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Infrastrutture alla scala umana e crowdfunding

ZUS

Luchtsingel bridge, Rotterdam, Paesi Bassi

Lo studio ZUS, Zones Urbaines Sensibles, è stato fondato a Rotterdam nel

2001 da Elma van Boxel e Kristian Koreman e si occupa di progetti alla scala urbana e paesaggistica.

Il ponte pedonale Luchtsingel è la spina dorsale di un progetto urbano da loro realizzato nel centro di Rotterdam nel 2011. Questa infrastruttura unisce infatti diverse zone del centro della città che fino ad allora erano state separate dal tracciato ferroviario internazionale che taglia da Est a Ovest il centro di Rotterdam. L’idea del progetto nasce nel contesto della 5th International Architecture Biennale di Rotterdam con la promozione di un crowd-funding in cui, per un costo base di 25€, era possibile acquistare una doga della finitura in legno del ponte sulla quale sarebbe poi stato inciso un messaggio del donatore. Luchtsingel è quindi il primo progetto di infrastruttura urbana finanziato tramite il crowd-funding e rientra in un processo più ampio di recupero di un’area che aveva visto fallire un grande progetto di sviluppo immobiliare destinato a uffici. Lo studio ZUS infatti ha occupato uno degli edifici abbandonati della zona, lo Schieblock, per creare un laboratorio urbano che attualmente ospita diverse attività tra cui incubatori di imprese, bar, laboratori e botteghe, compresa una fattoria urbana allestita sulla copertura, chiamata Dakakker.

Un progetto-manifesto

Anche in questo caso le vicende dello studio di architettura sono quindi strettamente legate a quelle di uno specifico progetto.

Nel 2000 Elma van Boxel e Kristian Koreman, alla ricerca di uno spazio affittabile a buon mercato in cui aprire il proprio studio, si rivolgono a una società di gestione di immobili sfitti che gli propone un intero edificio per uffici in disuso nei pressi della stazione centrale di Rotterdam, chiamato Schieblock.

Fig. 1. Vista della sezione del ponte che oltrepassa il fascio dei binari. Sullo sfondo, la torre della ex-Shell

Questo si trova in una zona di Rotterdam centrale ma curiosamente in stato di abbandono: nell’area sono previsti degli ingenti sviluppi immobiliari e la municipalità applica una politica per cui nelle zone in cui sono previste demolizioni non vengono spesi soldi per la manutenzione.

In quel periodo, l’area era animata prevalentemente da locali notturni che si differenziavano nel rivolgersi ai diversi gruppi etnici che popolano la città. La zona non ha una buona fama e vi si arriva a udire anche l’esplosione di colpi di arma da fuoco.

Van Boxel e Koreman stabiliscono quindi lo studio ZUS in questo edificio, con l’impegno però di dormirci regolarmente.

Mano a mano i due, in parte in accordo con le diverse proprietà che si avvicendano nel corso del tempo, occupano porzioni sempre maggiori

Fig. 2. Vista aerea del ponte. Si notano in basso a destra lo Schieblock attraversato dal ponte e a sinistra il rilevato dell’Hofbogen

dell’edificio e cominciano ad elaborare “proposte non richieste” per il miglioramento dell’area, la prima delle quali è un progetto pensato per far incontrare i frequentatori delle diverse discoteche dell’area, chiamata “DISCOFORUM”.

Attivano inoltre attività di dialogo con la città utilizzando gli spazi dello Schiekadeblock: il progetto “De Dépendance”, ad esempio, mette a disposizione uno dei locali commerciali del piano terra per ospitare alcune attività di quelle istituzioni culturali che all’inizio degli anni 2000 erano state delocalizzate verso la periferia di Rotterdam al fine di valorizzarla, privando però il centro di presidi culturali.

Nel 2008 i due architetti cominciano a concepire un progetto per rivitalizzare lo Schiekadeblock: l’intento è quello di attrarre giovani aziende in uno luogo che non sia né uno spazio occupato né un’operazione di gentrificazione. Il termine che verrà utilizzato per descriverlo sarà “squat deluxe”.

L’idea si scontra però con gli obiettivi della società proprietaria dell’area che pianifica di demolire tutti gli edifici presenti prima ancora di chiarire definitivamente i successivi progetti di sviluppo, con l’obiettivo di dare un segno del fatto che in quel luogo stia accadendo qualcosa.

Nel 2010 ZUS entra a far parte del gruppo dei curatori della International Architecture Biennale Rotterdam, che aveva da poco stabilito la sua sede proprio nello Schieblock. Il titolo stabilito per l’iniziativa è “Making City” e su proposta di ZUS si tiene non nella

Fig. 3. Planimetria schematica dell’area dello Schieblock

Fig. 4. Le doghe del ponte con le scritte scelte dai singoli finanziatori

consueta sede del Netherlands Architecture Institute ma nell’area urbana che circonda lo Schiekadeblock, in modo da trasformare la mostra in una sperimentazione sul campo di rigenerazione urbana tramite interventi realizzati e testati in tempo reale: invece di progetti finiti, l’obiettivo è quello di mettere in mostra i processi che portano alla loro realizzazione.

Il progetto prende il nome di “Test Site Rotterdam” ed è affiancato dai due progetti gemelli “Test Site Instanbul” e “Test Site São Paulo”. Come primo passo vengono riuniti in un gruppo di lavoro portatori di interessi, costruttori, funzionari municipali, imprenditori e residenti per elaborare riflessioni sulle possibili trasformazioni dell’area. I diversi progetti che emergono si scontrano tutti con il problema della sostenibilità economica in un contesto in cui non è più il pubblico a progettare e finanziare le trasformazioni urbane ma sono invece i privati che curano lo spazio pubblico dei loro progetti. Per questo viene usato parte del budget per approfondire la discussione e cercare di coinvolgere altri attori nell’iniziativa. Vengono così individuati

Fig. 5. Cronologia di evoluzione e sviluppo futuro dell’area dello Schieblock secondo il principio della “City of Permanent Temporality“ Grafica: ZUS

tre interventi realizzabili: un percorso pedonale previsto dai piani municipali e che nelle intenzioni dei proprietari dell’area avrebbe comportato la demolizione dell’intero isolato, viene realizzato demolendo soltanto una porzione del piano terra di un edificio, permettendo così di chiedere alla proprietà solo il 10% del budget previsto per la demolizione e di valorizzare i prospetti interni degli edifici dell’isolato; il secondo progetto prevede il recupero di un piccolo edificio poco lontano dallo Schieblock che viene concesso a un laboratorio di produzione di arredi urbani in cambio della fornitura proprio di arredi per l’area; il terzo progetto invece coglie l’occasione data dall’intenzione dell’amministrazione di sostituire le alberature di un vicino viale, destinando quelle vecchie, non più adatte al luogo

Fig. 6. Vista generale dello Schiekadeblock con in primo piano l’edificio Schieblock attraversato dal ponte Luchtsingel e la fattoria urbana Dakakker in copertura.

Foto: Ossip van Duivenbode

ma ancora in salute, a un deposito vivaistico; la proposta di ZUS è invece di trasferirle sul Delftshof, il piazzale all’interno dell’isolato dello Schieblock, per farne emergere le potenzialità di spazio pubblico, allestendo un sistema di aerazione delle radici con prestazioni analoghe a quelle dei depositi comunali.

In questo contesto, l’idea del ponte Luchtsingel nasce dal fatto che la città di Rotterdam da tempo prevedeva di realizzare una strada sopraelevata che collegasse la stazione centrale con l’Hofplein, il vecchio rilevato di una ferrovia in disuso dal 2001. Questo progetto avrebbe avuto un costo di 30 milioni di euro e sarebbe quindi stato realizzabile solo a fronte di un grande progetto di valorizzazione immobiliare dell’area, ormai non più all’orizzonte. In alternativa ZUS decide di proporre un ponte pedonale in legno lungo 400 metri che attraversando lo Schieblock, poi passando sopra una trafficata arteria stradale come la Schiekade, sopra un altro edificio poi a destra sopra un’altra strada e a sinistra sopra un tracciato ferroviario internazionale, potesse trasformare un’area fino ad allora considerata un “retro” in

Fig. 7. L’interno dell’isolato Schieblock rivitalizzato dopo gli interventi di ZUS. Foto: Ossip van Duivenbode

un vero e proprio pezzo di città. Da subito si stabilisce che una parte delle risorse necessarie alla sua realizzazione debbano essere finanziate tramite un peculiare sistema di crowd-funding: il ponte sarà rivestito di 17.000 doghe in legno ognuna delle quali sarà venduta al prezzo di 25€ e incisa con il nome del donatore o una frase di sua scelta. Il ponte viene chiamato Luchtsingel, che in olandese significa “viale d’aria”. Solo la sezione che attraversa lo Schieblock sarà realizzata in tempo per la IABR; ciononostante, il progetto diventerà la spina dorsale sia fisica che concettuale dei numerosi interventi concepiti per l’area.

Nel frattempo, Luchtsingel viene candidato alla Rotterdam City Initiative, una iniziativa dell’amministrazione comunale che destina l’un per mille del bilancio della città a progetti selezionati dai cittadini e dopo diverse settimane di intensa campagna promozionale risulta vincitore di un finanziamento di quattro milioni di euro. Questo rende possibile realizzare le restanti sezioni del ponte che verranno

Fig. 8. Grafico Esplicativo del concetto di “Permanent Temporality”: consentire piccole trasformazioni continue nella città ne permette una evoluzione meno traumatica e più inclusiva

Grafica: ZUS

ultimate in momenti diversi per concludersi nel 2014. L’ammontare del finanziamento rende possibile anche la riconfigurazione dell’Hofbogen, l’area compresa tra lo storico grattacielo della Shell e la ferrovia, che un tempo era una delle più animate piazze di Rotterdam.

L’area dello Schieblock si completerà poi nel tempo con una serie di altri progetti sempre promossi da ZUS è ispirati a un’idea di città da loro definita City of Permanent Temporality:

“Just like other living systems, the urban system forms itself over time. Therefore, the ability to deal with unforeseen events and uncertainty is an important strength. Sustainable development is made possible by leaving things open instead of pinning them down-not instant urban development, but incremental and adaptive urban development. This creates a city of permanent temporality, a city that permanently develops through temporary interventions.”1

1 van Boxel, E. & Koreman, K., 2019. City of Permanent Temporality - Incomplete &

Fig. 9. Vista del ponte nella zona del parco Pompenburg

Reinventare una professione

La vicenda di ZUS è un esempio peculiare ma significativo di come gli studi di architettura hanno reagito alla crisi economica dell’ultimo decennio: in una situazione di mercato stagnante in cui le opportunità di lavoro tradizionali erano scarse e le contraddizioni del sistema emergevano con forza, una realtà come ZUS è riuscita a crearsi autonomamente un proprio ambito di speculazione, intendendo qui il termine in tutte le sue accezioni. Da un lato infatti, van Boxel e Koreman hanno sviluppato una significativa riflessione sul ruolo dell’architetto che, in un’epoca in cui i committenti che bussano alle porte degli studi sono sempre più rari, deve attivamente cercare e creare occasioni professionali, ponendosi non più come mero realizzatore delle decisioni del cliente di turno ma applicando liberamente il proprio approccio etico e critico alle trasformazioni che intende generare. D’altro canto, la pur forte pulsione etica che muove questo tipo di azione va di pari passo con l’esigenza materiale di poter realizzare

Fig. 10. Vista dell’accesso da Pompenburg. In alto al centro si nota l’Hofbogen Foto: Ossip van Duivenbode

queste operazioni in un quadro di sostenibilità economica che, oltre al finanziamento delle opere, include anche il tema spesso sottovalutato di una giusta retribuzione per chi lavora a queste iniziative, sia nella veste di capofila che di dipendente2.

L’esempio di ZUS risponde quindi pienamente alla già citata definizione del professionista, formulata da Reiner Banham3, come figura

interessata all’esistenza dei problemi. In questo caso, infatti, mettere in evidenza il degrado dell’area dello Schikadeblock diventa un’occasione di lavoro per uno studio che si adopera per reperire i fondi, per fare promozione della propria attività reinventandosi come imprenditore e manager di spazi multifunzionali.

2 “We are becoming increasingly aware of money’s steering power because it is the Achilles heel in all of the projects we are trying to get off the ground.”

Ivi, p. 145

Un’imprenditorialità schiettamente liberale, che implica di conseguenza una qualche forma di profitto, diventa quindi anche un mezzo per proporre e realizzare una visione urbana che non sia puramente speculativa ma orientata a principi di sostenibilità ed equità.

Questo approccio è ben riassunto nell’introduzione a City of Permanent Temporality - Incomplete & Unfinished, il libro monografico che raccoglie

l’opera di ZUS dalla sua fondazione fino ad oggi, scritta da Michael Speaks:

“Along the way ZUS refused to decide: Between engaging and refusing the real estate marketplace; instead they engaged by becoming conversant in the ways of real estate and finance. ZUS also refused to decide between becoming developers and being architects; instead they were able to “make city” because they learned to ask the more fundamental political, economic and cultural questions behind the architecture questions. Indeed, paradoxically, it was precisely Elma and Kristian’s refusal to decide that empowered them and that created and shaped ZUS and the SCHIEBLOCK as we know them today.”4

Restano diverse contraddizioni in un approccio del genere, in parte riconosciute dagli stessi ZUS5: la legittimità democratica del sottoporre

un’azione che coinvolge una parte di città a una sorta di concorso, in cui risulta difficile stabilire se abbia contato di più la campagna promozionale o i contenuti della proposta, rimane una questione discutibile. Molte delle operazioni di ZUS presentano poi degli evidenti conflitti di interesse: uno spazio occupato privatamente e a condizioni estremamente vantaggiose diventa poi oggetto di iniziative culturali e civiche il cui finanziamento viene in definitiva destinato alla riqualificazione di spazi da cui lo studio trae il suo sostentamento. Questa operazione rimane comunque del tutto legittima e le sue conseguenze positive sull’ambiente urbano innegabili: Luchtsingel ha

4 Speaks, M., 2019. Yellow is the New Orange. In: E. van Boxel & K. Koreman, eds. City of Permanent Temporality - Incomplete & Unfinished. Rotterdam: nai010, pp. 8-11.

5 “We begin to ask ourselves: how democratic is this election? And does the city initiative really appeal to everyone in Rotterdam? We are campaigning to address a small part of the city not many people are interested in and for a plan only a select group of Rotterdammers will utilize. The same applies to the other three initiatives: they call upon and serve the interest of predominantly white, well-educated constituents.”

avuto il merito di proporre un modello di sviluppo urbano svincolato dalle risorse dei grandi developer immobiliari, e di costituire un esempio

di come sia possibile tutelare l’interesse pubblico anche in un contesto di scarsità di risorse.

Resta tuttavia un caso isolato e particolare che a fatica può essere definito

bottom-up: qui infatti l’iniziativa è dell’architetto, che successivamente

coagula tramite diverse strategie un ampio consenso attorno alla sua proposta.

Il tipo di partecipazione che ha avuto luogo in questo esempio, al di là dell’operazione elementare della personalizzazione delle doghe del ponte, è stata piuttosto volta ad attivare la collettività attorno a un progetto comune, che ha approfittato degli effetti della crisi economica per mettere in evidenza le contraddizioni del modo in cui vengono normalmente condotte le trasformazioni urbane, e a proporre quindi una modalità di azione diversa e critica.

Tornando alle parole di Banham, si potrebbe quindi affermare che in un certo senso ZUS avesse un interesse nell’esistenza del problema del degrado dello Schiekadeblock che è stato in effetti il motore del successo dello studio. Il fatto poi che a partire da questo abbiano formulato una proposta originale e in definitiva efficace li rende simili anche allo uninvited outsider descritto da Markus Miessen6 in quanto non

hanno raccolto istanze dal basso ma orientato la collettività a sostenere una loro innovativa proposta.

La committenza collettiva per