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2. Internet e democrazia

2.1.3 Internet fra cultura libertaria e commercializzazione

Castells individua nella nascita di Internet tre diverse fonti: la Big Science, la ricerca militare e la cultura libertaria, (Castells, 2002b).12 ARPANET è stata creata dal Dipartimento della difesa statunitense, ma il suo progetto ha messo in secondo piano le applicazioni militari. Esso era fondato su tre idee, che sono ancora oggi alla base di Internet: la creazione di una rete decentrata (cioè senza un centro di comando); una potenza di calcolo distribuita tra tutti i nodi della rete (per dare autonomia a ciascun nodo); la sovrabbondanza di funzioni nel network per minimizzare i rischi di sconnessione (assicurando flessibilità al complesso).

Il nucleo originario dei progettisti di Arpanet proveniva dal mondo accademico (soprattutto dal MIT, ma anche da altre università) ed era una specie di club di scienziati informatici, liberi di lavorare in maniera creativa e senza vincoli. Così, Internet non è nata per caso da un programma di ricerca militare, che ha preso una strada secondaria, ma è stata progettata intenzionalmente da un gruppo di scienziati informatici, molti dei quali coltivavano il sogno di cambiare il mondo attraverso la comunicazione tra computer. Secondo la tradizione universitaria, i creatori di Arpanet hanno coinvolto gli studenti laureati nelle funzioni centrali del progetto, in un’atmosfera molto rilassata. In un secondo tempo, Internet si è trasformata in un’organizzazione civile e privatizzata sotto la gestione della National Science Foundation in collaborazione con gli scienziati informatici, la maggior parte dei quali negli anni novanta è stata assunta dalle imprese più grandi. I produttori di Internet sono stati, perciò, anche i suoi primi utilizzatori e la cultura di Internet, oggi, è la cultura dei suoi creatori/utilizzatori, che, nel tempo, sono andati a costituire quattro categorie: quella tecno-meritocratica, quella degli hacker, quella delle comunità virtuali, quella imprenditoriale.

L’apertura e la condivisione dei programmi Internet, nasce da una cultura tecnologica e meritocratica, che crede nella bontà implicita dello sviluppo scientifico e tecnologico. Come componente chiave del progresso del genere umano la si può considerare figlia

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Castells utilizza il termine “libertario” con il significato attribuitogli dalla cultura europea, nella tradizione di John Stuart Mill, e cioè in riferimento alla cultura basata sulla difesa della libertà individuale, mentre l’interpretazione americana del termine, che non interessa all’autore, pone l’accento sui risvolti economici e sulla capacità del libero mercato di risolvere i problemi collettivi.

dell’Illuminismo e della Modernità, ma la sua caratteristica specifica consiste nell’aver creato una comunità di membri tecnologicamente competenti, tutti “pari” tra loro. Nell’ambito di questa cultura, il merito di ciascuno deriva dal contributo che dà al progresso di quel sistema tecnologico che è la connessione in rete dei computer. Questa comunità condivide un progetto che prevede la costruzione e lo sviluppo di un sistema di comunicazione elettronico globale, capace di mettere insieme computer ed esseri umani, in una relazione che cresce tramite la comunicazione interattiva. L’importanza e la classificazione delle scoperte dipendono dal contributo fornito dalle stesse alla soluzione dei problemi (problem-solving ) individuati dalla comunità degli scienziati- tecnologi. L’importanza della scoperta è valutata dai membri della comunità stessa e il coordinamento di obiettivi e progetti viene assegnato a figure autorevoli che godono della stima tecnologica e morale dei loro pari. Per essere rispettati, i tecnologi membri della comunità devono rispettare le regole formali e informali della comunità e non utilizzare le competenze comuni per il proprio esclusivo interesse. Il vantaggio personale viene tollerato, se non va a scapito di altri membri della comunità. L’elemento fondamentale dell’intero processo è la comunicazione aperta del software e di tutti i miglioramenti. Tutte le scoperte devono essere comunicate in una forma che consenta la revisione dei pari, la critica e l’eventuale replica.

Storicamente, quindi, Internet è stata prodotta nei circoli accademici e nelle loro unità di ricerca ausiliarie, tanto nelle alte sfere professorali quanto nelle trincee del lavoro degli studenti. Da qui i valori, le abitudini e le conoscenze si sono poi diffusi nella cultura hacker. Tale cultura ha avuto un ruolo molto importante nella costruzione di Internet, per due ragioni. In primo luogo, perché da essa sono nate le innovazioni tecnologiche più importanti realizzate attraverso la cooperazione e la libera comunicazione. In secondo luogo, perché questa cultura trasmette la conoscenza, che ha origine ai livelli tecno-meritocratici, agli imprenditori che producono i derivati commerciali, i quali diffondono Internet nella società in generale.

Gli hacker non sono, come li definisce un’opinione assai diffusa, esperti informatici desiderosi di crackare codici, i quali penetrano illegalmente nei sistemi diffondendo i “virus”. Quelli che si comportano in questo modo sono chiamati “crackers” e, di solito, vengono rifiutati dalla cultura hacker vera e propria. La cultura hacker fa riferimento a un insieme di valori e convinzioni emerso dai network di programmatori, che interagivano online, collaborando intorno a progetti da loro stessi definiti di

“programmazione creativa”. I valori specifici e l’organizzazione sociale della cultura hacker possono essere compresi meglio prendendo in considerazione il movimento “open source“, in quanto estensione dell’originale movimento per il software libero. In un certo senso, l’open source è stato un elemento strutturante nella formazione di Internet, dato che tutti i suoi sviluppi tecnologici venivano comunicati alle università e poi condivisi sulla rete.

Il movimento per il software libero, alle radici del movimento open source, nasce come lotta in difesa dell’apertura del codice sorgente Unix, creato nel 1969. Nel 1991, Linus Torwalds, studente universitario di Helsinki, ottiene il suo primo pc Intel 386 e vi installa il sistema operativo Unix. Crea un proprio kernel Unix per macchine 386, che si chiamerà Linux. Avendo bisogno di aiuto e desiderando la collaborazione di altri, pubblica i codici sorgenti di Linux su Internet e fa lo stesso con i successivi frequenti aggiornamenti. Le centinaia di hacker coinvolti nel progetto si comportano allo stesso modo. Così nel 1993, Linux diventa un sistema operativo migliore dei sistemi Unix. Linux oggi è riconosciuto come uno dei sistemi operativi più affidabili, in particolare per i computer che lavorano su Internet. Nel 2001, gli utenti Linux in tutto il mondo erano circa 30 milioni e Linux era stato adottato anche da un certo numero di governi, compresi Francia, Brasile , India, Cina.

Gli hacker costruiscono intorno all’open source una comunità che è impegnata ad ottenere prestazioni sempre migliori, ma che richiede anche un’adesione a un insieme di valori capaci di coniugare la gioia della creatività con la buona reputazione tra i pari. Di grande importanza, in questo insieme di valori, è la libertà di creare, di fare propria qualunque conoscenza disponibile e di ridistribuirla in qualunque forma e in qualunque canale. Per gran parte degli hacker la libertà non è l’unico valore, ma è certamente una componente essenziale della visione del mondo. Molti hacker cercano anche lo sviluppo commerciale per le loro innovazioni, ma senza tradire quello che considerano il principio fondamentale: cioè il libero accesso a tutte le informazioni sul programma con libertà di modificarlo. A tutto questo va anche aggiunta la gioia intima della creazione, che avvicina la cultura hacker al mondo dell’arte e alla spinta psicologica alla creatività: per questo si trovano hacker nelle scuole superiori e nelle università. L’hacker ha anche il vivo sentimento di appartenenza ad una comunità. “Esiste un sentimento comunitario nella cultura hacker, fondato sull’appartenenza attiva a una comunità, strutturata intorno alle consuetudini e ai principi di un’organizzazione sociale informale. Le culture non

sono fatte di valori che fluttuano liberamente. Sono radicate nelle istituzioni e nelle organizzazioni. Anche nella cultura hacker c’è organizzazione, ma essa è informale; ovvero: non è imposta dalle istituzioni della società” (Castells, 2002b, p. 55).

Con i network di computer nascono anche le comunità virtuali, basate su valori che hanno influito anche sui comportamenti e sull’organizzazione sociale. Con la diffusione del World Wide Web, milioni di utenti, anche privi di conoscenze tecnologiche, hanno portato in rete le loro innovazioni sociali ed hanno dato un contributo all’evoluzione di Internet. Se una delle prime BBS nell’area di San Francisco era sex-oriented, un’altra, sempre a San Francisco, dette vita ad uno dei primi network dedicati alla promozione di cause d’impegno sociale, come la difesa dell’ambiente o il mantenimento della pace nel mondo. Un altro network, la Neta, fu utilizzato dagli zapatisti messicani per costruire la solidarietà internazionale con la loro lotta in favore delle minoranze indios sfruttate. “Le origine delle comunità online furono molto vicine ai movimenti controculturali e agli stili di vita alternativi, che andarono affermandosi nel periodo immediatamente successivo agli anni sessanta. L’area della San Francisco Bay, in quegli anni, fu la culla di numerose comunità online, che facevano i primi esperimenti di comunicazione via computer” (Castells, 2002b, p. 60).

Tuttavia, il legame delle comunità virtuali con la controcultura si è indebolito man mano che le comunità stesse si diffondevano e Internet è diventata il mezzo per esprimere e diffondere valori e interessi di ogni genere. I movimenti sociali, da quelli ambientalisti a quelli nazisti e razzisti, si sono serviti di Internet per dare voce ai loro ideali e farli pervenire alla loro nazione ed al mondo intero.

Il primo elemento culturale comune di queste comunità virtuali è quello della comunicazione libera, orizzontale, caratteristica indispensabile anche per l’imprenditoria in rete. Gli utilizzi commerciali di Internet sono nati da forme e processi inventati dalla cultura comunitaria, dagli hacker e dalle élite tecnologiche, per cui possiamo dire che Internet è stata ed è influenzata dal business quanto gli altri settori della società. Internet è stata l’elemento indispensabile per la creazione della new economy, caratterizzata da nuove regole e procedure di produzione, gestione e calcolo economico e gli imprenditori, senza i quali Internet si sarebbe diffusa ad un ritmo molto più lento e con applicazioni molto diverse, erano orientati da uno speciale insieme di valori. Questi imprenditori, specialmente nella Silicon Valley, che è stata il vivaio della

nuova impresa, hanno realizzato i loro guadagni grazie alle loro idee, quando la mancanza di nuove idee provocava perdita di denaro alle grandi aziende già affermate. Bill Gates, sebbene da giovane facesse hacking, non apparteneva alla cultura hacker e, anzi, nella sua celebre Open Letter to Hobbyists ha denunciato gli hacker come ladri. Rivendicando i diritti di proprietà (“Chi si può permettere di lavorare come professionista per nulla?”), Gates stabiliva la priorità del guadagno su quello dell’innovazione tecnologica. Così, Microsoft ha rappresentato la corrente imprenditoriale che ha commercializzato la tecnologia del computer, senza condividerne i valori fondanti (Castells, 2002a). Il rischio attuale, anche per Internet, è quello di far prevalere le logiche puramente di mercato, a scapito dell’uso per fini sociali, per esempio attribuendo un primato a logiche proprietarie.

Oggi, tuttavia, la rete è libera sotto molti aspetti e non solo per la realtà dell’etica hacker e della filosofia dell’open source. Uno di questi è la velocità di trasmissione, che è assicurata in uguale misura a ogni documento, senza distinzione in base al contenuto o alla provenienza. “Finora, la velocità con la quale le informazioni viaggiano su Internet è indipendente dalla loro qualità e da chi li invia o richiede. Quindi i pacchetti di dati si mandano e ricevono tutti con la stessa efficienza, che siano pagine di giornale online, telefonate via Skype, ricerche su Google, video e musica legali o illegali. Alcuni operatori vorrebbero cambiare. I costi di installazione delle reti a larga banda sempre più potenti sono ingenti. Molti operatori si sono chiesti se non sia possibile far pagare di più il trasferimento di pacchetti di dati di maggior valore o inviati da aziende disposte a pagare di più per un servizio migliore.” (De Biase, 11 gennaio 2007). Le conseguenze di un tale atto sarebbero devastanti per la rete e ne tradirebbero la filosofia e lo spirito democratico. Gli utenti/produttori non sarebbero più tutti uguali, non avrebbero cioè tutti le stesse opportunità di comunicare. Inoltre, ancora una volta a decidere sarebbero criteri economici o di opportunità, secondo le necessità di pochi operatori telefonici.