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Le prime campagne della missione belga hanno avuto luogo durante gli inverni 1962/63 (dal 26 novembre al 27 aprile) e 1963/64 (dal 7 ottobre al 29 marzo). Una carta topografica dettagliata del sito è stata redatta su base fotogrammetrica dal SIAT (Studio Italiano Aerofotogrammetrico Topografico) di Roma che si è occupato anche delle riprese da aereo ed elicottero.

Storia degli scavi.

Nel 1965, Joseph Mertens scrive: “Non siamo certo i primi ad aver scavato il suolo di

Ordona, ma mai è stato esaminato in maniera sistematica ed approfondita”229. I lavori svolti

sinora si erano limitati a studi di topografia generale e la documentazione esistente proveniva da ricerche sporadiche e da ritrovamenti occasionali. I reperti erano sparsi in collezioni pubbliche e private in Europa e in America, e provenivano perlopiù da necropoli che circondavano la città antica: si tratta di oggetti in bronzo, armi e fibule, e di ceramiche

“multicolore di forme molto variegate”230, vale a dire la ceramica indigena. Una serie di circa

trenta sepolture fu esaminata da Angelucci negli anni compresi fra il 1872 e il 1876, mentre i primi scavi sistematici, sempre all’interno delle necropoli, furono intrapresi da Q. Quagliati nel 1902. Dopo un periodo di sospensione delle ricerche, soltanto alla fine della seconda guerra mondiale, grazie al contributo dell’interpretazione delle fotografie aeree della Royal Air Force, a cura di John Bradford, iniziò uno studio sistematico delle evidenze archeologiche nella Puglia: villaggi neolitici, città e ville romane, centuriazioni e reti viarie. Tuttavia nonostante la disponibilità di questi nuovi dati, il sito di Ordona non fu affatto oggetto di ricerche se non a partire dal 1954, quando furono effettuati dei sondaggi all’interno del circuito murario della città romana. Degrassi scavò parzialmente la porta sud-ovest della città e qualche struttura del foro urbano, ma a parte la localizzazione di alcuni elementi essenziali della città romana, questi scavi precisarono soprattutto quello che era considerato il problema maggiore di Ordona, ossia il rapporto tra le necropoli daunie dal VI al IV secolo a.C. e la città preromana. È interessante come Mertens rivendichi l’assoluta necessità di verificare sul campo le tracce evidenziate grazie alla fotografia aerea, dimostrando quanto fosse rigoroso il metodo scientifico applicato dall’équipe belga.

229 Mertens 1965, p.7. 230 Mertens 1965, p.8.

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Storia del sito

Città dell’antica Daunia, regione che occupava la parte settentrionale dell’antica Apulia, Herdonia fu abitata a partire dal VI secolo a.C., come dimostrano i numerosi ritrovamenti nelle necropoli che circondano l’antico abitato. Il nome di quest’ultimo resta piuttosto oscuro. Alcuni autori attribuiscono alla città monete con la dicitura MER, datate al VI o all’inizio del V secolo, lo stesso per la scritta SARDO, di IV secolo o quella contemporanea ERDANON (o ARDANON). Altri pezzi datati al III secolo presentano soltanto la lettera H come indicatore della provenienza da Herdonia. Una importantissima attestazione recante la dicitura SERDAIOI, nel testo di un trattato di alleanza con la città di Sibari, depositato nel tempio di Olimpia, confermerebbe il ruolo strategico rivestito da Herdonia durante le guerre puniche. Dopo la sconfitta romana a Canne, nel 216 a.C., Ordona passò dalla parte di Annibale; nel 214 Roma tenta di riconquistare una serie di città sannite, lucane e apule passate al nemico, e nel 212, sappiamo grazie a Tito Livio, che le truppe romane posero i quartieri invernali nei pressi di Ordona, ove nello stesso anno le truppe di Cneo Fulvio Flacco furono sconfitte da Annibale. Due anni dopo, nel 210, Annibale sconfisse nei pressi di Herdonia anche le milizie di Cneo Fulvio Centinato e, sia per mancanza di fiducia nella città, sia per non lasciare ai Romani le sue basi in Daunia, fece deportare la popolazione a Turi e a Metaponto. Sempre secondo Tito Livio la città di Herdonia fu data alle fiamme.

In quest’epoca tutta la regione sembra aver conosciuto un periodo di densa occupazione. Annibale dispose i suoi soldati in basi situate nei dintorni di Herdonia in modo da controllarne la viabilità. Il fatto che questi luoghi fossero ben nascosti nei boschi lascia pensare ad un paesaggio vegetale ben diverso da quello attuale. È opportuno notare come anche i Romani posero il loro accampamento fuori dalla città. Tito Livio, forse per scaricare un po’ di responsabilità dei consoli romani, afferma che questo campo non presentava le garanzie per resistere ad un assalto nemico. Mertens utilizza questo testo come prova per confutare le tesi di alcuni autori che ipotizzavano la presenza di due insediamenti distinti, uno in pianura e l’altro nell’attuale sito di Ordona, ma egli stesso afferma che “da nessuna parte gli autori antichi

fanno menzione di uno spostamento dell’abitato”231. Piuttosto l’analisi della fotografia aerea

sembra aver rivelato “la possibilità dell’esistenza di un abitato distinto nella pianura, sconosciuto e insospettato, di epoca preromana, attorno al quale si sarebbe sviluppata la storia più antica di Herdonia”. Già nel IV secolo la regione fu scenario di eventi importanti: nel 319, mentre il console Lucio Papirio Cursore rioccupò Luceria, il suo collega Quinto Publilio Philo

143 percorse l’Apulia e sottomise diverse popolazioni. L’anno seguente ci fu la deditio di Canusium; Herdonia, situata a metà strada fra le due città fu certamente coinvolta in questi scenari politici: alleanza con i Sanniti, disfatta nel 297, occupazione da parte di Pirro poco prima della battaglia di Ausculum, e infine la deportazione nel 210 da parte dei Carteginesi.

Sotto la Repubblica Herdonia ricevette il titolo di municipium, governata da pretori, edili, quattorviri e da tutte le cariche previste per questo rango cittadino. Diversi autori antichi la citano come città di sosta lungo l’asse stradale che collegava Benevento a Brindisi232, o ancora come una città povera e abbandonata: obscura incultis Herdonea la definisce infatti Silio Italico233.

Nel II e nel I secolo delle importanti riforme agrarie coinvolgono la regione. Durante il I secolo inoltre, dopo la costituzione della Regio II augustea, Apulia et Calabria, la città conobbe una considerevole rinascita che raggiunse il culmine a partire dal 109 d.C., quando fu costruita la Via Traiana, di cui Herdonia era un importante centro.

In età tardoantica, più precisamente nel V secolo, la città fu sede episcopale: alcuni testi infatti citano per l’anno 499 un vescovo chiamato Saturnino Herdonitano.

Infine, almeno in questa prima parte delle ricerche, Mertens considera la città medievale “un pallido riflesso della città antica”, inquadrando la sua concentrazione su una delle colline dell’antico abitato. Grazie all’analisi della ceramica e delle monete è possibile stabilire che ci fu una continuità di vita fino al XV secolo, momento in cui Herdonia fu definitivamente abbandonata.

Le ricerche archeologiche

Lo studio della storia di Herdonia, delle fonti letterarie e l’interpretazione della fotografia aerea furono alla base delle impostazioni di ricerca adottate da Joseph Mertens.

Durante le prime due campagne di scavo, le ricerche si sono soffermate su tre questioni principali:

1. La topografia generale del sito

2. Il recinto urbano e la cronologia della città 3. La necropoli preromana

È importante per Mertens specificare la tecnica di scavo adottata, e ciò si è rivelato un dato molto utile ai fini di questa ricerca, per comprendere non solo le strategie adottate anno per

232 Strabo, Geogr., VI, 3, 7, C 282 233 VIII, 567

144 anno, ma anche l’evoluzione metodologica dell’équipe belga in relazione alle domande archeologiche iniziali.

La tecnica è quella di “sondaggi e scavi parziali”234. I sondaggi sono lunghe trincee che

intercettavano differenti strati fino alla roccia sottostante. Durante le prime due campagne furono aperti 38 sondaggi.

Gli scavi parziali riguardano le zone più importanti dal punto di vista planimetrico e cronologico, come l’ingresso dell’anfiteatro, le porte urbiche e la parte orientale della cinta muraria.

TRINCEA ANNO DI INIZIO

SCAVO LOCALIZZAZIONE

1 1962 Anfiteatro

1a 1962 Anfiteatro

1b 1962 Anfiteatro

2 1962 Anfiteatro

3 1962 Anfiteatro ingresso N, quartiere Nord

3a 1962 Anfiteatro ingresso N, quartiere Nord

3b 1962 Anfiteatro ingresso N, quartiere Nord

4 1962 Mura NE, Quartiere Nord

5 1962 Anfiteatro ingresso S, Mura E

6 1962 Mura Est, Serie di 19 sondaggi

7 1963 Mura lato Ovest, ai piedi della collina N

8 1963 Porta Nord Est (Via Traiana)

9 1963 Mura E, a S di Anfiteatro

10 1963 Mura E, a S di Anfiteatro

11 1963 Mura E, verso collina N

12 1963 Mura E, verso collina N

14 1963 Mura E, verso collina N

15 1963 Mura E, verso collina N

16 1963 Collina N, castellum

17 1963 Porta Nord Est

18 1963 Anfiteatro

19 1963 Campus, Serie di 12 sondaggi

20 1963 Mura NE, verso collina N

21 1963 Mura NO, Porta Nord Ovest

22 1963 Anfiteatro

25 1963 Anfiteatro ingresso N

26 1963 Porta Nord Est (Via Traiana)

27 1963 Porta Sud Ovest

28 1963 Collina meridionale

29 1963 Mura SE, Serie di 10 sondaggi

30 1963 Porta Nord Ovest

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31 1963 Anfiteatro ingresso N

32 1963 A Nord dell’ingresso N dell’anfiteatro

33 1963 Fra Anfiteatro e campus, serie di 11 sondaggi

34 1964 Mura occidentali

35 1964 A Nord della Porta Sud Ovest, intra moenia

36 1964 Quartiere a Nord Ovest dell’Anfiteatro

37 1964 Zona extra moenia ad Est delle mura Est

38 1964 Mura Est, Serie di 10 sondaggi

Topografia generale

L’antica Herdonia occupava una serie di colline situate nel Tavoliere, la grande e fertile pianura oggi coltivata con viti, ulivi e cereali. La pianura è attraversata da corsi d’acqua oggi di scarsa portata, ma che anticamente costituivano un’importante risorsa. Ed è proprio a sud di uno di questi, il Carapelle, che nacque Herdonia.

La città antica era delimitata da una cinta muraria lunga 1980 metri, che inglobava una superficie di circa 20 ettari che comprende tre colline, divise da avvallamenti in cui sorgevano le tre porte urbiche individuate fino ad allora. Lo studio del tracciato murario ha permesso di seguire lo sviluppo cronologico dell’intera città, come si vedrà in seguito.

Nel settore nordorientale della cinta fu tagliata una breccia per costruire nel II secolo d.C. l’anfiteatro.

Sempre a nord, ma nel settore occidentale, alla sommità della collina più elevata di Herdonia, è stato individuato un fortino di epoca tarda a pianta quadrata, dotato di un bastione in terra preceduto da un fossato difensivo. Questo complesso, chiamato castellum, occupa una superficie di 80 metri quadrati e copre del tutto le strutture di epoca imperiale. Al momento dello scavo non era ancora possibile fornire datazioni precise ma viene menzionato del materiale di epoca altomedievale. Grazie alla foto aerea inoltre è stato possibile individuare lungo la cresta settentrionale della città, una serie di abitazioni molto tarde: Mertens aveva così individuato l’asse principale della Herdonia medievale. All’interno della città ugualmente sono state individuate tracce del declino della città nelle strutture, nelle sepolture a cappuccina e nei corredi estremamente poveri.

L’attenzione di Mertens si rivolge maggiormente ai resti di un'altra struttura situata nel settore nord est, sottostante all’anfiteatro, che in parte la distrugge. Si tratta di un piazzale intercettato dalle trincee XIX e XXII, di larghezza stimata attorno ai 53 metri, identificato inizialmente come il foro della città. Il peribolo di questa piazza è costituito da un muro in opera incerta costruito al di sopra di strati di occupazione più antichi. Al di là di questo muro sono state

146 individuate anche strutture di un quartiere produttivo, come la fornace 178 nella trincea XVIII, per la produzione di laterizi.

Tutte queste strutture sono state in parte distrutte dalla costruzione dell’anfiteatro.

L’arena è del tipo semi-interrato, confrontabile con quelle di Pompei, Venosa e Lucera. Questo monumento è costruito in opera reticolata intervallata da fasce di laterizi. E le sue mura poggiano su serie di pilastri che hanno tagliato gli strati di occupazione più antica e che sono collegati da archi di scarico. Il complesso forma un’ellisse dove l’asse maggiore misura 90 metri, mentre quello minore, 75; l’arena risulta ridotta ad una lunghezza di 60 metri nel suo asse maggiore.

La documentazione grafica, e in particolare lo studio della sezione della trincea XVIII ha consentito di riconoscere meglio la sequenza temporale che ha caratterizzato la storia dell’anfiteatro: il riempimento di terra, livellato per formare la piana dell’arena copre numerose strutture precedenti. L’analisi della stratigrafia e del materiale ceramico rinvenuto consente di datare il riempimento di questo edificio al I secolo d.C.

Altre strutture sono state individuate in quest’area: alcune sembrano essere allineate al grande piazzale a sud dell’anfiteatro, mentre altre si dispongono lungo la strada intercettata dalla

trincea XXXVI e che collegava la porta nord-est al centro della città. Si fa riferimento a quella

che sarà correttamente identificata con la Via Traiana, ma in assenza di dati certi, Mertens si limita a definirne la lunga continuità di vita grazie all’analisi delle tecniche murarie delle strutture ad essa allineate: dall’opera reticolata di I secolo a “tecniche più trascurate” di epoca tarda235.

L’indagine delle porte della città ha confermato che furono erette strutture anche al di fuori della cinta muraria, come nel caso dell’abitazione nei pressi della porta nord ovest, dotata di cisterna e di un ipocausto, probabilmente parte di una azienda agricola. Le tombe rinvenute in quest’area sembrano collocarsi cronologicamente nel Basso Impero, e sono quasi tutte infantili. Tracce di occupazione più recenti sono state rinvenute sulle alture del settore nordorientale della città, grazie anche all’interpretazione della fotografia aerea. Le strutture, intercettate dalle trincee IV, VIII, XVII, XIII, erano tutte in ciottoli, mattoni riutilizzati e argilla. Alcune monete permettono di datare dei muri all’età costantiniana, mentre altre sono sicuramente medievali; la ceramica invece, arriva fino al XV secolo.

La necropoli di questo piccolo abitato si trova nei pressi dell’anfiteatro, ed è composta da tombe ad inumazione prive di corredo.

147 Le prime ricerche ad Herdonia interessarono anche strutture lontane dal centro abitato. Si tratta dei resti di un ponte di età traianea sul Carapelle e di un acquedotto sotterraneo in opera incerta e rivestito di tegole, situato a sud est della città.

La cinta muraria e la cronologia della città

Dopo aver analizzato la topografia generale della città e parte dei suoi edifici, il secondo obiettivo di Mertens era quello di definire una scansione cronologica di Herdonia, a partire dallo studio della cortina muraria. Gli scavi hanno permesso di seguire l’intero tracciato della cinta muraria, che si estende, come già detto, per quasi 1980 metri. Il circuito murario, nei suoi tre secoli di esistenza, ha conosciuto rimaneggiamenti e ricostruzioni a volte radicali, cambiamenti che hanno riflesso alcuni avvenimenti storici. Soprattutto grazie alle indagini presso le porte (trincee VIII, XVII, XXVI, XXI, XXVII e XXXIX) è stato possibile seguire l’evoluzione cronologica delle mura, mentre le trincee III, IV, VI, XIX illustrano nella loro successione stratigrafica, l’intera evoluzione dell’assetto urbano. Sulla base di questi dati, Mertens propone una scansione cronologica divisa in otto fasi cronologiche, invitando però a non considerarle secondo uno schema rigido.

Fase 1.

Individuata durante la campagna 1963/64, questa fase è costituita da un rialzo di terra bruna posta direttamente sulla roccia, rinvenuto nelle trincee XXVI, III e VI. Anche alcune buche di palo tagliate nella roccia possono essere ricondotte a questa fase. Si tratta forse delle tracce dell’antico passaggio che dava accesso alla città e che era fiancheggiato da torri in legno. All’interno della città le numerose buche di palo nello strato roccioso lasciano ipotizzare un abitato costruito in legno e argilla.

La datazione di questa fase è stata proposta sulla base dello studio della necropoli anteriore all’abitato scavato. Tutte le tombe di questa necropoli sono daunie e contengono ceramiche locali o importate, ma soprattutto tagliano lo stesso strato di terra scura appena citato.

Grazie allo studio della ceramica è stato possibile definire che questa necropoli, sicuramente attiva nel V secolo a.C., è stata abbandonata agli inizi del III, quando l’abitato fu strutturato.

Fase 2.

Il terrapieno primitivo fu presto rimpiazzato da una costruzione tutta nuova. Mertens considera questa scoperta come “uno dei maggiori risultati degli scavi di Ordona”236.

148 Questa cinta arcaica si appoggia sia sulla roccia che sul terrapieno antecedente ed è costituita da una fondazione in ciottoli di fiume, sormontata da una muraglia in mattoni crudi.

All’interno della città un terrapieno spesso quasi 13 metri fu posto come rinforzo di questo muro, che ne diventa praticamente il paramento esterno. Infatti il terrapieno è mantenuto all’interno da un muro più piccolo di controscarpa fatto in ciottoli, terra e qualche mattone crudo.

In corrispondenza delle porte, le mura sono più solide. Non è possibile precisare se in questa fase vi fosse già un fossato a protezione ulteriore della cinta muraria.

All’interno del riempimento sono stati trovati numerosi frammenti di ceramica a vernice nera di produzione apula, tardoattica o protocampana, databile fra IV e III secolo a.C.

Fase 3.

In questa fase vengono rinforzate le difese esistenti. La porta nord est fu dotata di una torre supplementare e munita di un paramento in pietra che conferiva un impianto a tenaglia, tipico dei sistemi difensivi ellenistici e italici.

Fase 4.

Sembra che queste difese non rispondano ai bisogni del momento. Le mura vengono rinforzate un’altra volta e dappertutto si constata un rialzamento del terrapieno (trincee III, VI e XIX) con ghiaia e sabbia gialla.

La torre esistente presso la porta nord est viene rimpiazzata da una struttura più grande, mentre un piccolo bastione viene costruito a ridosso della cinta muraria.

Probabilmente è questo il momento in cui viene scavato il fossato difensivo, ma ancora nessuno scavo era stato effettuato per verificare questa ipotesi.

La ristrutturazione delle difese sembra essere il riflesso della complicata ed incerta situazione politica dell’Italia meridionale fra IV e III secolo a.C. Mertens scrive che questa fase “segna la

fine di un periodo di sviluppo assai rapido, che copre forse l’intero III secolo”237. In questo

momento la città sembra essere stata abbandonata. È interessante come in alcune trincee (XVII e XXX) sia stato individuato uno spesso strato di terra scura, di probabile origine alluvionale, anteriore alla fase 5. L’ipotesi proposta da Mertens è quella di mettere in relazione questa fase di abbandono con il 210 a.C., anno in cui Annibale occupò la città e deportò la popolazione a Turi e a Metaponto.

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Fase 5.

In questa fase la cinta urbana viene quasi completamente ricostruita in solida muratura. La cinta è formata da due pareti, quella esterna, più solida, costituisce la facciata propriamente detta, mentre quella interna è il muro di controscarpa che contiene il riempimento sul quale era collocato il cammino di ronda.

Piuttosto interessante la tecnica costruttiva, particolarmente evidente nel muro 43 della trincea IV.

La fondazione è formata da blocchi di pietre legati da una malta dura. Il paramento interno è formato da singoli blocchi compressi in casseforme di legno, mentre quello esterno in opera incerta di ottima fattura. La stessa tecnica è stata adoperata per la costruzione del muro di controscarpa.

La cinta muraria viene munita di torri circolari costruite nella medesima tecnica.

Le mura circondano tutta la città e poggiano sull’antico riempimento in terra, parzialmente abbandonato e smantellato.

L’analisi dei reperti ceramici, delle monete e di alcuni frammenti di carbone datati tramite esame del radiocarbonio, consentono di datare questa fase alla fine del II secolo a.C.

Fase 6.

Questa fase riguarda quasi esclusivamente la ristrutturazione della porta sud ovest, che assume un aspetto monumentale grazie alla costruzione di due torri quadrate di 6x6 metri. Le torri erano costruite con blocchi in cassaforma e opera incerta, mentre la facciata presenta un’opera reticolata di ottima fattura. Come sostiene Mertens, “non deve essere passato molto tempo fra

la fase 5 e la fase 6”238. Infatti l’analisi del materiale ceramico permette di stabilire una

datazione leggermente più recente, ovvero la seconda metà del I secolo a.C.

Fase 7.

Con l’Impero e la Pax Romana, le difese avevano sempre meno utilità pratica e, pertanto, furono in gran parte smantellate.

I cambiamenti maggiori sono stati individuati nel settore nordorientale, con la costruzione dell’anfiteatro e di una strada individuata nella trincea XVII grazie a due pilastri identificati con i numeri 128 e 161, che coprono il muro di controscarpa. La distanza fra i due pilastri è di 4,80 metri, ossia la larghezza di una strada romana. Al livello di costruzione dei pilastri è presente

150 un sottile strato di malta sul quale fu posta la base della strada, costituita da uno spesso strato