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L'installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere

1.7 Reati informatici: oggetto e condotta materiale

2.6.5 L'installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere

telematiche.

L'art. 615 quinquies si occupa di sanzionare condotte che si collocano in un'ottica prodromica rispetto a quelle appena esaminate. Prevede, infatti, la reclusione da uno a quattro anni per chi, fuori dai casi consentiti dalla legge, installi apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi. Potremmo annoverare questa norma tra quelle appartenenti alla pseudo-categoria della “tutela anticipata”(nell'ambito dei reati informatici). E' interessante notare come si sia in presenza di un reato di pericolo concreto: se da un lato non è necessaria la successiva operatività delle apparecchiature (intesa come la concreta attività di intercettazione, impedimento o interruzione delle comunicazioni), dall'altro è richiesto al giudice di verificare l'idoneità di tali strumenti a svolgere le predette attività. Ciò comporta, inoltre, che sia possibile un eventuale concorso di reati (artt. 617 quater e art. 617 quinquies).

Infine sono previste le stesse aggravanti (e la stessa forbice edittale) di cui al quarto comma dell'articolo precedente.

2.6.7 La falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche

All'art. 617 sexies c.p. colui che, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, forma falsamente ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la reclusione da uno a quattro anni. Si tratta di una norma oggetto di dibattito in dottrina in merito ad una sua eventuale sovrapposizione con altre fattispecie già presenti nel codice. Premessa l'evidente ispirazione dell'art. 617 ter c.p. che svolge un ruolo non dissimile con riguardo alle figure ex art. 617 e 617 bis c.p., è stata sostenuto da alcuni che l'ambito operativo della norma sarebbe già occupato dai reati danneggiamento di dati o sistemi informatici o telematici123, altri invece hanno ricordato come si possa semplicemente fare riferimento all'art. 617 ter c.p. in combinato disposto con l'art. 623 bis c.p. ( “qualsiasi trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati). Va inoltre evidenziato che la fattispecie si occupa di conversazioni “intercettate”. Di conseguenza, è richiesto previamente che vi sia stata intercettazione delle conversazioni poi oggetto delle condotte descritte nella norma. Qualora si fosse in presenza solo di queste ultime, non sarebbe applicabile l'art. 617 sexies c.p. bensì gli artt. 485 c.p.

123 TAVASSI LA GRECA invece, seguendo l'impostazione del profilo

“dinamico” delle conversazioni, ribatte sottolineando che l'art. 617 sexies si occuperebbe proprio delle conversazioni in corso di svolgimento, a differenza di quanto accade nelle fattispecie di danneggiamento informatico, nei confronti delle quali è da considerarsi in un rapporto di specialità.

(concernente la falsità in scrittura privata purchè, ovviamente la registrazione sia registrata su un supporto di memoria) nel caso della condotta di falsificazione e 490 c.p. nel caso della soppressione. Esaminando le singole condotte ricordiamo che la falsificazione consiste nella creazione di un contenuto fittizio della conversazione, l'alterazione nella sua modifica e la soppressione nella sua eliminazione.

La norma richiede sia il dolo generico, essendo necessario che l'agente abbia la volontà di falsificare,alterare,sopprimere il contenuto della conversazione, sia il dolo specifico in quanto ciò deve essere sorretto dal “fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di di arrecare ad altri un danno.”

Capitolo terzo

REATI INFORMATICI E RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI COLLETTIVI

3.1 Le ragioni dell'intervento normativo del 2001

Il legislatore italiano è intervenuto, con il decreto legislativo di attuazione 8.6.2001 n.231 della legge delega 29.9.2000, prevedendo un modello di responsabilità di carattere punitivo per gli enti collettivi. Le ragioni di ciò vanno ricercate sia su un piano criminologico che per scelte di politica criminale. Sotto il primo profilo è possibile ricordare la crescente diffusione di attività criminosa collettivamente esercitata, passante anche attraverso il tramite di persone giuridiche. Giova sottolineare,inoltre, come gli enti giuridici risultino “destinatari elettivi di interventi di tipo preventivo e

repressivo in vista dell'indispensabile tutela degli interessi sovraindividuali..”124. Allo stesso tempo viene riscontrato un movimento dottrinale che, in tema di politica criminale, ha spinto per il superamento dell'ottica tradizionale per la quale “societas delinquere non potest”. Significative sono le parole di D.PULITANO' : “ […] se la persona

giuridica è costruita dall'ordinamento come soggetto capace di agire, di esercitare diritti,di assumere obblighi, di svolgere attività da cui trarre profitto, ovviamente per il tramite di persone fisiche agenti per l'ente, è nella logica di un tale istituto che all'ente possa essere ascritto sia un agire lecito che un agire illecito,realizzato nella sfera di attività dell'ente

stesso.”125 . Assume rilievo anche il panorama sovranazionale, dato che

alcuni Paesi europei hanno compiuto scelte normative con riguardo proprio alla introduzione della responsabilità degli enti collettivi. Si pensi a quanto accaduto in Francia con il nuovo codice penale o alla tradizione anglosassone di common law che non ha mai posto obiezioni dogmatiche o pratiche all'idea di una responsabilità di natura penale per le persone giuridiche. Nel contesto statunitense si è sviluppata la prospettiva dei

compliance programs nell'ottica di mettere nelle condizioni lo stesso ente,

per primo, di fronteggiare il possibile compimento di ipotesi delittuose. Il suddetto tema sarà valorizzato dal nostro legislatore delegato.

Per quanto concerne il diritto internazionale pattizio, va menzionata la Convenzione di Bruxelles del 26.7.1995 che non aveva tra i suoi scopi quello di introdurre una responsabilità delle persone giuridiche bensì solamente introdurre un pacchetto normativo che responsabilizzasse persone fisiche per i reati commessi da soggetti posti in posizione subordinata. L' introduzione di una responsabilità per gli enti sarà oggetto della successiva Convenzione OCSE, in tema di lotta al fenomeno della corruzione, del 17.12.1997 all' art 2 126. In tal caso non è dettato il regime di responsabilità da seguire dato che viene lasciata discrezionalità agli Stati Parte, coerentemente con i propri principi giuridici.

La scelta del legislatore italiano è autonoma, andando oltre la semplice attuazione della normativa sovranazionale.

125 GUARDA BIBLIO ENC GIUR XXXXX

126 Art 2, Convenzione sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle

operazioni economiche internazionali: “Ciascuna Parte deve adottare le misure necessarie, secondo i suoi principi giuridici, per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche in caso di corruzione di un pubblico ufficiale straniero”.