς <δ'> ἐκπλήττοι τοὺς ἐντυγχάνοντας καὶ θηρίον τι αὐτοῖς ἐκφαίνοιτο, γλαυκοῖς μὲν γέγραπται χρώμασι, βλοσυροῖς δὲ κατὰ πρῷραν ὀφθαλμοῖς οἷον βλέπει181.

[La nave pirata], perché spaventi quelli che l’incontrano e si mostri loro come una belva, è dipinta con colori azzurri e sembra guardare dalla prua con occhi minacciosi.

Questi esempi, a differenza dei precedenti, ci consentono di inserire nella casistica dell’uso un altro particolare, poiché qui il soggetto della subordinata coincide con quello della reggente. In quest’ultimo caso la preferenza accordata alla forma esplicita potrebbe essere dovuta alla scelta dell’autore di anticipare la finale rispetto alla principale da cui dipende. Dobbiamo considerare poi che, nelle due occorrenze dell’infinito, il valore da attribuire alla subordinata era quasi certamente consecutivo, mentre nel caso della forma esplicita siamo evidentemente di fronte a una finale.

Quest’ultima considerazione ci offre lo spunto per affrontare la questione relativa all’interpretazione del valore di questi infiniti, che in alcuni casi si rivela difficoltosa. Nell’imago in cui descrive il paesaggio di una palude, Filostrato inquadra alcuni uccelli dal becco voluminoso e, secondo uno schema ricorrente, li passa in rassegna accennando a ciascuno:

I 9, 2

ὁ μὲν γὰρ ἐπὶ πέτρας ἀναπαύει τὼ πόδε κατὰ ἕνα, ὁ δὲ ψύχει τὸ πτερόν, ὁ δὲ ἐκκαθαίρει, ὁ δὲ ᾕρηκέ τι ἐκ τοῦ ὕδατος, ὁ δὲ εἰς τὴν γῆν ἀπονένευκεν ἐπισιτίσασθαί τι ἐκεῖθεν.

Infatti uno è fermo con le zampe su una pietra, ora su una ora sull’altra, uno si rinfresca le piume, un altro le pulisce, uno ha afferrato qualcosa dall’acqua, un altro si è piegato verso terra per cogliere da là qualcosa da mangiare.

181 È opportuno notare che il testo presenta alcune difficoltà; la particella δέ è una congettura di Reiske ed

è l’elemento che si rivela necessario per connettere la finale alla reggente posposta. Il contesto del passo tuttavia consentirebbe anche di leggere la proposizione introdotta da ὡς con il periodo precedente:ἡ μὲν οὖν λῃστρικὴ ναῦς τὸν μάχιμον πλεῖ τρόπον. ἐπωτίσι τε γὰρ κατεσκεύασται καὶ ἐμβόλῳ καὶ σιδηραῖ αὐτῇ χεῖρες καὶ αἰχμαὶ καὶ δρέπανα ἐπὶ δοράτων ὡς ἐκπλήττοι τοὺς ἐντυγχάνον τας καὶ θηρίον τι αὐτοῖς ἐκφαίνοιτo. Tutti gli editori hanno accettato la presenza di una pausa forte dopo δοράτων e connesso la proposizione con il periodo successivo.

92 L’ultimo degli uccelli descritti è ritratto piegato verso terra, sembra voler mangiare qualcosa: benché il valore finale possa essere considerato preferibile (è piegato verso terra per prendere qualcosa da mangiare), non si può escludere un’interpretazione consecutiva dell’infinito (è piegato verso terra tanto da prendere qualcosa da mangiare).

L’analisi del valore con cui Filostrato ricorre a questa forma (9 occorrenze con valore finale, 12 con valore consecutivo) restituisce un dato utile, ma poco significativo se non rapportato alle altre modalità espressive dell’autore in relazione al valore finale e consecutivo, che saranno oggetto delle sezioni seguenti.

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