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3.2 L A RETE ORGANIZZATIVA E GLI ATTORI DEL SISTEMA DELL ’ ACCOGLIENZA

3.2.2 Istituzioni pubbliche

Attori Amministrativi

Gli uffici pubblici (intesi come enti istituzionali di nomina non politica) hanno una grande importanza nell’attuazione delle politiche pubbliche. Non solo

nell’implementazione, intesa come traduzione pratica, delle politiche, ma anche nella definizione delle stesse politiche nel momento in cui gli operatori pubblici, essendo più vicini agli utenti, trasmettono input ai livelli superiori (Campomori, 2007). Tra i soggetti pubblici ad essere maggiormente chiamati in causa nell’ambito dell’accoglienza di richiedenti e titolari di protezione ci sono la Prefettura, la Questura e le Aziende sanitarie locali.

34 Dati aggiornati al 30 giugno 2016, dal Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016 (ANCI;

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Le questure da sempre si occupano delle richieste di asilo e protezione internazionale, assolvendo i compiti di identificazione dei soggetti, verbalizzazione delle richieste e rilascio dei permessi di soggiorno per richiesta di asilo; e, per quanto riguarda più in generale la fase gestionale e decisionale della collocazione dei richiedenti asilo, la Questura opera su indicazione della Prefettura.

La prefettura svolge un ruolo di coordinamento: non a caso ospita i Consigli territoriali per l’immigrazione, che sono l’ambito di dialogo tra gli enti pubblici e privati nella gestione delle politiche per gli stranieri. Già nell’ambito dell’Emergenza Nord Africa, nonostante la competenza fosse stata data alle Regioni e alla Protezione Civile, le Prefetture sono state incaricate di trovare le strutture per ospitare i migranti in arrivo. Nella gestione della presenza migratoria le questioni sanitarie sono molto rilevanti, soprattutto rispetto ai neoarrivati, spesso soggetti a esperienze debilitanti, primo fra tutti il viaggio stesso, magari su mezzi sovraffollati e in pessime condizioni igieniche e sanitarie e quindi favorevoli alla diffusione di malattie. Dal 2011 le ASL si occupano quindi dell’attività di sorveglianza sindromica (un tipo di sorveglianza delle malattie basato non sulla diagnosi ma sulla rilevazione di sintomi) e dell’assistenza terapeutica e farmacologica anche in termini di prevenzione.

Amministrazioni locali

La peculiarità della categoria dei richiedenti e titolari di protezione internazionale all’interno della popolazione immigrata, soprattutto in riferimento alle politiche e alle attività necessarie per la gestione di questa categoria specifica, tende a venir poco considerata nel dibattito pubblico. I discorsi politici e i media spesso utilizzano le etichette “stranieri” e “immigrati” riferendosi alla totalità della presenza immigrata sul territorio. Questa semplificazione nell’uso del linguaggio a scopi politici o meramente comunicativi può però avere un’influenza anche sull’atteggiamento delle

amministrazioni locali verso i rifugiati stessi. Se, come abbiamo visto, i comuni hanno grossi poteri decisionali in merito alle politiche sociali e di inclusione della popolazione immigrata, questo non vale nel caso dei rifugiati, la gestione dei quali è delegata agli organi periferici dello Stato (questure e prefetture). Le possibilità di intervento dell’amministrazione rispetto a questa categoria sono invece molto limitate.

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Il rischio però, in questa confusione “lessicale” è che proprio le amministrazioni siano considerate responsabili dai cittadini della presenza dei rifugiati e delle eventuali problematiche connesse.

I comuni sono perciò spinti a mettere in chiaro la propria estraneità rispetto al sistema dell’accoglienza, rifiutando ogni tipo di collaborazione che potrebbe farli apparire responsabili delle problematiche connesse al fenomeno agli occhi degli elettori. Questo atteggiamento è alimentato anche da un clima di sfiducia da parte delle amministrazioni locali verso il governo centrale, che delega compiti onerosi senza fornire le risorse adeguate, come evidenziato dai forti tagli ai finanziamenti dei piani sociali di zona.

Bisogna poi considerare l’uso politico che l’amministrazione può fare del tema immigrazione

In generale, quando l’immigrazione viene politicizzata i partiti e i leader possono cercare di inquadrarla nei frame più adeguati a guadagnare consenso elettorale: i frame principali sono quelli degli immigrati come minaccia per gli interessi dei cittadini autoctoni da un lato, e degli immigrati come risorsa per i paesi di destinazione dall’altro (a cui si aggiunge il frame umanitario degli immigrati come soggetti svantaggiati e meritevoli quindi di solidarietà). Il successo, in tutta Europa, di partiti che fanno delle politiche restrittive dell’immigrazione uno dei principali punti programmatici è un buon indicatore del fatto che è il primo frame quello maggiormente in grado di riscuotere consensi elettorali; per questo, spesso, l’atteggiamento dei partiti che non

condividono l’approccio restrittivo verso gli immigrati non è quello di contrapporre una visione diversa e positiva dell’immigrazione, ma piuttosto un tentativo di spostare il focus della campagna elettorale su altri argomenti ritenuti più favorevoli. (Dal Zotto & Scotto, 2014) Laddove c’è un interesse politico a cavalcare un’immagine negativa degli immigrati come minaccia per gli interessi degli autoctoni, questo non può che avere un effetto negativo sulla disponibilità da parte dell’amministrazione a partecipare attivamente alle attività di accoglienza, per non parlare del coordinamento delle stesse.

Un caso emblematico è proprio quello del comune di Padova.

Lo SPRAR di Padova nasce nel 2006, il 20 giugno, in concomitanza con la giornata del rifugiato. Questo per dare un significato anche altro al progetto, che è nato per volontà di un assessore dell’epoca e del sindaco… dell'epoca (espressione ammiccante) affinché Padova fosse una città

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accogliente anche per questo tipo di utenza che all'epoca non si conosceva come si conosce adesso. Quindi era molto innovativo. […] Ora i fondi ministeriali finiscono il 31/12/2016, ma noi non abbiamo ancora avuto comunicazioni... […] La cosa però che mi viene da dire è che l'amministrazione… il progetto SPRAR è un progetto volontario a cui il Comune aderisce volontariamente. Vedendo un po’ il colore politico di Padova in questo momento ho l'impressione che dirà di no ma non hanno ancora detto né no né sì. […] Quello che stiamo facendo è lavorare comunque facendo conto che la cosa continua cosi.

Quindi il clima politico influisce anche a livello organizzativo?

Beh, il clima politico in generale italiano influisce, poi in questo momento la questione profughi è pesante. (intervista referente SPRAR)

Il passo indietro del Comune ha poi indirettamente influito anche sulla rete più ampia di soggetti coinvolti nei progetti di accoglienza. Il tavolo di coordinamento costituito nel 2011 per far fronte all’Emergenza Nord Africa, che vedeva la partecipazione degli enti locali (con il Comune di Padova a fare da capofila) assieme ad associazioni ed enti gestori delle accoglienze, dal 2014 non è più stato stabile, fino a scomparire. Adesso il coordinamento è in mano alla prefettura, che recentemente ha organizzato dei tavoli tecnici con gli enti gestori. L’interesse della prefettura si concentra però sul

monitoraggio dei posti e delle risorse a disposizione, piuttosto che sul monitoraggio delle metodologie e dei percorsi di integrazione dei beneficiari.

C’è una mancanza di collaborazione con le istituzioni, ma anche tra le istituzioni che incide sia sul coordinamento e la regolamentazione delle attività di accoglienza, sia sulla verifica della qualità dei percorsi di integrazione proposti, sia sulla possibilità di coinvolgere i beneficiari in attività di lavoro/volontariato al servizio della comunità locale.

Alle volte [le istituzioni] tra di loro sono un po’ spaccate e divise fra comuni e prefettura. Quello che noi auspichiamo e chiediamo dalla politica a livello regionale e comunale sono delle regole. in modo che questo fenomeno venga gestito di più e meglio. Per regole noi intendiamo ad esempio […] la regola dei due ogni mille abitanti. Quindi evitare grandissime concentrazioni […] perché non avendo la regola dei due per mille abitanti abbiamo territori scoperti e territori dove ci sono grosse concentrazioni che sono un peso. […]

Secondo che i comuni attraverso gli assistenti sociali vadano a verificare il lavoro delle

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di carte però concretamente… per la questione del cibo, dei vestiti, del corso di italiano? Quanto viene fatto e come viene fatto? Chi fa il controllo di questa situazione? Noi chiediamo che sia l'ente del comune a fare questo controllo.

E terzo la disponibilità nel comune a far fare lavori di pubblica utilità, cioè coinvolgere i ragazzi nel rendersi utili per il territorio in modo che anche sul territorio ci sia una ricaduta positiva dopo che volontariamente si prestano a dei servizi. (intervista referente Caritas)

In alcuni casi si assiste addirittura ad azioni ostative da parte degli enti comunali rispetto all’apertura e gestione delle accoglienze, che vanno ben oltre la dichiarazione di estraneità dell’amministrazione rispetto alla presenza di strutture di accoglienza sul territorio comunale. Sempre in riferimento al Comune di Padova ha fatto notizia, nella primavera 2015, la fiaccolata guidata dall’ex sindaco Bitonci contro la presenza di un gruppetto di profughi in una casa privata messa a disposizione da un'anziana vedova.

Ci sono delle situazioni in cui il comune fa capire alla cooperativa che non vuole che si apra un’accoglienza nel proprio territorio.

Ma in pratica come fanno?

Ricattano: se tu… intanto parlo male di te. Se dovesse capitare un bando non te lo farò mai fare e dirò pubblicamente che tu lo fai solo per business, per soldi. Dico al cittadino che ti affitta (può far leva anche sul cittadino che affitta) “guarda che se affitti ai profughi io ti…” insomma hanno tanti strumenti per evitare…si fanno sparate sui giornali. Chiaro che un privato, una cooperativa si spaventa quando vede che l'amministrazione è contraria. Può mobilitare i cittadini e ti trovi manifestazione davanti casa. (intervista referente Caritas)

Ci sono ovviamente anche molti sindaci nel padovano che si rendono parte attiva delle attività di accoglienza: scegliendo con criterio l’ente gestore e monitorandone

l’operato in un’ottica di collaborazione; supportando la ricerca di appartamenti sul territorio da destinare all’accoglienza; dando il benvenuto ai beneficiari al momento dell’arrivo e stipulando dei protocolli d’intesa tra comune, prefettura e enti gestori al fine di permettere lo svolgimento dei cosiddetti “lavori socialmente utili”. Un esempio è quello del comune di Battaglia Terme, che nel protocollo stipulato li definisce come “percorsi educativi di accoglienza ed integrazione a favore dei migranti ospitati nel territorio del rispettivo comune ospitante che permettano loro di conoscere il contesto sociale anche attraverso

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attività di volontariato finalizzate al raggiungimento di uno scopo sociale e non lucrativo, a favore della collettività ospitante e che promuovano la formazione di una coscienza della partecipazione civica”.35

In altri casi virtuosi si trovano anche accordi tra diverse amministrazioni locali con l’obiettivo di dare un messaggio chiaro alla cittadinanza di governo di questo fenomeno. Rimane però la difficoltà di coordinamento sia tra le diverse

amministrazioni, che tra i diversi livelli amministrativi. Soprattutto in assenza di un capofila come il Comune di Padova che coordini e allo stesso tempo costituisca un interlocutore di un certo spessore nei rapporti con la prefettura.