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La rimozione dei modelli inadeguati di capitalismo e le condizioni per la

1 Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico

1.6 La rimozione dei modelli inadeguati di capitalismo e le condizioni per la

Come possono le economie guidate dallo Stato o da potenti oligarchie trasformarsi in sistemi in cui gli sviluppi economici sono dettati dalle forze di mercato e dalle attività imprenditoriali?

Innanzitutto, entrambi i modelli di capitalismo “cattivo” ―il capitalismo di stato e il capitalismo oligarchico― possono trarre vantaggio dal favorire l’imprenditorialità. L’imprenditorialità può essere di due tipi: emulativa, nel senso che la tecnologia può essere importata dall’estero, per esempio attraverso gli

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investimenti diretti esteri (IDE), o innovativa, grazie alla quale la tecnologia viene creata ex novo all’interno della società. Le società in via di sviluppo o di transizione hanno più probabilità, inizialmente, di generare imprenditori che importano dall’estero la tecnologia necessaria, per poi, una volta raggiunto un certo livello di sviluppo, creare prodotti innovativi direttamente in casa. Ad ogni modo, indipendentemente dagli sviluppi futuri, le due forme di capitalismo “cattivo” hanno bisogno di una buona dose di imprenditorialità, sia essa emulativa o innovativa, per generare la crescita economica.

Oltre all’imprenditorialità, ci sono ulteriori misure concrete che il capitalismo oligarchico e il capitalismo statale possono intraprendere per migliorarsi. Da un lato, liberarsi del capitalismo oligarchico non è facile: il problema principale di questo sistema è che esso è restio a stimolare la crescita e il cambiamento dello status quo. Gli oligarchi temono il cambiamento perché traggono vantaggio dalla situazione preesistente che consente loro di estrarre la rendita dalla società ed arricchirsi a spese della maggioranza. Tuttavia, un tale sistema non è destinato a durare a lungo e la pressione al cambiamento può sorgere sia all’interno del sistema che dall’esterno. Dall’altro, il capitalismo statale è caratterizzato dall’intervento dello Stato in economia, intervento che genera delle distorsioni nel mercato tali da ostacolare la crescita economica. Affinché tale sistema possa trasformarsi nella forma più virtuosa di capitalismo imprenditoriale, è necessario, innanzitutto, che diminuisca l’influenza dello Stato in economia. Il Governo dovrebbe impegnarsi quindi nell’abolizione degli ostacoli che impediscono la fioritura di nuovi business, per esempio, agevolando la registrazione formale di qualsiasi nuova attività. Solo così si potrà evitare che nuove aziende si rifugino nel settore informale e siano responsabili della perdita di ricchezza economica complessiva della società. Inoltre, è necessario creare un sistema giudiziario effettivo, indipendente da interessi politici e lontano da ogni possibile forma di corruzione, un sistema bancario dipendente da privati, che faccia prestiti sulle basi di considerazioni commerciali e non politiche, e bisogna favorire l’istruzione della forza lavoro.

Affinché tutte queste azioni abbiano successo, è consigliabile intraprenderle con approccio graduale, come quello adottato negli ultimi anni dalla Cina, e non repentino, come avvenne nella Federazione Russa. Gli eventi verificatesi in Russia negli anni Novanta rivelano l’inadeguatezza della terapia d’urto (shock therapy), quale approccio per sostituire le vecchie istituzioni con le nuove. Infatti,

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come si vedrà nel secondo capitolo, la transizione dall’economia pianificata all’economia di mercato iniziò con un’ondata repentina di privatizzazioni, durante le quali un gruppo ristretto di individui, gli oligarchi, si arricchì a dismisura impossessandosi delle imprese statali più produttive. Il sistema di pianificazione centrale fu dunque rimpiazzato dal capitalismo oligarchico, che tuttora caratterizza l’economia russa. Infatti, sebbene durante i primi due mandati presidenziali (2000-2008) di Vladimir V. Putin le politiche governative si siano volte al ridimensionamento del potere degli oligarchi, l’instaurazione di un regime centralizzato ed il controllo da parte dello Stato di molti settori strategici dell’economia, seppur capitalistica, non hanno fatto altro che rafforzare tale modello di capitalismo “cattivo”. Per quanto il Prodotto Interno Lordo (PIL) della Russia sia cresciuto ad un ritmo medio del 7% a partire dal 2000, gli atteggiamenti predatori e la dipendenza dai prezzi delle materie prime ed energetiche hanno reso l’economia russa fortemente instabile ed incapace di sostenere lo sviluppo economico nel lungo periodo.

La lezione che viene tratta dall’esperienza russa è che, in mancanza di forze sociali di interesse inclusivo, la transizione dal regime sovietico all’economia di mercato ha inevitabilmente condotto al capitalismo oligarchico, che ancora oggi è incapace di generare una crescita di lungo periodo. Di conseguenza, se si vorrà stimolare uno sviluppo economico duraturo a beneficio dell’intera popolazione, il capitalismo oligarchico dovrà essere sostituito con il mix ottimale di capitalismo imprenditoriale, l’unico sistema capace di far sorgere imprenditori innovativi, e di capitalismo delle grandi imprese, che può diffondere le innovazioni imprenditoriali e commerciarle su vasta scala.

L’abbandono dei modelli di capitalismo “cattivo” e il mantenimento degli archetipi “buoni” ai fini del progresso economico non è facile, tanto che, secondo William J. Baumol (2007, 94-132), le economie che, raggiunto un certo livello di sviluppo, vogliono massimizzare la crescita dovranno avere istituzioni in grado di soddisfare quattro condizioni fondamentali:

1. Garantire che sia facile aprire e chiudere un’impresa, senza il bisogno di adempimenti burocratici lunghi e costosi.

L’esistenza di un sistema che tuteli i diritti di proprietà, i contratti, la bancarotta e di una struttura fiscale adeguata che incanali le risorse verso gli investitori, sono elementi imprescindibili per il corretto funzionamento di un’economia. Come si evince dall’esperienza russa, un Governo contrario o che non favorisce a

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sufficienza lo sviluppo dell’imprenditorialità crea un danno all’economia nel complesso. Infatti, le attività non tutelate dallo Stato tramite leggi sicure, non cesseranno di esistere, ma troveranno terreno fertile nel settore informale, dove non versando contributi allo Stato, sottrarranno risorse che potrebbero essere utilizzate per liberare la crescita della società.

2. Garantire ricompense per le attività imprenditoriali produttive.

Gli incentivi necessari allo sviluppo di attività imprenditoriali derivano dall’esistenza di uno stato di diritto capace di salvaguardare i diritti di proprietà e contrattuali, di un sistema di tassazione non troppo oneroso, e di leggi atte ad impedire la formazione di monopoli e trusts. Le ricompense, che il Governo può fornire agli imprenditori innovativi, consistono nell’erogazione di licenze di produzione, nel sostegno finanziario alle attività di ricerca e sviluppo e al commercio su vasta scala delle invenzioni.

3. Scoraggiare le attività non produttive, ovvero tutte quelle attività predatorie che consentono l’arricchimento di pochi a spese di molti: gli atteggiamenti di rent-seeking da parte di lobbies, la corruzione e il cattivo uso delle leggi anti- trust.

4. Concedere la possibilità alle imprese e agli imprenditori di continuare ad innovare e a crescere.

Non è sufficiente che gli imprenditori creino nuovi business o introducano innovazioni nella società solo una o poche volte. Se una società vuole continuare ad innovarsi e a crescere nel tempo deve cercare di aprirsi al commercio con l’estero. L’apertura al commercio internazionale rappresenta un vantaggio sia per i paesi industrializzati che per i paesi in via di sviluppo in quanto permette ad ogni paese di specializzarsi nelle attività in cui gode di un vantaggio comparato e di mettere in circolazione una maggiore quantità di beni, persone ed idee.

Le quattro condizioni sopra esposte devono essere messe in atto soprattutto nei paesi in via di transizione o in quei paesi che ancora non godono di un sistema di capitalismo virtuoso, come la Federazione Russa. Il rallentamento dell’economia russa a seguito della crisi globale del 2008 ha convinto il Governo a prestare maggiore attenzione alla qualità delle istituzioni politiche ed economiche e al rispetto da parte di tali istituzioni delle quattro condizioni sopra esposte. Da qui, come si analizzerà nel terzo capitolo, derivano gli sforzi del Governo russo per il miglioramento del sistema legale, fiscale e giudiziario, per lo sviluppo di un’economia più competitiva e attenta alle leggi anti-monopolio e anti-trust, e per

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i tentativi di apertura al commercio internazionale, coronati dall’ingresso della Federazione Russa nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nell’agosto del 2012.

Oltre alle condizioni imprescindibili per la crescita, il Governo russo si sta già impegnando anche sotto altri fronti, come il mantenimento della stabilità macroeconomica attraverso la riduzione della dipendenza dal settore energetico e la diversificazione della produzione nazionale, il sostegno ad un’istruzione di ottima qualità, per la quale, soprattutto nel settore scientifico, la Russia si contraddistingue fin dal epoca sovietica, e lo sviluppo di una sempre più forte cultura imprenditoriale, la quale era completamente inesistente fino ad un paio di decenni fa.

Infine, come hanno dimostrato le teorie di M. Olson (2001) e D. Acemoglu e J. A. Robinson (2013), sebbene un’economia possa crescere nel breve e medio termine anche in presenza di regimi autocratici, la democrazia è una variabile importante ai fini del progresso economico di lungo periodo. La Russia avrà dunque speranza di tornare a crescere a ritmi sostenuti solo quando centralizzazione e autoritarismo cederanno il posto a istituzioni più democratiche e decentrate.

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2. L’evoluzione del sistema economico russo: