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L’integrazione Sociosanitaria

Nel documento Regione Campania (pagine 71-82)

4. L’ASSISTENZA TERRITORIALE E L’INTEGRAZIONE SOCIOSANITARIA 1 L’Area distrettuale: il modello organizzativo del distretto sociosanitario

4.3 L’integrazione Sociosanitaria

Gli interventi che la Regione ha inteso realizzare in questi anni, pur in presenza di criticità applicative legate soprattutto alla esiguità delle risorse economiche, rispondono ad una logica programmatoria legata ad un modello di sistema integrato di assistenza sociosanitaria, ampiamente descritto nel D.Lgs.

502/1992 e s.m.i., nella L. 328/2000 e nel piano sanitario nazionale 2006/2008.

Questo modello di rete sociosanitaria e di presa in carico si realizza inevitabilmente con la sinergia del sistema di servizi proposto dagli indirizzi regionali nei Piani delle Attività Territoriali (PAT), curati dai Distretti Sanitari delle AA.SS.LL. e nei Piani di Zona Sociali (PDZ) redatti dai Comuni riuniti in Ambiti Territoriali.

In tal modo si è cercato di promuovere una uniformità assistenziale, sociale e sanitaria, che ha inteso evitare inutili e dannose frammentazioni nei processi assistenziali alle persone portatrici di fragilità singole e multifattoriali e che soprattutto ha voluto porre una attenzione particolare alla verifica ed al monitoraggio dell’appropriatezza delle prestazioni.

L’orientamento in questi anni, nel definire i percorsi di riqualificazione delle prestazioni erogate in regime di integrazione sociosanitaria è stato in tutti i documenti regionali quello di favorire la domiciliarità e la semiresidenzialità, in un’ottica di valorizzazione e sostegno delle risorse familiari e della rete di relazioni sociali attivabili sul territorio. Le attività su cui maggiormente si è puntata l’attenzione consistono:

 nel raccordare e stabilizzare i sistemi informativi e di monitoraggio dei LEA erogati in termini di prestazioni;

 nell’implementare e diffondere la valutazione multidimensionale e il progetto individualizzato per una corretta individuazione del bisogno;

 nella definizione del sistema delle cure domiciliari secondo i profili assistenziali e il bisogno clinico;

 nella diffusione delle prassi di assistenza delle persone con gravi disabilità, anziani, minori etc.

uniformi per contenuti e modalità di erogazione nel territorio regionale, prevedendo anche l’appropriata quota di risorse a carico delle ASL;

 nel definire procedure univoche di accesso e di presa in carico del paziente unificando il sistema di offerta presente sul territorio e riqualificandone le proposte in base ai bisogni;

 nel riqualificare la spesa sanitaria incrementando all’interno dei bilanci aziendali la voce destinata alle cure domiciliari anche attraverso il corretto utilizzo dei fondi vincolati per il raggiungimento degli obiettivi di piano;

 nel consolidare e promuovere forme di integrazione dei MMG e PLS tra loro, fra i MMG - PLS e il Distretto/Ambito Territoriale.

La programmazione strategica degli interventi territoriali sociosanitari è stata pertanto orientata in questi ultimi anni a prevedere :

 interventi che rispondano al principio della deospedalizzazione e della riduzione della residenzialità impropria;

 soluzioni modulari e flessibili per la presa in carico dei soggetti fragili.

In prospettiva, quindi, la programmazione e progettazione condivisa di una rete territoriale dei servizi ed interventi sociosanitari viene costantemente allineata con un processo di sviluppo e consolidamento degli strumenti di integrazione gestionale e professionale che possano garantire la presa in carico della persona e il superamento di politiche settoriali di risposta al bisogno complesso.

Il sistema dei servizi sociosanitari in Regione Campania ha visto la sua rimodulazione con una serie di provvedimenti volti a recepire il D.P.C.M. 14/02/2001 “Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie”.

Con successivi atti e, in particolare, con la D.G.R. n. 1082 del 15/03/2002, si recepiva il “D.P.C.M.

29/11/2001 concernente i Livelli Essenziali di Assistenza e si fornivano disposizioni attuative” si individuavano le prestazioni rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza. e veniva istituito un tavolo di concertazione con il compito di ridefinire il concorso delle spese nella materia delle prestazioni socio sanitarie.

Si prevedeva con tali provvedimenti in una prima fase applicativa che le AA.SS.LL. avrebbero garantito la continuità nell’erogazione delle prestazioni di cui all’allegato 1/C del D.P.C.M. 29/11/2001 per consentire la graduale applicazione del sistema sociosanitario consentendo ai comuni associati in ambiti territoriali di riorganizzare la propria l’offerta dei servizi e l’infrastrutturazione del nuovo modello organizzativo ispirato dalla L328/2000.

Con la D.G.R. n. 3890 del 02/08/2002 è stato poi delineato un piano di lavoro che, rimarcando la necessità di garantire livelli essenziali di assistenza sociosanitaria, si è prefisso l’obiettivo di promuovere per l’anno 2003 una piena compartecipazione, condivisione e corresponsabilizzazione di AA.SS.LL. e Comuni nella programmazione socio sanitaria.

A seguito della prima fase di attuazione dei LEA, con la DGRC 6467/2002 sono state emanate le Linee Guida Regionali alle AA.SS.LL. e ai Comuni per la programmazione socio sanitaria integrata. Sono state indicate le scadenze temporali entro le quali gli Enti coinvolti avrebbero dovuto adottare gli strumenti programmatori concertati. E’ stato, infine, stabilito che il livello unitario di programmazione ed erogazione di servizi socio sanitari integrati sarebbe stato raggiunto, nella sua pienezza, attraverso un percorso graduale triennale a partire dal 01/01/2003.

Con la DGRC 38/2006 è stato evidenziato che, al termine del triennio di sperimentazione avviata in materia di integrazione sociosanitaria, le risorse dei Comuni - scarsissime già per il sistema sociale – sono risultate insufficienti per far fronte alla crescente domanda sociosanitaria proveniente dall’applicazione dei LEA , non consentendo di raggiungere la piena integrazione entro il triennio di sperimentazione. In particolare si indicava la necessità di inserire, all’interno dei Piani di Zona Sociali e dei Piani delle Attività Territoriali, appositi regolamenti di funzionamento, indispensabili al fine di una puntuale ricognizione dei bisogni dell’utenza con la conseguente definizione della quota di compartecipazione alla spesa spettante ai Comuni.

La delibera di Giunta regionale 964/2006 ha poi previsto una serie di indicazioni procedurali e strategiche sia in merito all’iter amministrativo da realizzarsi a livello territoriale, sia in merito alle indicazioni programmatiche e agli strumenti da utilizzare per la programmazione e concertazione integrata.

Per favorire l’uniformità delle programmazioni sociali -espresse dai Piani di Zona (L. 328/2000)- e sanitarie- espresse dai Piani delle Attività Territoriali- sono stati definiti i tempi e le modalità per la rilevazione dei bisogni di salute con particolare attenzione alle prestazioni compartecipate indicate nel DPCM 29/11/2001 all. 1C, a garanzia dell’appropriatezza delle prestazioni e del contenimento della spesa sociale e sanitaria.

Sono state riproposte anche per il triennio 2007/2009 le “Linee d’indirizzo per la predisposizione della programmazione sociosanitaria delle AA.SS.LL.” e le “Schede per la presentazione del Programma delle Attività Territoriali Sociosanitarie”. Contestualmente sono state fornite stringenti indicazioni sulle procedure contabili alle AA.SS.LL. degli oneri a carico degli Enti Locali nella realizzazione degli interventi di cui all’allegato 1C del D.P.C.M. 29.11.2001.

Inoltre sono stati posti in essere all’interno dei PAT sociosanitari delle AASSLL e dei Piani di Zona Sociali interventi orientati:

 alla coprogrammazione dell’eventuale riqualificazione del Sistema, parametrato su livelli prioritari di assistenza (con particolare attenzione all’area della “Non Autosufficienza”), anche attraverso la dimissione protetta di utenti ancora in carico al S.S.N. che hanno terminato il periodo di cura a rilevanza sanitaria (quindi stabilizzati) e che necessitano di interventi a rilevanza sociale a carico dei Comuni;

 a fornire indicazioni circa le prestazioni da garantire, con attenzione prioritaria a quelle indicate nel DPCM 29 novembre 2001 all. 1/C, con relative risorse sia in termini economici (compartecipazione alla spesa) che in termini di riqualificazione del sistema di servizi;

(riconversione, personale sociale, spazi comunali dedicati, strutture);

 alla sistematizzazione e alla relativa regolamentazione delle unità di valutazione integrata per la rilevazione, qualificazione e coprogrammazione sociosanitaria delle prestazioni a favore di cittadini aventi diritto;

 alla indicazione, come priorità assistenziale della presa in carico globale, di cittadini in situazione di “non autosufficienza” (anziani e disabili) specificando numero e tipologia di bisogno nonché tipologia di offerta di servizi;

 alla determinazione delle risorse costituenti il fondo di ambito per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e sociosanitari in ogni Ambito Territoriale (L. 328/2000), prevedendo azioni strutturate di sistema tese alla ripartizione delle spese, alla riqualificazione dei servizi ed alla compartecipazione alla spesa degli utenti (utilizzando il parametro ISEE con relativi regolamenti di accesso alle prestazioni agevolate) con particolare attenzione all’erogazione di livelli minimi di assistenza alle fasce più indigenti della popolazione avvalendosi anche dello strumento già in essere, avviato con l’approvazione da parte di tutti gli Ambiti Territoriali, delle graduatorie per gli aventi diritto al reddito di cittadinanza.

Inoltre è stato affermato il principio secondo il quale la programmazione di interventi di integrazione sociosanitaria deve trovare copertura con risorse reali e disponibili nei rispettivi bilanci, determinate con Accordi di Programma, Protocolli d’Intesa, ecc. stipulati con gli Enti Locali.

Tale percorso ha trovato la sua sintesi con la DGRC 1267/09 e con il decreto del Commissario ad Acta per l’Attuazione del Piano di Rientro n.6/2010 con i quali sono stati definiti i livelli di assistenza residenziale e semiresidenziale per disabili ed anziani e demenze, ma soprattutto sono state fornite le linee guida per la compartecipazione dei comuni e/o dell’utenza alle prestazioni sociosanitarie in applicazione del DPCM 29/11/2001.

L’integrazione tra distretti sanitari e ambiti territoriali: il bacino geografico e amministrativo di riferimento.

Il complesso percorso dell’integrazione sociosanitaria in Regione Campania è espresso non solo in termini normativi e di comparazione di risorse sociali e sanitarie disponibili, non comparabili per entità, per qualità e per sistemi di finanziamento, ma anche e soprattutto per la particolare caratteristica geopolitica che a seguito della legge regionale n.16/2008 ha comportato il mancato allineamento tra gli attuali 72 distretti e i 52 ambiti territoriali. Come descritto nel decreto commissariale 49/2010 ciò ha rappresentato una evidente criticità legata soprattutto alla difficoltà di favorire una presa in carico realmente integrata dei cittadini/utenti di un medesimo territorio, ai quali mantenendo l’attuale organizzazione si rischia di non poter garantire:

 le prestazioni integrate di cui al DPCM 29/11/2001: in particolare le prestazioni a carico della componente sociale, che, come espresso chiaramente nei LEA, non possono essere disgiunte dall’intervento sanitario sia in termini di erogazione prestazionale ma anche e soprattutto in termini di programmazione sociosanitaria;

 la coincidenza tra i contenitori programmatori PAT e PDZ che avevano faticosamente raggiunto e la relativa coerenza progettuale sia in termini di contenuti , di azioni, di tempi e di risorse dedicate;

 una adeguata valutazione multidimensionale, orientata a favorire interventi appropriati tali da consentire percorsi assistenziali personalizzati orientati sia ad una risposta sociale, sia sanitaria che sociosanitaria;

 la corretta applicazione della compartecipazione dei comuni e/o utenza . Ogni sistema di protezione sociale e di presa in carico sanitaria si fonda su un sistema di finanziamento che consenta alle fasce più deboli della popolazione di accedere ai sistemi di offerta sanitari e sociali favorendo i redditi più bassi; a ciò deve corrispondere necessariamente un sistema di compartecipazione alla spesa che coinvolga i redditi più alti, che, se non adeguatamente attuato, rischia di favorire aree di forte diseguaglianza nel sistema di accesso ai servizi, non consentendo e di conseguenza non garantendo quei principi di universalità e di pari dignità a persone in condizione di doppio svantaggio, per condizioni di salute e per condizioni economiche . Tale è il principio di responsabilità a cui sono chiamati i Comuni quando il DPCM ha assegnato loro il compito di partecipare alla garanzia inderogabile dei Livelli Essenziali di Assistenza anche attraverso il cofinanziamento dei servizi sociosanitari per tutti quei cittadini considerati indigenti, nell’ambito di un sistema di garanzie per l’accesso alle cure sociosanitarie erogate dalle AASSLL unitamente agli ambiti territoriali .

Al fine di superare tali criticità, è stato attivato un percorso congiunto tra gli Assessorati regionali competenti che porti alla coincidenza degli ambiti sociali con i distretti sanitari o loro multipli. La fase di concertazione tra gli Assessorati competenti a parziale modifica di quanto previsto nel decreto 49/2010 è attualmente in corso e necessita del recepimento del piano di riordino da parte dei competenti organi regionali e locali in cui insistono i distretti sociosanitari come previsto dalla normativa vigente. A tal fine è stata condivisa una cronoprogrammazione per consentire il raggiungimento dell’obiettivo entro il primo trimestre di attuazione del piano.

Il Modello sociosanitario di organizzazione

Le prestazioni e i livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria di competenza del SSN sono agevolmente individuabili in base alla Tabella allegata al DPCM 14.02.2001 ed all’allegato 1C del DPCM 29.11.2001: perché si concretizzino nell’attuale sistema sanitario e sociale campano bisogna necessariamente ridefinire gli assetti organizzativi regionali, aziendali e periferici distrettuali.

Di seguito si evidenziano le forme organizzative più idonee finalizzate a consentire una governance dei processi gestionali e professionali che sottendono all’intero sistema sociosanitario.

A livello regionale

E’ necessario attivare una Commissione permanente per il coordinamento delle competenze regionali in materia di sanità con quelle delle politiche sociali con compiti di:

 programmazione e pianificazione delle azioni sociosanitarie e delle risorse;

 monitoraggio delle attività sociosanitarie in applicazione dei Livelli Essenziali di Assistenza Sociosanitaria;

 regolamentazione e linee d’indirizzo per la gestione associata degli interventi sociosanitari tra AASSLL e Ambiti territoriali.

A livello aziendale centrale

Occorre riportare nella ordinaria programmazione aziendale, se non ancora prevista, la funzione strategica di coordinamento delle attività socio-sanitarie in grado di determinare un livello di integrazione tra:

 le diverse aree socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria;

 le aree socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria ed i servizi centrali dell’azienda, i distretti e gli ospedali;

 l’azienda e i Comuni, in particolare per le attività socio-sanitarie di competenza della ASL e quelle di competenza dell’Ente Locale che accompagni e sovraintenda a tutte le azioni della componente territoriale in stretto raccordo con il distretto sociosanitario.

Essa deve:

 aggregare tutte le attività assistenziali socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, individuate dal DLgs 502/92 e s.m.i., dal DPCM 14.02.01 e dal DPCM 29.11.01, e costituenti nel loro insieme l’Area Socio-Sanitaria ad Elevata Integrazione Sanitaria (materno-infantile, anziani, disabili fisici, psichici e sensoriali, salute mentale, dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezione da HIV, patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico-degenerative, assistenza ai detenuti affetti da dipendenza o disturbi mentali).

Ciò anche al fine di promuovere una integrazione operativa tra le stesse, una cultura e una metodologia del lavoro integrata;

 partecipare alla formulazione dei protocolli relativi alla “dimissione socio-sanitaria protetta”, e partecipare a quelli relativi all’ADI;

 svolgere funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento delle attività sociosanitarie ad elevata integrazione (con particolare riferimento ai LEA sanitari) e delle attività socio-sanitarie in favore di immigrati e senza fissa dimora;

 concorrere, in collaborazione con le altre articolazione aziendali e comunali, all’analisi dei bisogni socio-sanitari (e, in particolare, delle disuguaglianze sociali nell’accesso ai servizi), al monitoraggio delle attività socio-sanitarie;

 curare in particolare il livello organizzativo, gestionale ed operativo della integrazione socio-sanitaria territoriale, avvalendosi degli Uffici Socio-Sanitari distrettuali meglio descritto in seguito;

 partecipare all’Ufficio di Piano, dove rappresenta il livello centrale aziendale, unitamente con i direttori dei distretti che sottoscrivono il PDZ per la parte afferente al proprio distretto.

L’Ufficio Socio-Sanitario distrettuale deve svolgere una funzione di back-office, anche all’interno di una struttura più complessiva con compiti specifici relativi all’integrazione socio-sanitaria, in funzione di staff per il Direttore del distretto e in raccordo funzionale con il livello centrale delle attività socio sanitarie, del quale rappresenta la proiezione al livello locale e col quale è in costante rapporto di feedback per tutti gli aspetti relativi alle attività sociosanitarie integrate.

Detto ufficio sociosanitario coordinato da un Referente individuato dal Direttore del distretto all’interno della dirigenza distrettuale, deve svolgere, a supporto del Direttore stesso, funzioni di:

 programmazione territoriale integrata (collabora, per gli aspetti relativi all’integrazione sociosanitaria, con la Direzione distrettuale alla elaborazione del Programma delle Attività Territoriali, del Piano di Zona e dei Patti Distrettuali per la Salute);

 analisi dei bisogni e delle risorse, monitoraggio, verifica e valutazione dei programmi e delle attività sociosanitarie integrate distrettuali;

 coordinamento e raccordo, in particolare tra i servizi sociosanitari ad elevata integrazione sanitaria del distretto e tra questi e i servizi sociali territoriali.

E’ indispensabile infine un collegamento organico tra gli ospedali e la rete dei servizi sociosanitari territoriali, anche attraverso l’istituzione dei protocolli della “dimissione socio-sanitaria protetta”.

Gli Strumenti per la programmazione socio sanitaria: Il programma delle attività territoriali (PAT) Il Distretto socio sanitario rappresenta il centro della programmazione sociale e sanitaria, la sede della lettura dei bisogni della popolazione, dove è possibile stabilire le vere priorità territoriali e quindi programmare, per tappe, gli interventi a misura del singolo cittadino e delle singole famiglie.

Nel Distretto agiscono i determinanti distali della salute (ambiente, relazioni sociali, condizione economica, livello di istruzione) e si realizzano quelli prossimali (comportamenti, stili di vita).

Questa dimensione territoriale agisce da facilitatore delle politiche integrate coerenti con i bisogni del territorio, nel rendere più agevole ed efficace la partecipazione dei cittadini e mantenere vivo il circuito metodologico virtuoso tra: analisi territoriale – programmazione-monitoraggio – valutazione.

Obiettivo prioritario è quindi promuovere programmi intersettoriali realizzati congiuntamente da Enti Locali, Azienda Sanitaria e le forme associative presenti sul territorio, con particolare riguardo alla

“integrazione dei servizi con la rete di solidarietà formale ed informale”.

Riveste particolare rilievo nell’organizzazione territoriale dei servizi la modalità di individuazione di soggetti gestori a cui sia stata affidata la realizzazione di specifici servizi all’utenza o di progetti basati sulla metodologia di lavoro per progetti personalizzati come previsto dal DPCM del 14.02.2001.

In questi ultimi anni l'Assessorato alla Sanità della Regione Campania, ha posto in essere una serie di attività finalizzate a favorire i processi di integrazione sociosanitaria ma soprattutto ad applicare e monitorare i Livelli Essenziali di Assistenza sociosanitaria intesi come garanzia al cittadino di fruibilità di servizi. Sono stati considerati indispensabili l'utilizzo degli strumenti di programmazione e pianificazione quali il Programma attività territoriali (PAT) nonché la messa a regime del monitoraggio dei Lea sociosanitari ed il recepimento dei decreti ministeriali del dicembre 2008 sui flussi informativi residenziali, semiresidenziali e domiciliari.

La redazione del PAT deve essere predisposta dal Direttore del distretto in collaborazione con la funzione centrale di coordinamento delle attività sociosanitarie al fine di garantire uniformità di erogazione nella gestione dei servizi. Nello specifico il PAT deve fornire una lettura unitaria dei bisogni di salute e di benessere del territorio e, nel definire tali obiettivi, ne deve delineare la risposta unitaria e unica in termini di offerta di percorso assistenziale ai bisogni, facendo emergere il funzionamento delle strutture eroganti servizi e prestazioni e una analisi dei costi e della spesa sostenuta. Per la programmazione sociosanitaria il PAT dovrà essere coerente in termini di programmazione e di tempistica con la redazione del piano di zona degli ambiti territoriali.

Per condurre un'adeguata analisi dei bisogni è necessario che nel PAT confluiscano tutte le informazioni relative al territorio e allo stato di salute. Nel documento vanno descritte le modalità organizzative del distretto, al fine di rilevare le reali dimensioni delle attività erogate, conoscere le articolazioni operative e di gestione dei singoli servizi.

A seguito dell’analisi dei bisogni viene elaborata una offerta dei servizi basata sulla mappa dell’esistente e sulla rimodulazione dell’offerta nei limiti delle risorse assegnate. Il PAT, pertanto, è un dispositivo che, sulla base di un'adeguata analisi dei bisogni e del territorio consente di formulare proposte operative e percorsi assistenziali in risposta al bisogno sociosanitario espresso dalla persona.

Ciò che si richiede di realizzare, attraverso l’elaborazione del documento PAT, non è solo di fotografare l'esistente sistema di offerta dei servizi e delle prestazioni erogate ma anche realizzare una mappa sul funzionamento delle strutture operative che costituiscono il distretto sanitario e evidenziare:

 le modalità di integrazione dei percorsi assistenziali realizzati a livello territoriale;

 i fattori qualificanti il sistema di offerta ai cittadini;

 le relazioni fra i vari attori che concorrono a garantire l'accesso alle prestazioni;

 la verifica dell’appropriatezza delle prestazioni offerte.

In sintesi il PAT deve essere concepito come uno strumento indispensabile per il direttore di distretto, nella sua qualità di programmatore, pianificatore e responsabile della gestione delle risorse assegnate, per i responsabili delle singole unità operative e per gli operatori del territorio nella fase di realizzazione dei servizi e di attivazione delle risorse.

Governare l’accesso e la valutazione del bisogno è premessa necessaria per organizzare la presa in carico e l’erogazione; pertanto adottare percorsi unitari di accesso è una scelta vincente non solo per garantire l’appropriatezza, ma anche l’equità delle risposte e del l’accesso sull’intero territorio.

Nell’ambito delle attività di pianificazione, programmazione e gestione degli interventi, il programma delle

Nell’ambito delle attività di pianificazione, programmazione e gestione degli interventi, il programma delle

Nel documento Regione Campania (pagine 71-82)