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Gli investimenti diretti esteri

5 Le relazioni economiche tra Russia e Italia

5.3 Gli investimenti diretti esteri

Gli investimenti diretti esteri (IDE) riguardano gli investimenti effettuati al di fuori del Paese di origine e assumono una notevole importanza nel rappresentare il grado di internazionalizzazione di imprese, territori, Paesi o aree geografiche estese. Nel 2012 gli investimenti diretti esteri mondiali (in entrata e in uscita) sono complessivamente diminuiti, sebbene a velocità differenti, in tutte le economie sviluppate, in via di sviluppo ed in transizione. Secondo il World Investment Report 2013 (UNCTAD 2013), nel 2012 gli investimenti diretti esteri mondiali in entrata hanno registrato una contrazione del 18% rispetto all’anno precedente a causa delle condizioni di fragilità che hanno caratterizzato la ripresa economica in molte economie avanzate e che hanno agito da deterrente

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Gli investimenti diretti esteri includono:

- le partecipazioni superiori al 10% (quelle inferiori sono classificate in investimenti di

portafoglio);

- la compravendita di immobili;

- i flussi di prestito (crediti/debiti, compresi quelli commerciali ed obbligazionari) nei confronti delle partecipate;

- gi utili reinvestiti dalle partecipate; Si veda Conserva (2007, 365-367)

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Tabella 5.7. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN ENTRATA: PRINCIPALI PAESI BENEFICIARI (valori in miliardi di dollari a prezzi correnti)

Fonte: UNCTAD, World Investment Report 2013

Tabella 5.8. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI IN USCITA: PRINCIPALI PAESI INVESTITORI (valori in miliardi di dollari a prezzi correnti)

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per le iniziative degli investitori. Come nel caso del commercio internazionale, hanno complessivamente tenuto, pur registrando una lieve flessione (-4%) rispetto al 2011, i flussi di investimenti in entrata verso le economie emergenti ed in via di sviluppo, per un ammontare complessivo di 703 miliardi di dollari; al contrario, gli investimenti verso le economie avanzate hanno fatto registrare una netta contrazione, pari al 32% rispetto al 2011, per un valore complessivo di 561 miliardi di dollari (UNCTAD 2013). Per effetto di tali dinamiche, per la prima volta i flussi di investimenti destinati alle economie emergenti ed in via di sviluppo hanno superato quelli diretti al mondo industrializzato, con un differenziale di 142 miliardi di dollari. Infatti, ad eccezione degli Stati Uniti — che, pur avendo segnato un calo dell’attività di investimento del 26%, si sono posizionati al primo posto della classifica dei destinatari di investimenti diretti esteri— e di Regno Unito, Australia e Canada —che invece hanno sperimentato lievi incrementi― sono state le economie emergenti i principali recipienti di investimenti diretti esteri nel 2012 (UNCTAD 2013) (Tabella 5.7). Tra le economie emergenti, la Russia, pur avendo registrato una contrazione degli investimenti diretti esteri in entrata (-7%) a causa della crisi che ha pesantemente colpito la zona europea, nel 2012 si è posizionata al nono posto della graduatoria dei principali paesi beneficiari, ricevendo investimenti diretti esteri per un valore di circa 51,4 miliardi di dollari (UNCTAD 2013) (Tabella 5.7). Gli investitori esteri, appartenenti per lo più all’Unione Europea, continuano, infatti, ad essere attratti dal crescente mercato russo e dalle vaste risorse naturali presenti nel Paese, anche in ragione dell’adesione della Russia all’OMC, della maggiore prevedibilità e trasparenza istituzionale, e dell’elevato grado di affidabilità del Paese, determinato sulla base del modesto debito pubblico (3% del PIL nel 201365). Al contrario, l’Italia, come alcune altre economie avanzate, si è posizionata trentaduesima nella medesima graduatoria (Tabella 5.7), rivelando un drastico calo dei flussi di investimenti in entrata rispetto al 2011 (-24 miliardi di dollari). Infatti, in Italia la vulnerabilità economica e l’instabilità politica, unite al crescente debito pubblico (che ha toccato il 130% del PIL nei primi mesi del 2014), scoraggiano gli investimenti stranieri in entrata.

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Si veda The Bank of Finland Institute for Economies in Transition (BOFIT)

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Anche i flussi di investimenti diretti mondiali in uscita hanno manifestato una flessione, passando da un valore di 1.678 miliardi di dollari nel 2011 a 1.391 miliardi nel 2012 (UNCTAD 2013) (Tabella 5.8). In particolare, gli investimenti da parte delle economie avanzate, che avevano trainato la ripresa nel 2010 e nel 2011, si sono ridotti del 23%, per un valore complessivo di 909 miliardi di dollari, mentre è proseguita l’espansione degli investimenti da parte delle multinazionali delle economie emergenti che hanno raggiunto il valore di 426 miliardi di dollari, pari al 31% del totale (Istat & ICE 2013, 28). Nel 2012 la Russia si è posizionata ottava nella classifica dei venti principali paesi investitori con un valore di investimenti in uscita pari a 51 miliardi di dollari, mostrando un certo dinamismo delle proprie imprese ed un interesse nella partecipazione diretta ed indiretta nei mercati esteri. Al contrario, nel 2012 l’Italia, risentendo maggiormente della difficile congiuntura economica si è classificata al quattordicesimo posto in qualità di Paese investitore, con investimenti in uscita pari a solo 30 miliardi di dollari (Tabella 5.8).

Secondo i dati dell’UNCTAD (2013), anche nel 2013 gli investimenti diretti esteri internazionali si sono mantenuti sui livelli del 2012 o di poco superiori (1.450 miliardi di dollari), mentre le previsioni per il 2014 ed il 2015 sono più ottimistiche, in quanto indicano il possibile raggiungimento di livelli rispettivamente pari a 1.600 e 1.800 miliardi di dollari, approssimandosi così ai valori precedenti la crisi, grazie al progressivo miglioramento del grado di fiducia degli investitori e delle condizioni macroeconomiche globali.

Analizzando nello specifico i flussi di investimenti diretti esteri tra l’Italia e la Russia, nel 2012 si riscontra un incremento sia degli investimenti italiani in Russia sia degli investimenti russi in Italia. Secondo dati Rosstat66, nel 2012 l’Italia non rientrava tra i primi dieci paesi investitori in Russia, ma al primo posto si classificava la Svizzera con una quota del 13,7%, seguita da Cipro con il 10,6%67 e dai Paesi Bassi con l’8,7%. Tuttavia, il flusso di IDE italiani in entrata in Russia è cresciuto gradualmente dal 2006 al 2012, arrivando nel 2012 a circa

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Si veda Rosstat: http://www.gks.ru/bgd/regl/b13_12/IssWWW.exe/stg/d02/24-11.htm (ultimo accesso 09.05.2014)

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Gli investimenti provenienti da Cipro, così come da altri paradisi fiscali, sono frutto dei ritorni in patria del capitale offshore detenuto da cittadini russi che traggono vantaggio dalle agevolazioni finanziarie e fiscali di tali Paesi (UNCTAD 2013, 64).

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1,22 miliardi di euro e superando così i valori precedenti alla crisi (nel 2008 gli IDE italiani in entrata in Russia erano pari a 1,18 miliardi di euro) (Ministero dello Sviluppo Economico 2014). La ragione della crescita del volume di IDE italiani in Russia deriva, innanzitutto, dall’interesse che i nostri investitori nutrono per il mercato russo, che, specialmente nei recenti anni di crisi, è divenuto uno dei principali mercati di espansione extra UE. Inoltre, è l’economia russa stessa a presentare nuove e diverse sfide, non più legate soltanto allo sviluppo dell’export tradizionale, ma orientate soprattutto all'investimento per lo sviluppo della presenza italiana diretta e dell'integrazione con imprese partner. Grazie alle iniziative di modernizzazione del sistema economico, al miglioramento delle infrastrutture e alla presenza di ZES —che assicurano una serie di incentivi fiscali, doganali e amministrativi agli investitori— negli ultimi anni la Russia è riuscita a migliorare la propria capacità di attrazione degli investimenti diretti esteri ed a dirigerli anche al di fuori delle municipalità di Mosca e San Pietroburgo. Oltre ai tradizionali recipienti di IDE italiani in Russia come i settori energetico (Eni, Enel), automobilistico (Fiat-Iveco, Pirelli), aerospaziale-difesa-telecomunicazioni (Finmeccanica, Alenia, Itatel, Technosystem), e degli elettrodomestici (Indesit, Candy, Ariston, de Longhi), le più significative presenze imprenditoriali italiane si segnalano nei settori della meccanica e dei mezzi di trasporto (36% della presenza), dell’arredamento-edilizia (18%), della moda (11%), dei servizi di consulenza diversi da quelli legali (10%), dei servizi legali (5%) e dell’agroalimentare (4%) (ICE Febbraio 2014). In sostanza, gli investimenti italiani nell’area ricalcano l’andamento settoriale dell’interscambio e in qualche misura lo influenzano e ne sono influenzati. Tuttavia, seppur fino al 2012 il volume degli IDE italiani era in aumento, i valori registrati appaiono ancora inferiori al potenziale offerto dal nostro Paese, considerando la complementarietà tra i rispettivi sistemi economici e le specifiche specializzazioni produttive.

Per quanto riguarda, invece, i dati relativi al flusso di IDE russi verso l’Italia, si riscontra un graduale peggioramento dal 2009 al 2011, con valori anche negativi (nel 2010 si registra un disinvestimento pari a 319 milioni di euro e nel 2011 pari a 18 milioni di euro) (Ministero dello Sviluppo Economico 2014). Tuttavia, nel 2012 il valore degli IDE russi in ingresso in Italia è tornato ad essere positivo, ammontando a 2 milioni di euro. Tra i principali investitori russi in Italia si annoverano diversi grandi gruppi; nel settore siderurgico sono presenti Severstall —che è divenuta titolare del Gruppo Radaelli Tecna e dell’azienda siderurgica

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Lucchini— la grande impresa statale del settore dell’alluminio RusAl —che ha acquisito Eurallumina— il gruppo Evraz —che controlla Palini & Bertoli68— e il gruppo Novolipetsk —che ha raggiunto un accordo con Duferco per il controllo di Verona Steel; nel settore energetico, Lukoil controlla ISAB Raffinerie Mediterranee; nel settore delle telecomunicazioni, VimpelCom ha acquisito Wind Italia nel 2011; nel settore agro-alimentare, il gruppo Russkij Standard detiene il controllo dell’azienda vinicola Fratelli Gancia; infine, molti altri investimenti russi sono presenti nel settore immobiliare, della nautica e dei beni di consumo (ICE Febbraio 2014).

Fino al 2012 gli IDE italiani in Russia si sono dunque confermati in crescita, mentre quelli russi in Italia hanno registrato un andamento piuttosto altalenante, con risultati nuovamente positivi nel 2012; resta ora da vedere, così come nel caso dell’interscambio commerciale, se l’instabilità macroeconomica e le incertezze geopolitiche, che hanno già provocato un incremento dei capitali in fuga e una netta riduzione degli IDE in entrata in Russia, scoraggeranno anche gli investitori italiani e provocheranno un calo del flusso di IDE in ingresso e in uscita tra i due Paesi.