2. STATO DELL’ARTE DELLE CONOSCENZE NEL SETTORE
2.1 Le colate detritiche
2.2.1 La rappresentazione del terreno
2.2.1 La rappresentazione del terreno
La morfologia del terreno riveste un ruolo di fondamentale importanza nei confronti dei processi idrologici e geomorfologici legati alla formazione del deflusso, all’erosione e ai fenomeni di instabilità superficiale, in particolare nell’ambiente montano, dove la risposta idrologica è determinata in maniera predominante dalla morfologia.
La scienza che si occupa dell’analisi quantitativa della superficie terrestre prende il nome di geomorfometria (Pike, 1995; Rasemann et al., 2004). L’informazione fondamentale alla base dell’analisi geomorfometrica è rappresentata dal Modello Digitale delle Elevazioni (DEM). Come schematizzato in Figura 2.2.1, il DEM può essere concettualmente interpretato come il centro delle interazioni tra l’informazione morfometrica di base e le relative applicazioni che lo interessano. Queste interazioni sono supportate dai metodi di generazione dei DEM e da un numero crescente di tecniche per la loro interpretazione e visualizzazione. Spesso le tecniche di visualizzazione sono impiegate a supporto sia dell’interpretazione che dell’analisi della qualità relativa ai DEM (Hutchinson e Gallant, 2000). Figura 2.2.1 – Principali aspetti associati ai DEM (modificato da Hutchinson e Gallant, 2000). Realtà Applicazioni Interpretazioni Visualizzazione Calcolo del DEM Acquisizione dati DEM
In letteratura viene spesso fatta distinzione tra diverse tipologie di modelli digitali per la rappresentazione della morfologia, rappresentata come distribuzione spaziale delle altezze al di sopra di un livello arbitrario. I diversi modelli possono essere definiti come segue (Höhle e Potuckova, 2011):
‐ DEM o Modelli Digitali dell’Elevazione (Digital Elevation Model): rappresentazione
digitale e matematica delle quote riferita a una generica superficie topografica.
‐ DTM o Modelli Digitali del Terreno (Digital Terrain Model): rappresentazione digitale di
una superficie topografica corrispondente al suolo nudo (ossia privo dell’informazione relativa alla vegetazione e agli artefatti umani).
‐ DSM o Modelli Digitali della Superficie (Digital Surface Model): rappresentazione
digitale di una superficie topografica comprensiva di vegetazione, edifici e altri elementi che si elevano al di sopra del suolo nudo.
Nella presente tesi, i termini DTM e DEM vengono considerati come sinonimi; a scanso di equivoci, verrà utilizzato sempre il termine DEM. In Figura 2.2.2 sono riportati, a titolo d’esempio, il DEM riferito al terreno e il DSM comprensivo della vegetazione di un’area montana boscata. Figura 2.2.2 – a) DSM e b) DEM del terreno di un’area boscata. I modelli fanno riferimento alla stessa area. L’informazione altimetrica rappresentata dai DEM può essere organizzata sotto forma di diverse strutture di dati (Fig. 2.2.3), a seconda della fonte dei dati e dell’applicazione richiesta (Moore et al., 1991):
‐ DEM grid (o raster): rappresentazione strutturata come una griglia o una matrice a
celle regolari, in cui ogni cella (o pixel) contiene il valore della quota. Rappresenta la struttura più diffusa per il trattamento dell’informazione dell’elevazione, principalmente per la sua semplicità d’uso e per la facilità d’implementazione negli algoritmi di analisi raster. Dal momento che ciascuna cella può contenere un unico valore di quota, i DEM in formato grid non possono venire considerati dei veri e propri modelli 3D, pertanto la loro struttura viene spesso definita come 2.5D o falso 3D. Questo tipo di struttura tende a risultare ridondante in presenza di aree pianeggianti nelle quali la stessa informazione altimetrica è contenuta in un insieme di celle tra loro vicine.
‐ Triangular Irregular Networks (TIN): suddivisione vettoriale della superficie in triangoli
irregolari i cui vertici rappresentano punti di quota nota. Rispetto al DEM in formato
grid è possibile incorporare elementi come picchi, cambi di pendenza e depressioni.
Grazie alla densità variabile dei vertici, il TIN è in grado di adattarsi alla scabrezza del terreno, evitando ridondanza dei dati in aree pianeggianti e garantendo maggiore accuratezza nelle aree ad elevata pendenza o scabrezza superficiale.
‐ Tubi di flusso: struttura basata sulla suddivisione della superficie in poligoni irregolari
formati dalle curve di livello e dalle linee di deflusso ad esse ortogonali. Nonostante per determinate applicazioni idrologiche rappresenti il sistema migliore per l’implementazione delle equazioni di flusso, questa struttura è meno diffusa ed utilizzata rispetto alle prime due. Figura 2.2.3 – Strutture dei DEM: a) DEM grid; b) Triangular Irregular Network (TIN); c) tubi di flusso (modificato da Moore et al., 1991).
Ciascuna tipologia di struttura comporta sia vantaggi che svantaggi derivanti dal suo utilizzo, pertanto la scelta del sistema da adottare è funzione della fonte dei dati e dell’applicazione richiesta.
I vantaggi derivanti dall’utilizzo dei DEM in formato raster sono rappresentati in primo luogo dalla semplicità della struttura; essendo essa spazialmente uniforme, la principale caratteristica di controllo è rappresentata dalle dimensioni della cella. Questo aspetto rende i DEM raster maggiormente indicati rispetto ai DEM vettoriali per le operazioni di processamento dell’immagine e per le analisi morfometriche, dal momento che possono essere impiegati algoritmi più semplici.
Gli svantaggi sono rappresentati innanzitutto dalla ridondanza dell’informazione nelle zone pianeggianti e dall’inadeguatezza della rappresentazione di strutture complesse a causa del sotto‐campionamento della topografia. A questi aspetti, parzialmente gestibili in aree morfologicamente omogenee attraverso la corretta impostazione della risoluzione, si associa la maggiore richiesta di memoria per rappresentare l’informazione topografica allo stesso livello di dettaglio dei DEM in formato vettoriale. Il formato a celle regolari comporta inoltre l’insorgere di problematiche nel caso di cambio di risoluzione spaziale e di riproiezione in un diverso sistema di riferimento spaziale. Quest’ultimo processo può risultare lento e comportare una perdita di accuratezza, a causa del necessario ri‐campionamento dei valori del DEM. Infine, l’anisotropia dell’informazione nei confronti delle direzioni cardinali e diagonali dei centri delle celle può avere impatti negativi sulla precisione dei modelli idrologici (Hengl e Evans, 2009).
Alcuni problemi relativi alla rappresentazione di tipo raster possono inoltre insorgere nella rappresentazione di elementi superficiali aggettanti. In queste situazioni, infatti, esistono celle a cui possono corrispondere diversi valori di quota. Questo problema, dipendente dalla scala del DEM e da quella degli elementi da rappresentare, può essere facilmente apprezzato nell’immagine di Figura 2.2.4. Nell’ipotesi della realizzazione di un DEM a risoluzione centimetrica, la rappresentazione della parte aggettante del masso presuppone che venga stabilita quella che deve essere la superficie planare di riferimento. Nella fattispecie, sia che venga individuata come riferimento la superficie del terreno al di sotto della parte aggettante che la parte superiore del masso, occorrerà accettare un’approssimazione della situazione reale e un’inevitabile perdita di informazione.
Figura 2.2.4 – Masso aggettante. La rappresentazione di questi elementi attraverso DEM raster introduce un’inevitabile approssimazione, dal momento che a ciascuna cella del DEM può corrispondere un solo valore di quota. Nella figura sono rappresentati alcuni dei possibili valori attribuibili alla coordinata z del punto P di coordinate
x1, y1, dipendenti dalla scelta del metodo di interpolazione.
Storicamente, le fonti dei dati altimetrici necessari alla realizzazione dei DEM sono rappresentate in prevalenza dall’informazione acquisita tramite tecniche di rilievo fotogrammetrico aereo (v. Par. 2.4), dalla digitalizzazione delle curve di livello presenti nelle carte topografiche e dai dati acquisiti mediante rilievi topografici (Moore et al., 1991).
Negli ultimi anni, l’affermarsi e l’affinamento delle tecniche di telerilevamento ad alta risoluzione basate sull'impiego di tecnologie LiDAR (v. Par. 2.3), hanno consentito di ovviare a molte limitazioni delle tecniche disponibili in passato. Il rilievo LiDAR da aeromobile, in particolare, grazie all’elevato numero di impulsi inviati a terra è in grado di campionare l’andamento della superficie del terreno anche in presenza di fitta vegetazione (Barilotti et al., 2006), risultato non ottenibile dai rilievi aerofotogrammetrici tradizionali.
La qualità dei DEM generati dall’interpolazione di dati LiDAR risulta essere superiore a quella ottenibile a partire dai supporti cartografici tradizionali (Hodgson et al., 2003), offrendo così la possibilità di realizzare applicazioni precedentemente non attuabili nello studio dei fenomeni franosi, idrologici e geomorfologici.
P’’’ (x1, y1, z3)
P’’ (x1, y1, z2)