• Non ci sono risultati.

Slacktivism: un “impegno-senza-impegno”?

La facilità con la quale è possibile scambiarsi informazioni tramite i social media, è sicuramente il fattore chiave che ha consentito, in tempi recenti, il verificarsi di alcuni eventi emblematici a livello globale. Le manifestazioni di “Occupy Wall Street” negli Stati Uniti, le rivoluzioni della Primavera Araba, gli scontri a Londra nell’agosto 2011: questi sono solo

133 Per ulteriori approfondimenti su “Public 2.0” si rimanda all’articolo di HAMANO Satoshi,

Disaster shows…, cit.

134 Il termine “pro-sumer” è stato definito nel precedente sottocapitolo. Per ulteriori

approfondimenti si rimanda all’articolo di David H. Slater, Nishimura Keiko e Love Kindstrand, “Social Media…”, cit.

- 65 -

alcuni degli esempi di come ci si possa appropriare della tecnologia per sostenere le cause più disparate, tramutandole in azioni concrete e proteste di strada. Poiché i social media consentono a ciascun individuo di esprimersi liberamente, sono sempre di più coloro i quali si improvvisano bloggers o, addirittura, “giornalisti”, sebbene solo a livello amatoriale. Ciò rende internet uno strumento di democrazia senza pari, accorciando le distanze e dando una voce potente all’opinione pubblica.136 Naturalmente,

esiste anche un rovescio della medaglia. Chi si impegna in queste discussioni virtuali, corre il rischio di “smarrirsi” nell’universo parallelo del web, perdendo il contatto con gli effetti concreti che queste nuove tecnologie possono avere sulla vita quotidiana delle persone, limitandosi ad usare i social media come sostituto ad altre forme di impegno e aiuto sociale che siano – è il caso di dire – realistiche.137 Il dibattito circa la

partecipazione politica tramite internet è un tema scottante di attualità: a chi afferma che i social media costituiscono un potenziale rimedio al declino dell’impegno sociale, c’è chi ribatte dimostrandosi scettico circa l’effettivo impatto positivo che internet può avere sulla mobilitazione della società civile.

Da questo criticismo, ha origine il termine “slacktivism”: esso si compone delle parole inglesi “slacker” (da intendere come “fannullone”) e “activism”. Tale definizione assume spesso un’accezione negativa, come ad esempio quella sostenuta da Evgeny Morozov il quale, criticando questo nuovo genere di impegno sociale, lo ha definito come:

[…] a feel-good online activism that has zero political or social impact. It gives those who participate in ‘slacktivist’ campaigns an illusion of having a

136 Jonny JONES, “Social media and social movements”, International Socialism, Issue 130,

4 aprile 2011.

- 66 -

meaningful impact on the world without demanding anything more than joining a Facebook group.138

Lo slacktivism include svariate attività, come ad esempio la sottoscrizione di petizioni online tramite un semplice click del mouse, il copia-incolla sulle bacheche dei social network di messaggi a sostegno di una causa, o ancora l’adesione a web-community senza preoccuparsi di contribuire allo sviluppo di tale organizzazione. Si tende a far rientrare in questa categoria di “impegno-senza-impegno” anche tutte quelle azioni che possono essere definite “boicottaggi di breve durata”, come i flash mob o le giornate dedicate ad una causa particolare, come il “Buy Nothing Day”,139 il “No Pants Day”140 o anche la “Earth Hour”,141 tutte iniziative scaturite dal web e la cui adesione richiede un sforzo minimo. Secondo i critici, si tratta di azioni totalmente fini a se stesse, efficaci più per creare un senso di soddisfazione personale nell’utente piuttosto che mirare al raggiungimento di un obiettivo politico.142 Questa concezione presuppone che tale sorta di “attivismi online” possano soppiantare le tradizionali forme di partecipazione, il che porterebbe ad un livello complessivamente più basso di impegno sociale.143

Sebbene non si possa respingere in toto lo scetticismo di chi dubita dell’efficacia delle forme di protesta e di impegno sociale online, alla luce

138 Evgeny MOROZOV, “The brave new world of slacktivism”, Foreign Policy, 19 maggio 2009,

http://neteffect.foreignpolicy.com/posts/2009/05/19/the_brave_new_world_of_slacktivis m, 05-01-2012.

139 Il “Buy Nothing Day” è una giornata di protesta internazionale contro il consumismo

che si tiene ogni anno il venerdì successivo alla Festa del Ringraziamento.

140 Il “No Pants Day” viene spesso considerato come un giorno di festa, piuttosto che

come un atto di protesta. Ad ogni modo, la singolarità dell’evento, che si tiene ogni primo venerdì di maggio, desta sempre molta ilarità attirando facilmente l’attenzione dei mass media.

141 “Earth Hour” è un evento organizzato dal WWF, che incita le persone a spegnere tutte

le luci e gli apparecchi elettrici per un’ora, generalmente dalle ore 20:30 alle ore 21:30 (ora locale) di un giorno di fine marzo.

142 Evgeny MOROZOV, “The brave…”, cit.

143 Malcolm Gladwell, “Small Change: Why the Revolution Will Not be Tweeted”, New

Yorker, 4 ottobre 2010,

- 67 -

degli accadimenti degli ultimi anni risulta però prematuro dichiarare che internet non possa avere un impatto sull’attivismo politico e sociale anche al di fuori del mondo virtuale della rete. La velocità con la quale le notizie si diffondono da una parte all’altra del globo si deve in buona parte all’uso di internet da parte degli attivisti di tutto il mondo, i quali riescono spesso ad esercitare un’influenza maggiore sulla società civile, ancor più che i canali di comunicazione di massa.144 Il consolidarsi delle informazioni in

“siti chiave” all’interno della rete internet, ha contribuito alla diffusione di immagini e dati che si sono rivelati di fondamentale importanza per la promozione di azioni concrete di raccolte fondi, di volontariato e, soprattutto, di movimenti di protesta.

Anche solo focalizzandosi sulla crisi giapponese del post-terremoto e post-tsunami, ciò che è risultato palese è stato l’ulteriore sviluppo nell’uso dei social media al fine di promuovere e organizzare manifestazioni contro l’utilizzo dell’energia nucleare nel Paese, provando a coinvolgere quante più persone possibili. In un contesto in cui le alleanze tra le varie fazioni, siano esse partiti politici, unioni dei lavoratori oppure organizzazioni no- profit, risultano spesso problematiche – specialmente tra i gruppi che condividono ideologie simili – l’uso dei social media come piattaforme per creare un nesso tra cause comuni continua a costituire un fattore importante nella creazione di spazi per forme politiche alternative, le cui diramazioni si estendono ben oltre i confini dell’attività online.145 Nella maggior parte dei casi, le iniziative promosse tramite social media possono essere lette semplicemente come atti di critica o di protesta, ma è risultato evidente come esse abbiano anche costituito – e continuano tuttora – un potente mezzo per i leader dei vari movimenti sociali già presenti sul territorio giapponese, i quali possono facilmente raccogliere ed argomentare tutte le informazioni legate, ad esempio, all’emergenza

144 David H. SLATER, NISHIMURA Keiko e Love KINDSTRAND, “Social Media…”, cit. 145 Ibidem.

- 68 -

dell’incidente di Fukushima e veicolarle in mobilitazioni spinte dal comune sentimento anti-nucleare.

A quasi due anni di distanza dal terremoto e dallo tsunami, le manifestazioni contro l’utilizzo dell’energia nucleare che hanno avuto luogo nelle principali città del Giappone sono state numerosissime e, per la prima volta dopo tanto tempo, hanno coinvolto migliaia di persone. Il merito lo si deve innanzitutto al potere di internet: un potere che ha sorpreso gli stessi organizzatori e leader di movimenti, i quali, in un primo momento, lo avevano certamente sottovalutato. L’esempio lampante a sostegno di tale asserzione lo si può leggere nelle cifre che descrivono la prima grande manifestazione contro l’energia nucleare che ebbe luogo a Tōkyō il 10 aprile 2011, a un mese di distanza dal terremoto. Gli organizzatori dell’evento pronosticarono un’adesione di circa 500 partecipanti, ma quel giorno a Kōenji si presentarono 15.000 persone. Fu sorprendente per chiunque assistere e partecipare a quella marcia colorata, subito definita come パ レ ー ド (parēdo, “parata”), durante la quale non furono soltanto gli attivisti a gridare gli slogan contro il nucleare, ma anche molte famiglie con bambini, stranieri, vecchi e giovani, tutti accomunati dalla stessa causa. In un’intervista, Hajime Matsumoto, il trentottenne leader fondatore del movimento 素 人 の 乱 (Shirōto no Ran, “Protesta Amatoriale”), ha espresso il suo stupore riguardo l’incredibile quantità e varietà dei partecipanti alla manifestazione da lui promossa, attribuendo subito gran parte del merito a internet e al nuovo livello di comunicazione che è venuto a crearsi in Giappone grazie proprio all’uso dei social media. Dopo il primo grande successo di Kōenji, Matsumoto si adoperò per organizzare altre due enormi manifestazioni, una a Shibuya e una a Shinjuku, che contarono rispettivamente 15.000 e 20.000 partecipanti.146 Il pubblico presente a questi eventi si componeva di una

146 La manifestazione di Shibuya ebbe luogo il 7 maggio 2011, mentre quella di Shinjuku

si tenne il giorno 11 giugno 2011. Insieme a quella di Kōenji, sono solo le prime tre manifestazioni promosse dal movimento “Shirōto no Ran”, che è tuttora attivo nella lotta

- 69 -

maggioranza di giovani di età compresa tra i venti e i trent’anni, i quali hanno contribuito a pubblicizzare le manifestazioni attraverso un “passaparola virtuale” a colpi di tweet e di post, che ha invogliato tanti altri giovani a scendere in strada e a manifestare.147

Quelle che erano le piazze pubbliche del passato, con manifesti, volantini e dibattiti, sono state sostituite da internet, il che consente ai cittadini di partecipare attivamente, magari pubblicando un articolo o condividendo un “opuscolo elettronico” con il mondo, e di mettere in moto, così, un tam tam in grado di coinvolgere un pubblico nettamente più vasto di quanto potesse avvenire in passato.148 Tutte queste azioni virtuali sono

assimilabili al concetto di slacktivism, ma ciò non preclude certo la realizzazione concreta di ciò che è stato condiviso in rete. La semplicità di un singolo click del mouse può creare un senso di soddisfazione e magari addirittura far credere di aver fatto qualcosa di buono per l’umanità intera: i critici lo leggono in chiave negativa, considerando lo slacktivism un fenomeno fine a se stesso, quasi egoistico. Ma bisogna anche considerare che questo atteggiamento può permettere alle persone di sostenere varie cause e interessarsi alle attività dei movimenti sociali comodamente, in autonomia e senza pressioni di alcun tipo. Di conseguenza, si rende altrettanto facile l’eventuale decisione di scendere in strada a manifestare, anche se non lo si è mai fatto prima. Ecco perché lo slacktivism ha una grande potenzialità intrinseca: quella di creare nuove possibilità, attraverso le emozioni.149

contro l’energia nucleare e che ha organizzato molti altri eventi e cortei che hanno riscosso altrettanto successo.

147 Intervista di TOSA Shigeki a Matsumoto Hajime, Point of view / Hajime Matsumoto:

Influence politics with street demonstrations, in “The Asahi Shimbun Digital”, 27 luglio 2011, http://ajw.asahi.com/article/0311disaster/opinion/AJ201107275009, 05-01-2012.

148 Jonny JONES, “Social media…”, cit.

149 HAMANO Satoshi, Tweeting ‘slacktivists’ could create true social change, in “The Asahi

Shimbun Digital”, 20 aprile 2011,

- 70 -

Capitolo Terzo

Incontri, confronti e proteste creative online e offline – alcuni esempi