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Come visto sin qui, la partecipazione applicata alle trasformazioni dell’ambiente costruito è un insieme di pratiche molto diverse tra loro, che si applicano ad ambiti, contesti, scale di ogni tipo. Tra questi, la scala del progetto architettonico risulta probabilmente la meno codificata rispetto alle altre, un po’ perché la maggiore specificità dei singoli progetti spinge ad applicare di volta in volta metodi specifici, un po’ perché i progetti che interessano delle comunità hanno spesso rilevanza urbana e possono essere considerati come parte di processi partecipativi di più ampia scala. Per questo di seguito verranno illustrati alcuni esempi di progetti architettonici nei quali c’è stato un coinvolgimento delle comunità. In molti di questi l’attribuzione dell’etichetta di “progetto partecipato” può risultare meno immediata e questo perché spesso il momento della partecipazione non è una parte esplicita del processo progettuale ma piuttosto può essere visto come una fase di negoziazione con gli utenti o gli abitanti condotto con una particolare cura per favorire il buon esito del progetto.

Il manierismo della partecipazione sta proprio in questo: non si tratta più di pratiche sperimentali e di avanguardia come quelle concepite a partire dal secondo dopoguerra ma piuttosto di una modalità pragmatica con cui i progettisti affrontano le problematiche legate al consenso intorno ai loro progetti e alle loro conseguenze sociali. Non ci sono schemi precostituiti né metodi standardizzati pensati per essere applicati in situazioni diverse ma la partecipazione viene applicata come una fase naturale del progetto, risultando spesso come tema di secondo piano nella narrazione e promozione che gli studi fanno delle loro opere.

Ciò è stato piuttosto evidente nella Biennale di Architettura di Venezia curata da Alejandro Aravena nel 2016, che ha presentato un ampio campionario di progetti in cui sono state utilizzate forme di coinvolgimento degli utenti. Per la sua scuola a Gando, in Burkina Faso, Francis Kéré ha dovuto instaurare un dialogo con la comunità

del villaggio per poter trasmettere alcuni metodi e tecniche costruttive apprese in Europa adattandoli alle esigenze e alle risorse locali. Il lavoro di Hanna Heringer in Bangladesh che utilizza il fango come materiale costruttivo ecologico, facilmente reperibile, adatto ad essere utilizzato anche da manodopera non specializzata, favorisce il coinvolgimento degli abitanti nella costruzione di edifici in un contesto caratterizzato dalla scarsità di risorse.

Milinda Pathiraja in uno Sri-Lanka da poco uscito dalla guerra civile fa lavorare gli ex soldati come operai in un progetto di costruzione di una scuola, favorendo così la smilitarizzazione del paese.

Il Gabinete de Arquitectura di Solano Benitez ha concepito sistemi strutturali a bassa tecnologia, e quindi anche in questo caso realizzabili da manodopera non specializzata, basati su un uso originale del mattone.

Il gruppo G124, finanziato da Renzo Piano in qualità di Senatore a vita della Repubblica Italiana, lavora prevalentemente su progetti nelle periferie urbane attraverso uno stretto dialogo con gli abitanti.

L’operazione della Tour Bois-le-Prêtre di Philippe Druot e Lacaton & Vassal è un esempio di come la partecipazione diventi un passaggio necessario in un progetto di alto valore architettonico, tecnico e politico: un edificio di edilizia popolare, invece di essere demolito e ricostruito, è stato aggiornato tramite l’aggiunta di un sistema strutturale autoportante appoggiato alle pareti esistenti che ha permesso di ottenere con un operazione a basso costo un’espansione degli appartamenti, una nuova identità architettonica, il miglioramento delle prestazioni energetiche e della qualità degli spazi sia pubblici che privati; una delle sfide del progetto era quella di non costringere gli abitanti ad abbandonare l’appartamento durante i lavori e per questo è stata necessaria una prima fase di confronto organizzativo con gli abitanti.

In tutti questi casi la partecipazione, pur presente, non è considerata come elemento caratterizzante del progetto ma piuttosto come un momento quasi scontato del processo di realizzazione dell’opera: il coinvolgimento delle comunità non è una premura aggiuntiva da parte di un architetto che avrebbe potuto realizzare comunque il progetto in autonomia ma una parte del processo senza la quale il progetto avrebbe perso di senso e in alcuni casi sarebbe stato irrealizzabile.

Se negli esempi fin qui elencati la partecipazione è un aspetto implicito del progetto, esistono comunque studi che fanno della partecipazione

un elemento caratterizzante del loro lavoro. Per esempio Die Baupiloten è uno studio di architettura berlinese fondato da Sussanne Hoffmann, la quale nel suo libro Architecture is Participation formula un metodo di

partecipazione basato sul concetto di atmosfera definito da Gernot Böhme come una presenza percepita nello spazio. L’utilizzo del concetto di atmosfera permette di trovare un piano di dialogo comune tra utenti e architetto, permettendo ai primi di tradurre in atmosfere le proprie istanze, ai secondi di formulare soluzioni che cerchino di rappresentarle senza condizionamenti formali106. È comunque da

notare come il lavoro di questo studio sia fortemente legato ad attività di didattica e ricerca: la Hoffman ha infatti ottenuto un dottorato di ricerca con una tesi dal titolo Atmosphere as Participatory Design Strategy

e svolge attività didattica in varie università. Come vedremo, il legame con il mondo accademico e comune a quasi tutti i progettisti di cui sarà approfondita l’opera nel prossimo capitolo.

Un caso ancora differente è quello dello studio olandese Onix che per il progetto di residenze Exodus realizzato nella cittadina di Zwolle, ha fatto soggiornare 50 persone nell’edificio per 24 ore nella fase finale del cantiere, chiedendogli di redigere un diario della loro esperienza. Lo scopo era quello più simbolico che pratico di raccogliere informazioni sul progetto formulate da persone libere di farne un’esperienza architettonica autentica. Questo caso risulta piuttosto originale in quanto ha sperimentato la valutazione dell’edificio realizzato da parte degli utenti in una fase che permetteva di operare ancora piccole modifiche all’edificio. L’iniziativa è stata poi raccontata in un libro monografico sui lavori dello studio107, caratterizzandosi quindi come

operazione promozionale, oltre che come sperimentazione progettuale. La grande varietà degli esempi illustrati dimostra quindi come i processi partecipativi in architettura siano difficilmente riconducibili a modelli univoci o categorizzazioni. Questa caratteristica può però essere il punto di partenza per una riflessione non orientata a produrre

106 “The use of atmosphere workshops allows for the discussion of spatial qualities without involving specific design decisions. It’s about the impression of locations, how they are perceived or the memory of them, with the aim of gathering users’ first impression, facilitating communication between them and the architect, and above all, creating a foundation of trust.”

Hofmann, S., 2014. Architecture is Participation - Die Baupiloten Methods and Projects.

Berlino: jovis. (p. 31)

107 Onix, 2005. Onix : awaiting signification : maNUfest for an authenctic experience of

una tassonomia del fenomeno quanto a inquadrare una tendenza alla sperimentazione di nuovi modi per esercitare il mestiere dell’architetto con un’attenzione particolare alle tematiche sociali e attingendo alla teoria architettonica in maniera pragmatica.