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I modelli della depenalizzazione

Nel documento LA DEFLAZIONE PENALE IN ITALIA (pagine 96-98)

Richiamate sin qui le istanze sottese alla depenalizzazione, veniamo ora ad un rapido esame dei percorsi attraverso i quali essa tende alla soddisfazione di quelle medesime istanze. Infatti, pur essendo comunque sempre orientata alla costruzione di un diritto penale efficace sulla scorta dei criteri di proporzione, sussidiarietà ed efficienza, la depenalizzazione può assumere connotazioni mutevoli, ritagliate sulle peculiarità degli ambiti normativi sui quali di volta in volta esplica la sua funzione di setaccio delle condotte penalmente rilevanti.

4 Invece, sono tendenzialmente immuni dalla depenalizzazione i reati c.d. bagatellari impropri, cioè quelli idonei a ricomprendere anche fatti di disvalore contenuto; infatti, una scelta così radicale come è quella della depenalizzazione non si confà ad ipotesi in cui l’esiguità dell’offesa è solo una delle possibili forme di inveramento della norma incriminatrice. L’opzione a favore della non punizione degli autori di siffatti illeciti può essere piuttosto esercitata attraverso strumenti e istituti processuali o, in un’auspicabile prospettiva di ampliamento della mediazione penale, anche extraprocessuali.

A questo proposito, è noto che autorevole dottrina ha individuato almeno quattro paradigmi della politica di depenalizzazione5, che si riscontrano non solo in ambito nazionale ma anche al di fuori di questo: a) fiscalizzazione; b) medicalizzazione; c) secolarizzazione; d) privatizzazione.

a) Fiscalizzazione.

Alla stregua di tale paradigma il legislatore degrada ad illecito amministrativo reati di carattere prevalentemente economico-sociale, in relazione ai quali la sanzione amministrativa ben si presta ad esplicare un sufficiente livello di prevenzione. Quest’ultimo, infatti, può essere conseguito attraverso l’impiego della sanzione (amministrativa) pecuniaria comminata nella misura idonea a neutralizzare i vantaggi materiali che l’agente consegue attraverso l’illecito6.

b) Medicalizzazione.

Secondo tale paradigma, la depenalizzazione concerne “condotte ritenute espressione di disordine sociale o di disadattamento personale, più che di un vero e proprio disvalore penale”7; si pensi a quanto è avvenuto, per vero con alterne vicende, in

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ALIERO, voce Depenalizzazione, in Dig. disc. pen., Torino, 1989, p. 432 ss. Pare opportuno precisare che l’A. utilizza il termine depenalizzazione in senso ampio, cioè come sinonimo della deflazione tout-court; ciò non toglie, tuttavia, che i paradigmi in oggetto bene si attaglino anche alla depenalizzazione in senso stretto intesa.

6 “Si tratta inoltre di un paradigma il quale (…) esprime «une tendance très nette à la ‘désindividualisation’»: un trattamento personalizzato non essendo richiesto per soggetti che, a torto o a ragione, si suppone trasgrediscano le norme per «eccesso» più che per difetto di socializzazione. L’individualizzazione della pena che è alla base dell’idea rieducativa viene quindi trascurata, in questo ambito, nel momento in cui «il legislatore rivolge un’attenzione maggiore all’infrazione che all’autore stesso», non considerando la personalità di questi e la sua possibilità di emenda, ma avallando piuttosto la convinzione che «il processo interiore che ha condotto all’illecito si sia sviluppato sul terreno freddamente matematico degli interessi economici, su di un terreno cioè poco suscettibile di

rieducazione». Gli unici profili soggettivi che acquistano rilevanza — una rilevanza, a dire il vero,

decisiva — sono pertanto le condizioni economiche dell’agente”, C.E.PALIERO, voce Depenalizzazione, cit., pp. 432-433.

In argomento vedi, altresì, C.E.PALIERO, La sanzione amministrativa come moderno strumento di

lotta alla criminalità economica, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1993, p. 1021 ss. L’A., pur sottolineando la

centralità della sanzione penale tra gli strumenti di repressione e prevenzione della devianza economica, evidenzia il ruolo positivo che in tal senso potrebbe essere svolto dalla sanzione amministrativa. Infatti, “è cosa nota e documentata che l’omogeneità per così dire «funzionale» tra sanzione ed illecito rappresenti — in termini di ‘controspinta’ — un forte elemento di prevenzione generale e speciale soprattutto negli ambiti criminologici contrassegnati da schemi d’azione razionale, e di razionalità di scopo: come, segnatamente, è appunto il comportamento di tipo economico”, ivi, p. 1027. In particolare, accanto ad un’area di comportamenti punibili esclusivamente in via penale, l’A. individua un’area in cui la sanzione amministrativa gioca un ruolo di complementarietà rispetto alla pena, sanzionando fattispecie “satellitari” o avamposto di macro-fattispecie penali; ed un’area “integrata” in cui la sanzione amministrativa è lo strumento chiave nel sistema di controllo di determinate attività mentre quella penale rappresenta lo strumento di chiusura di tale sistema, p. 1034.

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materia di detenzione e consumo personale di stupefacenti. Alla depenalizzazione del comportamento illecito deve poi accompagnarsi l’introduzione di strumenti di controllo e, soprattutto, di sostegno e assistenza sociale e medica a favore dell’agente.

c) Secolarizzazione.

In base al modello della secolarizzazione, la scure della depenalizzazione si abbatte sui reati frutto di una commistione tra l’area del penalmente illecito e del moralmente illecito. “La concezione laica del diritto penale, inteso come «costruzione temporale retta da principi suoi propri, autonoma rispetto a qualsiasi fede religiosa e non» conduce alla netta separazione della sfera etica da quella penale ed alla conseguente estromissione della pura «moralità» (pubblica o privata che sia) dal novero dei beni giuridici tutelabili con la sanzione criminale: né è consentito un arretramento del diritto penale lungo le frontiere della religione e della morale (soprattutto, sessuale)”8. È questo il caso della depenalizzazione, ad opera del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507, delle contravvenzioni di ubriachezza (art. 688 c.p.) oppure di bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti (art. 724 c.p.).

d) Privatizzazione.

Alla stregua di quest’ultimo paradigma la depenalizzazione interessa principalmente i reati di modesto disvalore, offensivi della proprietà e, più in generale, del patrimonio, rispetto ai quali le istanze di prevenzione e di repressione possono comunque essere soddisfatte attraverso sanzioni di carattere amministrativo. Si pensi, per esempio, alla depenalizzazione dei reati di emissione degli assegni a vuoto o senza provvista.

Nel documento LA DEFLAZIONE PENALE IN ITALIA (pagine 96-98)