• Non ci sono risultati.

Proposizioni consecutive esplicite

5. La sintassi delle subordinate

5.2 Valore finale-consecutivo

5.2.3 Proposizioni consecutive esplicite

Il trattamento dell’espressione consecutiva si rivela ancora più complesso, anche se apparentemente Filostrato sembra meno propenso a oscillazioni e orientato verso la scelta precisa di ὡς con l’infinito. Sarà utile, anche in questo caso, avviare l’analisi dalla contestualizzazione dell’uso con quanto attestato dalle grammatiche, che riportano un ventaglio di possibilità più ampio, sia per quanto riguarda la congiunzione, sia per l’uso del modo verbale191. Nel sistema delle consecutive del greco classico risulta largamente attestato l’utilizzo di ὥστε sia con l’infinito che con i modi finiti, in particolare l’indicativo, secondo un’opposizione di valore, generalmente accettata dagli studiosi, per cui l’utilizzo dell’infinito rappresenta una conseguenza ipotetica, potenziale, soggettiva, mentre l’indicativo una conseguenza reale e oggettiva192. Schmid suggerisce che l’utilizzo quasi assoluto di ὡς, dunque la scomparsa di ὥστε193, sia da ricercare nell’imitazione di Erodoto e paragonabile con l’uso che è possibile riscontrare in Arriano194. A differenza di quanto è stato notato per la subordinata finale, nel caso

191 Sul complesso sistema delle consecutive del greco classico si vedano KÜHNER-GEHRT 1904, pp. 499-

515; SCHWYZER 1939, pp. 677-81.

192 Per un riassunto delle principali posizioni in merito al valore di questa opposizione si vedano

DELAUNOIS 1972, pp. 78-82; CLINQUART-ISEBAERT 1984, pp. 305-8.

193 Sono appena 14 le attestazioni in tutto il corpus: Imagines 2, Vita Apollonii 1, Vitae Sophistarum 2,

Heroicus 2, De Gymnastica 3, Epistulae 4.

194 SCHMID 1896, p. 87. È datato qualche anno prima di Der Atticismus l’interessante contributo di

GILDERSLEEVE 1886 (p. 167) sulle proposizioni consecutive, da cui possiamo trarre un’indicazione

generale in merito all’uso di ὡς, occasionalmente attestata come congiunzione subordinante consecutiva in Eschilo, Sofocle, Erodoto e Senofonte, ma assente in Aristofane e negli oratori attici.

98 della consecutiva la κοινή non si è distanziata molto dall’uso classico, almeno per quanto riguarda la scelta della congiunzione, che continua a essere prevalentemente ὥστε; diverso invece il discorso per quanto riguarda l’uso dei modi, che segna un restringimento al solo infinito, preferito all’indicativo e in generale ai modi finiti utilizzati nel greco classico195. L’espressione del valore consecutivo con l’infinito non è soltanto la forma più antica, ma anche quella più diffusa nel periodo classico196: secondo il punto di vista di Clinquart e Isebaert, che si fondano sull’interessante concetto linguistico di opposizione privativa, ὥστε con l’infinito è la forma non marcata di espressione della conseguenza, poiché nell’opposizione “conseguenza reale/ipotetica” è possibile che l’infinito sia utilizzato per entrambi i valori, mentre la cosa non accade per l’indicativo197. Dunque nell’ottica della semplificazione della lingua possiamo immaginare che questo valore oppositivo si sia progressivamente sbiadito, lasciando prevalere la forma più frequentemente utilizzata.

L’elemento più interessante dell’uso filostrateo risiede però nell’uso di ὡς in luogo di ὥστε: un confronto con Eliano, l’altro atticista di cui Schmid riporta dati specifici in merito alla struttura della frase consecutiva, nella cui opera il costrutto con ὥστε è molto ben attestato, ci consente di evidenziare la singolarità della scelta filostratea198, che sembra orientata dal gusto atticista che conduce l’autore ad allontanarsi dalla κοινή e lo spinge alla ripresa di un modello ‘classico’, anche se non squisitamente attico come Erodoto. Osserviamo nel dettaglio la situazione che emerge da questa prima parte dell’analisi:

195Come possibile leggere inMAYSER 1926, pp. 297-300 e BLASS-DEBRUNNER-REHKOPF 1982,p. 468. 196 Schwyzer sostiene che il valore consecutivo sia passato tardi dall’utilizzo di una struttura paratattica a

una ipotattica, essendo veicolato in una prima fase attraverso l’infinito di valore finale-consecutivo, occasionalmente introdotto da ὥστε, sul quale abbiamo discusso in precedenza.

197CLINQUART-ISEBAERT 1984, p. 307. 198SCHMID 1893, pp. 85-6.

ὡς + inf. ὥστε + ind. ὥστε + inf.

99 Come possiamo vedere, la preferenza per la struttura di ὡς con l’infinito è schiacciante. Nella quasi totalità dei casi la consecutiva è anticipata nella sovraordinata da οὕτως/ οὕτω, anche se possiamo individuare qualche occorrenza che non presenta chiari elementi prolettici:

II 17, 4

τὸ μὲν δὴ τῆς νήσου πάθος τοιοῦτον ἡγώμεθα, ζεῦγμα δὲ ὑπὲρ τοῦ πορθμοῦ βέβληται, ὡς μίαν ὑπ' αὐτοῦ φαίνεσθαι καὶ τὸ μὲν ὑποπλεῖται τοῦ ζεύγματος, τὸ δὲ ἁμαξεύεται·

Dobbiamo ritenere dunque che tale sia stata la vicenda dell’isola; sullo stretto passaggio è stato gettato un ponte, tanto che essa si mostra come un’unica terra e ora si naviga al di sotto del ponte, ora lo si percorre con il carro.

Nell’imago l’autore descrive un’isola che si è separata in due a causa di un terremoto ed è stata ricongiunta dall’uomo attraverso un ponte; in questo caso il valore consecutivo della proposizione è piuttosto chiaro e l’assenza di un elemento correlativo nella reggente non crea difficoltà di interpretazione. Non è così invece in un passo dell’imago 16 del primo libro in cui, pur essendo la proposizione espressa attraverso ὡς e l’infinito, il valore sembra essere più finale che consecutivo:

Ι 16, 2

[Δαίδαλος] κάθηται δὲ ἐφ' ἁρμονίᾳ τῆς βοὸς καὶ τοὺς Ἔρωτας ξυνεργοὺς ποιεῖται τοῦ μηχανήματος, ὡς Ἀφροδίτης τι αὐτῷ ἐπιδεῖν199.

Dedalo sta seduto per l’assemblaggio della mucca e rende gli Eroti collaboratori della sua invenzione, così da legarle qualcosa di Afrodite.

199 Si consideri che il verbo ἐπιδεῖν è oggetto di una tradizione non uniforme: i due principali manoscritti

che gli editori utilizzano per la costituzione del testo (Laur. 69.30 e Par. gr. 1696) riportano ἐπειδή, mentre altri due importanti codici (Vat. 1898 e Vind. gr. 331) presentano la forma, evidentemente corrotta, ἐπειδεῖν. Sono i recentiores a riportare concordemente ἐπιδεῖν, che pare essere l’unica variante accettabile. Tra gli editori moderni, KAYSER 1871 ha proposto di correggere il verbo con un improbabile

100 Il soggetto dell’azione è Dedalo, descritto da Filostrato nell’atto di assemblare i pezzi che andranno a costruire l’involucro con le sembianze di mucca che accoglierà Pasifae. Egli desidera che l’aspetto della sua creatura abbia qualcosa di Afrodite e per questo scopo rende suoi collaboratori gli Eroti; diversamente potremmo intendere che Dedalo abbia chiamato gli Eroti come suoi assistenti e che la loro presenza condizioni il suo lavoro al punto da trasmettere alla statua il fascino della dea.

Davanti a una così netta preponderanza per l’uso di ὡς, può essere interessante valutare i soli due casi in cui l’autore sceglie invece ὥστε e provare a individuare quali fattori abbiano indirizzato la scelta dell’autore. Nel primo caso, la congiunzione è accompagnata dall’infinito:

I 11, 3

[Ζέφυρος] λέγεται γὰρ συναυλίαν τοῦ θρήνου τοῖς κύκνοις ὁμολογῆσαι. ταῦτά τοι καὶ πάρεστι τοῖς ὄρνισιν, ὥστε ὅρα καὶ ψάλλειν αὐτοὺς οἷον ὄργανα.

Si dice infatti che Zefiro abbia concesso ai cigni l’accompagnamento musicale del lamento funebre. Per questo, senza dubbio, si trova tra gli uccelli, tanto che - vedi - li fa vibrare come strumenti musicali.

Nell’imago che descrive la morte di Fetonte, Filostrato riporta la presenza di alcuni cigni che, ispirati da Zefiro, cantano il lamento funebre per il giovane200. L’immagine non è molto chiara, poiché non si capisce in che modo la presenza di Zefiro sia visibile e suggerisca il canto degli uccelli. Il secondo caso è più semplice e ὥστε introduce un indicativo: II 4, 3 σὺ δέ, μειράκιον, σωφροσύνης ἐρῶν ἄδικα μὲν ὑπὸ τῆς μητρυιᾶς ἔπαθες, ἀδικώτερα δὲ ὑπὸ τοῦ πατρός, ὥστε ὠδύρατο καὶ ἡ γραφὴ θρῆνόν τινα ποιητικὸν ἐπὶ σοὶ ξυνθεῖσα. 200

La presenza dei cigni in riferimento alla morte di Fetonte, come suggerito da SCHÖNBERGER 1968(p.

314),è da connettere alla figura di Cygnus, re dei Liguri e parente di Fetonte secondo quanto raccontato da Ovidio Met. II 367 ss.

101 Tu, ragazzo, dal momento che ami la castità, hai sofferto ingiustamente per colpa della matrigna e ancora più ingiustamente a causa di tuo padre, tanto che anche il dipinto ti compiange, avendo composto su di te come un poetico lamento funebre.

Il giovane a cui Filostrato si rivolge non è ovviamente il ragazzo che lo accompagna nella galleria, ma Ippolito. L’autore, come altre volte nelle Imagines, si sta dunque rivolgendo direttamente a un dei personaggi dei suoi quadri.

In entrambi i casi sembra possibile escludere da subito che l’uso di ὥστε sia da connettere con il grado di soggettività da assegnare alla consecutiva, poiché nelle Imagines l’infinito con ὡς è indistintamente attestato sia per la conseguenza soggettiva che per quella oggettiva. Il fatto poi che in un caso sia utilizzato l’infinito e nell’altro invece l’indicativo, allontana l’idea che la presenza di ὥστε possa essere connessa con l’uso del modo finito del verbo. Una suggestione potrebbe venire dalla presenza di alcuni elementi che accomunano i due passi: in entrambi i brani, infatti, c’è un forte riferimento al dialogo; nel primo caso ce lo conferma la presenza del problematico imperativo ὅρα, nel secondo l’uso esplicito della seconda persona del verbo. È possibile che la presenza di ὥστε sia da connettere con un più forte legame con il dialogo? La congiunzione, come abbiamo visto, era ben attestata nella κοινή, ma era anche quella più utilizzata dagli atticisti e non aveva dunque una connotazione particolarmente marcata, difficile dunque attribuirle valore di colloquialismo: in mancanza di ulteriori elementi, l’utilizzo di questa forma rimane poco chiaro.

Come per la finale, anche per la valutazione delle consecutive procediamo al confronto con il resto del corpus, che in questo caso non riserva particolari sorprese201:

ὡς + inf. % ὥστε + ind. % ὥστε + inf. %

Imagines 20 92 1 4 1 4 Vita Apollonii 72 99 1 1 - - Vitae sophistarum 42 98 1 2 - - Heroicus 17 89 - - 2 11 De Gymnastica 8 73 - - 3 27

201 SCHMID 1896 (pp. 87-8) riporta qualche altra rara costruzione che ricorre nelle altre opere del corpus

102 La larghissima presenza di ὡς è testimonianza di una scelta decisamente atticista che, come abbiamo visto, incontra pochissime eccezioni all’interno dell’opera e del corpus. La preferenza accordata a questa forma, tuttavia, non è solo sintomo dell’atticismo dell’autore, ma è indice del forte legame con i modelli di prosa che Filostrato riconosceva in Erodoto e Senofonte202.

Il quadro delineato fino a questo punto è ancora parziale, poiché esclude diversi casi di proposizione consecutiva resi attraverso l’uso di οἷος, ὅσος e ὁπόσος con l’infinito, che sono stati volontariamente tenuti fuori dal discorso e che per la loro complessità richiedono una maggiore e più specifica attenzione.

Documenti correlati