• Non ci sono risultati.

Espressione dei geni zip di pioppo in risposta a diverse concentrazioni di zinco.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Espressione dei geni zip di pioppo in risposta a diverse concentrazioni di zinco."

Copied!
121
0
0

Testo completo

(1)

Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Biologia

Corso di laurea in Biologia Molecolare e Cellulare (LM-6)

Tesi di laurea magistrale

Espressione dei geni zip di pioppo in risposta a diverse

concentrazioni di zinco

Candidato: Relatore:

Andrea Neri Prof. Andrea Andreucci Matricola 452673

(2)

1

Indice

1

.

Introduzione

4

1.1 Nutrizione della pianta 5

1.2 Proprietà del suolo 6

1.3 Lo zinco 8

1.4 Lo zinco nel suolo 10

1.5 La disponibilità di zinco per le piante 12

1.6 Mobilità dello zinco nel suolo 15

1.7 Lo zinco nella cellula 18

1.8 Lo zinco nelle proteine 19

1.9 Lo zinco a livello radicale 20

1.10 I trasportatori dei metalli 23

1.11 I trasportatori ZIP 25

1.12 L’influenza dello zinco sulla fisiologia della pianta 28

1.12.1 Stress da carenza di zinco 29

1.12.2 Stress da eccesso di zinco 30

1.13 La tolleranza ai metalli 32

1.14 Inquinamento da zinco 34

1.15 Il pioppo 36

1.16 Scopo della tesi 40

2. Materiali e metodi

41

2.1 Clonaggio del gene UPr51;1 e UPr51;2 per la produzione di piante transgeniche

42

(3)

2 dei geni zip in Populus

2.3 Trattamento con Zn delle piante di Populus x euramericana clone I-214 52 2.4 Coltura in vitro delle piante di Populus alba e trattamento con zinco 53

2.5 Estrazione dell’RNA e retrotrascrizione 58

2.6 Analisi dei livelli di espressione dei geni zip 60

2.7 Produzione di piante transgeniche di Populus alba clone Villafranca 62 2.8 Osservazione al microscopio confocale delle proteine GFP-UPr51;1 e

GFP-UPr51;2 nelle piante transgeniche

66

2.9 Analisi statistica dei dati 66

3. Risultati

67

3.1 Clonaggio del vettore pEG201UPr51;1 – 2 e inserimento in Agrobatterio 68

3.2 Ottimizzazione degli housekeeping 71

3.3 Disegno e ottimizzazione dei primer per i geni zip 73

3.4 Espressione dei geni dei gruppi zip in Populus x euramericana clone I-214 e Populus alba clone Villafranca

78

3.4.1 Espressione dei gruppi di geni zip in tutti gli organi 78

3.4.2 Zip1 79 3.4.3 Zip2 80 3.4.4 Zip3 81 3.4.5 Zip4 82 3.4.6 Zip5 83 3.4.7 Zip6 84 3.4.8 Zip7 86 3.4.9 Zip8 87 3.4.10 Zip9 88

(4)

3

3.4.11 Zip10 89

3.4.12 Zip11 91

3.4.13 Zip12 93

3.5 Trasformazione con Agrobatterio 94

3.6 Osservazione al microscopio confocale 99

4. Discussione

101

4.1 Ipotesi sulle funzioni dei gruppi di geni zip 102

4.2 Piante transgeniche 107

4.3 Conclusioni e prospettive future 108

Bibliografia

109

(5)

4

(6)

5

1.1 Nutrizione della pianta

La nutrizione minerale delle piante è straordinaria in quanto le piante verdi possono prelevare elementi inorganici dall’ambiente senza dover dipendere da composti ad alto contenuto energetico sintetizzati da altri organismi. Gli elementi della tavola periodica assorbiti possono essere divisi in essenziali e non essenziali; si definiscono essenziali quando senza di essi la pianta non può completare il suo ciclo vitale o quando sono componenti di un metabolita essenziale o costituente. Carenze o eccessi di questi elementi influiscono negativamente sulla fisiologia della pianta (figura 1.1) (Alloway, 2008) .

Figura 1.1 Grafico raffigurante la concentrazione dei nutrienti, essenziali e non, e l'effetto indotto sulla resa

della pianta (Alloway, 2008).

Gli elementi essenziali per la pianta possono essere suddivisi in macro e micro nutrienti in base alla quantità di cui questa necessita. La pianta richiede da 5-100 mg kg-1 di micronutriente per la normale crescita e riproduzione; questi sono: lo zinco, il boro, il cloro, il rame, il ferro, il manganese, il molibdeno ed il nickel.

(7)

6

1.2 Proprietà del suolo

Il suolo, secondo la definizione proposta dalla Soil Conservation Society of America (1986), “… è

un corpo naturale costituito da particelle minerali ed organiche che si forma dall'alterazione fisica e chimico-fisica della roccia e dalla trasformazione biologica e biochimica dei residui organici”.

Capace di sostenere la vita delle piante, è caratterizzato da un’atmosfera interna, da una flora e da una fauna determinate e da una particolare economia dell'acqua. Rappresenta il mezzo di interazione dinamica tra atmosfera, litosfera, idrosfera e biosfera. Il suolo è, quindi, un sistema complesso in continuo divenire che comprende una matrice di costituenti organici e minerali con circolazione di aria ed acqua nei pori; l'arrangiamento strutturale di questi componenti determina una grande variabilità di suoli. Inoltre, nel suolo vivono miliardi di microrganismi che hanno concorso alla pedogenesi e concorrono a regolare la fertilità, formando ed assicurando al terreno i

requisiti di supporto nutritivo idoneo alla vegetazione

(http://www.arpal.gov.it/index.php?option=com_flexicontent&view=items&cid=50:suolo&id=237: home-page-suolo&Itemid=86). I metalli nel suolo derivano dallo sgretolamento naturale della roccia madre, dalla deposizione atmosferica (polveri ed aerosol depositati delle piogge), dall’immissione derivante da attività agricole (sostanze chimiche usate in agricoltura, fertilizzanti chimici e naturali) e da sedimenti trasportati dall’acqua. Questo fa sì che le composizioni dei suoli presentino concentrazioni molto diverse tra loro. La quantità di elementi in tracce disponibili per l’assorbimento da parte delle piante dipende da diverse proprietà del suolo elencate successivamente (Alloway, 2008).

I suoli possono essere: − calcarei, − sabbiosi,

(8)

7 − salini e sodici,

− vertisol,

− gleysol (poco drenanti/stagnanti).

Consultando la carta geologica dell’Italia possiamo notare la grande variabilità di composizione del suolo italiano (http://www.isprambiente.gov.it/Media/milione/milione5ed/milione.htm).

(9)

8

1.3 Lo zinco

Lo zinco è un metallo di transizione facente parte del gruppo 12 della tavola periodica (figura 1.2). Il numero atomico è 30, la massa atomica è 65,409 g/mol, mentre la sua configurazione elettronica è: [Ar] 3d10 4s2; quindi, presenta un orbitale esterno elettronicamente completo. In natura si presenta allo stato solido con una colorazione grigia ed una densità a temperatura ambiente di 7,14 g cm-3, che fa sì che venga classificato tra i metalli pesanti secondo la definizione di Duffus (2002). Lo zinco è un materiale diamagnetico con 7 isotopi conosciuti. Le altre proprietà atomiche e fisiche

sono riportate nella tabella 1.1 (International Zinc Association,

http://www.zinc.org/basics/zinc_properties).

Proprietà fisiche

Fase Solido

Densità (temperatura ambiente) 7.14 g cm-3

Densità liquido 6.57 g cm-3

Punto di fusione 692.68 K (419.53°C,

787.15°F)

Punto di ebollizione 1180 K (907°C,

1665°F)

Energia di fusione 7.32 kJ mol-1

Energia di vaporizzazione 123.6 kJ mol-1

Capacità termica (25°C) 25.390 J mol

-1 K-1

Proprietà atomiche

Struttura cristallina esagonale

Stato di ossidazione +2 (ossido amfoterico) Elettronegatività 1,65 (scala di Pauling) Energia di ionizzazione

1°: 906.4 kJ mol-1 2°: 1733.3 kJ mol-1

3°: 3833 kJ mol-1

Raggio atomico 135 pm

Raggio atomico calcolato 142 pm

Raggio covalente 131 pm

Raggio di Van der Waals 139 pm

(10)

9

(11)

10

1.4 Lo zinco nel suolo

Kiekens et al. (1995) riportano una variazione di concentrazioni dello zinco nel suolo tra i 10-300 mg kg-1 con una media di 50 mg kg-1 (Vinogradov, 1959). Terreni ricchi in argilla sono capaci di legare lo zinco e mantenere alta la sua concentrazione, invece, terreni ricchi in sabbia sono in genere poveri di zinco. Infatti, questi sono tipici di zone della Terra in cui le carenze di zinco causano basse rese agricole (Alloway, 2008).

Nonostante la concentrazione di zinco nel suolo dipenda dalla composizione geochimica delle rocce dalle quali si è formato, in molti casi, l’inquinamento ambientale e l’utilizzo agricolo di materiale ricco in zinco maschera la vera natura del suolo. La concentrazione media dello zinco nelle rocce della crosta terrestre è di 78 mg kg-1. Le concentrazioni più alte vengono registrate in rocce ignee basiche, di cui fanno parte i basalti, i quali presentano minerali ferro-magnesici in cui lo zinco sostituisce il Fe2+ o il Mg2+. Le rocce ignee più ricche in silice, come i basalti e le rocce metamorfiche, contengono meno Zn: infatti, le sabbie di quarzo prodotte da queste rocce formano terreni sabbiosi o sedimentari che sono poveri di zinco e micronutrienti in genere. Quindi, si può generalizzare dicendo che, terreni sabbiosi e ricchi in carbonato di calcio sono soggetti a problemi di carenza da zinco (Alloway, 2008).

Il più comune minerale grezzo contenente zinco è la sfalerite (ZnS); altri minerali meno comuni contenenti zinco sono: la smithsonite (ZnCO3), la zincite (ZnO), zinkosite (ZnSO4), franklinite (ZnFe2O4) e hopeite (Zn3(PO4)2 4H2O).

Lo zinco nel suolo si trova in 5 frazioni o pool:

− idrosolubile, presente in soluzione nel suolo;

− sostituibile, ioni legati a particelle del suolo da cariche elettrostatiche;

− legato a sostanze organiche, ioni assorbiti, chelati o complessati con ligandi organici; − zinco non sostituibile nell’argilla minerale e in ossidi metallici insolubili;

(12)

11 − minerali primari d’origine naturale.

(13)

12

1.5 La disponibilità di zinco per le piante

L’unico zinco disponibile per le piante è quello presente nella frazione solubile e quello in forma ionica legato al suolo la quale può essere facilmente liberata e resa solubile. Questi due pool, però, sono anche più facilmente soggetti a dilavamento e dispersione attraverso il profilo del suolo. La distribuzione dello zinco fra questi pool è governata dalle costanti d’equilibrio delle corrispondenti reazioni in cui lo zinco è coinvolto (figura 1.3). Queste reazioni sono (Kiekens, 1995):

− precipitazione e dissoluzione;

− complessazione e decomplessazione; − assorbimento e rilascio.

Figura 1.3 Equilibrio chimico tra zinco e componenti del suolo; L=ligando, A-=anione (Kiekens,

1995).

I principali parametri che determinano le interazioni dello zinco sono: − la concentrazione di Zn2+ e altri ioni in soluzione nel suolo; − il tipo e la quantità di siti associati con la fase solida del suolo;

− la concentrazione di tutti i ligandi capaci di formare complessi zinco-organici; − il pH ed il potenziale redox del suolo.

(14)

13 Una piccolissima porzione dello zinco totale contenuto nel suolo si trova in soluzione; secondo i valori riportati da Kabata-Pendias e Pendias (1992), la concentrazione di zinco solubile nel suolo varia da 4-270 µg l−1 (parti per miliardo), che è una concentrazione bassissima rispetto 50-80 mg kg−1 (parti per milione) medi di zinco totale nel suolo. Nonostante ciò, nei suoli acidi la concentrazione dello zinco in soluzione può arrivare a 7137 µg l−1, indicando che la solubilità è inversamente proporzionale al pH del suolo.

A pH < 7.7 prevale lo Zn2+, a valori compresi tra 7.7 - 9.1 la specie principale è lo ZnOH+, mentre al di sopra del pH 9.1 la specie dominante è lo Zn(OH)2.

Lo zinco forma complessi con gli ioni cloro, fosfato, nitrato e solfato, ma le specie più importanti e abbondanti sono le specie neutre ZnSO4 e ZnHPO4. Il solfato di zinco può aumentare la solubilità dello Zn2+ nel suolo in particolare quando vengono utilizzati fertilizzanti acidificanti come il solfato d’ammonio (NH4(SO4)2). Lo zinco, inoltre, può legarsi a sostanze organiche e divenire più solubile e facilmente assimilabile poiché il legame ad un ligando organico diminuisce l’assorbimento sulla superficie dei minerali mantenendolo libero in soluzione. Stevenson (1991) mostra l’ordine di preferenza da parte dei metalli a formare complessi con sostanze organiche nel suolo:

Fe3+ > Cu2+ > Co2+ > Zn2+ > Fe2+ > Mn2+.

I meccanismi di adsorbimento nelle rocce giocano un ruolo veramente importante nelle relazioni tra zinco nel suolo e zinco libero disponibile per le piante. Questi meccanismi controllano la concentrazione dello zinco in soluzione, quindi la quantità immediatamente disponibile per l’assorbimento da parte delle radici e anche la quantità di zinco rilasciato in soluzione reso disponibile alle piante.

Zn2++ M-Suolo ⇆ Zn-suolo + M2+ (M = metallo)

(15)

14 In breve, i fattori che influenzano nel suolo la disponibilità di zinco per le piante sono:

− il contenuto di zinco totale; − il pH;

− il contenuto di materia organica; − il contenuto di argilla;

− il contenuto di carbonato di calcio; − le condizioni redox;

− l’attività microbica nella rizosfera; − l’umidità del suolo;

− la concentrazione di altri elementi in tracce;

− la concentrazione dei macronutrienti nel suolo (in particolare fosforo); − gli agenti atmosferici.

(16)

15

1.6 Mobilità dello zinco nel suolo

I principali meccanismi di adsorbimento e rilascio degli ioni sulle superfici solide (argilla, idrossidi e materia organica) sono: scambio cationico, adsorbimento specifico, legame a materia organica, assorbimento chimico e precipitazione. Lo scambio cationico è un adsorbimento non specifico reversibile di cationi su siti carichi negativamente (minerali e/o materia organica). Le cariche negative nel suolo possono essere di due tipi: permanenti, come nel caso dell’argilla naturale e cariche variabili (dipendenti dal pH), come idrossidi e materia organica. Fino ad un certo pH, denominato punto di zero cariche, le superfici possiedono cariche positive, mentre oltre questo valore di pH il suolo inizia a caricarsi negativamente iniziando così lo scambio cationico. Quindi, con l’aumentare dell’acidificazione del suolo diminuisce lo scambio cationico aumentando così la quantità di cationi presenti in soluzione. Lo scambio cationico permette, inoltre, di legare i cationi al suolo reversibilmente impedendone il dilavamento.

Per quanto riguarda le forme irreversibili di legame dello zinco nel suolo, si può verificare l’adsorbimento dello zinco nel reticolo cristallino dell’argilla o l’idrossilazione e precipitazione come Zn(OH)2. La fissazione dello zinco tende ad aumentare nel tempo e può portare, in tempi lunghi, ad una carenza di questo elemento (Alloway, 2008). La fissazione nei suoli calcarei può avvenire anche a livello di carbonato di calcio. Infatti, questi tipi di suolo tendono ad avere un pH maggiore o uguale a 8; al di sotto di questo valore gli ossidi di ferro tendono a precipitare e ricoprire i minerali di carbonato. E’ stato visto che una variazione di pH (8.0 a 8.3) porta ad un aumento dello zinco legato alla calcite, inoltre, la presenza di ossido di ferro aumenta la quantità di zinco che viene immobilizzato dalla calcite. Quindi nei suoli calcarei ricchi in ossido di ferro si ha una maggior quantità di zinco immobilizzato rispetto a suoli calcarei puri; infatti, lo zinco co-precipita con ossidi di ferro e manganese (Uygur e Rimmer, 2000).

(17)

16 La mobilizzazione dei metalli a seguito del legame con essudati organici anionici a basso peso molecolare prodotti dalla pianta permettono l’assorbimento di questi a livello di rizosfera. È stato visto che, sia la carenza di zinco che di fosforo determinano un aumento della produzione di essudati organici i quali favoriscono l’assorbimento dei metalli. La componente organica più abbondante è l’ossalato anche se il citrato è considerato più efficiente nella mobilizzazione dello zinco (Hoffland et al., 2006). Chaudry e Loneragan (1972) hanno riportato la propensione di altri cationi ad inibire l’assorbimento dello Zn2+ in maniera non competitiva:

Mg2+ > Ba2+ > Sr2+ = Ca2+.

Inoltre, la disponibilità di zinco per le piante può dipendere dalla presenza di micorrize le quali assorbono il metallo sottraendolo all’assorbimento da parte della pianta. Questo fa sì che le piante risultino tolleranti ad elevate concentrazioni di metalli pesanti in modo migliore rispetto ad altre non infettate da micorrize. La maggior resistenza è dovuta alla diminuzione della concentrazione dello zinco a livello di foglie e fusto dovuto al minore assorbimento causato dalla competizione con il fungo (Bradley et al., 1982; Cicatelli et al., 2010). I batteri sono capaci di secernere siderofori che aumentano la mobilità dei metalli e, quindi, la disponibilità di questi per le piante (Ulrich et al., 2008; Van der Leile et al., 2009).

(18)

17

1.7 Lo zinco nella cellula

Le funzioni metaboliche dello zinco sono caratterizzate dalla sua tendenza a formare complessi tetraedrici con N-, O-, ed in particolare con S- e in tal modo riveste nelle reazioni enzimatiche un ruolo sia funzionale (catalitico) che un ruolo strutturale (Marschner, 1995). Nelle piante lo zinco non va incontro a cambi di valenza e le sue forme predominanti sono:

− complessi a basso peso molecolare; − legato a metallo-proteine;

− ioni liberi;

− forme insolubili legate alla parete cellulare.

Lo zinco può essere neutralizzato nelle cellule tramite la formazione di complessi con ligandi organici o tramite la complessazione con fosforo. In base alla specie vegetale, lo zinco presente in forma idrosolubile (complessi a basso peso molecolare e ioni liberi) si aggira tra il 58% e il 91% rispetto il pool totale della pianta. Questa frazione idrosolubile è la più attiva fisiologicamente e viene usata come indice dei livelli di zinco nella pianta. I complessi a basso peso molecolare sono normalmente la forma di zinco solubile più abbondante nella pianta. Nelle foglie lo zinco solubile è prevalentemente complessato con anioni, poiché si trova spesso associato ad amminoacidi, mentre lo zinco libero è solo una piccola parte del pool totale del metallo (es. 5,8% in pomodoro e 6,5% nell’erba medica, Brown et al., 1993).

(19)

18

1.8 Lo zinco nelle proteine

La necessità di zinco negli esseri viventi è stata scoperta da Raulin nel 1869 quando scoprì che la muffa del pane (Aspergillus niger) non era capace di crescere in un terreno in assenza di zinco. Solo nei primi decenni del novecento lo zinco è stato identificato come importante micronutriente per la produzione agricola e la salute animale (Brown et al.1993). Lo zinco è necessario in concentrazioni che variano tra 0.1 - 0.5 mM in batteri, lieviti e cellule di mammifero e tra 0.3 - 3 mM in cellule vegetali (Deinlein et al., 2012). Lo zinco è tollerato a livello fogliare fino ad una concentrazione che va dai 200 - 300 µg g-1 di peso secco per le piante sensibili, e 60 - 900 µg g-1 di peso secco, per specie tolleranti (Påhlsson, 1989). In genere, una concentrazione di zinco superiore a 300 µg g-1 di peso secco porta a fenomeni di clorosi (Marschner, 1995). I sintomi di carenza ed eccesso di zinco sono uguali e comportano clorosi, diminuzione della crescita e lignificazione dell’epidermide radicale (Paivoke, 1983; Van de Mortel et al., 2006).Lo zinco è presente nel 5-6% del proteoma procariotico e nel 9% del proteoma eucariotico (Sinclair e Kramer, 2012) con membri in tutte le 6 classi enzimatiche: ossido-reduttasi, transferasi, idrolasi, liasi, isomerasi e ligasi (Barak e Helme, 1993). Lo zinco atomico è generalmente legato saldamente all’apoenzima tanto da poter essere rimosso solo con un robusto trattamento chimico ed è capace di formare complessi con radicali di gruppi polari contenenti ossigeno, azoto e zolfo (Brown et al., 1993). Negli enzimi in cui svolge un’attività catalitica, lo zinco è prevalentemente legato tramite un gruppo imidazolico e una cisteina. Le analisi ai raggi X hanno mostrato che lo zinco avente funzione catalitica è legato a tre ligandi proteici e ad una molecola d’acqua, mentre quello con funzione strutturale è coordinato da 4 ligandi proteici. Alcuni importanti enzimi contenenti zinco sono (Srivastrava e Gupta, 1996):

− deidrogenasi, alcol deidrogenasi, glutammato deidrogenasi, malato deidrogenasi, D-lattato deidrogenasi e fosfato deidrogenasi;

− le Aldolasi;

(20)

19 − le Fosfatasi alcaline;

− le Superossido dismutasi; − le RNA polimerasi;

− le Ribulosio bifosfato carbossilasi; − le Fosfolipasi.

(21)

20

1.9 Lo zinco a livello radicale

Lo zinco non può attraversare liberamente la membrana cellulare poiché è uno ione e, quindi, necessita di un insieme di trasportatori per entrare nelle cellule della radice. L’assorbimento dei metalli nelle piante vede coinvolti una ampia varietà di trasportatori i quali regolano l’omeostasi dei metalli all’interno della cellula grazie a diversa specificità, diversa localizzazione cellulare e diversa affinità per il metallo. Sostanzialmente, le piante che tollerano elevate concentrazioni di zinco si comportano o come escludenti o come assorbenti. Le prime non permettono al metallo in eccesso di entrare all’interno della pianta in modo tale da non indurre stress nell’organismo; i secondi, invece, assorbono il metallo che, concentrandosi a livelli tossici all’interno della pianta, viene chelato da ligandi che lo neutralizzano, traslocato nei vari organi della pianta e stipato nei compartimenti cellulari così da non perturbare l’omeostasi cellulare. Semplificando il fenomeno e non tenendo conto delle diverse variabili in gioco, l’assorbimento dei metalli da parte della cellula può essere riassunto dalla figura 1.4.

Figura 1.4 Figura semplificata dell'assorbimento cellulare dei metalli pesanti secondo Clemens (2001). Lo

zinco all’interno della cellula non resta libero, ma viene subito legato da vari composti organici e stoccato all’interno degli organelli cellulari.

(22)

21 Lo zinco assorbito dalla pianta può essere trasferito tra gli strati della radice sia per via simplastica che apoplastica. La via simplastica è una via selettiva che prevede l’entrata dello zinco nella cellula e il trasferimento da una cellula all’altra tramite i plasmodesmi fino all’interno del periciclo dove verrà caricato nel flusso xilematico grazie a trasportatori HMA (Claus et al., 2013). Il trasferimento per via apoplastica prevede il passaggio non selettivo dello zinco attraverso gli spazi tra una cellula e l’altra fino all’endodermide dove incontra un barriera impermeabile che costringe il metallo ad entrare nella via simplastica. Questa barriera è la banda del Caspary che forma uno strato sigillante tra una cellula e l’altra mantenendo isolato l’ambiente interno della pianta (figura 1.5) (Sinclair e Kramer, 2012).

Figura 1.5 Particolare della sezione della radice, mostra vari trasportatori di influsso ed efflusso a livello del

plasmalemma e del vacuolo. Inoltre si può notare il trasportatore IRT1 che trasporta sia zinco che ferro (Sinclair e Kramer, 2012).

In caso di una carenza di zinco (figura 1.6) la pianta risponde aumentando il numero di trasportatori coinvolti nell’influsso cellulare (ZIP) e diminuisce l’espressione di trasportatori impiegati nella

(23)

22 compartimentalizzazione vacuolare (Sinclair e Kramer, 2012). Si può ipotizzare che a seguito ad un eccesso di zinco avvenga un aumento d’espressione di trasportatori vacuolari ed una diminuzione di quelli coinvolti nell’assorbimento radicale e dei trasportatori coinvolti nel caricamento xilematico.

Figura 1.6 Trasporto a livello radicale in carenza (destra) e in sufficienza di zinco (sinistra). Il trasporto

apoplastico viene bloccato dalla banda del Caspary così da consentire il passaggio solo attraverso il trasporto simplastico che regola l'influsso. bZIP: sono fattori di trascrizione che attivano l’espressione di trasportatori dello zinco; Zn transporter: trasportatori di zinco vari, tra i quali gli ZIP; HMA: trasportatori dello zinco che ne determinano il caricamento nei vasi xilematici col fine di traslocare lo zinco verso le parti aeree (Sinclair e Kramer, 2012).

(24)

23

1.10 I trasportatori dei metalli

Le famiglie proteiche che regolano il trasporto dei metalli sono (Sharma et al., 2013): − ZIP (Zrt e Irt-like Protein)

− NRAMP (Natural resistance associated macrophage protein) − ABC (ATP Binding Cassette)

− CDF (Cation Diffusion Facilitator) − HMA (Heavy Metal ATPasi) − Antiporti cationici

− Altri trasportatori.

I trasportatori facenti parte della famiglia dei Natural Resistance Associated Macrophage Proteins (Nramps) sono proteine transmembrana presenti in tutti i tre regni, adibite al trasporto di cationi metallici bivalenti sia a livello di vacuolo che di plasmalemma. Questi trasportatori presentano 12 eliche transmembrana conservate evolutivamente con un caratteristico dominio consenso tra l’elica 8 e 9. Il trasporto dei cationi avviene in genere tramite simporto con H+.

La superfamiglia delle ATP-binding cassette (ABC) è un insieme di diverse famiglie che si trovano in tutti e tre i regni, coinvolte in svariate funzioni di trasporto. Tutti gli ABC possiedono una o due copie di due strutture di base: un dominio altamente idrofobico costituito da 4-6 segmenti transmembrana e un dominio citosolico per il legame con l’ATP necessario per l’attività della proteina. Questo tipo di proteine possono trasportare attivamente ioni, zuccheri, lipidi, peptidi, pigmenti, xenobiotici e antibiotici. Inoltre, sono soggetti ad inattivazione da parte di composti contenenti vanadato. I trasportatori ABC e gli antiporti cationici sono determinanti nelle piante iperaccumulatrici poiché sono localizzati sulla membrana del vacuolo e permettono la compartimentalizzazione dei complessi fitochelatina-metallo (Schneider et al., 2009).

(25)

24 La famiglia dei Cation Diffusion Facilitator (CDF) sono proteine che conservano evolutivamente una struttura 6 eliche transmembrana con un peptide segnale all’N terminale e un dominio di legame cationico al C-terminale. In genere nei trasportatori eucariotici è presente un motivo ricco in istidine tra l’elica 4 e 5, necessaria per il legame allo zinco.

La famiglia delle Heavy Metals ATPase (HMA) contiene trasportatori con 8-12 domini transmembrana con un ampio giro citoplasmatico tra il segmento transmembrana 4 e 5. Questo include diversi domini conservati i quali permettono la fosforilazione della proteina tramite l’utilizzo di ATP. In questa famiglia troviamo proteine capaci di trasportare cationi monovalenti, Cu+/Ag+, e altre cationi divalenti, Zn2+/Co2+/Cd2+/Pb2+ (Hall e Williams, 2003).

Gli antiporti cationici sono coinvolti nel trasporto dei metalli alcalini e alcalino terrosi come sodio e calcio all’interno del vacuolo, di plastidi e di mitocondri sfruttando il gradiente protonico.

Esistono molti altri trasportatori con diverse caratteristiche e peculiarità. La famiglia di trasportatori del rame, ad esempio, sono un insieme di proteine di influsso localizzate a livello di membrana ed espresse maggiormente nelle parti aeree, mentre le proteine Yellow Stripe-like sono capaci di trasportare ferro a livello di plasmalemma. Altri trasportatori, non completamente caratterizzati, sono canali a livello di membrana plasmatica capaci di far passare non selettivamente sia cationi monovalenti che divalenti (Hall e Williams, 2003).

Un aspetto molto importante da tenere in considerazione è il fatto che questi trasportatori non sono specifici per un solo catione divalente, ma possono trasportare più elementi con diverse affinità di legame. Ciò vuol dire che, l’aumento o la diminuzione di un particolare trasportatore determina la variazione dei livelli di più metalli influendo sull’espressione di svariati geni. Inoltre, la carenza dovuta ad un metallo pesante induce la produzione di essudati organici come nicotianamina e citrato, i quali determinano la solubilizzazione dei metalli (essenziali e non) presenti nel suolo e l’assorbimento da parte della pianta (Viehweger, 2014).

(26)

25

1.11 I trasportatori ZIP

La famiglia ZIP (ZRT, IRT-like proteins) è coinvolta nel trasporto di Fe, Zn, Mn, Cd, Cu con trasportatori aventi ciascuno diversa specificità per più metalli. La famiglia comprende proteine presenti in ogni regno divisibili in 4 sub-famiglie, anche se tutti i componenti nel mondo vegetale appartengono ad un solo gruppo. Queste proteine presentano in genere 8 eliche transmembrana con le porzioni amino- e carbossi- terminali all’esterno della membrana plasmatica. Inoltre, presentano una porzione citoplasmatica ricca in istidine di lunghezza variabile tra l’elica 3 e 4. Per questo la

lunghezza di queste proteine varia tra i 220-650 aa (http://www.tcdb.org/search/result.php?tc=2.A.5). La regione più conservata è presente sull’elica 4 che forma un’elica anfipatica intramembrana ricca in istidine coinvolta nel legame e nel trasporto dei metalli (Guerinot, 2000). Quindi, la presenza di gruppi imidazolici è fondamentale sia per il legame al trasportatore e sia per il trasporto attraverso la membrana. In questa famiglia sono compresi sia trasportatori di zinco (Zinc Regulated Transporters) che trasportatori di ferro (Iron Regulated Transporters). Nonostante il nome della famiglia, queste proteine possono trasportare differenti cationi divalenti oltre al ferro e allo zinco. Proteine come IRT1 trasportano principalmente ferro a livello radicale, ma una sua sovra espressione porta anche ad un accumulo di Cd e di Zn. Questo avviene poiché il trasportatore IRT1 ha un’elevata affinità per il ferro ed una minore affinità per zinco e cadmio (Hall e Williams, 2003). Questa famiglia di trasportatori è maggiormente presente a livello radicale, dove sopperisce all’assorbimento dei metalli dal suolo permettendone il passaggio all’interno delle cellule della pianta. Infatti, i trasportatori ZIP in genere vengono sovra espressi in carenza di zinco in modo tale da aumentare l’assorbimento dei metalli dal suolo (Wintz et al., 2003). La loro localizzazione è prevalentemente a livello di membrana plasmatica e meno frequentemente organellare. Grazie alla varietà di trasportatori, affinità e localizzazione, questa famiglia è determinante nell’omeostasi dei metalli nelle piante.

(27)

26 Milner et al. (2013) hanno studiato 11 di questi trasportatori in Arabidopsis tramite studi di Real Time PCR e di complementazione di mutanti di lievito al fine di misurarne l’espressione in dipendenza dell’organo studiato e la specificità del trasportatore. In particolare hanno studiato la localizzazione cellulare e l’organo d’espressione di AtZIP1 e AtZIP2 rilevando un’espressione per entrambi a livello radicale nell’endoderma e anche a livello di sistemi di conduzione nella foglia per

AtZIP1. Inoltre, è stata evidenziata una localizzazione vacuolare per AtZIP1 mentre AtZIP2 si trova

sulla membrana cellulare. I risultati ottenuti hanno permesso di concludere che i geni da loro studiati sono coinvolti nel trasporto di Zn, Mn e Fe in diversi organi della pianta e presentano anche localizzazione vacuolare. Importanti membri della famiglia ZIP sono i geni AtIRT1, AtIRT2 e

AtIRT3 i quali sono principali attori coinvolti nell’assorbimento del ferro a livello radicale (Milner et al., 2013).

Wintz et al. (2003) hanno anch’essi studiato alcuni membri della famiglia ZIP misurando cambi d’espressione a seguito di carenze di Fe, Zn, e Cu e dimostrando che AtZIP2 e AtZIP4 sono capaci di trasportare rame. Infatti, un eccesso di rame induce lo spegnimento di questi geni, mentre una carenza di zinco determina un aumento d’espressione degli stessi.

Grotz et al. (1998) hanno studiato AtZIP1, AtZIP3 e AtZIP4 rilevando una sovra espressione in carenza di zinco a livello radicale di AtZIP1 e AtZIP3 suggerendo un coinvolgimento nell’uptake dal suolo, e una sovra espressione di AtZIP4 in fusto e radici in carenza di zinco.

Alla famiglia ZIP appartengono anche trasportatori come ZTP29 che sono coinvolti nell’omeostasi dello Zn all’interno del reticolo endoplasmico risultando fondamentale per la risposta alla “unfolded protein response” indotta in carenza di zinco. Questo trasportatore è, infatti, coinvolto nel trasporto dello zinco dal reticolo endoplasmico al citoplasma (Wang et al., 2011).

IAR1 fa parte della famiglia ZIP e Rampey et al. (2013) ne hanno studiato il funzionamento in

Arabidopsis thaliana. Anche questo trasportatore è coinvolto nell’efflusso dello zinco dal reticolo

(28)

27 si è visto che lo spegnimento di questo gene determina un aumento di zinco nell’ER, che blocca il funzionamento dell’idrolasi responsabile dell’attivazione dei coniugati auxina-amminoacido.

(29)

28

1.12 L’influenza dello zinco sulla fisiologia della pianta

Lo zinco influenza il metabolismo dei carboidrati poiché è presente in enzimi convolti nella fotosintesi e nella trasformazione degli zuccheri (es. l’aldolasi). Inoltre, è anche coinvolto nel metabolismo dell’amido. Infatti, in carenza di zinco, il numero di granuli di amido diminuisce drasticamente. Questo accade probabilmente perché viene modificata la traslocazione del saccarosio dalla foglie (sorgente) alle radici (deposito). Anche il metabolismo proteico viene influenzato indirettamente dai livelli di zinco: una carenza di questo porta ad una riduzione di RNA e alla deformazione dei ribosomi poiché lo zinco è necessario per l’attività dell’RNA polimerasi e per proteggere l’RNA ribosomiale dall’attacco di ribonucleasi. Proprio per il ruolo svolto nella sintesi proteica si pensa che concentrazioni relativamente alte di zinco siano necessarie nei tessuti meristematici dove sono molto attive le divisioni cellulari, la sintesi di acidi nucleici e la sintesi di proteine (Brown et al., 1993). Lo zinco è richiesto anche per la sintesi delle auxine, ed una sua carenza porta la pianta a produrre foglie di piccole dimensioni. Questo accade poiché lo zinco è necessario per la sintesi del triptofano il quale è il precursore della sintesi delle auxine.

Lo zinco svolge un ruolo fisiologico fondamentale nel mantenimento della struttura e delle funzioni delle biomembrane. Welch et al. (1982) hanno misurato l’effetto dello zinco sulle membrane, usando essudati di radici come indicatore dell’integrità della membrana plasmatica, ed hanno osservato un maggiore efflusso di 32P da radici di grano in carenza di zinco rispetto a piante in condizioni di zinco sufficiente. Lo zinco è richiesto per il mantenimento della struttura della membrana poiché interagisce con fosfolipidi e gruppi sulfidrile di proteine di membrana. A parte il ruolo come componente strutturale della parete, simile a quello del calcio, lo zinco espleta anche un ruolo chiave nella detossificazione di radicali liberi dell’ossigeno (Cakmak et al., 1999), i quali possono danneggiare proteine e lipidi di membrana. Lo zinco, quindi, ha un ruolo di riguardo nella neutralizzazione delle specie reattive dell’ossigeno; infatti, insieme al rame è necessario per l’attività della superossido dismutasi che detossifica dal perossido d’idrogeno. Nonostante lo zinco

(30)

29 sia un metallo pesante, non partecipa direttamente alla formazione di specie radicaliche poiché, in condizioni fisiologiche, non cambia stato di ossidazione, quindi non può partecipare in reazioni di trasferimento elettronico (Sinclair e Kramer, 2012). L’aumento di clorosi e necrosi dovuto ad un eccessivo flusso luminoso porta alla fotossidazione delle componenti dei tilacoidi da parte di specie radicaliche come superossidi, idrossili e ossigeni singoletto. Lo zinco può aiutare a limitare la fotossidazione grazie alle sue proprietà stabilizzanti e protettive nei confronti dei costituenti di membrana. Altri elementi necessari alla protezione delle membrane sono: il calcio, il fosforo, il boro e il manganese (Graham et al., 1992). In caso di carenza da zinco le membrane cellulari danneggiate permettono il passaggio non controllato di boro e fosforo nelle radici, che possono essere accumulati nelle foglie più vecchie (Holloway, 1996).

1.12.1 Stress da carenza di zinco

Lo zinco è fondamentale per la sintesi proteica che risulta drasticamente inibita qualora si abbiano carenze di questo elemento, in quanto esso svolge una funzione di stabilizzazione dei ribosomi necessari alla formazione dei polipeptidi dagli amminoacidi liberi. La carenza di zinco si manifesta con lo sviluppo stentato delle piante (piante nane). Le foglie possono presentare clorosi internervali più meno pronunciate con sfumature bronzee e generalmente sono più strette ed appuntite di quelle delle piante normali. I rami producono germogli sottili e corti, con internodi più brevi, che poi possono disseccare. I frutti tendono a cascare anticipatamente (Sharma et al., 2013).

(31)

30

1.12.2 Stress da eccesso di zinco

In condizioni di stress da zinco, si è misurato un leggero declino dell’attività dell’anidrasi carbonica, determinante nell’assimilazione dell’anidride carbonica nelle piante C4 e CAM, ma non nelle C3. Quest’effetto è probabilmente dovuto alla minore efficienza fotosintetica e, quindi, alla minore produzione di biomassa, causata dagli elevati livelli di zinco (Graham et al., 1992). Recentemente è stato scoperto che la diminuzione di efficienza fotosintetica è dovuta alla sostituzione del magnesio nelle clorofille con metalli pesanti determinandone l’inattivazione funzionale (Todeschini et al., 2011). È stato visto che l’aggiunta di ioni calcio attenua la tossicità dello zinco per effetto della competizione per gli stessi trasportatori, mentre l’aggiunta di agenti chelanti come l’EDTA riducono la tossicità poiché immobilizzano il metallo non permettendone l’assorbimento (Påhlsson, 1989). Inoltre, Todeschini et al. (2011) hanno riportato che un eccesso di zinco porta ad un aumento del calcio libero per via della sostituzione a livello di parete cellulare. In genere i microrganismi sono più sensibili ai metalli pesanti rispetto la fauna e le piante. I sintomi di tossicità da zinco includono: l’inibizione della crescita delle radici e della parte aerea, modificazioni nella morfologia fogliare, clorosi (Broadley et al., 2007), necrosi e danni al sistema fotosintetico (Todeschini et al., 2011; Franchin et al., 2007; Chen et al., 2013). I metalli in genere influenzano l’equilibrio redox della pianta, inducendo stress ossidativo, tramite tre azioni (Viehweger, 2014):

− sono capaci di generare specie reattive dell’ossigeno (ROS);

− i metalli attivi in reazioni redox possono direttamente generare ROS, attraverso reazioni di Fenton e Haber-Weiss;

− la detossificazione dei metalli pesanti provoca un maggior consumo di glutatione, che è sia un chelante diretto che un precursore delle fitochelatine.

Quindi, uno stress da metalli pesanti induce nella pianta le difese anti-ossidanti (sintesi di fitochelatine, glutatione, ascorbato, superossido dismutasi, glutatione reduttasi e catalasi) (Hall, 2002).

(32)

31 Le azioni della pianta contro la tossicità dei metalli pesanti sono (Gielen et al., 2012):

− complessazione dei metalli in eccesso;

− difesa dallo stress ossidativo indotto nella pianta dai livelli elevati di metalli; − trasduzione del segnale per regolare vari processi biologici.

La cellula percepisce i livelli dei metalli pesanti attraverso le modifiche strutturali indotte sulle membrane cellulari. I flussi di calcio sono i maggior utilizzati per l’attivazione della cascata delle MAP chinasi (Viehweger, 2014) mentre l’efflusso di protoni può determinare un rapido cambio di concentrazione locale inducendo la formazione di micro-aree con una maggiore solubilità dei metalli pesanti che fungerebbero da segnale (Roos et al., 1998). Un segnale fondamentale è generato dai ROS i quali attivano la via delle MAPK in modo specifico da una pianta all’altra e diverso da un metallo all’altro. Questa via induce la morte cellulare programmata nelle piante sensibili ai metalli o la sintesi di Heat Shock Protein e proteinasi nelle piante tolleranti (Viehweger, 2014). Negli ultimi anni si sta mettendo in luce il ruolo dei miRNA nella regolazione dell’espressione genica in piante sottoposte a stress da metalli pesanti. Infatti, come riportato da Gielen et al. (2012), piante di Arabidopsis thaliana sottoposte a stress da zinco (100-500 µM) subiscono un cambiamento organo specifico nei livelli dei miRNA398 (a-b-c) che regolano i livelli di sulfonil cisteina decarbossilasi (un enzima coinvolto nella sintesi della taurina). Quindi, un abbassamento dei livelli dei miRNA398 potrebbe aumentare i livelli di proteine contro lo stress ossidativo, che permetterebbero di tollerare maggiori quantità di metalli. Si conoscono molti altri miRNA regolati dallo stress da metalli pesanti di cui però non si conosce il target ed il tipo di regolazione.

(33)

32

1.13 La tolleranza dei metalli

La capacità di assorbire e tollerare grandi quantità di metalli sono qualità determinate dalle caratteristiche genotipiche. I fattori che determinano la tolleranza sono: i livelli di espressione dei trasportatori, i livelli di fitochelatine, quelli di metallotionine, chaperoni, acidi organici e amminoacidi. Tutti questi fattori devono essere regolati in modo da mantenere stabile lo stato ossidativo della pianta che può essere perturbato da stress ossidativi causati da eccessi di metalli pesanti (figura 1.7).

Figura1.7 Lo stato di benessere della pianta dipende dall’equilibrio tra le difese antiossidanti della pianta

(fitochelatine, metallotionine, glutatione, chaperoni ed enzimi di detossificazione) e gli stress indotti da fattori esterni ed interni alla pianta.

I trasportatori permettono l’influsso, l’efflusso, la traslocazione e la compartimentalizzazione in organelli intracellulari. Le fitochelatine sono piccoli peptidi leganti metalli dalla struttura generale

(34)

33 (γ-Glu-Cys)n – Cys sintetizzate per via non traduzionale a partire dal glutatione ridotto in una

reazione di transpeptidazione (Grill et al., 1987; Cobbett, 2000). Queste molecole legano i metalli formando dei complessi a basso peso molecolare che vengono rilegati all’interno del vacuolo. Le metallotionine sono proteine ricche in cisteine che legano gli ioni metallici formando dei metallo-tiolati (Hamer, 1986). Queste legano prevalentemente zinco, ma possono legare anche ioni rame grazie alla cifratura ricca in cisteine, formando così complessi a basso peso molecolare. Gli amminoacidi e gli acidi organici sono ricchi di S, N e O capaci di reagire con gli ioni metallici e formare complessi inattivi. Gli acidi organici più presenti sono il citrato, la nicotianamina, l’ossalato ed il malato. Quest’ultimo è particolarmente attivo come chelante dello zinco citosolico nelle piante zinco-tolleranti. Gli chaperoni sono invece fondamentali per il caricamento dei cofattori metallici su enzimi coinvolti nello smaltimento dei ROS (es. SOD) e nella sintesi e degradazione proteica.

(35)

34

1.14 Inquinamento da zinco

Oggigiorno la crescente popolazione mondiale, l’industria e l’agricoltura stanno influenzando pesantemente gli equilibri naturali della Terra. L’aumento di emissioni nocive, lo sversamento di reflui, l’aumento dei rifiuti urbani e industriali stanno determinando un aumento dell’inquinamento ambientale con conseguenti ripercussioni sulla salute umana e degli ecosistemi. Per inquinamento si intende l’insieme delle contaminazioni che conseguono a varie attività umane e che alterano le caratteristiche dell'ambiente; viene distinto in: (a) inquinamento atmosferico, alimentato da prodotti gassosi; (b) inquinamento del suolo, causato principalmente da prodotti non biodegradabili e da composti chimici, metallurgici, ecc. non rapidamente eliminabili; (c) inquinamento delle acque (di falda, fluviali, lacustri, marine costiere), provocato da reflui derivanti da agglomerati urbani e da complessi industriali, dallo scarico delle acque di lavaggio delle petroliere, ecc.

L’inquinamento da zinco è spesso riscontrabile in zone industriali e aree coltivate intensivamente. Lo zinco immesso nell’atmosfera deriva da combustione di carbone e petrolio, incenerimento di rifiuti, processi industriali (inclusa fusione di metalli non ferrosi) ed emissioni urbane/industriali le quali possono interessare anche il suolo (Tognetti et al., 2004). Alcuni studi hanno rilevato l’immissione di zinco nell’ambiente in 10 stati europei riportando un valore medio di deposizione di circa 217 g ha-1 a-1, un valore superiore alla quantità deposta di arsenico, cadmio, cromo, rame, mercurio, nickel e piombo (Nicholson et al., 2008).

Il contributo all’inquinamento da zinco nell’agricoltura deriva dall’utilizzo di letame (feci e urine) come fertilizzante (prevalentemente composto da azoto, fosforo e potassio). Il letame contiene lo zinco derivante dalla dieta dell’animale (foraggio, cereali, ecc.), ma spesso, contiene quantità superiori di questo metallo poiché viene intenzionalmente addizionato alla dieta del bestiame (insieme al rame) per ragioni di salute e benessere degli animali o come promotore della crescita. Il fertilizzante con la maggior concentrazione di zinco utilizzato in agricoltura è il superfosfato (< 600

(36)

35 mg Zn kg-1) mentre un ulteriore contributo di metallo nel suolo deriva dai fungicidi (Alloway, 2008). Un apporto importante di zinco nel suolo proviene dai reflui fognari, domestici e industriali, la cui concentrazione del metallo varia tra i 91 - 49000 mg kg−1 (Alloway, 1990). L’utilizzo di acque di scarto permette l’immissione di macronutrienti (in particolare azoto e fosforo) e micronutrienti. In alcune nazioni in via di sviluppo, però, l’utilizzo di acque provenienti da industrie metallurgiche può comportare un’eccessiva immissione di metalli pesanti tanto da raggiungere concentrazioni tossiche nel suolo. Apporti antropogenici di zinco derivano anche da altri scarti industriali caratterizzati da diverse concentrazioni di zinco (industria alimentare, industria cartaria e metallurgica in genere).

(37)

36

1.15 Il pioppo

Il pioppo è una pianta arborea della famiglia delle Salicaceae capace di crescere in terreni poveri di nutrienti, di tollerare i metalli pesanti, di crescere rapidamente e di raggiungere con le radici porzioni profonde del suolo (McCutcheon e Schnoor, 2003; Di Baccio et al., 2005; Di Baccio et al., 2009; Lingua et al., 2014; Castiglione et al., 2007). I pioppi hanno anche il vantaggio di poter essere facilmente micropropagati in vitro, possono essere incrociati ed esistono tecniche per la produzione di piante transgeniche (Confalonieri et al., 2003). Le piante sono capaci di accumulare lo zinco in particolari organi, tessuti, cellule modificate (tricomi) e compartimenti subcellulari (vacuoli) (Borghi et al., 2008).Una tra le specie tenute più in conto per le sue proprietà è il Populus

alba clone Villafranca il quale, all’interno di questa specie, è quello che meglio si adatta alla

fitoestrazione dei metalli pesanti (Di Lonardo et al., 2011 e Romeo et al., 2014 (a)). Infatti, secondo quanto riporta Romeo et al. (2014, a), a seguito di trattamento con 1 mM di zinco, il clone Villafranca accumula nelle radici una concentrazione di metallo pari a 25828 ± 3125 µg g-1 (ppm) e nelle foglie sviluppate una concentrazione di 1892 ± 414 µg g-1 (ppm). Nello stesso lavoro viene riportata per il Populus x euramericana clone I-214 una concentrazione nelle radici di 3030 ± 544 µg g-1 (ppm) e 786 ± 71 µg g-1 (ppm) nelle foglie sviluppate trattate con 1 mM. Piccoli espianti trattati con una concentrazione di 1 mM di Zn sono capaci di accumulare nei tessuti fino a 3-4 mM di Zn (Franchin et al., 2007). La quantità tipica di zinco richiesta per la crescita delle piante è di 15-20 mg di Zn Kg-1 di massa secca, mentre i livello oltre il quale risulta tossico è 400-500 mg di Zn per Kg-1 di massa secca (Marschner, 1995).

Di Baccio et al. (2011) hanno analizzato tramite microarray i profili d’espressione di Populus x

euromericana clone I-214 trattato con 1 mM di zinco, riscontrando un’influenza negativa su enzimi

coinvolti nella fotosintesi, nelle funzioni della parete cellulare, nelle difese antiossidanti, nel metabolismo dell’azoto e dei composti secondari. Di Baccio et al. (2011) riportano che il trattamento con 1 mM di Zn induce variazioni nella massa secca delle foglie, nell’area fogliare,

(38)

37 nello spessore fogliare, negli spazi intercellulari, nella densità stomatica e nella dimensione di questi. La soglia di 1 mM di zinco, infatti, è stata recentemente definita come limite di concentrazione oltre il quale la pianta inizia a manifestare sintomi di malessere (Adams et al., 2011). Sempre su questo clone, Romeo et al. (2014, b) hanno effettuato un trattamento con 1 mM di Zn che ha indotto modifiche nella fisiologia della pianta ed in particolare sull’integrità dei mitocondri e dei vacuoli. Vari studi hanno dimostrato che la capacità del pioppo di assorbire e tollerare elevate concentrazioni di zinco coinvolge proteine evolutivamente conservate, omologhe a quelle di piante erbacee (es. Arabidopsis e Thalapsi) (Adams et al., 2011). La Thalapsi è una pianta erbacea classificata come iperaccumulatrice poiché è capace di crescere su terreni ricchi di metalli pesanti (rame, ferro, zinco, nickel, cadmio o piombo) grazie alla capacità di tollerare elevate quantità di metalli nei tessuti. Si definisce iperaccumulatrice una pianta capace di accumulare più di 10000 ppm di zinco (Baker e Brooks,1989). Fattori determinanti per la tolleranza dei metalli pesanti sono l’elevato assorbimento, un alto tasso di traslocazione, la compartimentalizzazione e l’accumulo di questi nei tricomi (figura 1.8).

Figura 1.8 Sezione trasversale di foglia che mostra il trasporto dello zinco in condizioni basali e di

(39)

38 Il tasso di traslocazione corrisponde a:

Tasso di traslocazione =

Nonostante il pioppo non possieda le stesse caratteristiche di una iperaccumulatrice, è considerato un ottimo candidato per l’impiego nella fitodepurazione dei suoli. La fitodepurazione è una tecnologia che sfrutta le piante per assorbire, bloccare e/o eliminare le sostanze in eccesso nel suolo. Ormai da decenni si è pensato di utilizzare queste come depuratori data la loro naturale capacità di assorbire e metabolizzare composti chimici. Le sostanze che possono essere fitodepurate includono metalli (Pb, Zn, Cd, Cu, Ni, Hg), metalloidi (As, Sb), composti inorganici (NO3-, NH4+, PO43-), elementi chimici radioattvi (U, Cs, Sr), idrocarburi e derivati del petrolio (BTEX), pesticidi ed erbicidi (atrazine, bentazone, composti clorinati e nitroaromatici), esplosivi (TNT, DNT), solventi clorinati (TCE, PCE), scarti organici industriali (PCP, PAH) ed altri (Favas et al., 2014).

Il pioppo è una specie caducifoglie che immagazzina gli inquinanti nelle foglie che una volta cadute formano la lettiera che risulta così arricchita della sostanza assorbita (Ciadamidaro et al., 2014). Esistono varie strategie di fitodepurazione (figura 1.9) che sfruttano caratteristiche diverse delle piante in base al tipo di composto da eliminare (Pulford e Watson, 2003):

− la fitoestrazione in cui la pianta rimuove il composto/metallo dal suolo concentrandolo nelle parti aeree;

− la fitodegradazione in cui la pianta ed i microbi ad esso associati degradano il composto organico inquinante;

− la rizofiltrazione in cui le radici della pianta assorbono i metalli in soluzione nel suolo; Concentrazione nella parte aerea

(40)

39 − la fitostabilizzazione in cui la pianta riduce la mobilità e la biodisponibilità dell’inquinante

nell’ambiente tramite immobilizzazione o rallentamento della mobilità;

− la fitovolatilizzazione in cui il composto inquinante viene volatilizzato nell’atmosfera attraverso la pianta.

Nel caso della fitoestrazione con il tempo la capacità di assorbimento va diminuendo, a meno che la fonte d’inquinante non apporti costantemente materiale tossico; per questo motivo e per il lento tasso naturale di assorbimento, i tempi di bonifica tramite fitoestrazione oscillano sull’ordine delle decine di anni.

Figura 1.9 Schematizzazione delle varie strategie con cui può essere effettuata la fitodepurazione:

fitoestrazione, fitostabilizzazione, fitodegradazione, fitovolatilizzazione e fitostimolazione o rizodegradazione (Favas et al., 2014).

(41)

40

1.16 Scopo della tesi

Lo scopo della tesi è la comprensione del comportamento dei geni Zip nel pioppo in risposta ad un eccesso di zinco. A tal fine, è stata effettuata una ricerca in silico per lo studio di tutti i trasportatori ZIP presenti nel pioppo i quali sono stati studiati tramite RT-PCR su campioni di Populus x

euramericana clone I-214 trattato con un eccesso di zinco in uno studio precedente.

Contemporaneamente è stato effettuato un esperimento di stress da zinco in vitro su Populus alba clone Villafranca così da rilevare la risposta al trattamento di questi trasportatori in un sistema sperimentale differente dall’idroponica e in un diverso stadio di sviluppo della pianta.

In parallelo è stata effettuata una trasformazione tramite Agrobacterium tumefaciens col fine di produrre piante transgeniche sovra esprimenti UPr51;1-2. Questo gene fa parte della famiglia dei trasportatori ZIP ed è stato scelto poiché in uno studio precedente di RNA-seq risultava sovra espresso nelle radici del clone I-214 trattato con un eccesso di zinco. Questo è stato il passo iniziale per valutare l’effetto della sovra espressione del gene e per caratterizzare questo trasportatore della famiglia ZIP.

Lo studio effettuato ambisce al chiarimento dell’influenza dello zinco sull’espressione dei trasportatori ZIP che compongono un tassello importante nell’omeostasi dei metalli nel pioppo.

(42)

41

(43)

42

2.1 Clonaggio del gene UPr51;1 e UPr51;2 per la produzione di piante

transgeniche

La produzione di piante transgeniche è iniziata dal clonaggio dei geni in vettori binari. Per far ciò è stata utilizzata la tecnologia Gateway®, basata sull’utilizzo di sequenze di ricombinazione invece che dei convenzionali siti di restrizione.

In uno studio precedente, i geni in oggetto sono stati clonati da cDNA di Populus x euramericana clone I-214 nel vettore pDONR207 (figura 2.1) che ha consentito di allestire la reazione di ricombinazione BP tra UPr51;1-attB e UPr51;2-attB con il medesimo vettore. Per far ciò è stato utilizzato il kit “Gateway BP ClonaseII Enzyme Mix” (Invitrogen) seguendo il protocollo suggerito dal produttore. La reazione è stata incubata a 25 °C over night e, in seguito, è stata fatta terminare tramite incubazione a 37 °C per 10 minuti in presenza di 1 µl di proteinasi K (2 µg/µl).

Figura 2.1 Mappa del vettore pDONR207. CcdB gene codificante una tossina batterica che si lega alla DNA

(44)

43 Successivamente, le cellule competenti di E. coli ceppo DH5α sono state trasformate con il vettore pDONRUPr51;1 e pDONRUPr51;2 (entry clone) mediante elettroporazione effettuata con l’elettroporatore “BIORAD Gene Pulser Xcell” impostato con i seguenti parametri:

 Voltaggio 2,5 kV  Capacità 25 µF  Resistenza 200 Ω  Cuvette 2 mm.

Nella trasformazione sono stati utilizzati 2 µl del mix della reazione BP. Trascorsa circa un’ora di recovery in agitazione a 37 °C in 500 µl di mezzo LB, le cellule sono state piastrate su agar LB con Gentamicina (50 mg/l). Lo screening delle colonie è avvenuto tramite colony-PCR. Questa tecnica che utilizza la crescita batterica come stampo ha previsto l’utilizzo dei primers propri del gene (tabella 2.1) mediante il mix:

 1 µl Buffer (10 X)  0,6 µlMgCl2 (50 mM)  0,2 µl dNTP (10 mM)

 0,2 µl primer UPr51-BglII Fwd (10 µM)  0,2 µl primer UPr51-Xba Rev (10 µM)  0,3 µl Taq

 7,5 µl H2O.

Le condizioni di reazione sono state le seguenti:  denaturazione iniziale 2 minuti a 95 °C

• denaturazione 20 secondi a 95 °C • annealing 20 secondi a 53 °C • estensione 1,15 minuti a 72 °C

(45)

44  per 39 cicli

 fine reazione 5 minuti a 72 °C.

Al termine della reazione di PCR, ad ogni campione è stato aggiunto il loading buffer 6X (tabella 2.2). I prodotti di PCR sono stati, quindi, caricati su gel al 1% di agarosio con bromuro di etidio (1 µg/µl) e fatti correre per 20 minuti in tampone TBE 0,5 X (tabella 2.3) con una tensione fissa di 100V. Il gel è stato, poi, visualizzato e fotografato tramite il “ChemiDoc™ XRS+ System” della BIO-RAD.

Tabella 2.1 Sequenza primer utilizzati per il clonaggio genico.

Tabella 2.2 Componenti loading buffer 6X.

Primer Sequenza

UPr51-BglII Fwd 5’-AGATCTATGCCTTGTTTGAAAACTCC-3’

UPr51-XbaI Rev 5’-TCTAGATATCCCAAATCATAACAACTGC-3’

pDONR207 Fwd 5’-TCGCGTTAACGCTAGCATGGATCTC-3’

pDONR207 Rev 5’-GTAACATCAGAGATTTTGAGACAC-3’

UPR51- gateway Fwd 5’- GGGGACAAGTTTGTACAAAAAAGCAGGCTTCATGCCTTGTTTGAAAACT-3’ UPR51- gateway Rev 5’- GGGGACCACTTTGTACAAGAAAGCTGGGTCTCAATCCCAAATCATAAC- 3’

Loading buffer 6X

Reagente Concentrazione

Glicerolo 30% (v/v)

(46)

45 Tampone TBE 5X Reagente Concentrazione Tris 5,4% (w/v) Acido borico 2,75% (w/v) EDTA 0,5M pH 8 2% (v/v)

Tabella 2.3 Componenti Buffer TBE 5X.

Le colonie risultate positive sono state inoculate nel mezzo liquido LB con Gentamicina (50 mg/l) ed incubate over night in agitazione a 37 °C. Dagli inoculi è stato estratto il DNA plasmidico tramite il kit della OMEGA bio-tek “E.Z.N.A. Plasmid DNA Mini Kit I” seguendo le istruzioni del produttore. Per verificare la corretta ricombinazione dell’inserto con il vettore pDONR sono state seguite delle PCR utilizzando una coppia di primer (tabella 2.1).

(47)

46 Il DNA plasmidico è stato, infine, disidratato, tramite incubazione a 65 °C fino a completa evaporazione dell’acqua, per poter essere inviato per il sequenziamento presso la ditta Primm. Successivamente, sono state allestite due reazioni di ricombinazione LR tra i vettori pDONRUPr51;1, pDONRUPr51;2 e i due vettori binari pMDC45 e pEG201 (destination vector per la localizzazione mediante GFP6 (figura 2.2) e tag HA (figura 2.3), entrambi sotto il controllo del promotore CaMV35S) utilizzando il kit “Gateway LR Clonase II Enzyme Mix” (Invitrogen) seguendo il protocollo suggerito dal produttore. Le reazioni sono state incubate a 25 °C per 5 ore.

Figura 2.3 Mappa pEARLEY GATE 201. Resistenza alla Kanamicina per selezione batterica e

resistenza al BASTA per la selezione delle piante transgeniche. Tag dell’emoagglutinina alla porzione N-terminale.

La trasformazione batterica e lo screening delle colonie sono state eseguite come sopra riportato, utilizzando 1 µl di reazione LR fatto reagire con 0,1 µl di proteinasi K (2 µg/µl). I restanti mix di reazione sono stati lasciati in incubazione over night nelle condizioni descritte.

(48)

47 Successivamente, le cellule competenti di E. coli ceppo DH5α sono state trasformate con i vettori pEG201UPr51;1-2 e pMDC45-UPr51;1-2 (expression vector) mediante elettroporazione come descritto sopra utilizzando 1 µl del mix della reazione LR, e piastrate su agar LB con Kanamicina (50 mg/l). Lo screening delle colonie è avvenuto, come riportato sopra, tramite colony PCR utilizzando i primer riportati nella tabella 2.1.

L’estrazione del DNA plasmidico è avvenuto tramite il kit riportato precedentemente. Come ulteriore controllo, sono state eseguite delle reazioni di PCR per verificare la corretta ricombinazione dell’inserto con i vettori pMDC45 e pEG201, come descritto sopra, utilizzando due coppie di primer:

• UPr51 BglII forward e UPr51 XbaI reverse (tabella 2.1), utilizzati ad una temperatura di annealing di 53 °C per entrambe le isoforme.

• UPr51 gateway Fwd e Rev (tabella 2.1), utilizzati ad una temperatura di annealing di 53 °C per entrambe le isoforme.

Infine le cellule competenti “ElectroMAX di A. tumefaciens LBA4404” (Invitrogen) sono state trasformate con i vettori pMDC45UPr51;1-2 e pEGUPr51;1-2 mediante elettroporazione seguendo il protocollo del produttore. A 20 µl di cellule sono stati aggiunti 100 ng di DNA plasmidico e la trasformazione è avvenuta mediante l’elettroporatore “BIORAD Gene Pulser Xcell” impostato con i seguenti parametri:

 Voltaggio 2,0 kV  Capacità 25 µF  Resistenza 200 Ω  Cuvette 1 mm.

Trascorse 3 ore di recovery in agitazione a 30 °C in 1 ml di mezzo LB, l’elettroporato è stato piastrato su agar LB con Kanamicina (50 mg/l) e Streptomicina (100 mg/L). Le piastre sono state mantenute in incubazione a 30 °C per 48 ore. Lo screening delle colonie di A. tumefaciens è

(49)

48 avvenuto tramite colony PCR come descritto sopra. Le colonie risultate positive sono state inoculate in LB contenente Kanamicina (50 mg/l), Streptomicina (100 mg/l) e 2mM di MgSO4.

(50)

49

2.2 Disegno dei primer per lo studio d’espressione tramite Real Time PCR dei

geni zip in Populus

La prima ricerca effettuata su database è stata quella delle sequenze dei geni Tubulina α, Elongation Factor 1 β e Actina 11 nel pioppo col fine disegnare dei primer per questi geni da utilizzare come housekeeping.

Il disegno dei primers di tutti i geni zip è iniziato dalla ricerca di Populus trichocarpa presenti nel database http://www.phytozome.net/. Tutti i loci genici annotati, sono stati utilizzati per identificare le sequenze in un database offline contenente tutti i trascritti rilevati in un esperimento di RNA-seq effettuato su P. x euramericana clone I-214 dopo il trattamento riportato al paragrafo 2.4.

Le sequenze di tutti i 22 geni del clone I-214 sono state allineate su

http://mafft.cbrc.jp/alignment/server/index.html per visualizzare le regioni conservate. Dato l’elevato grado di conservazione di questa famiglia genica e l’impossibilità di procedere col disegno di una coppia di primer discriminativa per ogni singolo gene, si è creato un albero filogenetico sempre sullo stesso sito (http://mafft.cbrc.jp/alignment/software/). Sulla base del dendrogramma si è suddivisa la famiglia in 12 gruppi per similarità di sequenza.

Gruppo per gruppo è stato effettuato un allineamento delle sequenze e si è proseguito con il disegno dei primer, manualmente, su regioni conservate nel gruppo ma discriminative nei confronti degli altri. I primer (tabella 2.4) sono stati tutti disegnati in modo tale da amplificare una regione simile in sequenza nucleotidica fra i geni del gruppo e della stessa lunghezza (70-200 bp). La bontà dei primers è stata testata in silico grazie al software Oligoanalyzer

(http://eu.idtdna.com/analyzer/Applications/OligoAnalyzer/) che prediceva la temperatura di melting, la propensione a formare strutture secondarie, la stabilità dell’omodimero di primer e quella dell’eterodimero (forward e reverse). Un ulteriore controllo per verificare l’appaiamento su

(51)

50 target aspecifici è stata l’analisi BLAST (http://www.phytozome.net/search.php?show=blast) su database contenente sequenze di P.trichocarpa.

Primer Sequenza 18S Fwd 5’-AATTGTTGGTCTTCAACGAGGAA-3’ Rev 5’-AAAGGGCAGGGACGTAGTCAA-3’ ZIP1 Fwd 5’-TACTCAGGCGAAATTCAAGACC-3’ Rev 5’-GCATTAGGACTGCTCTCATTATAGA-3’ ZIP2 Fwd 5’-ATATCTCTGGGTGCTTCTGGG-3’ Rev 5’-GTGGAAAGACAAGGCTACCATG-3’ ZIP3 Fwd 5’-TCCCTGCTTTACACCCAGATC-3’ Rev 5’-CAAGAATGATACCAGCAGCAAAG-3’ ZIP4 Fwd 5’-GCCAACATCAACATCGGCAC-3’ Rev 5’-ATGGTAGACACACCCCAATCATA-3’ ZIP5 Fwd 5’-AGGGAAAGCACACGACAGT-3’ Rev 5’-TTCTCTGTCTGGGTGCAAGT-3’ ZIP6 Fwd 5’-GAAGCAGGGGTTGAACAAGG-3’ Rev 5’-ACCATGCTCCTCTTCACCAA-3’ ZIP7 Fwd 5’-CCGTTCTCTTAGCTCGCTATT-3’ Rev 5’-GTCGGGGAGTACGTGAACTA-3’ ZIP8 Fwd 5’-CCTGGTTAAGATATGGTGCTTGATA-3’ Rev 5’-TCCCTAACACCAAGAACCCC-3’ ZIP9 Fwd 5’-TGAGCGATTCGGCTGATACT-3’ Rev 5’-ACCCCTCCTTCATCCACTTG-3’ ZIP10 Fwd 5’-GCTCTCTCTCTTGTGGGTGG-3’

(52)

51 Rev 5’-GCATCTTCAAATTGGGAGCCT-3’ ZIP11 Fwd 5’-GCTTGGCTTCCCTTATCTGC-3’ Rev 5’-GTCATGAGAGTGGGTGTGTT-3’ ZIP12 Fwd 5’-TTGAGGGTACAAGTGGTGGG-3’ Rev 5’-AGAACGGGACAGCACCTAAA-3’ TUαααα Fwd 5’-AGGTTCTGGTTTGGGGTCTT-3’ Rev 5’-TGTCACGTCTGTGTGCTCAA-3’ EF1ββββ Fwd 5’-CCTGGTCGTGATTTCCCTAAT-3’ Rev 5’-GCTGTTTTTCCACAAATGCTTAC-3’ ACT11 Fwd 5’-GAGTCACACGGTTCCCATCT-3’ Rev 5’-AGCCACGCTCAGTCAAGATT-3’

(53)

52

2.3 Trattamento con Zn delle piante di Populus x euramericana clone I-214

Il trattamento con dosi sub-letali di Zn è stato effettuato in un esperimento precedente in accordo con Di Baccio et al. (2011) e i campioni prelevati sono stati conservati a -80 °C. Talee radicate, sono state selezionate per omogeneità di fenotipo e sono state trasferite in vasi di plastica contenenti argilla (3-8 mm di diametro, Laterlite, Milano, Italy). Questi sono stati posizionati in una camera climatica controllata in un sistema di coltura idroponica ad una temperatura di 22 °C ed un fotoperiodo di 16 h. Le piante sono state assegnate casualmente ai trattamenti e sono state irrorate con la soluzione nutriente di Hoagland a piena forza (rinnovata ogni 3 giorni) a pH6.2 (Di Baccio et al. 2009). Il ferro è stato applicato come ferro-tartrato perché, a differenza del Fe-EDTA, è un sale naturale e non può essere combinato o chelare altri elementi in tracce, come lo zinco presente nella soluzione nutriente. Successivamente, le piante sono state trattate con 2 soluzioni Hoagland contenenti diverse concentrazioni di Zn: 6 piante di controllo trattate con 1µM di Zn (corrispondenti a 0.065 ppm, controllo) e 6 piante con 1mM di Zn; lo zinco è stato somministrato come zinco nitrato esaidrato (Zn(NO3)2·6H2O). Le piante sono state sottoposte a 21 giorni di trattamento alle condizioni sopra citate e successivamente campionate per le prove molecolari.

Riferimenti

Documenti correlati

TTAGCACTACCGTATTTGCGCATTACCAGATTAGAGAA TTAGCACTACCGTATTTGCGCATTACCAGATTAGAGAA ATGCTAGTCGATCTATCGATCGGCTATTCGCAAAGCTG

E' possibile chiedere di realizzare la pista anche tramite l'installazione di due attrazioni sulla stessa area. In tale caso la domanda deve essere unica e riportare

Lo scopo di questa tesi è quello di verificare se l’assorbimento e l’esposizione ad elevate concentrazioni ambientali di metalli pesanti quali il rame e il cadmio possano

La coartazione istmica è inquadrata da al- cuni autori 1,2 nell’ambito più ampio della patologia congenita dell’aorta, poiché è or- mai ben nota in letteratura l’associazione

Partito per Parigi nella primavera del ’61, ho abbandonato i miei studi alla Facoltà di Giurisprudenza, l’anno della Laurea: un biglietto in tasca, un biglietto

Al di là degli elementi “di colore” e delle considerazioni sulla veridici- tà delle accuse mosse al console, l’elemento più interessante che è possi- bile desumere ai fini

Se dopo la mobilizzazione delle cellule staminali o progenitrici da porzioni di tessuto endogeno queste vengono reclutate nelle zone di tessuto danneggiato, il contributo alla

Per questo nell'elaborato, che si inserisce in un progetto di ricerca in fase di pubblicazione, è stato valutato l'effetto dell'E4 sulla sintesi di NO, sull'attività e