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L’ambito del paesaggio riserva un ruolo importante alla partecipazione poiché negli approcci più recenti l’interazione tra territorio e popolazioni che lo vivono risulta fondamentale sia per interpretare che per preservare l’identità e l’immagine dei luoghi.

Il pensiero della Scuola Territorialista, per la quale è fondamentale l’opera di Alberto Magnaghi, si basa proprio sulla convinzione che paesaggio e comunità vivano una interazione ecologica per cui ognuna delle due parti si riconosce in funzione dell’altra

Nel suo libro/manifesto Il progetto locale93, a partire da una definizione

del territorio come “un’opera d’arte: forse la più alta, corale che l’umanità abbia espresso”, Magnaghi definisce lo “sviluppo locale autosostenibile” come quello che concilia due termini apparentemente contraddittori come sostenibilità e sviluppo, superando sia l’approccio “funzionalista o dell’ecocompatibilità” sia l’approccio “ambientalista o biocentrico” da lui ritenuti insufficienti.

Magnaghi vede nel modello di sviluppo globalistico ed economicista la causa della compromissione della relazione tra comunità locali e territorio e del conseguente degrado di quest’ultimo.

Nel pensiero di Magnaghi la partecipazione entra in gioco quando, per superare questo degrado, egli propone di utilizzare “un sistema complesso e multisettoriale di indicatori di sostenibilità”94; tra queste,

quella politica è definita come “una elevata capacità di autogoverno di una comunità insediata rispetto alle relazioni con sistemi decisionali esogeni e sovraordinati.95 La perdita di rapporto tra comunità e

territorio si traduce infatti anche nel conflitto riguardante il controllo della catena di produzione del valore del territorio stesso. Nelle parole di Magnaghi:

Il nodo politico della sostenibilità riguarda di conseguenza in modo di appropriazione del «valore aggiunto» che si crea sul territorio. Dar forza ai soggetti che producono (o potrebbero, se valorizzati, produrre) valore aggiunto territoriale, è la via maestra per «fare società locale», ovvero far crescere forme di autogoverno delle comunità insediate. Questa crescita richiede forme di governo sorrette da processi partecipativi e

93 Magnaghi, A., 2000. Il progetto locale. Torino: Bollati Boringhieri. 94 Ivi (p. 67)

di concertazione che vadano nella direzione della costruzione di «patti» socialmente condivisi per uno sviluppo fondato sulla valorizzazione del patrimonio territoriale.96

La partecipazione, se da semplice rivendicazione arriva ad essere autogoverno, diviene quindi uno strumento di rafforzamento della dimensione locale della produzione di valore che viene in questo modo riportata sotto il controllo delle comunità; queste, infatti, instaurano un legame con il loro ambiente di vita in cui la possibilità di produrre valore territoriale è direttamente legata alla qualità del territorio, che deve essere quindi preservata. Di qui il concetto di “autosostenibilità”

97 dello sviluppo locale.

La valorizzazione del locale non implica una negazione di una dimensione globale: Magnaghi intende infatti il locale come “rete di società locali” che deve rafforzarsi per non soccombere al centralismo della globalizzazione economica, senza scadere però nel localismo. In questo contesto, l’autogoverno delle comunità diventa una strategia di cura del territorio che supera il principio della cristallizzazione dell’immagine legando invece la sua preservazione ad una rivitalizzazione ecologica del territorio in cui la trasformazione possa essere contemplata in quanto dinamica legata al lavoro degli abitanti. La filosofa Luisa Bonesio, che nei suoi studi ha contribuito alla definizione dell’indirizzo geofilosofico98, nel superare il tradizionale

concetto estetico-pittorico del paesaggio, propone una visione che

96 Ibidem

97 Il concetto di autosostenibilità si fonda sull’assunto che solo una nuova relazione fra abitanti-produttori e territorio è in grado, attraverso la «cura», di determinare equilibri durevoli fra insediamento urbano e ambiente, riconnettendo nuovi usi, nuovi saperi, nuove tecnologie alla sapienza ambientale storica. Pertanto autosostenibilità e autodeterminazione, sviluppo sostenibile e sviluppo autocentrato divengono concetti strettamente interdipendenti; […] La ricostruzione della comunità

è l’elemento essenziale dello sviluppo autosostenibile: la comunità «che sostiene se stessa» fa sì che l’ambiente naturale possa sostenerla nella sua azione; l’azione conservativa (anche di valori ambientali) che non promani dalla fiducia interna e dalla self-reliance è destinata a creare resistenze e fallimenti.”

Ivi (p. 91)

98 “Il termine geofilosofia […] fa riferimento ad un orientamento filosofico che pone al centro della riflessione i fenomeni della globalizzazione (dominio mondiale, migrazione, omologazione culturale), configurandosi come meditazione sui legami spaziali del pensiero e dell’azione politica.”

D'Angelo, P., 2009. Luisa Bonesio - Il paesaggio come luogo dell'abitare. In: P. D'angelo, a cura di Estetica e paesaggio. Bologna: Il Mulino.

cerca un legame tra paesaggio e vita delle popolazioni che lo abitano, basata proprio su quelle della scuola territorialista.

Nel suo libro Paesaggio, identità e comunità tra locale e globale sostiene infatti

che:

“ciò che rende, a mio avviso, importante e strategico l’approccio territorialista alla questione del paesaggio, è la convinzione che non si dia sviluppo locale senza valorizzare e coinvolgere in prima persona la società locale, e che il presupposto sia la riassunzione collettiva e individuale dei saperi e della cultura del luogo: un ‘progetto locale’ non può che partire da una preliminare ritrovata capacità, da parte di ogni componente della comunità, di leggere il territorio nella sua complessità e nelle sue opportunità […] così da giungere a un patrimonio condiviso di rappresentazioni e memorie territoriali che rafforzino il senso di appartenenza degli abitanti, in modo da produrre ‘quel processo di autoriconoscimento identitario e valoriale del proprio ambiente di vita che è alla base di scenari e progetti consapevoli di trasformazione.”99

Anche in questo caso il coinvolgimento delle comunità è visto come strategia per conservare il paesaggio tramite la riattivazione di quel circuito ecologico per cui le popolazioni si riconoscono nel territorio che vivono e di cui contribuiscono a formare l’immagine tramite il lavoro e la cura.

L’importanza delle teorie paesaggistiche sulla partecipazione risiede nel fatto che queste riescono a spiegare a livello generale quali possano essere i vantaggi dei processi partecipativi non solo dal punto di vista della coesione sociale o della qualità del progetto ma includendo anche la questione della sostenibilità ambientale e dell’emancipazione politica dall’economicismo spinto del sistema neo-liberale. Questa interpretazione sembra essere valida in piccolo anche in ambito architettonico: l’utente, che attraverso la partecipazione contribuisce a dare forma ai luoghi in cui vive, stabilirà un legame con questi per cui tenderà ad averne maggiore cura.