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C.A.M.: istituto a custodia attenuata per detenute madri, dove le detenute con prole di età inferiore a sei ann

possono scontare la loro pena tenendo il/i figlio/i con loro, non avendo altra soluzione. Legge n.62/2011.

Sezione nido: “Alle madri è consentito di tenere presso di sé i figli fino all’età di tre anni. Per la cura e l’assistenza

dei bambini sono organizzati appositi asili nido.” Art. 11 legge 354/1975

Casa famiglia protetta: instituite dalla legge n.62/2011, sono strutture atte ad ospitare detenute madri con figli

per situazioni specifiche determinate dalla legge: «1-bis. Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 4-bis, l’espiazione di almeno un terzo della pena o di almeno quindici anni, prevista dal comma 1 del presente articolo, può avvenire presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli. In caso di impossibilità di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa può essere espiata nelle case famiglia protette, ove istituite». Art. 3 legge n.62/201.

Glossario “architettonico”

In questa parte vengono indicati quei termini legali di cui si può fare una lettura funzionale utili all’obiettivo della ricerca. Vengono indicati i margini di intervento secondo le linee guida che verranno delineate nel corso della ricerca, che variano a seconda della tipologia di detenzione e quindi delle diverse strutture detentive. Occorre puntualizzare che al di là di questi margini in ogni caso devono essere garantiti quei requisiti di vivibilità e dignità spaziale forniti dalla normativa nazionale e dalle indicazioni internazionali.

Casa mandamentale: non assumono particolare interesse essendo quasi del tutto dismesse.

Casa circondariale: sono le strutture più diffuse all’interno del territorio italiano. La loro organizzazione

funzionale è molto complessa, infatti al loro interno si trovano sezioni afferenti a circuiti differenti, sezioni di

case di reclusione, dove c’è maggiore margine di intervento, infatti presso queste strutture si trovano i detenuti

che hanno ricevuto la sentenza definitiva e scontano pene che vanno oltre i cinque anni di durata; sezioni di

case di arresto, dove vengono detenuti i casi in attesa di giudizio e quindi persone che dovranno vivere in queste

strutture per un periodo “breve” e determinato; sezioni femminili, dedicate alla reclusione delle donne, che a loro volta contengono sezioni di reclusione e di arresto, sezioni nido, per le detenute con figli al seguito inferiore ai tre anni. Per questo tipo di struttura si potrebbe ipotizzare un intervento di adeguamento, basato sulla

differenziazione e organizzazione degli spazi interni ed esterni, coinvolgendo diverse classi di utenti a seconda dei tempi della pena e della condizione giuridica. Importante in questo senso è uno studio attento dei modi e dei tempi di utilizzo degli spazi, sia da un punto di vista delle singole sezioni, sia a livello di masterplan genarle per l’organizzazione dell’intera struttura, che nell’insieme ha delle dimensioni estese.

Case di arresto: si tratta per lo più di sezioni all’interno delle case circondariali. Trattandosi di spazi per utenti

“di passaggio” in termini di priorità di urgenza di intervento assumono un peso differente nella sostanza architettonica. In ogni modo trovandosi all’interno delle case circondariali gli interventi che possono coinvolgere queste strutture complesse, soprattutto per gli spazi esterni, come il progetto del verde, spazi per lo sport, spazi per l’ora d’aria, interessano anche questo circuito.

Case di reclusione: anche in questo caso si tratta di sezioni e non di strutture autonome. Appartenendo

all’organizzazione generale delle case circondariali nella maggior parte dei casi possono essere considerate le linee guida di un intervento migliorativo spaziale per ciò che riguarda lo spazio aperto, come già detto per le case di arresto.

Istituti e sezioni femminili: all’interno della ricerca architettonica è importante fare una distinzione tra istituti femminili e sezioni, essendo le detenute donne un numero molto inferiore rispetto alla popolazione detenuta.

La ricerca si concentra soprattutto sull’analisi di questa situazione (vedi capitolo x) proprio perché ha margini di intervento più ampli dovuto al numero ridotto delle detenute che consente di avere un campione di indagine più attendibile. Inoltre questo numero non ha presentato forti variazioni nel corso del tempo, garantendo un certo grado di omogeneità. Importante è considerare la dimensione degli istituti esclusivamente femminili (quattro nel territorio nazionale) che al massimo ospitano 349 detenute per il caso di Roma “Germana Stefanini”46.

Questa situazione consente di pensare ad un intervento più agevole per l’adeguamento delle strutture esistenti sia per la possibilità di un intervento ex-novo, avendo un grado di complessità gestionale inferiore rispetto alle dimensioni superiori di alcuni istituti presenti sul territorio nazionale come ad esempio quello di Torino “Lorusso e Cotugno” con oltre 1000 detenuti47.

Ai fini dell’indagine spaziale verrà posto l’accento nel differenziare queste due strutture (istituto e sezione) che da un punto di vista legislativo vengono accorpate nella loro definizione. Infatti l’istituto, considerato come struttura autonoma, permette di concentrarsi su quelli che sono le funzioni, gli spazi ed il loro uso, di tutte quelle attività che promuovono il reinserimento sociale (laboratori, spazi per il lavoro, spazi di vita collettiva, spazi per lo sport, spazi per l’istruzione). D’altra parte le sezioni, che magari a causa del numero ridotto dei detenuti non offrono le stesse possibilità in termini spaziali come l’istituto, garantiscono quel principio di territorialità anch’esso importante ai fini di un reinserimento sociale, soprattutto per la sfera femminile se consideriamo i 46 Fonte: Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - Ufficio del Capo del Dipartimento - Sezione Statistica, aggiornato a ottobre 2018.

legami con affetti e famiglia. Le sezioni infatti sono molto più diffuse sul territorio.

Istituto a custodia attenuata: l’introduzione di questo tipo di istituto è stata in Italia una sperimentazione. Il

principio che ha mosso la loro istituzione è quello espresso dall’art. 64 dell’ordinamento penitenziario, ossia la differenziazione dei detenuti e degli istituti, che implica facilitazioni a livello gestionale, di trattamento e quindi anche di possibilità di reinserimento sociale. Fanno parte di questa categoria gli I.C.A.T.T. istituti a custodia attenuata per tossicodipendenti, come l’istituto Mario Gozzini di Firenze. Questo modello vuole garantire un trattamento specifico per una categoria di detenuti che necessitano di trattamenti particolari. L’obiettivo di questa differenziazione è quello di creare strutture che non si occupino solo di custodire i detenuti ma, in base alle loro caratteristiche, di predisporre un carcere maggiormente incentrato sul profilo trattamentale e quindi sulla promozione del reinserimento sociale. È chiaro come questo tipo di istituto consenta ampli margini di intervento da un punto di vista architettonico, essendo un approccio sperimentale e concentrandosi soprattutto sul tipo di utenza che utilizzerà lo spazio.