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Inquadramento e definizione delle unità fisiografiche (step 1)

CAPITOLO 4 – INQUADRAMENTO E CLASSIFICAZIONE INIZIALE DEI CORSI D’ACQUA

4.1 Inquadramento e definizione delle unità fisiografiche (step 1)

Scopo: ottenere un primo inquadramento del contesto fisico nel quale sono inseriti i corsi d’acqua ed effettuarne una prima suddivisione in macro-aree (unità fisiografiche) e macro-tratti (segmenti).

Informazioni / dati necessari di base: area del bacino, informazioni su litologie prevalenti, clima e regime idrologico, uso del suolo nel bacino, profili longitudinali dei corsi d’acqua.

Metodi: consultazione di carte geologiche, geomorfologiche, di uso del suolo; studi esistenti; raccolta ed elaborazione dati idrologici; telerilevamento/ GIS.

Risultati: vengono individuate le unità fisiografiche attraversate dal corso d’acqua in esame e vengono definiti i segmenti.

Descrizione

Vengono inizialmente raccolte varie informazioni e dati che possono essere utili, anche successivamente, per comprendere i possibili condizionamenti fisici sul carattere, sul comportamento e sulle variazioni della configurazione longitudinale dei corsi d’acqua in esame. Tali informazioni comprendono: area del bacino, idrologia, litologia, uso del suolo nel bacino. I profili longitudinali (costruiti dalle carte topografiche disponibili), soprattutto per il corso d’acqua principale ed i maggiori affluenti, possono fornire indicazioni utili, sia per la suddivisione in segmenti che (soprattutto) per la successiva suddivisione in tratti (si veda in seguito).

Denominazione Note

Settore Alpino e Pianura Padana

1. Aree montuose alpine Aree a quote elevate, con valli frequentemente

ereditate da forme glaciali.

2. Aree montuose e collinari prealpine Comprendono la fascia montuosa e collinare

prealpina, inclusi i rilievi collinari corrispondenti agli apparati morenici (anfiteatri morenici).

3. Alta pianura Comprende la fascia pedemontana a partire dagli

apici dei conoidi. E’ caratterizzata da pendenze

superiori a 0.15 % (CASTIGLIONI & PELLEGRINI,

2001) e tessiture dei sedimenti in genere grossolane (ghiaia grossolana). Include le alte pianure

sublacuali. Può essere indicata come Alta pianura “antica” quando è costituita da terrazzi antichi (in tal caso l’alveo può essere confinato).

4. Bassa pianura Comprende le porzioni di pianura padana e veneto –

friulana con pendenza inferiore a 0.15 %

(CASTIGLIONI & PELLEGRINI, 2001), con sedimenti in prevalenza fini (ghiaia fine, sabbie e limi). Settore Appenninico ed Isole

1. Aree montuose appenniniche (Appennino interno)

Aree a quote elevate. Si ritrovano molte tipologie di valli ma, generalmente, soprattutto nelle aree di affioramento dei litotipi più competenti, le valli sono strette e gli alvei in genere confinati.

2. Aree collinari appenniniche Aree a quote inferiori, frequentemente a dolce

morfologia per la presenza di serie flyshoidi relativamente erodibili. Le valli sono piuttosto ampie e gli alvei meno confinati. Comprende i grandi pianalti terrazzati profondamente incisi dai corsi d’acqua nei depositi alluvionali antichi e nelle serie sedimentarie marine recenti.

3. Pianure intermontane appenniniche Pianure (conche) intermontane di origine tettonica,

frequenti sul versante appenninico tirrenico.

4. Rilievi interni Rilievi interni del versante tirrenico collinari o

montuosi (compresa fascia di vulcanismo vulsino – campano) e rilievi della Sardegna.

5. Alta pianura (o pianura prossimale) Pianura con maggiore pendenza, generalmente a

partire dagli apici dei conoidi fino alla loro base.

6. Bassa pianura (o pianura distale) Pianura a minore pendenza. Comprende la pianura

costiera.

Sulla base di questa prima raccolta di informazioni, vengono individuate le principali unità fisiografiche attraversate dai corsi d’acqua in esame (Figura 4.2).

Una prima suddivisione può essere fatta considerando le principali unità descritte in Tabella 4.1. Tali unità si differenziano per aree geografiche (settore alpino – pianura padana; settore appenninico ed isole) e non sono da considerarsi come un elenco esaustivo ma come un primo orientamento. Esse sono riconducibili, ai fini delle fasi succesive di classificazione, a due principali ambiti fisiografici: (1) collinare – montuoso; (2) di pianura.

A

B C

Figura 4.2 – Esempio di suddivisione del bacino del Fiume Cecina (Toscana meridionale) in unità fisiografiche. A) Definizione delle unità fisiografiche; B) Foto panoramica relativa

all’unità collinare-montuosa; C) Foto relativa all’unità collinare.

Per la definizione delle unità fisiografiche di pianura, possono essere utili le seguenti precisazioni:

- Le pianure, per essere considerate come unità fisiografiche a sé stanti, devono avere una larghezza significativa (qualche km). I corsi d’acqua all’interno di pianure sono di norma non confinati.

- Nel caso di fasce di pianure di larghezza limitata (ad esempio 1 – 2 km) presenti all’interno di bacini prevalentemente collinari o montuosi, esse possono essere incluse in un’unità fisiografica collinare e/o montuosa, seppure si può tener conto della loro presenza o meno nella definizione dei segmenti (in base al confinamento) (si veda a tal proposito la Figura 4.3).

- Le tipologie di pianura riportate in Tabella 4.1 sono da considerarsi indicative, soprattutto per il settore appenninico ed isole dove esiste una maggiore variabilità di situazioni ed è difficile effettuare generalizzazioni (per il settore alpino e padano la distinzione tra alta e bassa pianura è consolidata). Nel caso di più tratti di pianura in uno stesso bacino, un’eventuale suddivisione in alta e bassa pianura può avvenire sulla base di un profilo longitudinale della stessa, individuando significative discontinuità di pendenza (non necessariamente coincidenti con il limite utilizzato per il settore alpino – padano). In alcuni casi, quando ad esempio si hanno più porzioni di pianura con pendenze marcatamente differenti, è possibile definire anche unità di media pianura laddove ritenuto significativo.

- Le pianure intermontane sono pianure di dimensioni sufficientemente grandi che sono interrotte a valle da una soglia (chiusura della valle) (per piccole pianure intermontane esse vengono inglobate nell’unità collinare – montana entro la quale si inseriscono).

- Le pianure costiere del settore appenninico ed isole possono essere considerate come bassa pianura quando presentano una sufficiente estensione laterale e continuità con i bacini limitrofi (ovvero si abbandona completamente l’ambito collinare – montuoso) e sono in genere accompagnate anche da una variazione tessiturale dei sedimenti (presenza di sabbie costiere). Le pendenze sono generalmente basse, ma non necessariamente paragonabili alla bassa pianura del settore alpino – padano.

I tratti dei corsi d’acqua compresi all’interno di ogni unità fisiografica sono denominati segmenti. Essi derivano dall’intersezione dei corsi d’acqua con i limiti di unità fisiografica e rappresentano una prima suddivisione in macro-tratti omogenei, funzionale alla successiva definizione dei tratti. All’interno di una stessa unità fisiografica, è possibile distinguere più segmenti in funzione prevalentemente del confinamento (valutato in prima approssimazione, mentre una misura più precisa viene effettuata nello step successivo) (Figura 4.3), delle caratteristiche morfologiche della valle e del profilo longitudinale del corso d’acqua (significative variazioni della pendenza del fondo). In alcuni casi, si può tener conto anche delle principali variazioni di direzione della valle dovute ai principali controlli tettonici dell’area. Si tenga tuttavia presente di evitare una eccessiva frammentazione dei corsi d’acqua in segmenti.

Suddivisione in unità fisiografiche e segmenti

L’analisi parte da una suddivisione del reticolo idrografico in aree e tratti relativamente omogenei. Si possono distinguere le seguenti fasi:

1. Si delimitano arealmente le diverse unità fisiografiche (Figura 4.2).

2. Dall’intersezione dei limiti delle unità fisiografiche con i corsi d’acqua si determina una prima suddivisione in segmenti (Figura 4.3). Un segmento, se non suddiviso ulteriormente, è un’unità lineare corrispondente ad un’unità fisiografica.

3. In ambito collinare – montuoso, ogni corso d’acqua deve corrispondere ad (almeno) un segmento. Non esiste pertanto un limite inferiore di lunghezza dei segmenti.

4. Per quanto riguarda il corso d’acqua o i corsi d’acqua principali del bacino, nei loro tratti di pianura, il segmento ha di norma lunghezze maggiori, generalmente dell’ordine di diversi km (ma anche in questo caso non esiste un limite inferiore rigido).

5. Il grado di confinamento valutato in prima approssimazione (tratti prevalentemente confinati, semiconfinati o non confinati) (Figura 4.3), la direzione della valle, quando ritenuta significativa (soprattutto nelle porzioni collinari montane dei principali corsi d’acqua si può tenere conto di marcate variazioni di direzione legate a controlli tettonico – strutturali), e le variazioni più significative della pendenza del fondo possono essere elementi da considerare per un’ulteriore suddivisione in segmenti. Altre informazioni / dati: una volta individuati i segmenti, è utile definire per ognuno di essi i seguenti parametri:

- Area di drenaggio sottesa (valutata al limite di valle del segmento); - Pendenza media della valle.

Figura 4.3 – Esempio di suddivisione in segmenti del Fiume Cecina. Si noti che i segmenti 1 e 4 corrispondono ad unità fisiografiche (si veda Figura 4.2), mentre i segmenti 2

e 3 derivano da un’ulteriore suddivisione in base ai caratteri di confinamento nell’attraversamento dell’unità collinare.