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Le procedure di accesso all’OMC

4 L’ingresso della Federazione Russa nell’OMC

4.1 Le procedure di accesso all’OMC

La volontà di adesione della Russia all’OMC si è manifestata per la prima volta nei difficili anni della transizione, durante i quali il Presidente della Federazione Russa Boris El’cin puntava alla costruzione di una società libera, aperta e fondata sull’economia di mercato. All’interno di tale cornice, l’adesione della Russia al precursore dell’OMC, l’Accordo generale sulle tariffe e sul commercio (GATT), avrebbe rappresentato la giusta occasione per poter iniziare a ristrutturare un sistema economico obsoleto e di stampo sovietico. La Russia era già membro della Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM) quando tra il giugno del 1993 e il 1994 avviò le trattative, attraverso la presentazione del Memorandum on the Foreign Trade Regime, per entrare a far parte del GATT, che nel 1995 diventò l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Tuttavia, il difficile processo di transizione, la crisi finanziaria e le instabilità macroeconomiche degli anni Novanta impedirono al Paese di entrare subito a far parte di un sistema di relazioni commerciali multilaterali a cui partecipavano economie di mercato solide, formatesi nel corso di secoli e non di anni. In effetti, il Governo russo si trovava dinnanzi ad una situazione economica e politica caotica, da stabilizzare quanto prima, così da poter creare le condizioni favorevoli all’ingresso del Paese nell’OMC.

In generale, il processo di adesione all’OMC è molto più complesso rispetto all’ingresso in altre organizzazioni internazionali come il FMI, dal momento che, in base all’articolo XII dell’Accordo di Marrakech, può aderire all’OMC qualsiasi stato o gruppo di stati che conduca le proprie politiche commerciali in completa autonomia purché sul suo accesso concordino tutti i Paesi membri all’interno del Working Party41. Il Paese candidato ad accedere all’OMC deve presentare al Working Party un’analisi del proprio regime commerciale e legale (Memorandum on the Foreign Trade Regime), che viene esaminato da tutti gli Stati membri per la verifica del rispetto dei termini e delle condizioni di accesso; al tempo stesso il Paese richiedente deve avviare le negoziazioni bilaterali con ciascuno degli Stati membri dell’OMC per concordare concessioni e vincoli relativi all’accesso dei beni e dei servizi. La procedura di adesione si conclude quando terminano con successo sia i negoziati multilaterali che bilaterali ed il Consiglio Generale

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dell’OMC approva il Protocollo di Accesso, che viene poi ratificato dal Parlamento nazionale ed entra in vigore 30 giorni dopo la notifica della ratifica.

Tale processo di adesione, già di per sé macchinoso, è stato particolarmente complesso per la Russia, le cui trattative si sono prolungate per ben 18 anni a causa dell’insicurezza della leadership russa, delle resistenze da parte degli Stati membri per la mancanza dei requisiti istituzionali necessari della Russia e per l’impatto di fattori esogeni, come le due crisi economiche del 1998 e del 2008. Dal 1991 al 1997 il Governo russo dovette fare i conti con la costruzione ex novo di un sistema di mercato fondato sulla proprietà privata dando il via a politiche di privatizzazione, liberalizzazione e stabilizzazione finanziaria, che lo portarono a concentrarsi più sugli aspetti economici che sull’evoluzione istituzionale e politica che l’accesso al GATT/OMC avrebbe comportato. Aderire al GATT/OMC significava muoversi nella direzione di politiche aperte e liberali che non erano affatto favorite da quella parte di leadership conservatrice che preferiva mantenere il “controllo manuale” sull’economia (Connolly&Hanson 2012, 489). Quando nel 1997 il Paese sembrava aver raggiunto una certa stabilità macroeconomica da poter concludere le trattative per l’ingresso nell’OMC, in realtà venne scosso dalla crisi finanziaria asiatica, che aggravò le difficoltà già presenti nell’economia russa e spinse il Paese verso la recessione. Dal 2000 la ripresa economica, con la crescita del PIL ad un ritmo del 7% all’anno, e la stabilizzazione politica, con la salita al potere del nuovo Presidente Vladimir Putin, crearono condizioni maggiormente favorevoli per l’evoluzione dei negoziati di accesso. Secondo gli studi condotti dalla Banca Mondiale e dal Ministero Russo per lo Sviluppo Economico ed il Commercio, l’ingresso della Russia nell’OMC avrebbe comportato una crescita annuale del PIL dello 3,3% nel medio periodo (Jensen, Rutherford, Tarr 2004) grazie alla liberalizzazione delle barriere agli investimenti diretti esteri (IDE) nel settore dei servizi, ad un’allocazione più efficiente delle risorse tramite tariffe più basse e ad un accesso al mercato più facile per i prodotti russi. Consapevole che la Russia era l’unico membro del G-8 a non fare ancora parte dell’OMC e che la Cina aveva ottenuto lo status di membro nel 2001, fu proprio V. Putin, appoggiato dalla Duma eletta nel 1999, ad impegnarsi affinché il processo di adesione del Paese potesse dirsi concluso entro il 2003. Far parte di un regime condiviso di commercio internazionale significava per la Russia “difendere i propri interessi nazionali” (Putin V. 18 aprile 2002), assicurandosi l’accesso al mercato per le esportazioni di idrocarburi, di materie prime e

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riconquistando una certa supremazia in politica estera. Tuttavia, nemmeno l’attuazione di riforme fiscali, doganali e giudiziarie migliorò la struttura istituzionale a tal punto da assicurare alla Russia un posto nell’OMC. Sebbene i problemi d’accesso fossero inferiori per la Russia che, per esempio, per la Cina, nel 2002 le trattative multilaterali all’interno del gruppo di circa sessantuno paesi rimanevano complicate, non permettendo una coordinazione tra i diversi interessi commerciali di ogni parte interessata. Inoltre, nel 2003 l’interesse dello stesso Governo russo per l’adesione all’OMC cominciò ad affievolirsi per volgersi ad un nuovo progetto: la creazione, sulla scia dell’Unione Europea, di uno Spazio Economico Comune tra Russia, Bielorussia e Kazakistan. Di conseguenza, i negoziati di accesso vennero ulteriormente differiti andando incontro a tre nuove difficoltà: l’inasprirsi del conflitto russo-georgiano, la crisi economica globale del 2008-09 e la volontà di accesso congiunto all’OMC di Russia, Bielorussia e Kazakistan in quanto Paesi aderenti alla nuova Unione Doganale.

Il conflitto russo-georgiano scoppiato nell’agosto del 2008 non fece altro che frustare le relazioni diplomatiche già problematiche tra Mosca e Tbilisi. Nel contesto dell’adesione della Russia all’OMC, la Georgia aveva ripetutamente chiesto il ritiro delle forze di peacekeeping russe, che si erano insediate nelle regioni di frontiera filo-russe, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Fino al 2008 la Russia si era sempre rifiutata di ordinare il ritiro delle truppe di “pace” e aveva imposto un embargo nei confronti delle esportazioni georgiane di vino, acqua minerale e frutta, e il blocco di tutti i trasporti e le transazioni bancarie tra i due Paesi (Aslund 2007, 267). La risposta della Georgia non si era fatta attendere: il Paese, membro dell’OMC dal 14 giugno 2000, pur avendo firmato il protocollo bilaterale di accesso della Russia nel 2004, ritirò il suo supporto all’ingresso del Paese nell’OMC. Il veto della Georgia causò la sospensione dei negoziati d’accesso, i quali ripresero solo nel novembre del 2011, quando Russia e Georgia raggiunsero un accordo che prevedeva la creazione di corridoi commerciali tra i due Paesi ed un maggiore controllo dei territori “problematici” come Abkhazia ed Ossezia del Sud.

Alle tensioni tra Russia e Georgia si aggiunse un ulteriore fattore critico: la crisi economica globale del 2008-09. L’impatto della crisi sulla Russia fu tale che tra 2009 e 2011 il Paese, da un lato, si vide impegnato nella modernizzazione dell’economia, puntando sulle “quattro I”―istituzioni, investimenti, infrastrutture ed innovazione (Medvedev 2008)— dall’altro, aumentò le misure protezionistiche

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allontanandosi dalla filosofia liberale che sta alla base dell’OMC. Con l’intento di tutelare la produzione nazionale in grave difficoltà, furono innalzati i dazi sulle importazioni in una pluralità di settori, furono introdotte ex novo o potenziate restrizioni all’export di materie prime come petrolio, nichel e rame, e vennero promulgate due leggi federali atte a limitare rispettivamente l’acquisto di prodotti stranieri e la partecipazione di imprese straniere in un ampio spettro di settori prioritari per l’economia russa: la Legge “Buy Russian”, introdotta nel dicembre del 2008 ed estesa a tutto il 2011, e la Legge sui settori strategici del 2008 (Ambasciata d’Italia a Mosca 2012, 67).

Inoltre, il 1° gennaio 2010 venne concretizzato il progetto di creazione di un singolo spazio doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan ―l’Unione Doganale— la quale lanciò nuove sfide all’ingresso della Russia nell’OMC e condusse alla volontà dei tre Paesi di aderirvi congiuntamente. Di conseguenza, il processo di ingresso venne rallentato nuovamente a causa della maggiore difficoltà di negoziare le condizioni di accesso tra l’OMC e un gruppo di Stati, e dell’esistenza per la Russia di una valida alternativa commerciale e finanziaria all’Organizzazione di Ginevra, l’Unione Doganale per l’appunto.

Tuttavia, il 16 dicembre 2011, dopo 18 anni di negoziati, si è giunti all’approvazione delle condizioni di accesso della Russia, che, trenta giorni dopo la notifica della ratifica del Protocollo, il 22 agosto 2012, è divenuta membro ufficiale dell’OMC. Con l’ingresso della Federazione Russa nel 2012 e la partecipazione di 159 Paesi membri e 25 Paesi osservatori al 2 marzo 2013, la disciplina dell’OMC è stata estesa alla quasi totalità (il 97%) del mercato mondiale dei beni e servizi. Sebbene gli effetti dell’adesione siano visibili perlopiù nel lungo periodo, la Russia oggi può dirsi maggiormente integrata nell’economia globale e più vicina alla realizzazione di una moderna economia di mercato e di una struttura istituzionale prevedibile e trasparente. Le riforme che la Russia si è impegnata ad intraprendere riguardano l’apertura del proprio mercato interno, la riduzione dei dazi e delle tariffe, il rispetto di una serie di norme che regolano il commercio internazionale e che tutelano la proprietà intellettuale ―tutti provvedimenti destinati ad incrementare l’afflusso di investimenti in entrata e lo sviluppo economico di lungo periodo del Paese. D’altra parte, ai benefici dell’apertura delle frontiere nazionali, si affiancano dei rischi per determinati comparti industriali interni. A tal proposito, la Russia è impegnata nella modernizzazione dei prodotti e nel contenimento dei costi di produzione

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nazionali per affrontare la concorrenza internazionale, che si dimostra pressoché invalicabile, soprattutto sul fronte della qualità dei prodotti finiti ad alto valore aggiunto.