• Non ci sono risultati.

L’interpretazione “debole”

2. L’art 117, co 8, t.u banc.: l’esegesi del potere attribuito alla Banca

2.2 L’interpretazione “debole”

In conseguenza dell’ambiguità della norma in analisi sono state

prospettate due diverse interpretazioni, definite168, rispettivamente, “debole” e

“forte”169.

I primi interpreti della norma, avendo come dati disponibili gli utilizzi originari che la Banca d’Italia aveva fatto dei poteri in analisi170, erano

apparsi propensi ad una lettura restrittiva dei medesimi.

Secondo la lettura “debole”, dunque, quella in origine maggiormente accolta in dottrina171, il potere riconosciuto alla Banca d’Italia dall’art. 117, co.

8, del t.u. banc., non sarebbe quello di disciplinare in via eteronoma i contratti bancari, bensì solo quello di instaurare una corrispondenza necessaria tra nome e contenuto di tali contratti: sarebbe dunque un potere di

«tipizzazione»172 unicamente in funzione della «protezione dell’uniformità del

linguaggio informativo»173. Secondo questa lettura, il legislatore avrebbe

168 Da A.A. DOLMETTA, op. cit., p. 42.

169 Si è occupato diffusamente del tema anche A.NERVI, op. cit., p. 247.

170 Quando ancora la Banca d’Italia era ricorsa soltanto una volta all’esercizio dei poteri in

parola al fine di determinare il contenuto tipico delle cambiali finanziarie e dei certificati di investimento (Istruzioni di vigilanza del 2 dicembre 1994, Capitolo LX).

171 R. COSTI, L’ordinamento bancario5, op. cit., p. 686; A.A. DOLMETTA, op. cit., ibidem; V.

BUONOCORE, Riflessioni in margine al nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia, cit., p. 182;

G. AGRESTI, Trasparenza delle condizioni contrattuali. Le norme sui contratti, in La nuova legge

bancaria. Commentario, a cura di P. Ferro Luzzi e F. Castaldi, III, Milano, 1996, p. 1843 ss.; in

un primo tempo ha condiviso l’interpretazione “debole” dei poteri attribuiti all’Autorità anche G.DE NOVA, Trasparenza e connotazione, in Riv. trim dir. proc. civ., 1994, I, p. 395 ss., il quale precisava come il potere «di connotazione della Banca d’Italia dovrà essere esercitato nei

limiti ed al solo scopo di evitare che il cliente sia vittima della falsa informazione che potrebbe derivare da una dissociazione tra nomen e contenuto. Questa è la ratio del riconoscimento di tale potere alla Banca d’Italia, e non altra: non meno di imporre alle parti modelli di nuovo conio».

172 Espressione di R.COSTI, L’ordinamento bancario2, op. cit., p. 481, ma accolta anche da V.

BUONOCORE, Riflessioni in margine al nuovo testo unico in materia bancaria e creditizia, cit., p. 182 e da A. TIDU, op. cit., p. 6.

173 R. COSTI, L’ordinamento bancario5, op. cit., ibidem, secondo il quale la norma «introduce certamente un limite all’autonomia contrattuale, ma non nel senso di precludere la stipulazione di

71

investito l’Autorità di vigilanza dei poteri in parola al fine di garantire che ad un determinato nomen di un contratto corrisponda una determinata disciplina contrattuale. Lo scopo, allora, sarebbe quello di evitare che il mercato bancario e creditizio offra in circolazione modelli contrattuali che si presentano all’esterno con una determinata denominazione, mentre la relativa disciplina è diversa rispetto a quella che abitualmente caratterizza il contratto generalmente noto con quel determinato nomen.

La conseguenza di tale interpretazione è che oggetto di questo potere di mera connotazione sarebbero soltanto i contratti legalmente o socialmente tipici, sicché la Banca d’Italia potrebbe determinare direttamente il contenuto tipico di tali contratti oppure farlo per relationem, ad esempio, rinviando a

quanto elaborato dall’ABI174, fatta salva, però, la libertà delle parti di “creare”

nuovi tipi contrattuali diversi da quelli tipizzati dalla Banca d’Italia. In altre parole, alla Banca d’Italia non sarebbe stato attribuito il potere di creare nuovi tipi contrattuali, bensì soltanto di quello di adottare provvedimenti ricognitivi di tipi già affermatisi nella prassi175.

Al riguardo è stato precisato che «non siamo neppure in presenza di un

procedimento di tipizzazione», in quanto «non siamo di fronte né ad una riconduzione dei casi presenti nella prassi a tipi legali noti, né alla recezione mediante una disciplina legislativa o di fonte secondaria di casi offerti dalla prassi e non ancora regolati. Né siamo in presenza di un controllo preventivo da parte della Banca d’Italia e delle condizioni generali di contratto predisposte o utilizzate dalle

contratti atipici o di emettere titoli non tipizzati, ma più semplicemente impedendo che certi contratti o titoli, espressamente e normalmente individuati con un nome o con un contenuto consolidato, presentino contenuti diversi da quelli che, prima la prassi e poi l’autorità creditizia hanno determinato. In altri termini, il bene protetto è la uniformità dei linguaggi informativi».

174 G. DE NOVA, Trasparenza e connotazione, cit., p. 399.

72

banche»176. Diversamente, secondo la dottrina richiamata, poiché si è di fronte

alla «prescrizione delle caratteristiche che un titolo o un contratto devono possedere

per poter essere indicati con un determinato nomen», sarebbe più appropriato

parlare di «connotazione»177, limitandosi la norma a condizionare l’utilizzo di

un determinato nomen in presenza di specifici vincoli contenutistici predeterminati dall’Autorità amministrativa, lasciando invece inalterata, come accennato, la libertà di stipulare contratti non appartenenti ad alcuno dei tipi disciplinati dal legislatore.

La lettura “connotativa” della norma, rispetto a quella “tipizzante”, forse vale a rendere meno oscura la scelta del legislatore di accordare alla violazione delle prescrizioni di contenuto dell’Autorità la sanzione della nullità, posto che, se di “tipizzazione” si fosse trattato, in applicazione delle regole comuni, il rimedio più idoneo sarebbe apparso la riconduzione ad opera del giudice del contratto al tipo di cui presenti le caratteristiche, in virtù del riconoscimento della sua natura atipica, non certo l’invalidità dello stesso178.

Pur nell’ambito di tale lettura restrittiva della norma, da alcuni era stata intravista una portata più ampia di essa, ritenendosi che i poteri attribuiti alla Banca d’Italia, in astratto, potessero assumere grande rilevanza, «consentendo all’autorità amministrativa di procedere alla “normalizzazione” dei

contratti bancari – quanto meno di quelli più comuni e “tipici” nell’apprezzamento

176 G. DE NOVA, op. ult. cit., p. 398.

177 G. DE NOVA, op. ult. cit., ibidem; ID., La tipizzazione amministrativa dei titoli e dei contratti

prevista dall’art. 117, comma 8 del Testo unico bancario, in Fondamento, implicazioni e limiti dell’intervento regolamentare nei rapporti tra intermediari finanziari e clientela, cit., p. 67 ss. e R.

LENER, op. ult. cit., p. 83.

178 Come precisa L. DE ANGELIS, Commento all’art. 117. Contratti (bancari), in AA. VV.,

Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, diretto da F. Capriglione,

Milano, III, 2012, p. 1701. Sul tema della nullità, si rimanda alle considerazioni che saranno svolte nel successivo paragrafo 3.1.

73

sociale – apre potenzialmente la strada anche alla costruzione di veri e propri contratti modello, secondo l’esempio francese»179. Si tratta, infatti, di un potere che

va ben oltre il controllo minimo e che soltanto ex post la Banca d’Italia poteva esercitare in relazione alle condizioni generali di contratto elaborate dall’ABI180.