3. L’AREA DI STUDIO: IL TORRENTE MOSCARDO
3.2. Inquadramento geologico e geomorfologico
3.2. Inquadramento geologico e geomorfologico
Il bacino è inserito nel tratto centrale della Catena Paleocarnica, ed è caratterizzato dalle seguenti formazioni (Fig. 3.3 – Dini e Selleroni, 2004):
‐ Formazione dell’ Hochwipfel (Carbonifero medio). È costituita da un’alternanza di
argilliti, siltiti e arenarie, con intercalazione di conglomerati e rocce eruttive. Raggiunge lo spessore massimo di circa 1000 metri, e presenta un debole grado di metamorfismo. Tale formazione affiora nella parte nord‐orientale del bacino. ‐ Formazione del Dimon (Carbonifero medio). È composta da due diverse unità
litologiche, una vulcanica e una flyschoide. La quasi totalità dei monti Paularo e Dimon è costituita dalla facies flyschoide, ed è composta da torbiditi silico‐clastiche alternate con arenarie verdastre e siltiti‐argilliti in stratificazione da centimetrica a metrica, a volte intercalate da argilliti e siltiti rosse verso l’alto della sequenza. Lo spessore totale della formazione si aggira probabilmente intorno ai 1000 metri. La facies vulcanica è rappresentata da una sequenza di vulcaniti e tufi costituita da diabasi spilitici, spiliti massicce, lave a cuscino (pillow‐lavas) e brecce a cuscino (pillow‐breccias), affiorante alla sommità dei monti Paularo e Dimon, nella parte sud‐orientale.
Complessivamente, le due formazioni caratterizzanti il bacino sono note in letteratura anche con il nome di flysch ercinico.
I depositi quaternari sono rappresentati da:
‐ Coperture eluviali e paleodetriti di frana. Derivano dal disfacimento del substrato
roccioso; il loro spessore è in genere compreso tra 1 e 2 metri. Si sviluppano su detriti morenici rimaneggiati e antichi corpi di frana. La matrice è sabbioso‐limosa con abbondante argilla e clasti di natura siltoso arenacea piuttosto angolosi. La morfologia risulta piuttosto accidentata con un continuo susseguirsi di piccole depressioni e ripide scarpate. In corrispondenza delle lenti argillose si riscontrano sorgenti caratterizzate da una portata consistente.
‐ Depositi morenici. Sono caratterizzati da eterogeneità per quello che riguarda
composizione e granulometria. I ciottoli, di dimensioni modeste, sono immersi in una matrice sabbioso‐limosa.
‐ Detrito di versante. Costituito da clasti spigolosi di dimensioni anche considerevoli,
deriva in prevalenza da crolli dalle pareti sovrastanti.
‐ Depositi alluvionali. Sono rappresentati da clasti arrotondati, abbastanza
omogenei sotto il profilo litologico ma eterogenei sotto quello granulometrico. Si trovano lungo l’asta torrentizia principale.
L’incisione del torrente, impostata in direzione NE‐SO, è impostata nella fascia cataclastica corrispondente alla “Linea del Rio Moscardo” (Spalletta et al., 1979), il cui piano di faglia non è facilmente riconoscibile.
Figura 3.3 – Carta geologica del bacino del Torrente Moscardo (da Dini e Selleroni, 2005). Figura 3.4 – Carta geomorfologica del bacino del Torrente Moscardo (da Dini e Selleroni, 2005).
L’intero bacino del Moscardo è interessato da una paleo‐frana che si estende per oltre 2 km2 per un volume stimato in circa 2 milioni di m3 (Fig. 3.5), attivatasi in seguito al ritiro dei ghiacciai würmiani circa 18000 anni fa (Venturini, 2011; Marcato et al., 2012). Il cedimento fu causato dall’innescarsi di una deformazione gravitativa profonda di versante, la cui profondità stimata è compresa tra i 150 e i 200 metri dalla superficie del terreno. Figura 3.5 – Estensione della paleo‐frana causata dalla deformazione gravitativa profonda che interessa il bacino del Torrente Moscardo (in rosso). È riportato l’orlo della nicchia di distacco (in giallo) e la frana roto‐traslazionale secondaria (in arancione) che interessa la confluenza del Moscardo con il Rio dei Laris (modificato da Marcato et al., 2012). I due principale affluenti del Torrente Moscardo sono il Rio dei Laris e il Rio Cenglarins (Fig. 3.6). Il Rio dei Laris, in destra idrografica, proviene da una vasta area in frana al di sopra del limite del bosco. Diversi canali di colata in erosione confluiscono in un tratto sostanzialmente considerabile come in equilibrio. L’ultimo tratto dell’alveo è rivestito in calcestruzzo e lamiera, su cui è stata realizzata una serie di briglie in legname e pietrame fino alla confluenza nel Torrente Moscardo.
Il Rio Cenglarins, in sinistra idrografica, presenta caratteristiche di equilibrio, ad eccezione di un’area in frana a circa 1185 metri di quota. Nella carta topografica dell’IGM in
scala 1:25000 del 1962, il rio viene indicato con il nome di Rio Paularo, poiché confluiva direttamente nel But anziché nel Moscardo. Osservazioni di campagna, interpretazione di foto aeree e dei DTM confermano la possibilità che nel passato il rio potrebbe non essere stato affluente del Moscardo (Dini e Selleroni, 2005).
Figura 3.6 – Classificazione della rete idrografica del bacino del Torrente Moscardo (da Dini e Selleroni, 2005).
Ai detriti provenienti dalla disgregazione dei versanti in roccia che costituiscono la testata del bacino ad elevata acclività si aggiungono i depositi morenici e di paleofrana a costituire una consistente quantità di materiale solido mobilizzabile a seguito di intensi e concentrati eventi meteorici. Le colate detritiche e le piene con elevato carico solido che ne derivano, localmente soprannominate “La Muse”, possono verificarsi anche più volte all’anno.
È significativo evidenziare come il toponimo potrebbe essere stato mutuato dal tedesco Muse,
con l’inequivocabile significato di poltiglia, pappa, purea (Venturini, 2011). Causa dell’enorme
disponibilità di materiale mobilizzabile è anche l’incisione longitudinale del torrente del vasto corpo di frana costituito da materiale di origine morenica misto a depositi eluvio‐colluviali, seguito in profondità da uno spessore anche di alcune decine di metri di materiale di natura arenaceo‐siltitica. Tale ammasso detritico costituisce fonte di sedimento sia dalle sponde che dall’alveo nella parte medio‐alta del bacino.
La ricorrente sovrapposizione di successivi episodi di colata ha nel tempo dato forma ad un ampio conoide di deiezione che presenta una spiccata asimmetria plano‐altimetrica, che denota come le colate più consistenti tendano ad arrestarsi a distanza relativamente ridotta dal punto di fuoriuscita dal bacino. Il settore meridionale si sviluppa invece lungo l’asse meridionale per circa 2 km (Arattano et al., 1996).
La pendenza media del conoide nella parte centrale del settore attivo è del 13%, mentre nella parte meridionale si aggira intorno al 7‐8%.