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fase di restituzione: noti tutti i parametri della trasformazione, si possono trasformare  tutte le informazioni dello spazio 2D in quelle dello spazio 3D dell’oggetto, dando luogo

alla  restituzione  dell’oggetto  rilevato.  Il  risultato  finale,  realizzato  mediante  strumenti 

restitutori, può essere un disegno, una nuvola di punti a tre dimensioni o un’immagine 

ortoproiettata. 

In  generale,  i  restitutori  possono  essere  distinti  in  analogici,  analitici  e  digitali.  I  primi  sono stati praticamente soppiantati dai restitutori analitici, mentre quelli digitali sono  costituiti da computer nel quale vengono caricate le immagini in formato digitale, ossia  immagini costituite da matrici bidimensionali di toni di grigio o di colore.  Il tipo di camera utilizzato nei rilievi fotogrammetrici viene distinto in base alla modalità  e alla precisione con cui è nota la geometria interna della camera. Tale informazione è relativa  alla distorsione delle immagini acquisibili, e coincide con i parametri di orientamento interno.  In relazione ad essa si possono distinguere tre tipologie: 

camere  metriche:  sono  costosi  strumenti  realizzati  appositamente  per  scopi 

L’obiettivo  è  in  grado  di  limitare  la  distorsione  radiale;  le  informazioni  relative  alla  distorsione dovuta ad esso sono contenute nel certificato di calibrazione fornito dalla  ditta produttrice. 

camere  semimetriche:  macchine  non  nate  esclusivamente  per  la  fotogrammetria, 

dotate tuttavia di un obiettivo calibrato meno complesso rispetto a quello delle camere  metriche,  rispetto  al  quale  comporta  distorsioni  più  pronunciate.  Possono  essere  dotate  di  un  reticolo  calibratore  (reseau)  frapposto  tra  obiettivo  e  pellicola  (oppure  sensore, nel caso delle camere digitali), che consente di risalire alla deformazione del  fotogramma. 

camere  amatoriali:  macchine  fotografiche  di  uso  comune,  nelle  quali  i  parametri  di 

orientamento  interno  non  sono  elementi  noti.  La  precisione  è  inferiore  a  quella  ottenibile con le tipologie di camera precedenti. Il loro utilizzo richiede una preventiva  autocalibrazione dei parametri di orientamento.  La determinazione dello spazio a tre dimensioni attraverso coppie di prese fotografiche  bidimensionali viene definito rilievo fotogrammetrico stereoscopico o stereofotogrammetria. La  visione naturale dell’uomo è anch’essa una visione di tipo stereoscopico, in quanto attraverso  due punti di presa (gli occhi) è possibile apprezzare la tridimensionalità dello spazio reale.  Nel rilievo fotogrammetrico di un oggetto, quest’ultimo viene idealmente scomposto in  diverse  porzioni,  ciascuna  ripresa  in  due  fotogrammi  consecutivi;  tali  porzioni  sono  dette 

modelli  stereoscopici.  Affinché  gli  stessi  punti  dell’oggetto  reale  siano  ripresi  in  almeno  due 

fotogrammi  consecutivi  è  necessario  che  tra  i  due  fotogrammi  sia  presente  un’area  di  sovrapposizione  non  inferiore  al  50%,  tuttavia  per  ridurre  l’insorgere  di  problemi  ed  errori  l’area di sovrapposizione impiegata è di almeno il 60% (Cannarozzo et al., 2012). Le condizioni  ideali per il rilievo impongono inoltre che il rapporto tra la base di presa b e la distanza di presa 

d  (rispettivamente,  la  distanza  tra  due  successivi  punti  di  presa  e  la  distanza  dall’oggetto  da 

rilevare)  sia  compreso  tra  valori  di  0.15  e  0.33  (Fig.  2.4.2).  I  parametri  b  e  d  vengono  generalmente  definiti  in  fase  di  pianificazione  del  rilievo,  in  funzione  della  scala  di  rappresentazione grafica richiesta. 

L’orientamento  della  camera  nei  confronti  dell’oggetto  dovrebbe  essere  inoltre  mantenuto  il  più  possibile  vicino  al  nadir,  ossia  essere  perpendicolare  ad  esso.  Andrebbero  inoltre evitati, per quanto possibile, angoli di ripresa bassi, per i quali sia l’oggetto che i target  possono subire distorsioni notevoli (Matthews, 2008). 

 

Figura 2.4.2 – Base di presa (b) e distanza di presa (d) nel rilevo fotogrammetrico stereoscopico. 

 

Nel  rilievo  fotogrammetrico  l’acquisizione  dei  fotogrammi  può  essere  effettuata  secondo diverse modalità (Fig. 2.4.3): 

presa  normale  o  stereoscopica:  gli  assi  della  camera  sono  disposti  tra  loro  paralleli  e 

perpendicolari alla base di presa. Tale configurazione permette una soluzione analitica  molto  semplice  e  genera  fotogrammi  uniformi  per  qualità.  Essendo  stati  ormai  praticamente abbandonati i restitutori analogici, la semplicità di calcolo non risulta più  essere  un  vantaggio  decisivo  come  in  passato,  pertanto  si  preferisce  adottare  la  tipologia di presa pseudo‐normale. 

presa pseudo‐normale: gli assi di presa risultano leggermente convergenti (max 4°‐5°); 

questo  consente  prese  più  rapide  rispetto  alla  presa  normale,  senza  tuttavia  compromettere  le  potenzialità  stereoscopiche  dei  fotogrammi.  Le  operazioni  di  orientamento sono consentite da un insieme di punti di appoggio sull’oggetto. 

presa inclinata parallela: questo tipo di presa è adatta quando la distanza tra camera e 

oggetto fotografato è molto piccola. Gli assi possono essere inclinati rispetto alla base,  conservando tuttavia il loro parallelismo. 

presa  convergente:  gli  assi  della  camera  formano  un  angolo  qualsiasi  con  la  base  di 

presa. Il vantaggio consiste nel minor numero di fotogrammi necessari e nella maggiore  rapidità del rilievo. Venendo tuttavia a mancare l’aspetto stereoscopico, questo tipo di  presa viene utilizzata solamente nella fotogrammetria non convenzionale. 

b

 

Figura 2.4.3 – Tipologie di presa nel rilievo fotogrammetrico. 

 

Nella fotogrammetria non convenzionale, la restituzione non si avvale dei principi della 

stereoscopia,  ma  il  trattamento  dell’informazione  avviene  in  monoscopia  sui  singoli 

fotogrammi.  I  vantaggi  principali  si  possono  evidenziare  nel  costo  più  contenuto  della  strumentazione  necessaria  (camere  metriche  e  restitutori),  nella  minore  specializzazione  richiesta dal personale che effettua il rilievo, nella maggiore speditezza del rilievo non essendo  necessario  ottenere  prese  stereoscopiche  ed  essendo  liberamente  variabile  per  ogni  presa  la  distanza  tra  la  camera  e  l’oggetto  (Fig.  2.4.4).  La  precisione  globale  del  rilievo  è  però  condizionata  e  risulta  inferiore  rispetto  a  quella  ottenibile  con  camere  metriche  utilizzate  secondo i criteri stereoscopici. L’alta ridondanza delle osservazioni può tuttavia compensare la  minore precisione intrinseca del processo, e permettere l’individuazione e l’eliminazione degli  errori  grossolani.  Il  restitutore  è  rappresentato  da  un  normale  computer  non  dedicato,  sul  quale è stato installato un apposito software. 

La risoluzione in termini di pixel della camera digitale è un parametro che va preso in  considerazione  nella  pianificazione  del  rilievo  fotogrammetrico,  in  quanto  condiziona  la  risoluzione dell’oggetto in funzione della distanza di presa.      Figura 2.4.4 – Esempio di rilievo fotogrammetrico terrestre non convenzionale.  Presa normale o pseudo‐normale Presa inclinata parallela Presa  convergente

I  recenti  sviluppi  degli  ultimi  anni  nel  campo  informatico  hanno  visto  un  notevole  sviluppo  dei  software  per  le  elaborazioni  fotogrammetriche  basati  sull’impiego  di  immagini  digitali. In alcuni di essi vengono implementati opportuni sistemi di individuazione automatica  dei  punti  omologhi,  necessari  alle  procedure  di  orientamento,  garantendo  così  una  sensibile  riduzione  dei  tempi  necessari  al  processamento  dei  dati,  se  paragonati  a  quelli  necessari  per  l’identificazione  manuale  dei  punti.  Un  vantaggio  dell’impiego  di  queste  tecniche  è  inoltre  la  possibilità  di  includere  automaticamente  nella  restituzione  3D  l’informazione  legata  al  colore  dell’oggetto scansionato, ricavandola direttamente dalle immagini utilizzate. 

L’insieme delle elaborazioni fotogrammetriche realizzate  con le tecniche digitali sopra  descritte  prende  il  nome  di  Modellazione  Image  Based  (Debevec,  1996).  Lo  schema  metodologico  delle  elaborazioni  di  orientamento  può  essere  riassunto  come  segue  (Lowe,  2004; Brown e Lowe, 2007; Piermattei, 2013): 

1. estrazione  delle  feature:  vengono  individuati  i  punti  di  legame  (keypoint)  utilizzando