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Ovviamente non possiamo percepire tutti gli stimoli che ci circondano e che arrivano ai nostri sensi, ma percepiamo solo un messaggio per volta grazie ad un limitato numero di

canali percettivi. Spesso siamo noi stessi che attraverso l'attenzione dirigiamo la nostra percezione verso stimoli che ci interessano particolarmente, escludendone altri.

La durata della traccia, presente in memoria dipende dalla profondità con cui lo stimolo è stato elaborato in fase di codifica. In questa fase ci possono essere, come abbiamo detto, due principali fattori che possono influenzare la capacità di percezione del testimone: i fattori legati all'evento e i fattori legati al testimone stesso. Perché una percezione possa essere corretta, il tempo di esposizione allo stimolo deve essere sufficientemente lungo e cioè almeno venti secondi. Più a lungo il soggetto sarà esposto alla percezione di un evento, più tale percezione risulterà accurata e minuziosa.

Hermann Ebbinghaus alla fine dell'Ottocento riuscì ad ipotizzare la percentuale di informazioni inerenti ad un fatto che andavano a perdersi con il passare del tempo, attraverso la cura dell'oblio, conosciuta come Ebbinghaus effect. Tale curva dimostra che dopo soli venti minuti dal verificarsi di un evento possono essere recuperate in memoria soltanto il 58% delle informazioni totali acquisite dal testimone, scendendo al 33% dopo un giorno e al 27% dopo due giorni. Dal sesto al trentunesimo giorno dal momento del fatto, tale percentuale si stabilizza intorno al 25-30% (www.cerchioblu.eu).

Quando si assiste ad un evento non tutti i dettagli sono significativi, alcuni attirano la nostra attenzione piuttosto che altri: i fattori che aumentano la salienza di un oggetto possono essere il periodo di tempo che il particolare rimane visibile, se è al centro del campo visivo, se è grande, se ha un colore particolare e se è qualcosa di nuovo o inusuale. Oltre a ciò è anche importante la tipologia di fatto o evento che il testimone deve ricordare. La frequenza di esposizione allo stimolo poi, può avere un duplice effetto: da una parte favorisce la percezione ma dall'altra favorisce anche la creazione di stereotipi e schemi mentali che rendono difficili la successione distinzione tra stimoli simili.

Per i fattori inerenti al testimone possiamo individuare lo stress e le aspettative. Più un evento aumenta lo stress del testimone, più una corretta percezione sarà compromessa. Anche l'aspettativa culturale può influenzare tale percezione: un tratto o una caratteristica viene attribuita indiscriminatamente a tutti i membri di un gruppo. Influiscono poi anche esperienze passate e pregiudizi personali.

La maggior parte dei ricordi subisce trasformazioni ed elaborazioni. Se dopo un evento siamo esposti ad informazioni simili per significato a quelle apprese ma non realmente attribuibili alla situazione precedentemente incontrata, potremmo non essere in

grado di distinguere i due episodi. L'acquisizione di nuove informazioni può avvenire in molteplici modi diversi: leggendo il giornale, attraverso la TV, su internet, parlandone con altri o attraverso le domande poste dalla polizia durante le indagini e gli interrogatori. I dettagli salienti e fondamentali dell'evento sono meno suscettibili ad interferenze e trasformazioni rispetto a quelli periferici e secondari. Il ricordo può essere influenzato anche a livello non verbale: tono della voce, movimenti delle mani e degli occhi, dalla postura e più in generale dal linguaggio non verbale di chi ci pone delle domande specifiche.

La ricerca psicologica consiglia infatti di far inizialmente deporre il testimone liberamente e solo successivamente si pongano delle domande, in modo che il testimone possa rievocare gli eventi senza pressione di alcuna natura.

L'umore e lo stato d'animo ovviamente, possono influire notevolmente sulle capacità e sulle qualità del ricordo e il soggetto darà una prestazione migliore tanto più il suo stato d'animo al momento del recupero sarà simile a quello del momento dell'acquisizione.

E' bene quindi prendere in considerazione questi elementi in maniera più dettagliata e precisa.

3.1. L’attendibilità del testimone

Francoise Gorphe (1927), magistrato francese, definisce i testimoni come gli “occhi e le orecchie della giustizia” ed è quindi giustificato l'interesse della psicologia giudiziaria per il processo testimoniale. Ma le diverse teorie sulla memoria ed il suo funzionamento insieme ai numerosi studi condotti su questo argomento aprono la controversa questione dell’attendibilità dei testimoni.

Da quanto esposto finora è possibile comprendere che la memoria è un meccanismo imperfetto, dal momento che è influenzato da molteplici fattori che possono intervenire nelle tre diverse fasi (encoding, storage e retrieval) ed ostacolare così la modalità corretta di codifica, mantenimento o recupero di un ricordo.

Molti studi ed esperimenti hanno dimostrato che nell’osservazione e nel racconto di un evento, è fondamentale l’influenza delle caratteristiche proprie di un individuo, dei suoi schemi mentali e delle sue conoscenze pregresse, nonché dalle caratteristiche della situazione.

In un esperimento, Loftus (1979) ha presentato a due gruppi di volontari due scene ambientate in un fast-food: nella prima il cliente si avvicinava al cassiere con una pistola, nell’altra, invece, aveva in mano un assegno. Dalle registrazioni dei movimenti oculari è stato possibile osservare che le persone fissavano la pistola più a lungo dell’assegno ed erano talmente attirati dalla pistola da non ricordare gli altri particolari della scena. Questo fenomeno è stato definito “effetto arma”.

In questo caso, la difficoltà a ricordare gli elementi della scena può dipendere da un difetto di codifica: il testimone opera una selezione delle informazioni da incamerare dovuta ad un elemento particolare che lo porta a distogliere l’attenzione dal contesto globale.

Un'altra caratteristica della memoria che può influire nel racconto di una testimonianza è la tendenza a compensare lacune mnestiche. A questo proposito Brewer e Treyens (1981) hanno condotto un esperimento: hanno lasciato dei soggetti per alcuni minuti in una stanza presentata come l’ufficio di un accademico e hanno poi chiesto loro di descrivere l’arredamento e gli oggetti presenti nella stanza. Molti affermarono di aver visto una scrivania e dei libri, che in realtà non c’erano; pochissimi, invece, notarono oggetti insoliti come un teschio o un cesto da pic-nic.

Questo esperimento permette dunque di spiegare che, di fronte ad un’inattesa richiesta di recupero di memoria, quale è la maggior parte delle volte una richiesta di testimonianza, gli individui sono portati ad usare gli schemi di conoscenza per completare i ricordi mancanti o per evitare resoconti poveri di particolari.

Da questi esempi emerge, quindi, che un testimone è, per definizione, inattendibile dal momento che è chiamato a riportare quello che essendo un ricordo, cioè una ricostruzione, è necessariamente diverso dall’evento originale, una deformazione della realtà.

II contenuto della deposizione deve essere, quindi, considerato “come qualcosa che non può mai essere pura riproduzione fotografica di un fatto obiettivo, ma è sempre il prodotto di una molteplicità di coefficienti: in parte soltanto dati dagli elementi di quel fatto obiettivo, ma in parte costituiti dalla natura stessa della personalità psichica del testimone, e da tutti gli elementi esteriori che hanno agito nel passato e che attualmente agiscono sul testimone stesso” (Musatti, 1931).

Non ci sono chiare evidenze che maschi e femmine differiscano significativamente nell'abilità di identificare dei sospetti mentre, gli anziani e bambini, sono risultati

significativamente più portati a commettere errori quando il volto del colpevole non risulta nelle foto identificative dalle quali sono chiamati a scegliere, rispetto ai giovani adulti.

In questo ambito, un ruolo molto importante nella fase di raccolta delle testimonianze può essere svolto dallo psicologo non in quanto sostituto dell’investigatore, ma in quanto possessore di competenze e strumenti conoscitivi atti a comprendere i meccanismi che operano nel processo di rievocazione dei ricordi e ad individuare eventuali elementi che possono aver influenzato il racconto.

Ci sono anche delle caratteristiche non verbali che sembrano essere indicatori di menzogna e che, l'intervistatore dovrebbe tenere in considerazione al fine di valutare l'attendibilità del testimone. Ad esempio la dilatazione pupillare, la rigidità del corpo, la manipolazione di alcune parti del corpo, il tamburellare con le dita o con una matita sul tavolo, lo scarso contatto visivo, i sorrisi asimmetrici (che coinvolgono solo i muscoli intorno alla bocca e non quelli intorno all'occhio) ed errori nell'eloquio.

3.2. Le fonti di distorsione nel ricordo di un evento

Il nostro bagaglio di memorie si sviluppa attraverso processi di codifica, immagazzinamento e recupero largamente ricostruttivi e interpretativi. Per quanto riguarda gli aspetti di codifica, da numerose ricerche sul campo è emerso che il materiale che ha un significato si ricorda meglio di quello che non ce l’ha; informazioni presentate lentamente si ricordano in modo migliore rispetto a quelle presentate velocemente; informazioni concrete si ricordano meglio di quelle astratte; eventi inusuali si ricordano più facilmente di quelli comuni (Roediger e Gallo, 2002). Per quanto attiene al recupero di un ricordo, esso avviene attraverso una ricostruzione di elementi che non sempre sono ben collegati tra loro e che subiscono influenze ambientali, culturali ed emotive. Questo dato è particolarmente significativo quando si parla di ricordi di eventi traumatici siano essi fisici o psichici o che riguardino l'assistere ad un evento critico, come ad esempio un crimine. La ricerca ha individuato tre fonti di distorsione del ricordo: