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8. IL MINORE AUTORE DI REATO: AUDIZIONE E

8.4 L’INTERROGATORIO

8.4.1 GLI AVVISI “PRELIMINARI” AL MINORE IMPUTATO

In riferimento all’interrogatorio condotto dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari, è necessario far riferimento alla disciplina codicistica dettata dagli artt. 64-65 c.p.p.

L’atto inizia, infatti, con gli avvertimenti che l’organo investigativo deve rivolgere al minore. Si tratta di informazioni, le quali dovranno essere riferite al minorenne in maniera comprensibile, chiara e precisa, in virtù della particolare figura dell’indagato, normalmente

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PALOMBA, Il sistema del processo penale minorile, Giuffré, Milano, 2002, pag. 191 segg.

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connotata da una ridotta capacità di comprensione delle formule giuridiche.

La formulazione degli avvertimenti previsti dall’art. 64 comma 3 c.p.p., rappresenta un passaggio molto importante e complesso, poiché le informazioni rivolte al minore indagato sono la modalità prescelta dal legislatore per garantire il fondamentale diritto di autodifesa. Per questo ogni violazione circa gli avvertimenti preliminari si rifletterà immediatamente sul concreto esercizio del diritto costituzionale di difesa.

In attuazione della previsione codicistica, prima che l’interrogatorio abbia inizio, il minorenne dovrà essere informato circa il fatto che “le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti” e che lo stesso “ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda a lui rivolta, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso” (art. 64 comma 3 lett. a e b c.p.p.).

L’avvertimento in esame presenta una struttura complessa, perché, accanto all’informazione riguardante la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, vengono illustrate le conseguenze sia del comportamento omissivo sia del comportamento collaborativo. Il comportamento omissivo presuppone che il procedimento segua comunque il suo corso, il comportamento collaborativo presuppone che le dichiarazioni possano essere utilizzate nei confronti di chi le ha rese. Tale precisazione, in riferimento alle conseguenze dell’esercizio o meno della facoltà di non rispondere, si colloca sul piano informativo al fine di aumentare la consapevolezza circa la natura della facoltà che al minore è riconosciuta222e, soprattutto, al fine di evitare che l’eventualità di conseguenze più svantaggiose si possa erroneamente ricollegare all’esercizio della medesima.

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GREVI, “Nemo tenetur se detergere”, cit. pag. 319. Cfr. anche GAROFOLI, Gli

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Di non minore rilevanza è l’aspetto del profilo psicologico legato all’avvertimento circa la facoltà di non rispondere. In tal senso, è presente, per sua natura, in ogni interrogatorio l’esigenza di favorire le migliori condizioni di svolgimento dell’atto e non viene meno per il fatto che l’inquisito abbia già ricevuto nel corso di un precedente atto l’avvertimento in questione223

e possa, perciò, presumersi informato dei suoi diritti.

Si deve, quindi, concludere che le prescrizioni dettate dall’art. 64 comma 3 lett. a e b c.p.p. vadano osservate in limine ad ogni interrogatorio.

L’art. 64 comma 3 bis c.p.p. riferisce, infatti, la sanzione dell’inutilizzabilità, non solo al caso limite dell’omissione di qualunque avvertimento, ma anche all’ipotesi in cui non siano state soddisfatte le esigenze informative imposte dall’art. 64 comma 3 lett. a e b c.p.p224. Considerata la gravità delle conseguenze previste per l’inosservanza delle regole codicistiche, risulta fondamentale che venga sempre fedelmente documentato non solo l’an, ma pure il

quomodo dell’avvertimento destinato all’imputato, così da consentire

il necessario controllo circa la sua concreta idoneità a garantire il diritto al silenzio. Di qui l’esigenza di una verbalizzazione precisa e puntuale delle parole impiegate dall’autorità procedente nei confronti dell’imputato.

L’interrogato deve anche essere preliminarmente informato circa il limite che incontra la facoltà di non rispondere rispetto alle domande riguardanti la sua identificazione personale (art. 64 comma 3 lett. b e

223 La necessità di ripetere l’avvertimento della facoltà di non rispondere ad ogni

interrogatorio era stata esclusa, sotto la vigenza del c.p.p. 1930, da alcune pronunce giurisprudenziali: v., ad esempio, Cass., 9 marzo 1982, DI LETIZIA, in Cass. Pen., 1984, pagg. 2449-1450; Cass. 23 gennaio 1973, ZANNI, in Giust.pen., 1973, III, cc. 721-722.

224 “L’inutilizzabilità consegue non soltanto all’omissione dell’avviso, ma anche

alla non rituale formulazione dello stesso”. C. CONTI, Le nuove norme

sull’interrogatorio dell’indagato (art. 64 c.p.p.), in AA.VV., Giusto processo. Nuove norme sulla formazione e valutazione della prova (legge 1 marzo 2001, n.

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66 comma 1 c.p.p.). Dalla disciplina codicistica emerge la volontà di imporre all’indagato l’obbligo di cooperare in questo frangente con l’autorità procedente225

. Questo risulta essere il significato attribuibile alla disposizione contenuta nell’art. 66 comma 1 c.p.p., dove è prevista l’ammonizione circa le conseguenze penali delle false dichiarazioni sulla propria identità226.

E’ opportuno, comunque, distinguere le risposte concernenti le strette generalità, vale a dire nome, cognome, data e luogo di nascita227-228, da quelle riguardanti le altre informazioni utili all’identificazione. Infatti, la possibilità di tacere229o di mentire deve essere riconosciuta rispetto a tutte le ulteriori domande indicate nell’art. 21 disp. Att.

225 DOMINICI, Commento agli artt. 66-68, in AA.VV., Commentario del nuovo

codice di procedura penale, diretto da AMODIO-DOMINIONI, vol. I, Giuffré,

1989, pag. 411, per il quale “l’indagato e l’imputato soggiacciono all’obbligo di farsi identificare e della relativa responsabilità penale artt. 495 e 496 c.p.) devono essere espressamente ammoniti”. Analogamente, sotto la vigenza del c.p.p. 1930, v. CAMPO, voce Interrogatorio: 1) Interrogatori dell’imputato, cit., pag. 342, secondo cui “il legislatore ha ritenuto, che le dichiarazioni relative alle proprie generalità non possono concernere il diritto di difesa dell’imputato ed ha, pertanto, imposto a costui l’obbligo di cooperare, su questo punto, con l’autorità procedente”

226 Il rifiuto di fornire indicazioni sulla identità personale integra la

contravvenzione prevista dall’art. 651 c.p., mentre la condotta di chi fornisce generalità false configura il delitto di cui all’art. 495 c.p. In proposito, v. CRISTIANI, Il delitto di falsità personale, Cedam, 1955, pag. 129 segg.

227 Le strette generalità sono state così individuate da Corte cost., 6 maggio 1976,

n. 108, in Giur. Cost., 1976, I, pag. 827.

228

E’ necessario sottolineare l’importanza del criterio della ratione aetatis posto a fondamento della individuazione della competenza penale del tribunale per i minorenni. I criteri di attribuzione della competenza penale al tribunale dei minorenni rispondono a principi ben diversi rispetto a quelli previsti per il processo penale ordinario. Ciò che rileva al riguardo è unicamente un parametro soggettivo riferito all’età dell’imputato: più in particolare, nel tribunale per i minorenni si concentra la competenza in relazione a qualunque fattispecie di reato addebitata a soggetto minore degli anni diciotto al momento della commissione del fatto (art. 3 d.P.R. n. 448/1998) restando indifferente sia la gravità dell’illecito sia il successivo raggiungimento della maggiore età al momento della celebrazione del giudizio. Poiché l’esclusivo parametro di riferimento è legato all’età dell’imputato, risulta decisivo l’accertamento di essa, che rispondono ad una serie di regole che si desumono dal combinato disposto degli artt. 8 disp. proc. min. e 67 c.p.p., relativi all’espletamento della perizia ai fini di accertare l’età del soggetto.

229 La Corte costituzionale è intervenuta sul punto, affermando che l’imputato

incorre nel reato previsto dall’art. 495 c.p. se in risposta alla domanda dell’autorità fornisce notizie false concernenti i propri precedenti penali, ma può sempre astenersi dal rispondere a tali domande, fermo restando il solo obbligo di declinare le proprie strette generalità.

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c.p.p230. E’ necessario sottolineare come la minaccia della sanzione penale nei confronti del minorenne potrebbe avere l’effetto di annullare ogni resistenza difensiva. Per questo motivo, la migliore soluzione sembra allora quella di abbandonare il tassativo rispetto del dettato normativo, eliminando dall’avvertimento circa la facoltà di non rispondere ogni riferimento alle domande sugli indici di identificazione e ogni riferimento alle eventuali sanzioni penali per chi si rifiuta di fornire le generalità o le declina false.