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casi studio significativi per le soluzioni architettoniche adottate che hanno fornito suggerimenti per approfondire il tema dell’architettura penitenziaria e fare luce su come la progettazione dello spazio

possa intervenire attivamente all’interno di questo dibattito.

Caso italiano – Best practices

All’interno del panorama italiano vengono analizzati due progetti considerati esemplari per il periodo della loro elaborazione. A partire dal secondo dopoguerra si verifica un periodo molto lungo di revisione normativa, che raggiungerà il suo obiettivo nel 1975 con la legge 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure preventive e limitative della libertà”. Insieme all’aspetto normativo occorre tenere in conto l’aumento della popolazione detenuta a partire dagli anni ’50, la quale ha visto il suo picco nel decennio ’50-’60. In questo frangente temporale vengono realizzati i due istituti che si considerano “precursori” rispetto all’intervento normativo del 1975, la nuova Casa Circondariale di Nuoro, progettato dall’architetto Mario Ridolfi e la Casa Circondariale Roma “Rebibbia Nuovo Complesso – R. Cinotti” dell’architetto Sergio Lenci.

Questo riferimento temporale può anche essere considerato per l’innovazione tipologica che si è verificata nell’ambito dell’architettura penitenziaria. Fino alla fine del XX secolo le tipologie edilizie diffuse sono quelle “a corte” e “a disposizione radiale” (parte approfondita nel capitolo del “Racconto dello spazio detentivo”). Durante il periodo fascista si sviluppa la tipologia “a palo telegrafico”, mentre a partire dagli anni ’50 subentra quella a “corpi differenziati” che rispecchia le esigenze, esposte poi dalla normativa, di differenziazione della popolazione detenuta. A questo gruppo appartengono 65 istituti “realizzati con le leggi di finanziamento emanate dal 1949 al 1977”34, tra cui il complesso di Nuoro e quello di Roma, progetti testimoni di un periodo di transizione e di interesse da parte dei due architetti, rispettivamente Mario Ridolfi e Sergio Lenci, nei confronti di un terreno ancora poco esplorato dalla cultura architettonica.

A partire dal 1975 si apre una nuova stagione dovuta alla riforma normativa con l’introduzione della legge del 26 luglio 1975, n. 354, Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative delle libertà. Di questo periodo, caratterizzato dalla nuova legge, dalla legge finanziaria del 1981, dalla legge Gozzini del 198635 ma soprattutto dalla critica situazione terroristica del paese, viene considerato come riferimento architettonico l’istituto di Solliccinao, Firenze, che rispetto alla maggior parte degli istituti realizzati in questo periodo e rispondenti alla tipologia “a disposizione compatta”36 (“si tratta di 28 nuovi istituti ispirati a criteri di elevata sicurezza, che costituiscono il 12.78 % del patrimonio attivo”37), costituisce un caso particolare. I progettisti (Andrea Mariotti, Gilberto Campani, Piero Inghirami, Italo Castore, Pierluigi Rizzi, Enzo Camici) si sono concentrati nella rivisitazione critica della tipologia “a palo telegrafico”. Altro carattere di interesse è l’intervento dell’architetto Giovanni Michelucci con il progetto de Il giardino degli Incontri, uno spazio colloqui esemplare progettato all’interno di questo istituto negli anni ’90.

Gli anni ’90 vedono l’abbassamento dell’allarme terroristico, l’introduzione del nuovo regolamento penitenziario, D.P.R. 230/2000 e, dal punto di vista tipologico, il ritorno “al palo telegrafico”. Non si è ritenuto necessario analizzare istituti appartenenti a questo periodo, proprio perché il riferimento tipologico è già affrontato nei precedenti casi studio. Gli anni a cavallo tra 1990 e 2000 vedono aumentare la popolazione detenuta, che riceve un taglio netto con il provvedimento di indulto del 2006. Durante gli anni 2000 la popolazione detenuta aumenta sensibilmente e si assiste al momento di maggior crisi legata al sovraffollamento, culminato con l’atto europeo del 2013 (sentenza Torreggiani). Per fronteggiare questa crisi viene attivato lo strumento normativo “Piano carceri” (2010), che prevede la costruzione di nuovi istituti detentivi38.

34 Scarcella, L., Di Croce, D., Gli spazi della pena nei modelli architettonici del carcere in Italia. Evoluzione storica, caratteristiche at- tuali, prospettive, in «Rassegna penitenziaria e criminologica», 1/3, 2001, p.366.

35 La legge 10 ottobre 1986, conosciuta come legge Gozzini dal suo promotore Mario Gozzini, interviene soprattutto nell’ambito del trattamento penitenziario e sulle misure alternative alla detenzione.

36 Ivi, p. 368. 37 Ibidem.

38 Il piano prevedeva l’introduzione di circa 9000 posti letto attraverso la costruzione di nuovi padiglioni detentivi in strutture esi- stenti e di nuovi istituti.

detenuti presenti a fine anno distinti per posizione giuridica. 2000-2014. I detenuti nelle carceri italiane. Dati istat anno 2013

Caso italiano – femminile

All’interno di questo panorama viene individuato il caso della Casa Circondariale Femminile Roma “Rebibbia - Germana Stefanini”. Questo istituto, nato negli anni ’70 e che lascia testimonianza del progetto architettonico elaborato durante il periodo fascista, viene preso in considerazione essendo l’istituto femminile attualmente più esteso e perché, dei 4 istituti esclusivamente femminili presenti sul territorio nazionale, è l’unico ad essere stato progettato e costruito esclusivamente per l’uso detentivo. Infatti l’istituto di Pozzuoli (NA) è una struttura risalente al XVIII secolo e usata inizialmente come convento, quello di Trani, risalente anch’esso allo stesso periodo, appartiene ad una ex struttura religiosa, la struttura di Venezia è addirittura un monastero del XII secolo. Casi stranieri

La selezione dei casi studio esteri è frutto di una riflessione cominciata con l’indagine dei dati statistici europei e dall’apparato normativo relativi al settore penitenziario. Dal confronto con il quadro italiano corrispondente è risultato evidente come tendenzialmente bisogna considerare i paesi del Nord Europa come esemplari sotto vari punti di vista: la capacità di considerare il settore dell’architettura penitenziaria come un campo di indagine attivo e socialmente rilevante, ponendo l’accento alle conseguenze psicologiche e comportamentali provenienti dall’interazione tra fruitore e spazio, l’intenzione di non escludere la disciplina architettonica da questo campo di indagine e l’importanza di un approccio multidisciplinare per affrontare ricerche di questo tipo. D’altro canto

si evidenziano forti differenze dal punto di vista economico, politico, demografico e geofisico che influenzano direttamente il fare architettura e che quindi incoraggiano la scelta dei casi studio verso paesi considerati più affini alla situazione italiana. Da qui il confronto con la Spagna, nello specifico con la Catalogna, considerata inoltre meno conosciuta rispetto alla casistica nordica, molto spesso indagata da altri ricerche e studi.

(Per una lettura sintetica delle riflessioni effettuate a riguardo si propone uno schema riassuntivo dei paesi analizzati con i relativi dati alla fine del capitolo)

Spagna

Le similitudini normative e demografiche rispetto alla situazione italiana e la possibilità di visitare direttamente alcuni centri penitenziari nella regione indipendente della Catalogna, hanno indirizzato questa scelta.

Il caso Catalano suscita notevole interesse per ciò che riguarda la finalità della pena, ossia il reinserimento nella società dei detenuti e come l’architettura possa contribuire a tale finalità. Dopo aver ottenuto la totale autonomia in materia di sistema penitenziario nel 1983, in Catalogna viene istituito il CIRE (centre d’iniciatives para la reinserció), il cui scopo è quello di “soddisfare il diritto al lavoro dei detenuti […] e facilitarne il reinserimento”39. Rispetto alla situazione italiana quella catalana presenta delle caratteristiche molto più incentrate sulla condizione risocializzante della pena. I progetti analizzati sono il Centro penitenziario Brian del 1992 e quello di Mas D’Enric del 2010.

Parametri di analisi

I criteri generali di intervista ai luoghi sono inerenti a: - Rapporto che si instaura tra edificio e città; - Gli spazi del carcere;

- L’aspetto percettivo;

- L’aspetto tecnico e tecnologico.

Questa suddivisione è relativa ad un ordine di avvicinamento progressivo alla struttura fisica del carcere. Concentrare l’inizio dell’analisi sul rapporto che l’edificio del carcere instaura con la città consente di considerare gli istituti rispetto alle relazioni fisiche, urbane ma anche percettive che il carcere in qualità di edificio e servizio urbano, come viene individuato dagli strumenti di piano, instaura con la realtà urbana in cui è inserito. A questa scala si specifica che vengono tenuti in considerazione tre tipi di utenza:

- il non utente (nel senso che non utilizza l’istituto ma ne partecipa a livello di dinamiche urbane e

inserimento nel tessuto urbano e non), ossia l’abitante del quartiere o della zona prossima all’istituto, che ha quindi un punto di vista esterno e quindi riferito alla presenza “esterna” dell’edificio,

- l’utente esterno che entra nell’istituto, tra cui rientrano i lavoratori, i volontari, le persone in visita, in 39 Visita di Studio “Formazione e lavoro al servizio del reinserimento delle persone private di libertà ” Barcellona, 19-21 giugno 2013 . Scheda Paese Spagna/Catalogna e scheda di presentazione del Centre d’Iniciatives per a la Reinserciò -CIRE

questo caso l’istituto viene considerato dal punto di vista delle relazioni con la città a livello di trasporti pubblici e di infrastrutture,

- il detenuto, che ha un approccio esclusivamente interno da una parte, diventando l’edificio la

dimensione della sua quotidianità, ma anche la visione che il detenuto ha della realtà circostante, strettamente connesso al posizionamento della struttura, dall’altra. (per esempio c’è una notevole differenza se il detenuto ha la possibilità di traguardare dalla finestra un paesaggio naturalistico, un intorno urbano costruito oppure non ha nessuna visuale dell’esterno).

Una volta effettuata le interviste ai luoghi, coadiuvate da quelle relative alle persone, si delinea una riflessione inerente al tipo, insediativo ed edilizio a cui fa seguito l’elaborazione di riflessioni inerenti i casi studio affrontati raccontati da 3 tematiche principali: la permeabilità visiva, la sequenza e lo spazio tra individuale e collettivo.

Glossario

Nella ricerca verranno utilizzati una serie di termini specifici legati al profilo giuridico e tecnico del tema affrontato. Ai fini di una chiara comprensione si è ritenuto necessario organizzare un glossario di tale terminologia suddividendolo secondo due categorie: da un lato il significato giuridico, stabilito dalla legge, e dall’altro quello

“architettonico”, vale a dire contestualizzato nell’ambito di questa ricerca di architettura.

Per il reperimento di dati utili ai fini di questa analisi viene individuata come data di riferimento l’anno 2015, in quanto la legge n. 45/2015 è relativa agli aggiornamenti della legge n. 354 del 1975, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”, la legge n. 9/2012 riguarda l’istituzione delle REMS E la legge n. 62/2011 introduce i termini della detenzione femminili e delle detenute madri.

Glossario tecnico40

Secondo l’articolo 59 del vigente Ordinamento Penitenziario (di seguito O.P.), legge n.354 del 1975, gli Istituti per adulti dipendenti dall’amministrazione penitenziaria si distinguono in:

- istituti di custodia preventiva, che si dividono in case mandamentali e case circondariali (art. 60); - istituti per l’esecuzione delle pene, che si distinguono in: case di arresto e case di reclusione. (art. 61); - istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive, chi si distinguono in: colonie agricole, case di

lavoro, case di cura e custodia, ospedali psichiatrici giudiziari. (art. 62); - centri di osservazione (art. 63);

il sistema penitenziario italiano si basa sul principio di classificazione dei detenuti, in base al livello di pericolosità, al tipo di pena e trattamento. Secondo questa logica occorre chiare l’uso di due termini: regime e circuito. 40 Il glossario riguarda sia la detenzione maschile che quella femminile.

Circuito detentivo: si tratta di un’entità di tipo logistico, secondo cui la popolazione detenuta è suddivisa, in

ragione del livello di pericolosità o in considerazione di situazioni trattamentali particolari. Con la circolare n. 3359/5809 del 21 aprile 1993, gli istituti detentivi vennero suddivisi in tre livelli:

- primo livello, ossia alta sicurezza; - secondo livello, media sicurezza; - terzo livello, ossia a custodia attenuata.

In generale il termine circuito viene utilizzato per individuare gruppi omogenei di detenuti e non produce delle conseguenze a livello di diritti del detenuto.

Regime detentivo: si indica con questo termine l’insieme di regole trattamentali e le modalità di custodia.

L’appartenenza ad un regime anziché ad un altro implica la definizione dei diritti del detenuto. Per esempio un soggetto detenuto in regime di massima sicurezza ha dei diritti differenti rispetto ad un altro in regime ordinario, o aperto.

Regime aperto: introdotto con una circolare dell’amministrazione penitenziaria del 2011, esso è destinata

a soggetti considerati poco pericolosi. Da un punto di vista della ricerca questo tipo di regime possiede dei margini di intervento interessanti, come si legge dall’articolo “Il circuito penitenziario di secondo livello ossia di sicurezza media” di Carlo Brunetti: “[…] il perimetro della detenzione dovrà estendersi quanto meno ai confini della sezione, ovvero, dove possibile, anche agli spazi aperti esterni alla stessa, seguendo così l’indicazione dell’ordinamento penitenziario. Dentro il nuovo perimetro dovrà concepirsi una vita penitenziaria connotata da libertà di movimento, secondo precise regole di comportamento che ne condizionino l’andamento.”41

Casa mandamentale: “assicurano la custodia degli imputati a disposizione del pretore. Esse sono istituite nei

capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali.” (art. 60). Questi istituti sono stati quasi tutti dismessi, qui vengono detenute le persone in attesa di giudizio per reati lievi, oppure condannata per pene inferiori ad un anno42.

Casa circondariale: “assicurano la custodia degli imputati a disposizione di ogni autorità giudiziaria. Esse

sono istituite nei capoluoghi di circondario.” (art. 60). Vi sono detenute le persone in attesa di giudizio e quelle condannate a pene inferiori ai cinque anni, sono gli istituti più diffusi sul territorio, sono localizzati in ogni città dove vi sia un tribunale.

Casa di arresto: “[…] per l’esecuzione della pena dell’arresto.” (art. 61). Queste possono anche essere sezioni

predisposte nelle case mandamentali o circondariali.

Casa di reclusione: “[…] per l’esecuzione della pena della reclusione.” (art. 61). Queste possono anche essere

sezioni predisposte nelle case mandamentali o circondariali. Sono gli istituti adibiti all’espiazione delle pene non 41 Articolo pubblicato sul sito diritto.it https://www.diritto.it/system/docs/34290/original/Il_circuito_penitenziario_di_secondo_li- vello_ossia_di_sicurezza_media_S.M._-_dr._Carlo_Brunetti.pdf (consultato nel marzo 2018)

inferiori a cinque anni, con condanna definitiva.

Colonia agricola: Alla colonia agricola sono assegnate le persone dichiarate “delinquenti abituali, professionali

o per tendenza”, come stabilisce il codice penale agli articoli 102 e 103.

Casa di lavoro: Alla Casa di Lavoro sono assegnate le persone dichiarate “delinquenti abituali, professionali o per tendenza”, come previsto dal codice penale agli articoli 102 e 103.

Sia la colonia agricola che le case di lavoro sono considerate lo strumento principale per la rieducazione e per il reinserimento sociale del condannato.

“La distinzione tra colonia agricola e casa di lavoro si basa sul tipo di attività che vi si svolge in via prevalente, agricola nella prima, di carattere industriale o artigianale nella seconda. Le misure sono comunque intercambiabili e pertanto nel corso dell’esecuzione l’assegnazione all’una o all’altra può essere modificata.”43

Casa di cura e custodia: (abolita) questi istituti erano pensati per “gli autori di delitto non colposo, condannati

ad una pena diminuita a causa dell’infermità psichica o della cronica intossicazione derivante da alcol o da sostanze stupefacenti oppure affetti da sordomutismo. La durata minima varia da sei mesi e tre anni e viene eseguita dopo che la pena detentiva è stata scontata o si è altrimenti estinta.”44. Con il decreto legge 211/2011

l’esecuzione nelle case di cura e custodia è sostituita dall’esecuzione nelle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS).

ospedali psichiatrici giuridici: (aboliti) “In questi istituti si trovano sia internati sia detenuti inviati in

“osservazione” per motivi psichiatrici. Spesso le condizioni di vita sono peggiori di quelle della “normale” detenzione.”45 Con il decreto 367 del 29 novembre 2004 si è dichiarata l’illegittimità costituzionale di queste

strutture portando alla loro abolizione. Le competenze vengono trasferite al servizio sanitario nazionale. Con la legge n. 9/2012 vengono istituite le REMS, Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, che è a tutti gli effetti una struttura sanitaria.

Istituti e sezioni femminili: L’art. 14 della legge 354/1975 indica la necessità di separare la parte maschile degli

istituti da quella femminile. “[…] le donne sono ospitate in istituti separati o in apposite sezioni di istituto” (art. 14).

Il regolamento penitenziario D.P.R. 230/2000 introduce con l’art. 115 la definizione del circuito a custodia attenuata.

Istituto a custodia attenuata: “Per detenuti e internati di non rilevante pericolosità, per i quali risultino necessari 43 Ministero della giustizia, aggiornamento luglio 2018 https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_14_3_1.page;jsessionid=vK+Ay13N- GB++S4QyZBrRagX?contentId=GLO127519&previsiousPage=mg_14_3 (consultato il nel gennaio 2019)

44 Ministero della giustizia, aggiornamento luglio 2018 https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_14_3_1.page;jsessionid=vK+Ay13N- GB++S4QyZBrRagX?contentId=GLO127522&previsiousPage=mg_14_3 (consultato nel gennaio 2019).

interventi trattamentali particolarmente significativi, possono essere attuati, in istituti autonomi o in sezioni di istituto, regimi a custodia attenuata, che assicurino un più ampio svolgimento delle attività trattamentali predette.” (art. 115). Da questa prima vaga definizione derivano poi delle specifiche come ad esempio l’istituzione degli I.C.A.M., con il decreto ministeriale 2.4.2007