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Intervista ad Angelo De Rosa: la forza dell’ironia

3.3 Online/offline meltdown

3.3.2 Intervista ad Angelo De Rosa: la forza dell’ironia

(5 aprile 2012)244

«Secondo lei, è cambiato qualcosa nella mente e nella coscienza di chi ha vissuto la tragedia del terremoto in prima persona?»

«Certamente la tragicità di questo evento ha scosso violentemente gli animi di chi l’ha vissuto in prima persona. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, gli stati d’animo che si sono agitati nella mia testa nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi all’11 marzo sono stati molti e variegati. All’inizio prevalevano la paura e l’ansia per eventuali nuove scosse e soprattutto per la situazione della centrale nucleare di Fukushima. Poi sono subentrate l’indignazione e persino la rabbia nei confronti delle autorità governative e di competenza che, a mio avviso, non hanno fatto altro che distogliere l’attenzione della gente comune dalla situazione catastrofica, nascondendo la verità. Un sentimento che, tra i tanti, non mi è ancora capitato di provare, è la rassegnazione: ecco perché ho voluto organizzare questa manifestazione.»

«Come vi è venuto in mente di usare l’ironia come “arma”? A chi è venuta l’idea?»

«Modestamente l’idea l’ho avuta io! (Ride). No, a dire il vero è venuta a galla poco a poco… Le nostre prime due fonti d’ispirazione sono state, rispettivamente, un libro intitolato "Tōkyō ni Genpatsu o!” (“Una centrale nucleare a Tōkyō!”), e una canzone dal titolo "Genpatsu Ondo” (“La ballata delle centrali nucleari”) scritta e cantata da Imawano Kyoshirō, frontman dei giapponesi “Timers”. Inoltre, durante le lezioni di italiano che impartisco ai miei studenti giapponesi, mi piace affrontare anche tematiche di attualità politica e sociale sia italiana che giapponese. Nei mesi immediatamente successivi al terremoto, la quantità di idiozie

244 Ho avuto modo di incontrare Angelo De Rosa presso la sede de “Lo Studiolo”, a Tōkyō,

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pronunciate dai politici e dagli esperti era talmente grande che non poteva essere ignorata. Così abbiamo cominciato questa specie di gioco: tutti insieme abbiamo raccolto le frasi più assurde che ci capitava di sentire per radio o in televisione. Provavamo tutti una grande rabbia, certe affermazioni risultavano talmente false che ci facevano ridere, anche se amaramente. Così è nata l’idea: convertire la rabbia in ironia poteva essere una buona soluzione per attirare l’attenzione, ma anche per provare a scaricare la tensione accumulata.»

«Quest’idea si è effettivamente rivelata efficace? Qual è stata la risposta della gente?»

«Nel nostro piccolo, abbiamo avuto un grande successo. Sebbene il numero di partecipanti non arrivasse nemmeno lontanamente a toccare le grandi cifre registrate dalle ultime manifestazioni, possiamo ritenerci soddisfatti. Prima della manifestazione, abbiamo comunicato alla polizia che il numero dei partecipanti si sarebbe aggirato intorno alle cinquanta persone. Invece eravamo più del doppio! Il corteo si componeva per la maggior parte di famiglie con bambini – naturalmente, dato che era stato organizzato da un’associazione in difesa proprio dei più piccoli – e molti, molti giovani: la maggior parte dei miei studenti ha meno di trent’anni, e tutti loro hanno partecipato con entusiasmo, estendendo l’invito anche ai propri amici. Grazie alla partecipazione più numerosa del previsto, siamo anche riusciti a prolungare il tempo che ci era stato inizialmente concesso, calamitando l’attenzione dei numerosi passanti impegnati a fare shopping nell’affollatissima via principale di Ginza. La cosa più divertente è stata proprio vedere le facce delle persone che ci guardavano sfilare: all’inizio avevano tutti delle espressioni interrogative e in molti si sono fermati a guardare con più attenzione per capire chi potesse essere così pazzo da volere una centrale nucleare a Tōkyō. Poi capivano, e i loro visi si rilassavano in un sorriso. Credo che siamo stati in grado di far riflettere molta gente con la nostra idea.»

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«Mi conferma che la partecipazione dei giovani al di sotto dei trent’anni è stata considerevole. In generale, come le è parso che i giovani abbiano reagito a questa situazione di crisi? Hanno idee innovative?»

«Sono più di dieci anni che insegno la lingua italiana ai giovani studenti giapponesi. Come ti accennavo, durante le mie lezioni mi piace anche trattare temi di attualità. Di rado mi è capitato di sentire uno dei miei studenti difendere con forza un’ideale o sostenere una causa con fervore. Con questo non intendo dire che nessuno di loro abbia una personalità o degli interessi, solo che credo che per uno studente nato, cresciuto ed educato in Giappone, esprimere apertamente le proprie convinzioni ad una persona più grande di lui che, oltre a essere straniero, si trova in una posizione di “superiorità”, risulta molto difficile. Confesso che questa è sempre stata la mia missione: insegnare ai giovani a non avere paura di comunicare i propri punti di vista. L’evento dell’11 marzo è stato unico nel suo genere e, nonostante si sia trattato di un dramma, devo dire che ha portato qualcosa di positivo: è stato allora, infatti, che per la prima volta ho visto tutti i miei giovani studenti esprimere apertamente la propria frustrazione e indignazione, fino al punto di aiutarmi a organizzare la manifestazione e parteciparvi. Il loro contributo è stato prezioso, a partire dall’operazione di passaparola: io mi sono limitato a promuovere l’evento sul mio sito e sulla mia pagina Facebook, ma loro, di propria iniziativa, hanno diffuso la voce anche attraverso altri social network, come Twitter e Mixi, e così siamo riusciti ad attirare il doppio delle persone che ci saremmo aspettati.»

«A proposito di internet. Che importanza dà all’uso dei social media al fine di sostenere cause e ideali e di diffonderli?»

«Credo che ricopra un ruolo fondamentale, a partire dalla diffusione delle notizie. L’impressione generale è quella che i mezzi di comunicazione tradizionali – televisione e giornali, tanto per intenderci – ci tengano

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nascoste informazioni di fondamentale importanza, come ad esempio un rapporto dettagliato su ciò che sta avvenendo presso la centrale di Fukushima in termini di diffusione delle radiazioni, ma anche e soprattutto comunicare aggiornamenti circa il parere dell’opinione pubblica. Lo spazio dedicato agli atti di protesta e alle manifestazioni contro il nucleare è sempre stato troppo esiguo a parer mio, e soprattutto avviene quasi sempre a posteriori: le poche volte che mi è capitato di sentirne parlare è stato solo perché le enormi cifre raggiunte durante certi eventi erano talmente imponenti che era pressoché impossibile ignorarle. Ti faccio un esempio su tutti: un ragazzo che conosco, di nome Sono Ryōta, ha fin da subito cominciato una dura campagna di protesta contro la TEPCO. Dalla settimana successiva al terremoto, egli si presenta tutti i giorni davanti ai cancelli della TEPCO armato di megafono, a urlare tutta la sua indignazione di fronte a quelli che, secondo lui, sono i principali responsabili del disastro nucleare. All’inizio il suo seguito era esiguo, ma col passare del tempo, il numero dei giovani che si sono uniti al suo grido di protesta è gradualmente aumentato, fino ad arrivare al centinaio. Molti reporter stranieri hanno documentato la loro protesta, ma i maggiori canali televisivi e quotidiani nazionali non ne hanno nemmeno fatto cenno. Ecco perché credo che la maggior parte dei mass media in Giappone siano sotto lo spudorato controllo del governo e del mondo degli affari. Questo fatto è ancora più grave se pensiamo che questi dimostranti e attivisti sono tutti molto giovani, tra i venti e i trent’anni, così come il loro leader: Sono Ryōta, infatti, è nato nel 1981.»245

«Nella sua manifestazione, mi pare evidente che la creatività giochi un ruolo fondamentale. Perciò vorrei sapere quanto reputa importante l’uso di una “comunicazione creativa” al fine di divulgare e sostenere i propri punti di vista.»

245 L’indirizzo del blog personale di Sono Ryōta è: http://d.hatena.ne.jp/Ryota1981,

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«Per me è una priorità. Io sono anche un musicista,246 e so bene cosa significhi esprimersi in maniera creativa. Quando ci si attiva per cercare di cambiare le cose che non vanno all’interno della società in cui si vive, bisogna innanzitutto trovare il maggior numero di consensi possibile. Per far sì che ciò avvenga, bisogna che tutti siano coinvolti emotivamente, oltre che mentalmente. E tutti sappiamo come la musica, o anche la danza e la pittura, riescano ad amplificare queste emozioni. Per non parlare poi della risata. Io ho voluto proporre l’idea di usare la creatività incanalandola proprio in questa forma espressiva, quella dell’ironia e del sarcasmo. Poi ognuno ha saputo personalizzarla e reinterpretarla a suo modo, e questo è stato senza dubbio l’aspetto più interessante. Durante la manifestazione, poi, ognuno poteva mostrare con orgoglio i cartelloni che aveva realizzato, gli slogan che aveva ideato, le canzoni che aveva composto per l’occasione e condividere tutto questo con gli altri partecipanti… non eravamo nemmeno in duecento, ma era come se fossimo in duemila. Molte delle persone presenti, poi, partecipavano a una manifestazione per la primissima volta: questo mi ha fatto capire come non sia necessario essere membri di un’organizzazione o iscritti a un partito per poter esprimere la propria posizione politica: a mio avviso sono le azioni concrete a rendere effettivo il cambiamento, e non le formalità.»

«Ho un’ultima domanda. Crede che gli accadimenti attuali abbiano risvegliato una nuova soggettività politica nella quotidianità della vita delle persone?»

«Forse è un po’ prematuro parlarne, ma indiscutibilmente il grande afflusso di giovani alle manifestazioni dell’ultimo anno ha rappresentato un cambiamento tangibile nella mentalità della maggior parte di essi. Prendere parte a questo genere di eventi, scendere nelle strade, tirare fuori la voce e le idee: tutto ciò rappresenta una delle più dirette forme di

246 Angelo De Rosa suona la tromba in un complesso chiamato “Buonappetito”. Sito

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partecipazione politica. Non si tratta di azioni così scontate, decidere di prendere parte a una manifestazione richiede in ogni caso una buona dose di coraggio, in particolar modo in Giappone. Il clima di festa che ha caratterizzato quasi tutti i cortei è stato, a mio avviso, un elemento fondamentale per infondere questo coraggio nelle persone e invogliarle a partecipare attivamente. Inoltre, credo che finalmente molte persone abbiano capito che la politica non è qualcosa di separato dalla vita di tutti i giorni, di cui solo i rappresentanti e le autorità di governo devono occuparsi. La politica deve fare parte del nostro vivere quotidiano, e ognuno di noi deve poterla fare propria, esprimendola nel modo che più ci soddisfa e che ci faccia sentire parte attiva nel sostenere delle opinioni e dei valori che riteniamo importanti. Non è un processo facile: bisogna “abituarsi”. Ma la cosa veramente importante, a mio avviso, è che si abbandoni una volta per tutte quell’atteggiamento di sufficienza e insofferenza che caratterizza molte persone, inducendole a pensare che la politica sia compito esclusivo dei governanti. Le azioni di protesta di questi ultimi tempi, però, non possono lasciare indifferenti né la gente comune né i politici: se centinaia di ragazzi si ritrovano ogni giorno davanti alla sede della TEPCO, vuol dire che hanno bene chiaro in testa cosa vogliono e cosa non vogliono. Lo stesso vale per la protesta della “Tento Hiroba” (“Piazza delle tende”)247 di fronte al Ministero dell’Economia: l’occupazione di uno spazio pubblico è già di per sé un’azione di forte impatto politico, ma quando anche lo stile di vita delle persone cambia al fine di sostenere una causa, è un chiaro segnale che la soggettività politica ha trovato un modo alternativo è più incisivo per essere espressa. Io stesso ho trascorso una notte insieme alle persone che abitano nella “Tento Hiroba”, e ho avuto modo d’intervistarle: le persone impegnate in quest’iniziativa sono centinaia, e pernottano a turno nell’accampamento in gruppetti più o meno numerosi. Inoltre continuano ad aggregarsi nuovi sostenitori,

247 http://tentohiroba.tumblr.com, 5-12-2012. La protesta di “Tento Hiroba”, iniziata nel

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provenienti da tutto il Giappone: la sera in cui ho pernottato nelle tende, ho avuto modo di conoscere un gruppo di ragazzi di Kyōto, tutti studenti al di sotto dei trent’anni, che hanno espresso la loro devozione per questa causa e la loro voglia di contribuire a cambiare le sorti del Paese. Un germoglio di speranza per la società del futuro.