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Intertestualità formale-evolutiva

III. TEORIA E METODO

III.1 Intrecci di voci sull’intertestualità

III.1.4 Intertestualità formale-evolutiva

Il concetto di evoluzione del sistema letterario trova la sua prima formulazione nell’articolo del 1927 “Sull’evoluzione letteraria”227 di Jurij Tynjanov228.

225 Cfr. Bloom 2011: 13: «the more powerful is a literary artifice, the more it relies upon figurative language. That is the cornerstone of The Anatomy of Influence, as all my other ventures into criticism. Imaginative literature is figurative or metaphoric. And in talking or writing about a poem or a novel, we ourselves resort to figuration».

226 Ivi: 12.

227 Il pezzo è oggi reperibile nella raccolta di saggi Avanguardia e tradizione, Bari, Dedalo, 1968: 45- 60.

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La novità apportata dal formalista russo consiste nell’affermare la possibilità di rendere suscettibile di analisi sistemica anche i processi di evoluzione letteraria, osservati nel loro sviluppo diacronico. La proposta di una maggiore attenzione per l’evoluzione del sistema letterario nasce per Tynjanov dall’esigenza di sottrarre lo studio delle discipline umanistiche all’approccio causalistico – volto alla sola ricostruzione della genesi dei fenomeni letterari – in quanto metodo di lavoro incapace di andare oltre l’esame degli oggetti particolari con le loro leggi interne, astratte da qualsiasi legame storico o culturale con il contesto extraletterario229.

La concezione sistemica dell’opera letteraria e della letteratura tout court si fonda sulla possibilità di pensare le singole unità che compongono questi due sistemi in una costante «correlazione reciproca e in interazione»230 grazie alla duplice

funzione di ciascun elemento: Tynjanov utilizza i termini di auto-funzione e sin- funzione per indicare con la prima la correlazione tra «elementi simili appartenenti ad

altre opere-sistemi e anche ad altre serie»231, con la seconda i rapporti esistenti tra «gli

altri elementi dello stesso sistema»232. Mentre dall’auto-funzione dipende perciò

l’esistenza di paradigmi di riferimento, di una gamma di possibilità di scelta, è invece la sin-funzione, in base al contesto in cui si inserisce un determinato elemento, a determinarne l’adeguatezza233.

Il concetto di sistema, regolato da correlazioni e interazioni tra gli elementi sia sull’asse sincronico che su quello diacronico, permette pertanto non solo di confutare «il cosiddetto studio “immanente”»234 dell’opera intesa come sistema chiuso, privo di

legami con il sistema letterario tutto, ma anche di mettere in discussione una nozione

229 Cfr. Tynjanov 1968: 45-46. 230 Ivi: 47.

231 Tynjanov 1968: 48. Per l’auto-funzione si pensi ad esempio agli elementi comuni a tutte le opere appartenenti a uno stesso genere letterario, per questo considerate in correlazione reciproca.

232 Ibidem. In questo caso il riferimento è agli elementi appartenenti a uno stesso testo letterario, considerati interdipendenti gli uni dagli altri.

233 Giovanni Bottiroli ha rinominato queste due funzioni “intertestuale” e “infratestuale” per comprendere in che modo si relazionino al macrosistema letterario e al microsistema testuale in cui vengono inseriti: «l’autofunzione è una funzione intertestuale, la cofunzione è una funzione infratestuale, interna al singolo testo» (Bottiroli 2006: 93).

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come quella di “tradizione” in quanto «astrazione illegittima di uno o più elementi letterari dal sistema nel quale essi si trovano a incarnare una certa “parte” e ad avere un certo ruolo»235.

Una delle conseguenze principali cui la proposta di Tynjanov perviene è anzitutto la possibilità di ripensare la teoria dei generi letterari, dal momento che una concezione sistemica della letteratura non consente più di considerare il singolo genere se non nella sua variabilità, nel suo mutare in relazione al contesto e al sistema letterario in cui si inserisce. Infatti, proprio perché nessun sistema si fonda sull’uguaglianza degli elementi, ma «presuppone la messa in evidenza di un gruppo di elementi (dominante) e la deformazione degli altri» in relazione a esso, ogni opera o ogni genere entreranno nella letteratura grazie a una dominante236: è sulla base di uno

«scarto», di una «differenza»237 rispetto agli altri elementi della serie cui appartiene

che va pensata l’opera o il genere nell’interno di una concezione sistemica238. La serie

cui fa riferimento Tynjanov quando parla di correlazione con il sistema letterario è il

discorso sociale (quello che lui chiama il costume) a sua volta mediato «dal ruolo

fondamentale svolto dal linguaggio in quanto specchio dei cambiamenti culturali»239.

Nello studio di questa correlazione tra un periodo storico e il sistema della letteratura una delle problematiche relative all’evoluzione letteraria cui Tynjanov dedica particolare considerazione – e che ritroveremo nella riflessione di altri teorici dell’intertestualità sistemico-evolutiva – è quella dell’influenza, da lui considerata un campo da astrarre dalla sola trattazione psicologica cui era stata destinata fino a quel momento: svariati casi di convergenza tra miti e schemi di rappresentazione elaborati da differenti sistemi letterari in assenza di influenze reciproche, inducono il critico

235 Ivi: 47.

236 Cfr. Tynjanov 1968: 54. 237 Ibidem.

238 Si noti come, per tornare a quanto si osservava all’interno delle precedenti tipologie di intertestualità, Tynjanov sottolinei come in questa concezione sistemica dell’opera letteraria, non sia più possibile parlare di un’intenzione dell’autore che lo studioso riduce «a un fermento e nulla più. La “libertà creativa” – aggiunge – è una parola d’ordine ottimista, ma non corrisponde alla realtà e cede il suo posto alla “necessità creativa”» (Ivi: 55).

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alla conclusione che funzioni analoghe possano condurre «a elementi formali analoghi»240.

Le funzioni risultano le sole determinanti dell’evoluzione del sistema sia in relazione al concetto di genere, sia di tradizione letteraria: «se ammettiamo che l’evoluzione è un cambiamento di rapporto dei termini del sistema, cioè un cambiamento delle funzioni e degli elementi formali, l’evoluzione viene ad essere una “sostituzione” di sistemi»241.

Il concetto di sostituzione, insieme a quello di “eclissi” o “assimilazione” di singoli elementi ritorneranno nelle teorie dei due teorici italiani, Maria Corti e Cesare Segre, il cui pensiero fa capo a una visione sistemico-evolutiva dei rapporti tra testi. È l’idea di un sistema letterario che si autoregola all’interno di un lento processo evolutivo, i cui elementi risultano correlati gli uni agli altri, a informare alcuni filoni della teoria dell’intertestualità piuttosto distanti tra loro, dalla scuola semiologica di Praga242, a Gérard Genette243 fino ai due principali esponenti della semiotica

“filologica” italiana, poc’anzi menzionati.

Strettamente connessa alla poetica formalista è quella dello Strutturalismo di Praga, che Doležel propone di considerare la terza fase di quel percorso inaugurato dalla scuola russa244.

Nel tentativo di coordinare i tre ambiti di ricerca principali della teoria della letteratura – come la soggettività dell’artista, la struttura interna dell’opera d’arte, il rapporto tra arte e società245 – l’intento della Scuola è stato portare avanti quel rifiuto

dell’immanentismo di cui aveva posto le fondamenta Tynjanov, attraverso un’idea di

240 Tynjanov 1968: 59. 241 Ibidem.

242 Fondata negli anni Trenta da un gruppo di linguisti e critici letterari cechi, che hanno sviluppato le teorie strutturaliste e semiologiche, la Scuola ha avuto tra i suoi esponenti di spicco Roman Jakobson, Nikolaj Trubeckoj, René Wellek, Jan Mukařovský.

243 Gérard Genette (1930 – ) è stato uno dei massimi esponenti dello strutturalismo francese. I suoi contributi interessano in particolar modo gli studi di narratologia e sull’intertestualità.

244 Cfr. Lubomìr Doležel, Occidental Poetics [1990], trad. it. Poetica occidentale. Tradizione e progresso, Torino, Einaudi, 1990: 185.

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opera d’arte intesa come sistema semiotico con proprietà autonome ma non avulso dai rapporti con il contesto culturale né con il lettore e il suo creatore. Una nuova concezione dell’intertestualità ha perciò origine da questa radicalizzazione della teoria sistemico-evolutiva di Tynjanov: la società in cui l’opera si inserisce e i soggetti comunicanti coinvolti (mittente e ricevente) vengono concepiti a loro volta come sistemi di segni i cui rapporti vanno esaminati in tutta la loro ampiezza. Emblematico per il tentativo di portare avanti un’analisi compiuta di queste relazioni è il lavoro di Jan Mukařovský246, rappresentante di spicco della Scuola semiologica praghese: il suo

maggiore contributo è riconoscibile nel nuovo statuto assegnato all’estetica all’interno della scienza semiotica, di cui anche la concezione del bello è considerata parte247.

Non sarà possibile anche in questo caso affrontare approfonditamente i risultati dello studio di Mukařovský in merito alla relazione esistente tra l’opera e il poeta o l’opera e il ricevente. Ciò che in questa sede ci limiteremo a dire, in merito alla concezione semiotica della correlazione tra questi sistemi, è come lo stesso Mukařovský abbia concepito tali rapporti come variabili empiriche in quanto, nel primo caso, legate a norme storicamente mutevoli – lo stesso stile, il genere, il tema dell’opera risultano strettamente dipendenti dal contesto di produzione – mentre nel secondo caso, riguardo al rapporto col ricevente, da non trascurare è la correlazione al differente periodo storico o alla cultura in cui l’opera approda248. Fondamentale a

questo riguardo, in merito al concetto di riscrittura cui ci rifaremo, è pertanto l’intervento del fruitore nel processo creativo dell’opera d’arte:

246 Jan Mukařovský (1891-1975) è un noto semiologo e critico dell’arte praghese.

247 Jan Mukařovský, Studie z estetiky [1966], trad. it. Il significato dell’estetica. La funzione estetica in

rapporto alla realtà sociale, alle scienze, all’arte, Torino, Einaudi, 1973.

248 Lo stesso Mukařovský lascia in secondo piano variabili come quelle relative alla psicologia dell’autore o del soggetto ricevente in quanto inafferrabili e incomunicabili nell’insieme per soffermarsi solo sul rapporto tra l’opera e la collettività (cfr. Id. 1973: 141-142). Per riassumere con le parole di Mukařovský i tratti essenziali di questa relazione si può dire che «lo studio obiettivo del fenomeno «arte» deve guardare all’arte come a un segno composto da un simbolo sensibile, creato dall’artista; di un «significato» (= oggetto estetico), depositato nella coscienza collettiva; e di un rapporto colla cosa significata, rapporto che riguarda il contesto complessivo dei fenomeni sociali».

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nell’iniziativa del fruitore – che di regola è ovviamente in gran parte determinato da fattori generali come l’epoca, la generazione, l’ambiente, ecc. – esiste dunque la possibilità che fruitori diversi (o meglio diversi gruppi di fruitori) vedano nella stessa opera una diversa intenzionalità. A volte molto differente da quella che vi aveva messo l’autore: nella percezione del fruitore non soltanto può cambiare la dominante e possono raggrupparsi diversamente le componenti che portavano originariamente l’intenzionalità, ma possono diventare portatrici dell’intenzionalità componenti che in origine non entravano in gioco249.

Punto di partenza indispensabile per cogliere i meccanismi evolutivi dell’arte in relazione agli altri campi della cultura è per Mukařovský un approccio semiologico volto a riconoscere al contempo l’autonomia dell’opera d’arte e di intenderne l’evoluzione come rapporto dialettico con gli altri fenomeni culturali. Nel tentativo di spiegare il modo in cui il testo artistico, seppur concepito come segno autonomo capace di evocare un’altra realtà riesca comunque a creare un nesso con il contesto sociale e a caratterizzare una data epoca, Mukařovský ha messo in luce i diversi elementi di cui si compone ogni opera per distinguere le correlazioni cui essa dà vita. Ogni testo artistico è composto anzitutto da «un’opera-cosa»250 ovverosia il

simbolo sensibile accessibile alla percezione di tutti, corrispondente a quello che Saussure ha definito il significante; da un «oggetto estetico»251 che risiede nella

coscienza collettiva e funziona come significato; infine, si compone di un rapporto con la cosa significata, rapporto che si riferisce «al contesto complessivo dei fenomeni sociali (scienza, filosofia, religione, politica, economia, ecc.) del dato ambiente»252. La

presenza di quest’ultimo aspetto non va intesa tuttavia come la capacità dell’opera d’arte di creare un rapporto diretto, di copia passiva verso la realtà in cui si inserisce, ma al contrario mira a evidenziare le forme oblique di relazione che il testo artistico instaura con la cosa significata, come dimostra la relazione metaforica o altre modalità indirette di operare della significazione che stanno alla base di quella

249 Mukařovský 1973: 159. 250 Ibidem.

251 Ibidem. 252 Ibidem.

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dialettica mutevole con il fruitore a seconda delle epoche e dei contesti in cui il testo si inserisce.

Come accennato dapprincipio, anche il discorso in merito al valore dell’opera d’arte per il semiologo praghese non può sottrarsi alla correlazione con il contesto di riferimento. Dopo aver messo in evidenza la labilità dei confini tra la sfera propriamente estetica e la sfera extraestetica, Mukařovský si concentra sulla trattazione del dinamismo e dell’evoluzione di tre elementi correlati nell’opera d’arte intesa come prodotto sociale: la funzione estetica, la norma estetica ed il valore estetico.

Partendo dall’assunto per cui l’estetico non è una qualità reale delle cose, legata a una loro proprietà, ma che anche la funzione estetica è «una componente del rapporto tra la collettività e il mondo»253, la disposizione stessa verso questa funzione

sarà dipendente da un preciso contesto sociale254. Al fine di liberare la concezione del

bello dalla semplice valenza ornamentale cui il senso comune l’ha relegata, Mukařovský mira invece a mostrare la stretta correlazione esistente tra i due sistemi, sfera estetica e società, non solo ai fini delle dinamiche evolutive della prima ma anche nell’azione profonda che essa compie nel rapporto tra società e individuo.

Lo stesso viene fatto per la norma estetica, comunemente considerata immobile, ma di cui in realtà Mukařovský mostra un dinamismo che fa eccezione solo per rari casi quali il folclore, in cui si assiste alla sola esistenza di varianti della norma ma non alla loro violazione. Proprio quest’ultima sta infatti all’origine dell’evoluzione della storia dell’arte, concepita dallo strutturalista praghese come «storia delle rivolte contro la norma (le norme) dominante»255. Perché si possa parlare di violazione –

253 Mukařovský 1973: 18.

254 Cfr. Mukařovský 1973: 6: «la capacità estetica attiva però non è una qualità reale dell’oggetto, anche se esso è costruito intenzionalmente rispetto ad essa, si manifesta invece soltanto in determinate circostanze, in un certo contesto sociale: lo stesso fenomeno che era portatore privilegiato della funzione estetica in un determinato periodo, paese, ecc. può essere incapace di tale funzione in un altro periodo, paese, ecc.».

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intendendo con essa «il rapporto tra una norma precedente nel tempo e la nuova»256

è necessario che a essere trasgredito sia il suo principio costitutivo e che non si abbia a che fare con una semplice deformazione di quel principio. Per quanto innegabile il rapporto esistente tra norme estetiche e organizzazione sociale o gerarchie, non potrà essere tuttavia univoco o prevedibile dal momento che a sua volta ogni strato sociale si fa portatore di canoni differenti e non è possibile stabilire una relazione diretta tra norme e società257.

In ultimo, anche per quel che riguarda il valore estetico, Mukařovský mette in evidenza la variabilità non solo della valutazione estetica attuale ma anche della possibilità di un valore estetico obiettivo, desumibile esclusivamente dal rapporto tra arte e società. Dal momento che il valore estetico entra in stretto contatto con le funzioni extraestetiche dell’opera e, per loro tramite, col sistema di valori determinante la prassi sociale della collettività cui si rivolge, esso svolge un peso preponderante sul «rapporto sentimentale e volitivo dell’uomo col mondo»258:

la relazione tra valore estetico e valori extraestetici può illustrarsi così: il valore estetico predomina su quelli extraestetici ma non li respinge sullo sfondo, bensì li salda in un tutto, staccando ogni singolo valore extraestetico dell’opera dal contatto diretto col corrispondente valore praticamente valido, ma permettendo in compenso un rapporto attivo tra l’insieme dei valori extraestetici dell’opera e l’atteggiamento generale che i singoli membri hanno verso la realtà259.

È pertanto il valore estetico a consentire che l’opera comunichi qualcosa che va al di là del semplice universo fittizio che realizza e si possa indirettamente relazionare ai corrispettivi elementi del mondo extraestetico con cui indirettamente il testo artistico stabilisce un contatto.

256 Mukařovský 1973: 30.

257 L’esempio proposto da Mukařovský in merito, riguarda la relazione tra lo strato sociale dominante e la norma più giovane dal momento che, come egli osserva, anche «quando la norma ha effettivamente avuto origine in quello strato» può in realtà trovare maggiore riconoscimento «in una gioventù che si oppone (spesso non soltanto nel campo dell’estetica) alla generazione più anziana dominante» (Ivi: 43-44).

258 Ivi: 80. 259 Ibidem.

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Torneremo in seguito sugli ulteriori risultati cui ha condotto la scuola semiologica di Praga nello studio delle relazioni tra testi e, in particolar modo, dei fenomeni di traduzione e riscrittura.

Una nuova e più sfaccettata idea di relazioni testuali è quella da cui prende avvio il lavoro di Gérard Genette come egli dichiara sin dalle pagine di apertura del suo capitale Palinsesti:

non è il testo considerato nella sua singolarità […] bensì l’architesto o, se preferiamo, l’architestualità del testo […], cioè l’insieme delle categorie generali o trascendenti – tipi di discorso, modi d’enunciazione, generi letterari, ecc. – cui appartiene il singolo testo. […] tale oggetto è, più ampiamente, la transtestualità, o trascendenza testuale del testo, […] già sommariamente definita come “tutto ciò che lo mette in relazione”, manifesta o segreta, con altri testi”. La transtestualità va quindi al di là dell’architestualità, e la include insieme ad altri tipi di relazioni transtestuali260.

Al fine di definire più nello specifico queste relazioni, Genette propone un distinguo tra cinque tipi di rapporti transtestuali, che sceglie di enumerare secondo un ordine crescente di astrazione. Il primo è quello dell’intertestualità vera e propria, che lo studioso francese intende esclusivamente come «presenza effettiva di un testo in un altro»261. La forma più esplicita in cui questa presenza si può manifestare è

quella della citazione o del plagio, mentre tra le forme meno esplicite annovera l’allusione.

La seconda tipologia è invece data dalle relazioni che il testo intrattiene con il suo paratesto: «titolo, sottotitolo, intertitoli, prefazioni, postfazioni, avvertenze, premesse […] procurano al testo una cornice (variabile) e talvolta un commento, ufficiale o ufficioso»262, e vanno prese in esame in quanto indispensabili nella sfera

260 Genette 1997: 3. 261 Ivi: 4.

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pragmatica dell’opera, nella sua azione sul lettore in quanto luoghi in cui l’autore stipula il suo «contratto (o patto) generico»263 con il pubblico264.

La metatestualità o “commento” è la terza tipologia di rapporto: è «la relazione

critica»265 e si insatura laddove un testo sia oggetto del discorso di un altro testo.

La quarta tipologia, cui il suo saggio si dedica maggiormente, è invece quella dei rapporti ipertestuali, temine con cui Genette designa «ogni relazione che unisca un testo B ([…] ipertesto) a un testo anteriore A ([…] ipotesto), sul quale esso si innesta in maniera che non è quella del commento»266.

Infine l’ultima tipologia è l’architestualità, inerente al genere letterario dell’opera, una relazione solitamente muta, non dichiarata dall’opera stessa ma stabilita dal lettore e dal critico in base al repertorio tematico e stilistico proprio dei singoli generi e alla collocazione dell’opera all’interno dei differenti contesti storici e culturali.

Lo studio dei testi di secondo grado, ovverosia delle relazioni ipertestuali, che in questa sede ci riguarda più da vicino, prende avvio da una prima distinzione in due diverse modalità di trasformazione del testo A nel testo B: una forma diretta (che Genette chiama trasformazione) e una forma indiretta, detta anche imitazione267. Mentre

l’imitazione stabilisce un legame indiretto con l’opera di partenza, in quanto richiede la presenza di un modello formale da imitare, quello trasformativo è invece il legame che prevede un rapporto diretto tra i due testi.

Prima di inoltrarci nell’esplorazione delle varie tipologie di relazioni testuali che da questi due rapporti di partenza hanno origine, come lo stesso studioso ha affermato e come si è lasciato emergere implicitamente fin qui, va sottolineato come le categorie di riferimento di questo approccio risultino più facilmente applicabili

263 Genette 1997: 6.

264 Si noti, in relazione a ciò che vedremo a proposito di Corti e Segre, come Genette consideri anche l’avantesto parte del paratesto (cfr. Genette 1997: 6: «anche l’«avantesto» costituito dalle minute, dai vari abbozzi e progetti, può funzionare come paratesto»).

265 Ivi: 7. 266 Ivi: 7-8.

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all’interno di quel versante dell’ipertestualità che egli stesso definisce più “soleggiato”, ovverosia quei casi in cui la relazione tra i due testi sia anzitutto totale e in secondo luogo più o meno ufficialmente dichiarata268. Per stabilire uno schema

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