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2. LA NEURO-OSTEOARTROPATIA DI CHARCOT

2.2 Ipotesi patogenetiche

La patogenesi della NOA è stata storicamente spiegata da due teorie, la neuro-vascolare e la neuro-traumatica, rispettivamente di scuola francese e tedesca.

La teoria neuro-vascolare fu elaborata da Mitchell e Charcot, i quali identificarono come principale agente etiologico della malattia l’incrementato flusso ematico a livello delle ossa del piede, realizzato

attraverso la formazione di shunts artero-venosi, una delle principali manifestazioni della neuropatia autonomica (da qui il termine neuro- vascolare). Secondo tale ipotesi l’incrementato flusso ematico sarebbe in grado di determinare riassorbimento osseo e di conseguenza indebolimento meccanico, tali da produrre fratture e deformità118. Allo stesso tempo, l’incrementato flusso ematico diventerebbe clinicamente manifesto con un piede caldo, eritematoso e con associata presenza di vene dilatate.

Nonostante in passato sia stato sperimentalmente dimostrato che le ossa ricevono un’ampia innervazione simpatica e che la perdita di tali fibre nervose sia in grado di produrre un’iperemia da aumentato afflusso ematico119, tale ipotesi è stata recentemente oggetto di controversia scientifica. Koeck et Al.120, hanno infatti confermato la presenza di una minore densità delle fibre nervose simpatiche a livello delle articolazioni interessate dalla NOA di origine diabetica rispetto a pazienti affetti da osteoartrite della caviglia; al contrario Christensen et Al.121 hanno strumentalmente identificato come causa principale dell’iperemia l’infiammazione cronica generata dai microtraumi locali piuttosto che la denervazione simpatica, essendone conferma il fatto che non tutti i pazienti affetti da NOA (sia in fase acuta che cronica) sono affetti da neuropatia autonomica.

La teoria neuro-traumatica, elaborata da Volkman e Virchow, suggerisce che la neuropatia periferica caratterizzata da perdita di sensibilità protettiva possa rendere il piede suscettibile a danni traumatici acuti o ripetuti117, e tale quadro si aggraverebbe caricando l’arto con il peso

corporeo. Inoltre, l’atrofia della muscolatura intrinseca secondaria al danno dei nervi motori a livello del piede sarebbe in grado di produrre squilibri funzionali che si esacerbano con la deambulazione, creando il terreno predisponente a fratture ed allo sviluppo di severe deformità. Il frequente riscontro di ulcerazioni neuropatiche e di incrementati profili pressori plantari riscontrati nei pazienti affetti da NOA rispetto ai controlli diabetici sembrerebbero supportare tale teoria122,123.

Tuttavia recenti evidenze suggeriscono che una combinazione delle due teorie (Figura 9) potrebbe rappresentare un modello patogenetico più accurato86,89,124, anche se non forniscono un quadro completo dal punto di vista patogenetico.

L’effetto della neuropatia sull’osso non è infatti del tutto conosciuto, sebbene i dati esistenti suggeriscano una connessione tra neuropatia ed attività cellulare.

Young et al125 hanno dimostrato un’associazione tra neuropatia delle piccole fibre ed incrementata attività osteoclastica, risultante in una ridotta densità minerale ossea ed in un incrementato rischio di fratture. Secondo altri autori, un possibile meccanismo attraverso cui la neuropatia influenzerebbe il turnover osseo, potrebbe essere mediato dal neuropeptide Calcitonin-Gene Related Peptide (CGRP), che è prodotto in minori quantità nei pazienti affetti da neuropatia126.

Il CGRP, prodotto a livello ipotalamico e rilasciato a livello delle terminazioni nervose del periostio, è necessario per il mantenimento dell’integrità delle capsule articolari sia attraverso un meccanismo di inibizione dell’attività osteoclastica127 che di stimolo a livello osteoblastico; inoltre, secondo alcune recenti teorie128, la diminuzione della sua produzione a livello locale potrebbe risultare in una maggiore predisposizione all’attivazione monocitaria ed alla conseguente produzione di citochine.

A conferma di ciò, La Fontaine et Al.129 hanno istologicamente evidenziato un incremento di attività osteoclastica (maggior presenza di lacune di Howship ed osteoclasti) in pazienti affetti da NOA rispetto ai controlli diabetici ed ai sani, correlato alla diminuita espressione del CGRP130 (Figura 10).

Figura 10 – Immuno-localizzazione del Calcitonin Gene-Related Protein (rosso) nell’osso del paziente non diabetico (A) e nel diabetico affetto da NOA (B). Si evidenzia un’elevata intensità dell’immuno-localizzazione ai margini dell’osso trabecolare (freccia nera) ed all’interno degli osteociti (freccia bianca) nei soggetti sani, diminuita in maniera proporzionale nei diabetici e nei pazienti con NOA (X40).

Inoltre, nello stesso studio, sono stati osservati meno osteociti nei pazienti diabetici ed in quelli affetti da NOA suggerendo una potenziale alterazione dei segnali deputati a mantenere l’integrità dell’osso, tra cui appunto la ridotta disponibilità di Calcitonin-Gene Related Peptide. Un altro meccanismo alterato nei pazienti affetti da NOA riguarda l’espressione della Sintasi Endoteliale dell’Ossido Nitrico (e-NOS), un isoenzima in grado di regolare la produzione endoteliale di ossido nitrico; è stato infatti osservato che la produzione di tale mediatore, necessario per limitare il riassorbimento osteoclastico attraverso un’azione inibitoria diretta sugli osteoclasti stessi, risulterebbe ridotta in maniera proporzionale nei pazienti affetti da NOA rispetto ai diabetici neuropatici ed ai controlli sani .

Infine, un’ulteriore potenziale area di studio dei meccanismi di alterazione del metabolismo osseo in pazienti affetti da neuropatia, ad oggi ancora poco studiata, riguarda l’interazione tra il sistema endocannabinoide ed i suoi recettori, espressi anche a livello osseo. Esistono infatti numerose evidenze a sostegno di un ruolo degli endocannabinoidi nella regolazione dell’omeostasi ossea , mediata dal recettore CB2 ampiamente presente a tale livello. In un recente lavoro è stato dimostrato che la maggiore espressione dei recettori CB2 indotta in vitro mediante somministrazione di estrogeni è capace di ridurre il numero e l’attività degli osteoclasti ; in un altro studio, la somministrazione di anticorpi selettivi verso il recettore CB2 era in grado di inibire l’osteoclastogenesi mediata da RANKL, suggerendo pertanto che la perdita dell’effetto protettivo esercitato dagli

endocannabinoidi potrebbe favorire i meccanismi di riassorbimento osseo osteoclasto-mediati .

Un potenziale ruolo anche del recettore CB1 è emerso inoltre da uno studio effettuato su ratti diabetici neuropatici in cui è stata riscontrata una minore espressione del recettore a livello dei neuroni dei gangli delle radici dorsali rispetto ai controlli: l’ipotesi, tutta da verificare, consiste nel fatto che la ridotta espressione di CB1 potrebbe accelerare la progressione della neuropatia diabetica facendo venir meno l’effetto “trofico” esercitato dalle terminazioni nervosi sull’osso131.

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