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1.10 I trasportatori dei metall

1.14 Inquinamento da zinco

Oggigiorno la crescente popolazione mondiale, l’industria e l’agricoltura stanno influenzando pesantemente gli equilibri naturali della Terra. L’aumento di emissioni nocive, lo sversamento di reflui, l’aumento dei rifiuti urbani e industriali stanno determinando un aumento dell’inquinamento ambientale con conseguenti ripercussioni sulla salute umana e degli ecosistemi. Per inquinamento si intende l’insieme delle contaminazioni che conseguono a varie attività umane e che alterano le caratteristiche dell'ambiente; viene distinto in: (a) inquinamento atmosferico, alimentato da prodotti gassosi; (b) inquinamento del suolo, causato principalmente da prodotti non biodegradabili e da composti chimici, metallurgici, ecc. non rapidamente eliminabili; (c) inquinamento delle acque (di falda, fluviali, lacustri, marine costiere), provocato da reflui derivanti da agglomerati urbani e da complessi industriali, dallo scarico delle acque di lavaggio delle petroliere, ecc.

L’inquinamento da zinco è spesso riscontrabile in zone industriali e aree coltivate intensivamente. Lo zinco immesso nell’atmosfera deriva da combustione di carbone e petrolio, incenerimento di rifiuti, processi industriali (inclusa fusione di metalli non ferrosi) ed emissioni urbane/industriali le quali possono interessare anche il suolo (Tognetti et al., 2004). Alcuni studi hanno rilevato l’immissione di zinco nell’ambiente in 10 stati europei riportando un valore medio di deposizione di circa 217 g ha-1 a-1, un valore superiore alla quantità deposta di arsenico, cadmio, cromo, rame, mercurio, nickel e piombo (Nicholson et al., 2008).

Il contributo all’inquinamento da zinco nell’agricoltura deriva dall’utilizzo di letame (feci e urine) come fertilizzante (prevalentemente composto da azoto, fosforo e potassio). Il letame contiene lo zinco derivante dalla dieta dell’animale (foraggio, cereali, ecc.), ma spesso, contiene quantità superiori di questo metallo poiché viene intenzionalmente addizionato alla dieta del bestiame (insieme al rame) per ragioni di salute e benessere degli animali o come promotore della crescita. Il fertilizzante con la maggior concentrazione di zinco utilizzato in agricoltura è il superfosfato (< 600

35 mg Zn kg-1) mentre un ulteriore contributo di metallo nel suolo deriva dai fungicidi (Alloway, 2008). Un apporto importante di zinco nel suolo proviene dai reflui fognari, domestici e industriali, la cui concentrazione del metallo varia tra i 91 - 49000 mg kg−1 (Alloway, 1990). L’utilizzo di acque di scarto permette l’immissione di macronutrienti (in particolare azoto e fosforo) e micronutrienti. In alcune nazioni in via di sviluppo, però, l’utilizzo di acque provenienti da industrie metallurgiche può comportare un’eccessiva immissione di metalli pesanti tanto da raggiungere concentrazioni tossiche nel suolo. Apporti antropogenici di zinco derivano anche da altri scarti industriali caratterizzati da diverse concentrazioni di zinco (industria alimentare, industria cartaria e metallurgica in genere).

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1.15 Il pioppo

Il pioppo è una pianta arborea della famiglia delle Salicaceae capace di crescere in terreni poveri di nutrienti, di tollerare i metalli pesanti, di crescere rapidamente e di raggiungere con le radici porzioni profonde del suolo (McCutcheon e Schnoor, 2003; Di Baccio et al., 2005; Di Baccio et al., 2009; Lingua et al., 2014; Castiglione et al., 2007). I pioppi hanno anche il vantaggio di poter essere facilmente micropropagati in vitro, possono essere incrociati ed esistono tecniche per la produzione di piante transgeniche (Confalonieri et al., 2003). Le piante sono capaci di accumulare lo zinco in particolari organi, tessuti, cellule modificate (tricomi) e compartimenti subcellulari (vacuoli) (Borghi et al., 2008).Una tra le specie tenute più in conto per le sue proprietà è il Populus

alba clone Villafranca il quale, all’interno di questa specie, è quello che meglio si adatta alla

fitoestrazione dei metalli pesanti (Di Lonardo et al., 2011 e Romeo et al., 2014 (a)). Infatti, secondo quanto riporta Romeo et al. (2014, a), a seguito di trattamento con 1 mM di zinco, il clone Villafranca accumula nelle radici una concentrazione di metallo pari a 25828 ± 3125 µg g-1 (ppm) e nelle foglie sviluppate una concentrazione di 1892 ± 414 µg g-1 (ppm). Nello stesso lavoro viene riportata per il Populus x euramericana clone I-214 una concentrazione nelle radici di 3030 ± 544 µg g-1 (ppm) e 786 ± 71 µg g-1 (ppm) nelle foglie sviluppate trattate con 1 mM. Piccoli espianti trattati con una concentrazione di 1 mM di Zn sono capaci di accumulare nei tessuti fino a 3-4 mM di Zn (Franchin et al., 2007). La quantità tipica di zinco richiesta per la crescita delle piante è di 15- 20 mg di Zn Kg-1 di massa secca, mentre i livello oltre il quale risulta tossico è 400-500 mg di Zn per Kg-1 di massa secca (Marschner, 1995).

Di Baccio et al. (2011) hanno analizzato tramite microarray i profili d’espressione di Populus x

euromericana clone I-214 trattato con 1 mM di zinco, riscontrando un’influenza negativa su enzimi

coinvolti nella fotosintesi, nelle funzioni della parete cellulare, nelle difese antiossidanti, nel metabolismo dell’azoto e dei composti secondari. Di Baccio et al. (2011) riportano che il trattamento con 1 mM di Zn induce variazioni nella massa secca delle foglie, nell’area fogliare,

37 nello spessore fogliare, negli spazi intercellulari, nella densità stomatica e nella dimensione di questi. La soglia di 1 mM di zinco, infatti, è stata recentemente definita come limite di concentrazione oltre il quale la pianta inizia a manifestare sintomi di malessere (Adams et al., 2011). Sempre su questo clone, Romeo et al. (2014, b) hanno effettuato un trattamento con 1 mM di Zn che ha indotto modifiche nella fisiologia della pianta ed in particolare sull’integrità dei mitocondri e dei vacuoli. Vari studi hanno dimostrato che la capacità del pioppo di assorbire e tollerare elevate concentrazioni di zinco coinvolge proteine evolutivamente conservate, omologhe a quelle di piante erbacee (es. Arabidopsis e Thalapsi) (Adams et al., 2011). La Thalapsi è una pianta erbacea classificata come iperaccumulatrice poiché è capace di crescere su terreni ricchi di metalli pesanti (rame, ferro, zinco, nickel, cadmio o piombo) grazie alla capacità di tollerare elevate quantità di metalli nei tessuti. Si definisce iperaccumulatrice una pianta capace di accumulare più di 10000 ppm di zinco (Baker e Brooks,1989). Fattori determinanti per la tolleranza dei metalli pesanti sono l’elevato assorbimento, un alto tasso di traslocazione, la compartimentalizzazione e l’accumulo di questi nei tricomi (figura 1.8).

Figura 1.8 Sezione trasversale di foglia che mostra il trasporto dello zinco in condizioni basali e di

38 Il tasso di traslocazione corrisponde a:

Tasso di traslocazione =

Nonostante il pioppo non possieda le stesse caratteristiche di una iperaccumulatrice, è considerato un ottimo candidato per l’impiego nella fitodepurazione dei suoli. La fitodepurazione è una tecnologia che sfrutta le piante per assorbire, bloccare e/o eliminare le sostanze in eccesso nel suolo. Ormai da decenni si è pensato di utilizzare queste come depuratori data la loro naturale capacità di assorbire e metabolizzare composti chimici. Le sostanze che possono essere fitodepurate includono metalli (Pb, Zn, Cd, Cu, Ni, Hg), metalloidi (As, Sb), composti inorganici (NO3-, NH4+, PO43-), elementi chimici radioattvi (U, Cs, Sr), idrocarburi e derivati del petrolio (BTEX), pesticidi ed erbicidi (atrazine, bentazone, composti clorinati e nitroaromatici), esplosivi (TNT, DNT), solventi clorinati (TCE, PCE), scarti organici industriali (PCP, PAH) ed altri (Favas et al., 2014).

Il pioppo è una specie caducifoglie che immagazzina gli inquinanti nelle foglie che una volta cadute formano la lettiera che risulta così arricchita della sostanza assorbita (Ciadamidaro et al., 2014). Esistono varie strategie di fitodepurazione (figura 1.9) che sfruttano caratteristiche diverse delle piante in base al tipo di composto da eliminare (Pulford e Watson, 2003):

− la fitoestrazione in cui la pianta rimuove il composto/metallo dal suolo concentrandolo nelle parti aeree;

− la fitodegradazione in cui la pianta ed i microbi ad esso associati degradano il composto organico inquinante;

− la rizofiltrazione in cui le radici della pianta assorbono i metalli in soluzione nel suolo; Concentrazione nella parte aerea

39 − la fitostabilizzazione in cui la pianta riduce la mobilità e la biodisponibilità dell’inquinante

nell’ambiente tramite immobilizzazione o rallentamento della mobilità;

− la fitovolatilizzazione in cui il composto inquinante viene volatilizzato nell’atmosfera attraverso la pianta.

Nel caso della fitoestrazione con il tempo la capacità di assorbimento va diminuendo, a meno che la fonte d’inquinante non apporti costantemente materiale tossico; per questo motivo e per il lento tasso naturale di assorbimento, i tempi di bonifica tramite fitoestrazione oscillano sull’ordine delle decine di anni.

Figura 1.9 Schematizzazione delle varie strategie con cui può essere effettuata la fitodepurazione:

fitoestrazione, fitostabilizzazione, fitodegradazione, fitovolatilizzazione e fitostimolazione o rizodegradazione (Favas et al., 2014).

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