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Le istanze sottese alla depenalizzazione

Nel documento LA DEFLAZIONE PENALE IN ITALIA (pagine 93-96)

orientativi per la scelta tra sanzioni penali e amministrative. — 6. (Segue). Il criterio di proporzione. — 7. (Segue). Il criterio di sussidiarietà. — 8. Le principali tappe della depenalizzazione in Italia. — 9. (Segue). La depenalizzazione ante legem 24 novembre 1981, n. 689. — 10. (Segue). La legge 24 novembre 1981, n. 689. — 11. (Segue). La depenalizzazione negli anni ’90. — 12. (Segue). La legge delega 25 giugno 1999, n. 205.

1. La nozione di depenalizzazione.

La complessità delle accezioni che si riscontrano con riferimento al termine deflazione si ritrova altresì con riferimento a quello depenalizzazione, il quale talora è utilizzato proprio come sinonimo del primo, venendo perciò ad indicare istituti e meccanismi anche profondamente diversi tra loro ma tutti volti a “decongestionare” l’ordinamento penale1. È noto, tuttavia, che nel suo significato più pregnante il termine depenalizzazione allude alla degradazione di un reato ad illecito amministrativo2; ed è proprio in tale più ristretto significato che qui si tratterà della depenalizzazione.

Come si sa, quest’ultima costituisce una delle principali (o probabilmente la principale tra le) forme di manifestazione della deflazione; ciò è peraltro dimostrato dal lungo processo legislativo che, dai primi anni ’60 alla fine degli anni ’90, si è snodato in vari provvedimenti volti ad espungere numerose fattispecie dall’ambito del penalmente rilevante per confinarle in quello amministrativo. Su di essa, infatti, il legislatore ha puntato in misura prevalente per tentare di soddisfare, almeno in parte, quelle istanze di diritto penale minimo e di effettività/efficienza del sistema punitivo rese sempre più impellenti dalla progressiva espansione dell’area dei comportamenti sanzionati in chiave criminale e dalle disfunzioni che da tale espansione derivano sull’ordinamento globalmente inteso.

1 Vedi supra, sub Parte I, cap. II, sez. I, par. 1. 2 Vedi F.G

IUNTA, voce Depenalizzazione, in Dizionario di diritto e procedura penale, a cura di G. Vassalli, Milano, 1986, p. 192 ss.

Al contempo, la depenalizzazione costituisce pure una delle forme più complesse della deflazione, per le problematiche — non solo di politica criminale ma anche di scienza della legislazione — che ad essa sono strettamente connesse.

Innanzitutto, essa implica che sia disegnata nitidamente la disciplina dell’illecito amministrativo punitivo, che è per l’appunto da essa stessa vocato a fare le veci di quello penale. Il che altro non può essere se non l’ultima tappa di un percorso che, prendendo le mosse dallo studio delle varie tipologie della sanzione amministrativa punitiva, prosegue nell’analisi della loro disciplina sostanziale e processuale e delle implicazioni che da questa discendono sul piano delle garanzie individuali, oltre che sulla loro reale efficacia preventiva.

Inoltre, la depenalizzazione postula la determinazione di stabili criteri orientativi della discrezionalità legislativa in sede di opzione tra sanzione penale e amministrativa; ciò al fine di evitare quelle oscillazioni valutative che non di rado conferiscono alla legislazione penale italiana un carattere rapsodico e irrazionale (come è accaduto, per esempio, in relazione alle fattispecie di consumo personale di sostanze stupefacenti).

Infine, essa presuppone che l’autorità normativa padroneggi le tecniche legislative idonee a tradurre (per l’appunto) l’originario progetto di depenalizzazione in interventi normativi efficaci e congrui rispetto allo scopo perseguito; così, ad esempio, dovranno essere chiari al legislatore i rischi e i vantaggi connessi all’utilizzo di un criterio (di selezione delle fattispecie penalmente rilevanti) di natura formale piuttosto che sostanziale; oppure, per altro verso, le implicazioni derivanti da una depenalizzazione attuata mediante la mera sostituzione della pena con la sanzione amministrativa, piuttosto che mediante una riformulazione della fattispecie calibrata sulle peculiarità dell’illecito amministrativo.

2. Le istanze sottese alla depenalizzazione.

La depenalizzazione, come le altre forme di manifestazione della deflazione penale, è volta a controbilanciare una tendenza alla criminalizzazione sovente sciolta dal morso di saldi criteri di politica criminale e, quindi, muove dall’esigenza di mitigare le infauste conseguenze che l’ipertrofia penalistica produce nell’ordinamento giuridico. Riprendendo solo in parte quanto osservato in relazione alle istanze sottese al fenomeno deflativo complessivamente considerato3, basti qui sottolineare che anche la depenalizzazione, come la deflazione di cui è parte, tende a soddisfare istanze teoriche

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di contenimento del sistema penale nell’alveo segnato dal principio di sussidiarietà- necessarietà ed istanze empiriche di effettività dello stesso sistema.

Per quanto concerne le suddette istanze teoriche, la depenalizzazione — alla stregua del principio di sussidiarietà — mira ad espungere dall’area criminale le fattispecie rispetto alle quali la sanzione penale risulta essere non strettamente necessaria, in quanto la sanzione amministrativa si rivela idonea a garantire, rispetto al bene giuridico presidiato dalla norma, un livello di tutela non inferiore a quello (almeno in astratto) garantito, per l’appunto, dalla pena. Tale principio si invera nei due criteri di selezione della proporzione e della sussidiarietà, i quali richiamano, rispettivamente, le categorie dogmatiche della meritevolezza e del bisogno di pena. Infatti, nella prospettiva della creazione di un diritto penale minimo che, conformemente all’idea di scopo che lo legittima, assicuri la reale protezione dei beni giuridici, il principio di sussidiarietà non può non tradursi anche in un criterio di proporzione e cioè (anche) in una valutazione inerente i profili di congruità della sanzione alla gravità del fatto commesso. Come si sa, invero, la sanzione sproporzionata non è idonea ad esplicare l’effetto di deterrenza richiesto dalla prevenzione generale negativa e speciale né ad infondere nei consociati quell’idea di giustizia della sanzione che è altrettanto fondamentale in prospettiva di generalprevenzione positiva.

Per quanto invece concerne le istanze empiriche, la depenalizzazione mira a restituire efficienza ed effettività all’apparato penale. Ebbene, tali istanze vengono in qualche misura perseguite, sia pure indirettamente, già attraverso scelte conformi ai summenzionati criteri di sussidiarietà e di proporzione, giacché il contenimento (verso il quale, per l’appunto, tende la depenalizzazione) del penalmente rilevante dovrebbe implicare una maggior governabilità del sistema punitivo complessivamente inteso e, quindi, anche un potenziamento della sua efficienza. Tuttavia, a nostro avviso, pare dubbio che queste istanze possano legittimamente fondare autonomi criteri di depenalizzazione (diversi da quelli succitati e) di matrice strettamente efficientistica, tali da suggerire la degradazione di un reato ad illecito amministrativo in mancanza di chiare sollecitazioni nello stesso senso alla stregua della proporzione e della sussidiarietà. Vero è che non sono mancati casi in cui il legislatore ha utilizzato per la sua opera di setaccio un criterio di matrice empirica, segnatamente l’incidenza statistica della norma in sede giudiziaria (è il caso degli illeciti in materia di assegno); ma ci sembra comunque che l’utilizzazione di un siffatto criterio non possa e non debba indurre a trasporre in ambito extrapenale fattispecie rispetto alle quali non sussistano, al contempo, indicazioni sulla proporzione della sanzione amministrativa alla gravità del comportamento illecito punito dalla norma e sulla sufficiente effettività della sanzione

amministrativa a prevenire e reprimere quello stesso comportamento. Contrariamente facendo, la politica punitiva tutta verrebbe a piegarsi ad istanze efficientistiche contingenti, esponendosi peraltro al rischio di perpetuare e addirittura rafforzare quelle sperequazioni sanzionatorie che proprio la depenalizzazione potrebbe contribuire (quantomeno) a mitigare.

Dunque, se in sede di opzione punitiva i criteri di proporzione e sussidiarietà (e quindi le istanze di giustizia sostanziale ad essi sottese) giocano un ruolo decisivo, pare del tutto comprensibile che la depenalizzazione abbia per molto tempo privilegiato il terreno del c.d. diritto penale bagatellare. Infatti, stante la minore afflittività delle più risalenti tipologie di sanzione amministrativa rispetto a quelle della pena, la scure della depenalizzazione si è prevalentemente abbattuta sui reati c.d. bagatellari propri, cioè su quelli che incriminano fatti di disvalore modesto in relazione ai quali, pertanto, la sanzione extrapenale si rivelava proporzionata4. Tuttavia, attualmente pare del tutto lecito chiedersi se, a fronte dell’incremento delle tipologie e del livello di afflittività della sanzione amministrativa, la depenalizzazione possa farsi più audace e travalicare i confini del diritto penale bagatellare; in questo modo, infatti, essa verrebbe a dare un contributo davvero decisivo nella costruzione di un diritto penale minimo, conferendo all’illecito criminale un volto più conforme al principio di offensività.

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