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Nel processo di progettazione vi è sempre la presenza di molte parti coinvolte, la stazione appaltante (o equivalente privato), i progettisti di tutte le discipline che concorrono alla redazione del progetto, le aziende affidatarie, le autorità, i fornitori e ancora molti altri. Queste parti necessitano una ridondanza a volte importante di informazioni, infatti, lo stesso dato deve essere condiviso più e più volte. Un modo molto efficiente per migliorare la qualità del processo rispetto alla ricompilazione continuativa del dato è rappresentato dal BIM che si esplica nel suo stadio finale nella creazione di database informativi completi di informazioni che possono essere condivisi con tutti gli stakeholders del processo.

Nei processi di condivisione risulta di fondamentale importanza il concetto rappresentato dall’interoperabilità. L’associazione AFUL (Associazione Francofona Utilizzatori Liberi) che mira a promuovere il software libero insieme ai formati di tipo aperto definisce l’interoperabilità come:

“L'interoperabilità è una caratteristica di un prodotto o sistema, le cui interfacce sono completamente comprese, per funzionare con altri prodotti o sistemi, presenti o futuri, in implementazione o accesso, senza alcuna restrizione” nei confronti dei software la definizione viene specializzata

“L’interoperabilità è la capacità di differenti programmi di scambiare dati via un set comune di formati di scambio , di leggere e scrivere lo stesso formato file e di utilizzare gli stessi protocolli”.

Nella metodologia BIM come anticipato lo scambio di informazioni ha un aspetto centrale, i dati vengono trasferiti tra diverse discipline in diverse fasi del processo di progettazione. Si vuole che i dati generati in una fase di un determinato processo siano riutilizzabili come base per un altro tipo di processo magari eseguito con un software estraneo a quello di provenienza dei dati. Perché questo processo possa avvenire è nata la fondazione OpenBIM.

Per la comunicazione tra software che non utilizzano lo stesso formato di salvataggio devono essere utilizzati protocolli comuni e formati considerati aperti, per esempio: XML, JSON, SQL, ASCII e l’Unicode.

60 La sfida per quanto riguarda i software BIM based è stata più complessa perché non è sufficiente il trasferimento dell’informazione, devono essere trasferite anche i significati che quell’informazione assume all’interno del modello digitale, si è dovuta quindi creare necessariamente un modello comune di riferimento per lo scambio di informazioni.

L’associazione AFUL poi specifica ancora la differenza tra interoperabilità e compatibilità, dando luogo ad alcune, seppure minori, controversie nella letteratura, infatti, questi affermano: “Quando una casa produttrice o venditore è forzato ad adattare il suo sistema, proprietario, ad un formato aperto, non si tratta di interoperabilità ma di compatibilità”. Il dibattito nasce infatti proprio da questa affermazione che non sarebbe coerente con quanto fino ad ora inteso sia dai produttori che dai clienti, per cui, generalmente, non viene considerata la dualità compatibilità/interoperabilità ma viene raggruppato tutto il concetto sotto quello rappresentato dalla seconda delle due.

Il discorso dell’interoperabilità è fortemente collegato con quello della maturità del BIM; infatti, i livelli sono strutturati con l’intesa che a maturità crescente si abbia un livello di interoperabilità crescente.

Figura 24: BIM maturity levels. Fonte Biblus, ACCA software

61 Infine, possono essere definiti due tipi di interoperabilità, trascurando il discorso compatibilità:

❖ Interoperabilità orizzontale:

Si tratta del processo di scambio informativo o di condivisione di files tra programmi appartenenti alla stessa software house, questo tipo di interoperabilità è caratterizzata da una bassa perdita di contenuto informativo ed un’alta affidabilità del dato, siccome gli asset sono comuni e sviluppati per essere interpretati allo stesso modo.

❖ Interoperabilità verticale:

Si tratta del processo di scambio informativo o di condivisione files tra programmi non appartenenti alla stessa software house, questo tipo di interoperabilità è quella più incerta, è quella per la quale sono stati sviluppati i formati di scambio aperti. In generale il contenuto informativo si mantiene (nella maggior parte dei casi) mentre l’affidabilità del dato può variare.

Vi è una seconda distinzione utile da dover fare per comprendere pienamente le funzionalità dei processi BIM: l’interoperabilità, a seconda della tipologia dei software di modellazione o analisi, può essere definita monodirezionale, se lo scambio di dati è consentito solo da un software ad un altro, o bidirezionale, se tale scambio può essere implementato in un software e poi restituito in quello di partenza. La collaborazione tra le diverse discipline di un progetto rientra tra i più importanti capisaldi della metodologia BIM.

Lo schema aperto che compete alla sfera del BIM e impiegato per far comunicare tra loro programmi BIM based/enabled di differenti software houses è l’IFC (Industry Foundation Class) è un particolare formato di dati che ha lo scopo di consentire l’interscambio di un modello informativo senza perdita o distorsione di dati o informazioni.

Lo standard IFC è normato dalla UNI EN ISO 16739-1, rappresenta uno standard internazionale aperto per i dati BIM che sono scambiati e condivisi tra applicazioni software utilizzate dai diversi stakeholders dell’industria AEC. Lo

62 standard specifica uno schema di dati e una struttura del formato di scambio files definito:

❖ In linguaggio di specifica EXPRESS (UNI EN ISO 10303-11);

❖ In linguaggio XML schema W3C Recommendation

Il formato IFC è stato sviluppato dall’organizzazione internazionale buildingSMART ed è lo standard primario per lo scambio di dati openBIM, generalmente viene inteso come un formato di scambio, ma non è del tutto corretto, come definito dall’organizzazione e dalla norma ISO, infatti, risulta essere in realtà uno schema.

L’IFC nello stato attuale non supporta, una volta creato, la modifica. Infatti, il flusso informativo IFC consigliato dalla stessa organizzazione buildingSMART è quello rappresentato dal seguente:

Figura 25: Flusso informativo IFC. Fonte: What's IFC, buildingSMART

63 Il workflow tipico è quello rappresentato da:

❖ Creazione del modello di partenza;

❖ Esportazione della versione del modello IFC;

❖ Condivisione con la disciplina di interesse;

❖ Utilizzo del modello IFC nella disciplina di interesse per coordinazione o per analisi specifiche;

❖ Richiesta di eventuali modifiche ai creatori del modello IFC;

❖ Nuova condivisione del modello IFC aggiornato.

L’IFC riesce a ricondurre abbastanza informazioni da permettere ai software di simulazione di operare. Nella pratica è tecnicamente possibile editare un modello IFC ma questo non rientra nel workflow inteso alla sua creazione.

Questo è stato creato principalmente infatti per due utilizzi: il coordinamento, l’analisi con software di tipo specifico per la disciplina.

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