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Gli interventi a livello organizzativo sono quelli che principalmente permettono di agire su una strategia di prevenzione primaria, perché mirano alla riduzione degli stressor. La promozione di capacità psicologiche e le competenze per gestire lo stress, come lo sviluppo di capacità di coping, rientrano nell‟ambito della prevenzione secondaria mirata al contenimento degli effetti degli agenti stressogeni. Infine le tecniche di rilassamento i programmi di counselling, rientrano nell‟ambito della prevenzione terziaria, mirata ad un intervento ripartivo.

Una recente rassegna pubblicata dall‟Health & Safety executive (Parkers & Sparkes, 1998), dedicata in maniera esclusiva agli interventi organizzativi, propone una distinzione tra interventi sociotecnici e psicosociali (Avallone & Paplomatas, 2005).

4.3.1 Gli interventi sociotecnici

Gli interventi socio-tecnici sono finalizzati a cambiamenti di aspetti oggettivi/strutturali dell‟ambiente di lavoro, che possono avere complicanze sullo stato di stress o salute, come orario di lavoro, livelli gerarchici, organizzazione del lavoro. Questo tipo di intervento è caratterizzato da una specifica metodologia:

 focalizzazione su variabili oggettive, concrete, che consentono facili manipolazioni di tipo sperimentale;

 si attua dopo valutazioni di elementi di salute individuale o sintomi organizzativi come assenteismo, turnover, evidenziati senza una specifica fase di valutazione e diagnosi;

 per la valutazione si utilizzano metodi di self-report come i questionari per la rilevazione di dimensioni soggettive, percezione, attitudine. Misure di tipo oggettivo invece fanno riferimento ad aspetti cognitivi, come la memoria o i tempi di reazione; i principali indicatori sono assenteismo, turnover, infortuni, performance e livello di produttività;

 nelle fasi di valutazione è assente la partecipazione dei dipendenti e la fase di pianificazione è affidata a ricercatori/consulenti.

4.3.2 Gli interventi psicosociali

L‟obiettivo degli interventi psicosociali è finalizzato al cambiamento delle percezioni dell‟ambiente di lavoro, delle determinanti della motivazione, al benessere e alla performance lavorativa, concependo i rischi psicosociali attraverso una visione più ampia rispetto agli interventi socio tecnici. Karasek (1992) li suddivide in quattro categorie principali:

1) struttura del compito, per esempio abilità, controllo, carico di lavoro, interfaccia fisica ed ergonomica;

2) contesto sociale, per esempio comunicazione, stili comunicazionali, promozione di rapporti collaborativi;

3) cambiamenti macroorganizzativi, per esempio relazioni industriali, stile manageriale, decisioni gestionali;

Anche gli interventi psicosociali sono caratterizzati da una specifica metodologia:  a differenza degli interventi socio-tecnici, essi si basano su una ben precisa fase di

valutazione e diagnosi, tramite l‟utilizzo di strumenti self-report, come questionari, o di altre specifiche tecniche, come ad esempio chiedere ai dipendenti di elencare le possibili fonti stressogene del proprio contesto lavorativo;

 questo specifica fase di valutazione dei possibili rischi psicosociali, permette di identificare un ampio range di problemi;

 diversamente agli interventi socio-tecnici, quelli psicosociali, prevedono il coinvolgimento dei dipendenti, ovviamente supportati dagli esperti, con o senza coinvolgimento del management o dei suoi rappresentanti, anche se il coinvolgimento manageriale, sia diretto che indiretto, è rilevante per il processo;  i dipendenti dell‟organizzazione sono i protagonisti della valutazione finale

dell‟intervento, in quanto i dati non sono informazioni preziose solo per il vertice aziendale o per i responsabili della sicurezza, ma anche per i lavoratori che hanno partecipato al loro conseguimento.

Questi due tipi di interventi si differenziano tra di loro, non solo per l‟obiettivo dell‟intervento, variabili oggettive contro percezioni dell‟ambiente di lavoro, ma anche per altri fattori. Infatti mentre gli interventi socio-tecnici hanno come target solo fattori stressogeni o comunque riguardanti una concezione ristretta dei rischi psicosociali, proprio come all‟inizio delle prime ricerche sullo stress, gli interventi psicosociali, invece hanno una visione più ampia del concetto di rischio e sono più vicini ai modelli di intervento per il benessere organizzativo. Ma il fattore principale di differenziazione è il coinvolgimento dei dipendenti in tutto il processo che va dalla valutazione alla pianificazione e diffusione dei risultati. Infatti negli interventi socio-tecnici, ciò riguarda solo la committenza e il consulente, negli interventi psicosociali acquisiscono un ruolo di rilievo anche gli utenti, consolidando la relazione che si viene ad istaurare tra consulente ed utente.

La buona riuscita degli interventi esaminati, è dovuta anche ad alcuni fattori, che possono essere considerati gli elementi di buona pratica. Essi sono (Avallone & Paplomatas, 2005):

 Organizzazione pronta ad implementare le soluzioni e a non disattendere le

aspettative. E‟ importante che un‟organizzazione, dopo aver deciso di valutare il

emersi dall‟analisi. Alla base di tutto ciò, ci deve essere una reale domanda di cambiamento da parte dell‟ organizzazione;

 Esistenza di un solido piano di committenza: responsabilità accettata dal

management. Per attuare dei cambiamenti è necessario che il management supporti i

cambiamenti ed investi per migliorare il contesto lavorativo; ovviamente ciò deve essere accettata dalla committenza;

 Supporto attivo degli altri partecipanti di rilievo. Oltre alla dirigenza è importante, al fine di una proficua condivisione e per il successo dell‟intervento, il coinvolgimento di tutti gli attori organizzativi, come ad esempio i rappresentanti dei lavoratori;

 Focus sui problemi del lavoro e dei gruppi, non sull’individuo. L‟intervento non deve centrarsi sui problemi individuali, ma esso deve mirare alla prevenzione organizzativa e collettiva, bisogna puntare alla conoscenza della fonte reale del problema. Li dove non è possibile modificare le caratteristiche del lavoro, bisogna insegnare ai lavoratori la corretta gestione della situazione lavorativa causa di disagio;

 Adeguato processo di valutazione ed analisi del rischio. La valutazione del contesto lavorativo iniziale può essere effettuato in diversi modi e con diversi strumenti, l‟essenziale è attuare un processo di valutazione che permetta di identificare le aree di criticità e/o i rischi per il benessere organizzativo;

 Patternship e coinvolgimento dei lavoratori. Il pieno coinvolgimento dei lavoratori in ogni fase dell‟intervento è fondamentale, essi svolgono il ruolo da protagonisti sia nella fase di diagnosi, presa di decisione, sia nell‟implementazione e valutazione. Il management e i dipendenti sono spesso portatori di diversi tipi di motivazioni e interessi nel processo di promozione della salute. In tal caso è importante individuare un‟area di sovrapposizione, o di interessi paralleli che rappresenti la base della cooperazione;

 Traduzione dei bisogni in azione. Tutti i problemi e i disagi emersi dalla valutazione devono essere tradotti un intervento efficace e di successo;

 Soluzione contesto-specifiche/ riconoscimento dell’esperienza e delle competenze

dei lavoratori. Le possibili soluzioni ai problemi dell‟organizzazione devono essere

trovate a partire dallo stesso contesto lavorativo, sia l‟esperienza che la competenza dei lavoratori devono essere il punto primario per l‟analisi dei problemi e l‟identificazione delle soluzioni;

 Processo di informazione continua. Essendo che i dipendenti sono pienamente coinvolti nel processo di intervento, è fondamentale informarli sui risultati della fase di valutazione, del piano di interventi scelti e dei risultati ottenuti.