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PRIMA PARTE

4. Le donne ed il carcere Un progetto di equilibri, uno

4.3 La parola alle donne

Nel corso della ricerca finanziata dell’Università Sapienza di Roma, Riabilitare spazi e persone. Le carceri romane, che vede come responsabile la professoressa Pisana Posocco e nel gruppo di lavoro la Professoressa Francesca Giofré, si sono somministrati dei questionari alle detenute presso la Casa Circondariale Femminile Roma “Rebibbia - Germana Stefanini”, che hanno permesso di mettere in luce le esigenze e le specificità dello stato detentivo femminile. Di seguito verranno proposte i risultati delle domande aperte. Per avere un quadro della situazione quanto più completo e chiaro possibile la scelta della tipologia delle detenute è stato un momento importante. L’obiettivo è stato quello di considerare sia il fattore temporale, sottoponendo lo stesso questionario sia a detenute con al massimo 2 mesi di detenzione senza condanna definitiva, sia a detenute che vivono il carcere da più tempo, oltre un anno, e con sentenza definitiva. L’altro criterio considerato è stato quello della distribuzione delle detenute in sezioni, corrispondente in parte anche alla differenza temporale sopra delineata (la sezione Cellulare ospita generalmente le detenute con sentenza definitiva, la sezione Camerotti invece le donne in attesa di giudizio). A completare il quadro le detenute madri con figli a seguito che si trovano nella sezione nido.

Questionari sottoposti ad un campione di detenute della Casa Circondariale femminile Rebibbia di Roma. Il campione è così ripartito:

detenute intervistate: 24, dezione Camerotti: 8, sezione Cellulare: 10, sezione nido: 6

domande aperte Camerotti Cellulare nido

8_ cosa fai se vuoi stare un po’ sola?

La tendenza principale è trovare un’attività (lettura, scrittura) da svolgere dentro la cella. In due casi questa attività viene collegata ad un elemento mobile, il letto. Solo una detenuta specifica che si reca in socialità per ascoltare musica.

La tendenza principale è trovare un’attività (lettura, scrittura) da svolgere dentro la cella. In due casi questa attività viene collegata (in 3 interviste) alla “chiusura” della porta. Altre 3 detenute collegato questo momento di privacy all’elemento del letto. Solo una detenuta specifica di recarsi all’aria aperta.

La tendenza principale è quella di recarsi nei luoghi ad uso comune, come l socialità o il giardino.

1_Si può individuare una prima grande differenza tra la condizione delle detenute madri con figli rispetto

alle altre. In questo caso infatti la detenuta trova il suo momento di privacy e solitudine all’interno degli spazi comuni e non nella cella. Questo è dovuto al fatto che nelle celle sono presenti 3 donne con altrettanti figli quindi nonostante le dimensioni delle camere siano maggiori è più difficile avere il proprio “spazio”. Un secondo elemento di riflessione è il dato temporale, ossia da quanto tempo le donne intervistate vivono all’interno del carcere. Questa distinzione corrisponde generalmente alla divisione delle due sezioni. Secondo questo parametro temporale le detenute della sezione Cellulare (detenzione più lunga) preferiscono trovare la propria dimensione all’interno della propria cella e meno nelle aree comuni. Questo perché il fattore tempo determina sia un atteggiamento di abitudine sia una realizzazione del proprio equilibrio in una dimensione diversa rispetto alla vita libera e che ormai è diventata abituale. L’aspetto interessante è che al di là del fattore tempo alcune detenute collegano un elemento d’arredo come il letto ad un’azione che le riporta nella loro dimensione di privacy.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido 9_ cosa vorresti poter fare

in cella che ora non puoi fare? (ad esempio: lavare i panni, fare ginnastica, avere un angolo tutto tuo)

3 intervistate rispondono che vorrebbero praticare ginnastica, le altre individuano delle attività specifiche come lo scrivere, lavare i panni, cucinare. Due detenute esprimono il desiderio di avere un angolo tutto per loro.

In 3 non rispondono.

La tendenza è quella di specificare il bisogno di un bagno dotato di bidet (2 detenute). per il resto vengono individuate attività come la lettura, la cucina legate all’ambito domestico. 2 detenute specificano che vorrebbero il loro animale domestico.

La tendenza predominante è quella di poter avere la possibilità di cucinare.

2_Si evidenzia come le condizioni spaziali delle detenute madri siano totalmente differenti rispetto a quelle delle

altre sezioni. In questo caso per una mancanza che è quella di non avere la possibilità di cucinare le pietanze in maniera autonoma. La differenza tra Camerotti e Cellulare si esprime in questo caso nella condizione dei servizi igienici. La maggior parte dei bagni della sezione Cellulare sono dotati di doccia e bidet, mentre nella sezione Camerotti ci sono solo docce comuni e il bidet non è presente. In generale l’attenzione maggiore è quella rivolta ai servizi igienici.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido

13_ ti sei costruita o inventata tu delle cose per attrezzare la tua stanza?

3 non rispondono. 1 tenda e uno stendino.

7 non rispondono.

Le “invenzioni” più diffuse sono le tende che fanno anche da divisori quando i servizi igienici si trovano all’interno della cella e non hanno un vero e proprio paramento divisorio, copricarrelli e sacchetti per riporre oggetti.

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3_Le considerazioni sono relative al fattore tempo e alla condizione detentiva. Infatti la condizione delle mamme

con figli è più “avvantaggiata” a livello di forniture rispetto a quella delle detenute ordinarie. Questo comporta che le madri non sentono la necessità di “inventare” qualcosa per migliorare la propria condizione. Il fattore

tempo incide in quanto da più tempo si è detenute più ci si ingegna per migliorare la propria condizione che da detentiva di tenta di trasformare sempre più in abitativa, quasi domestico-residenziale.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido

14_ cosa vedi dalla finestra?

La maggior parte delle intervistate si affaccia verso l’altro reparto (cellulare). Solo due affacciano sull’area verde e altre due sulla zona comune.

La maggior parte delle intervistate si affaccia verso l’altro reparto (camerotti). Due detenute che dicono di affacciarsi una su un’area verde, l’altra sulla città, esprimono il loro “piacere” per quello che possono vedere dalla finestra.

Tutte le detenute vedono il giardino dei bambini.

4_È risultato evidente come la visuale esterna incida sull’umore e sull’atteggiamento delle detenute. Vedere la

città o un’area verde infatti provoca piacere e anzi c’è la volontà di vedere fuori.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido

15_ Ti piace quello che vedi?

Nessuno è contento di quello che vede

La maggioranza non è contenta di quello che vede dalla finestra, 4 detenute invece dichiarano il massimo punteggio di gradimento.

la metà esprime un indice di gradimento basso, l’altra metà invece si ritengono abbastanza soddisfatte per quello che vedono.

20_ Come descriveresti la tua camera con 3 parole?

3 non rispondono. La mag- gioranza fa dichiarazioni legate alle dimensioni ri- dotte della cella.

Solo una delle detenute intervistate dichiara la sua insoddisfazione per le condizioni della propria cella. La tendenza generale invece è un alto tasso di apprezzamento della pro- pria cella.

La tendenza è insoddi- sfazione e disagio.

5_In questo caso il fattore importante torna ad essere il tempo. Le detenute della sezione Cellulare infatti

esprimono solo note positive sulla propria cella proprio per il senso di adattamento, abitudine e tentativo di accettare e migliorare le proprie condizioni.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido 21_ Quale è la cosa più

brutta della tua cella?

La tendenza generale è collegare la “cosa più brutta” ad elementi di chiusura della cella come il blindo, le sbarre, e all’evento della chiusura notturna delle celle. L’altro elemento che risulta è l’insoddisfazione per i servizi igienici e la doccia.

3 non rispondono. La tendenza è l’espressione di insoddisfazione per il bagno.

La maggior parte identificano nella cosa più brutta gli elementi di chiusura e protezione, sbarre, blindo.

Poca luminosità

6_Si nota come sono gli elementi fisici che ricordano lo stato di reclusione ad essere considerati come “brutti”

all’interno della cella. Nel caso della sezione Cellulare, a causa della discriminante temporale, questo dato perde di valore. Questi elementi (sbarre, blindo) diventano abituali e perdono di importanza. In questo caso sono invece gli aspetti funzionali a condizionare la bruttezza di una cella, proprio in virtù del fatto che c’è il tentativo di rendere la propria permanenza più “comoda possibile”.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido

22_ Quale è la cosa che ti piace della cella?

2 non rispondono, una detenuta dichiara che non le piace nulla, per il resto risposte varie. C’è chi identifica come la cosa più bella con le compagne di cella, altre con un oggetto come la piastra per cucinare o la tv.

5 non rispondono.

3 detenute specificano che il bagno è la cosa più bella. (è da considerare che rispetto ai camerotti al cellulare alcune hanno le docce)

Una detenuta identifica come la cosa più bella la visuale che ha dalla finestra.

Domande aperte Camerotti Cellulare nido 26_ Se tu potessi cambiare

qualcosa, come ti piacerebbe trasformare la tua cella?

La tendenza generale sono commenti relativi al bagno e alla necessità di dotarli di docce oltre che a migliorare le condizioni attuali. L’altro dato riscontrabile è la volontà di rendere la cella simile alla propria casa.

Ci sono considerazioni più puntuali, ossia non si hanno commenti sulla condizione genarle della cella ma su oggetti che servirebbero per migliorarne la condizione. Sono considerazioni più pratiche (es. cambiare materassi e cuscini, armadietti più funzionali, no letti a castello, citofono per comunicare con la p.p.)

La tendenza generale sono commenti inerenti al tipo di letto (materassi), e alla necessità di avere dei giocattoli funzionanti per i bambini.

7_La prima riflessione evidente è che per le detenute con sentenza definitiva e che hanno già scontato diversi

anni il fattore tempo è condizionante, c’è stato tempo per abituarsi e per realizzare che la propria condizione “definitiva” elimina l’incertezza di non sapere per quanto tempo dovranno trovarsi in carcere. Al di là della lunghezza della pena questo determina una consapevolezza del proprio stato e quindi l’interesse a migliorarlo. Questo implica che le detenute da poco entrate fanno dei commenti più generali mentre chi vive da più tempo questa realtà si è creata la propria dimensione e fa delle puntualizzazioni più specifiche e funzionali.

Considerazioni appena finiti i questionari:

Il primo dato riscontrabile è che la percezione degli spazi, in particolar modo della cella, varia in relazione al fattore tempo. Le detenute appena entrare (massimo un paio di mesi) definiscono la propria cella “brutta” e tendenzialmente non hanno la volontà di migliorarla. Le detenute che vivono la realtà detentiva da più tempo (oltre l’anno ma anche detenzioni di 10 anni), nella maggior parte dei casi, considerano la cella come il proprio luogo, per questo è “bella” e delle volte la “più bella di tutte”. In questi casi si nota come ci sia uno spirito di iniziativa e di adattamento alla realtà che le circonda. Queste detenute cercano di migliorare e rendere confortevole il loro habitat quotidiano. Altro dato interessante è che le detenute arrivate da poco tempo cercano il più possibile non stare in cella. Nella maggior parte dei casi sono donne che non lavorano, che svolgono poche attività perché in attesa di giudizio. Passano il loro tempo “fuori” (ballatoio, passeggi) perché stare in cella provoca loro disagio, che si esprime nel momento più tormentato della giornata, la chiusura del blindo (che viene identificata anche come “cosa più brutta della cella”). In generale è risultato interessante notare l’importanza che le detenute danno alla possibilità di vedere fuori dalla finestra. Molte di loro vedono l’altra sezione detentiva, altre (e in questi casi hanno risposto che gli piace ciò che vedono) guardano all’area verde e alla città. In ogni caso risulta che molte preferirebbero vedere la città, con le persone

che passeggiano e fanno le loro attività (a parimerito con la possibilità di vedere la natura). Una detenuta ha specificato che sarebbe bello avere delle finestre ad un’altezza tale per poter così affacciare. Alla possibilità di aggiungere qualcosa alla cella quasi la totalità risponde che vorrebbero un frigo e un microonde, alcune preferirebbero sedie normali agli sgabelli e letti “come quello di casa” (si riferiscono anche al materasso e al cuscino in gomma piuma). La maggioranza identifica nel bagno una criticità (soprattutto nella sezione Camerotti fornita solo di docce comuni e nella sezione Cellulare per i casi di cella singola, in cui i servizi igienici sono separati dal resto della cella solo da un muro divisorio basso). Un dato interessante è che alcune detenute, tra le cose che aggiungerebbero in cella, vorrebbero un angolo tutto loro (che attualmente identificano nel letto o nelle azioni di leggere e scrivere), trovandosi in una situazione di sovraffollamento.

Per quanto riguarda gli spazi comuni si sottolinea la mancanza di attrezzature, come un divano, machina da cucire. Per quanto riguarda l’utilizzo di questi spazi i dati variano, c’è chi li utilizza molto per stare in compagnia, chi invece preferisce la solitudine della cella (detenzioni più lunghe). Per la sezione nido tendenzialmente le mamme lamentano di non avere una zona comune solo per loro, infatti l’unico spazio comune è pensato solo per il bambino (sedie basse, tavolini bassi). Quasi tutte vorrebbero avere la possibilità di poter cucinare autonomamente (soprattutto le straniere vorrebbero fare assaggiare i piatti della propria cultura ai figli). Nella sezione nido infatti le piastre in camera sono vietate, precedentemente era stata messa a disposizione una piastra comune che però è stata rimossa per motivi di sicurezza del bambino. Una lamentela generale è legata alla scarsa qualità della luce naturale in camera e il fatto di non avere abbastanza spazio per le cose del bambino e di ritrovarsi a gestire lo stesso “armadio” sia per le cose della mamma che del figlio.