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Intervista a cura di Antonio De Ross

Politecnico di Torino

guamente, da un lato tra i più giovani c’è la consa- pevolezza che il “bello” (non altrimenti definito, né misurato) va preservato all’interno di una dimensione collettiva, dall’altro tra i meno giovani prevale ancora l’idea che gli strumenti di produzione (anche le strut- ture e i manufatti tecnologici non inseriti nel contesto paesaggistico) sono indispensabili per ottimizzare rese e costi, e quindi non si mettono in discussione, soprattutto nello spazio privato. Si arriva addirittura, nelle nostre valli, che risentono probabilmente più di altre di un passato industriale “monocolore”, a non capire che l’ingresso in un’area Parco può essere fon- te di reddito e invece la si percepisce come portatri- ce di limiti a produrre.

Le Olimpiadi Torino 2006 peraltro non sono state un esempio in termini di scelte di qualità dello spazio e le “montagne olimpiche” hanno pagato tutto il prezzo del vantaggio che oggi Torino incassa con l’aumento dei flussi turistici (raddoppiati in città in termini sia di presenze, sia di arrivi, non altrimenti in montagna). Per quanto riguarda i turisti, questi hanno prima di tutto hanno bisogno di servizi, che non sempre sono compatibili con il rispetto pieno della qualità delle in- frastrutture e del costruito.

Forse solo dagli abitanti, non produttori, può arrivare una voce diversa, ma certamente è una voce mino- ritaria nelle nostre valli che hanno fatto del turismo dei grandi impianti e oggi della fruizione con i mezzi motorizzati, anche se regolamentati, il modello di svi- luppo.

Non siamo la Val Maira...

L’Italia è forse l’unico paese europeo dove la qualità dei manufatti agricoli è tendenzialmente molto bassa. I prefabbricati in cemento hanno costi molto bassi e una durata praticamente eterna, necessitando di poca manutenzione. Questo li rende imbattibili. È possibile pensare alla messa in campo di azioni e politiche di segno diverso? A livello di amministrazione pubblica, si coglie questa criticità?

Le Pubbliche Amministrazioni oggi hanno la strumen- tazione necessaria, a tutti i livelli istituzionali (Valuta- zioni d’Impatto, valutazioni dei PRGC e Piani Paesisti- ci, Pianificazione Territoriale, politiche compensative) per fare scelte equilibrate e lungimiranti da questo punto di vista. È certamente pensabile la messa in campo di politiche di segno diverso, che faccia leva sia sulla possibilità di accoppiare politiche premiali a quelle tradizionalmente regolative. Lo stesso Piano di Sviluppo Rurale nei territori GAL ci dà molte possibi- lità a riguardo. Si tratta però di lavorare a tutti i livelli, da quello comunale a quello di Città Metropolitana, che ha ancora molte leve a disposizione su questo terreno, a quello regionale e nazionale.

Occorre però lavorare anche su un altro terreno, per- ché il “percepito inconsapevole” diventi oggetto di una vera consapevolezza collettiva e quindi di una po- litica misurabile e “accountable”: occorre mettere in campo indicatori di qualità dello spazio costruito. Nel tempo si sono fatti molti tentativi a riguardo ma non vi sono ancora valori codificati e misurabili che permet- tono per esempio di salvaguardare un suolo agricolo, al di là delle logore “classi di capacità d’uso” del suolo. Solo vedendo, e permettendo agli abitanti di vedere, si possono prendere le decisioni giuste.

Secondo lei, che azioni andrebbero promosse per in- crementare la qualità dei paesaggi costruiti? Metten- do in campo quali meccanismi?

Quanto detto alla domanda precedente permette di ipotizzare tre strade:

Local Architecture, stalla a Lignières (Svizzera), 2004.

• incentivare la definizione e soprattutto l’applica- zione di un set di indicatori condivisi che permet- tano di valutare la qualità dello spazio costruito e dei territori rurali all’interno degli strumenti urba- nistici e di pianificazione;

• sostenere processi di consapevolezza e parteci- pazione di abitanti e produttori alle scelte comu- nali;

• mettere in campo politiche premiali nella scelta di modalità, tipologie e materiali di strutture, in- frastrutture, manufatti.

Niente di tutto questo naturalmente sarà possibile finché non si sarà pienamente coscienti che la quali- tà dello spazio costruito è connesso con la qualità del nostro vivere e con le opportunità di crescita.

LP

Settanta milioni di euro per Unioni montane e Co- muni, sessantacinque per i Gruppi di azione locale, quarantacinque per l’Agenda digitale regionale, ses- santa per l’indennità compensativa, l’aiuto annuale che serve per compensare gli agricoltori dei costi aggiuntivi e della perdita di reddito causati dagli svantaggi materiali che ostacolano la produzione agricola in montagna. Cifre importanti comprese nel Piano di sviluppo rurale (PSR) 2014-2020 della Re- gione Piemonte. Misure, bandi, dotazioni finanziarie, tempi di azione e strategia sono oggetto di nume- rose presentazioni pubbliche, in tutto il Piemonte, con i tecnici e i funzionari regionali. Proviamo anche qui a fare il punto. Il PSR (1 miliardo e 100 milioni di euro di finanziamenti totali) non è solo agricoltura: montagna e foreste hanno una parte importante nel Piano varato a settembre 2015. Alle numerose ope- razioni destinate alle imprese agricole, si uniscono molte misure per gli Enti, in particolare per le Unioni montane di Comuni.

Lo sviluppo locale non può prescindere da Ammi- nistratori capaci, in grado di avere una strategia territoriale di area, che poi si deve tradurre in una programmazione comune su cui calare i vari pro- getti. La Regione Piemonte ha insediato il 2 mar- zo 2016 il tavolo tecnico regionale di condivisione delle politiche di sviluppo della montagna, istituito con delibera di Giunta a fine dicembre scorso. Al tavolo coordinato da Franco Ferraresi, responsabi- le del settore montagna della Regione e della Co- operazione transfrontaliera, sono presenti oltre ai vari settori regionali impegnati nelle istruttorie per i progetti, i rappresentanti della Città metropolitana di Torino, delle Province, l’Uncem, l’Assoleader, le Unioni montane di Comuni. Proprio le Unioni – cin- quantaquattro nelle Alpi e nell’Appennino piemon- tese – devono agire sulla filiera bosco-legno, sulla frammentazione fondiaria, creando associazioni di proprietari, sulle infrastrutture, sui borghi alpini, patrimonio unico delle nostre Terre Alte. Le Unioni montane devono pianificare con Gal e Bim il futu-

Piano di Sviluppo