Oggi il contesto formativo in Italia non può prescindere dalle azioni programmate dal Consiglio Europeo. In occasione degli accordi presi a Lisbona (marzo 2000) i capi di stato o di governo hanno avviato una strategia cosìdetta « di Lisbona » con lo scopo di fare dell‟Unione europea (UE) l‟economia più competitiva del mondo e di pervenire alla piena occupazione entro il 2010. Sviluppata nel corso di diversi Consigli europei
successivi a quello di Lisbona. Essa si fonda su tre pilastri:
un pilastro economico che deve preparare la transizione verso un‟economia competitiva, dinamica e fondata sulla conoscenza. L‟accento è posto sulla necessità di adattarsi continuamente alle evoluzioni della società
dell‟informazione e sulle iniziative da incoraggiare in materia di ricerca e di sviluppo ;
un pilastro sociale che deve consentire di modernizzare il modello sociale europeo grazie all'investimento nelle risorse umane e alla lotta contro
l'esclusione sociale. Gli Stati membri sono invitati a investire nell'istruzione e nella formazione e a condurre una politica attiva per l'occupazione onde agevolare il passaggio all'economia della conoscenza;
un pilastro ambientale aggiunto in occasione del Consiglio europeo di Göteborg nel giugno 2001 e che attira l‟attenzione sul fatto che la crescita economica va dissociata dall‟utilizzazione delle risorse naturali.40
Da quando ci si muove all‟interno di queste linee la cooperazione politica in materia di istruzione e formazione è stata rafforzata prima attraverso il programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010” e, successivamente, attraverso il quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell‟istruzione e della formazione “ET 2020”. Questa cooperazione ha portato alla definizione di obiettivi e iniziative comuni che abbracciano tutti i tipi di istruzione e formazione e tutte le fasi dell‟apprendimento permanente e sono sostenuti da programmi di finanziamento quali il programma di apprendimento permanente 2007-2013 ed Erasmus Mundus 2009-2013.
L‟azione nel settore dell‟istruzione e della formazione è inoltre sostenuta da alcune reti ed agenzie, in particolare dall‟Agenzia Esecutiva per l‟Istruzione, gli Audiovisivi e la Cultura e dall‟Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia.41
40
E‟ consultabile on line all‟indirizzo: http://europa.eu/scadplus/glossary/lisbon_strategy_it.htm
41È consultabile on line all‟indirizzo:
31
Riguardo il ruolo strategico dell‟istruzione per la competitività dell‟Europa,il Consiglio europeo ha elaborato una serie di parametri ed indicatori che consentono di definire il traguardo da raggiungere, già entro il 2010, e di monitorare i progressi compiuti. I cinque obiettivi previsti dalla strategia di Lisbona per l’istruzione, sono: 1. riduzione della percentuale di abbandoni scolastici almeno al 10%; 2. incremento (dal 2000) del numero complessivo di laureati in matematica, scienze e tecnologie (MST) di almeno il 15%;
3. innalzamento della quota di ventiduenni che arrivano a completare l‟istruzione secondaria superiore all‟85%;
4. riduzione della percentuale di quindicenni con scarse capacità di lettura almeno del 20% all‟anno (dal 2000);
5. aumento di almeno il 12,5% della quota di adulti in età lavorativa (25-64 anni) partecipanti ad attività di formazione permanente (lifelong learning).
Purtroppo i rapporti annuali pubblicati finora dalla Commissione hanno messo in evidenza come gli sforzi per rispondere alle sfide del XXI secolo siano ancora insufficienti per l‟Italia che non riesce ad implementare la sua competitività nei confronti degli altri stati europei e non.
La lentezza e i ritardi delle riforme nel settore dell‟istruzione mettono a repentaglio la capacità europea di far fronte alla concorrenza mondiale42 ed è ancora insufficiente la partecipazione degli adulti alle attività di apprendimento permanente: perché il livello di riferimento europeo (un tasso di partecipazione del 12,5%) sia raggiunto entro il 2010 occorrerebbe un aumento degli adulti in formazione pari a 8 milioni. La media europea rimane ancora bassa (9,6%), con paesi, tuttavia, che la superano largamente: Svezia (32,1%), Danimarca (29,2%), Regno Unito 26,6%. L‟Italia è molto lontana da queste percentuali e si attesta al 6,1%.
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32 Capitolo secondo
DALLA SCUOLA DELL’INTEGRAZIONE ALLA SCUOLA DELL’INCLUSIONE.
2.1 La scuola come comunità inclusiva, di apprendimento e di pratica
Oggi sempre più si parla di organizzazione/scuola come ambiente inclusivo ed è interessante la definizione che lo studioso Moretti le attribuisce infatti egli dice che un ambiente è inclusivo, quando più che preoccuparsi di accogliere ed integrare, è
intenzionalmente orientato a promuovere la co-costruzione di contesti comunicativi e organizzativi aperti e flessibili, sensibili non solo alle norme, ma ai bisogni educativi e formativi delle persone che per definizione sono considerate irriducibilmente diverse le une dalle altre43.
Il termine inclusione ci riporta inevitabilmente al concetto di diversamente abile. Allora non dobbiamo pensare e vedere i discenti normodotati e diversamente abili come persone diverse ma presupporre che ogni individuo abbia dei bisogni speciali, a cui l‟educazione deve prestare ascolto, nell‟ambito di una rete di interventi interistituzionali in grado di coinvolgere: scuola, famiglie, servizi territoriali, enti locali,
associazionismo, privato sociale.
Per questo motivo quando parliamo di inclusione dobbiamo considerarla come un modo di fare che va oltre l‟integrazione perché in questo modo riconosciamo la differenza di ogni persona e consideriamo i suoi bisogni come speciali.
Questo concetto supera quello di integrazione perché quest‟ultima parte dal presupposto che ci sia la necessità di riconoscere dei bisogni che sono più speciali di altri e che solo nei casi più gravi ed urgenti si debbano garantire ed attivare interventi di risposta44. L‟ inclusione va oltre l‟accoglienza che strutturalmente deve far parte di un contesto educativo. Di solito si attiva quando un discente nuovo arriva in un contesto anch‟esso nuovo, gli si dedicano degli spazi di attenzione: tutto ha un inizio e una fine, è anche questa una dimensione di eccezionalità e provvisorietà.
43
G. Moretti Scuola inclusiva e innovazione: comunità di pratica e reti interistituzionali, in Leone A., Moretti G. (a cura di), Formazione Continua e Ricerca nell’Università. Progettazione e valutazione di un Corso di specializzazione
per insegnanti, CUEC, Cagliari, 2007.
44 G. Moretti, Costruzione del profilo e portfolio, in Gaetano Domenici – Giovanni Moretti, (a cura di) Il portfolio
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Se si lavora per l‟inclusione, invece, l‟agire complessivo è progettato per intervenire comunque attivando sinergie e collaborazioni, mobilitando competenze professionali interne ed esterne.45
In questo modo ci si adopera per una cultura della qualità autentica dove c‟è
condivisione, convivialità, riflessività anche attraverso le triangolazioni dei punti di vista46, dei vari attori presenti nel suo contesto specifico (docenti, personale non docente, genitori, famiglie, dirigenti scolastici, studenti, soggetti istituzionali).47
L‟inclusività dei servizi educativi, sociali e formativi, è considerata l‟esito positivo della costante attenzione ai modi in cui sia le organizzazioni che le persone acquisiscono, trasmettono e utilizzano le conoscenze. In quest‟ottica contesti e organizzazioni si configurano come luoghi di inclusione per lo sviluppo di una cittadinanza attiva, della co-progettazione, della rete, della concertazione e della negoziazione, dell‟autonomia, dell‟orientamento - autoorientamento e dell‟accompagnamento istituzionale e
interistituzionale.
Tra essi la scuola intesa come organizzazione che implementa una qualità sostenibile, che valorizza i legami e le relazioni tra le persone, per promuoverne la sensibilità umana e professionale, dovrebbe costruirsi come comunità che sviluppa il senso di
appartenenza. Dovrebbe, inoltre, coltivare la responsabilità distribuita favorendo forme di apprendimento significativo, attivo e creativo indispensabile per permettere sia agli studenti che ai docenti di apprendere, di acquisire e mettere in relazione ricerche e nuove conoscenze.48
Al riguardo ricordiamo il significato che ha attribuito Ausubel all‟apprendimento significativo. Lo definisce come un processo attraverso il quale le nuove informazioni entrano in contatto con dei concetti preesistenti nella struttura cognitiva della persona. I nuovi concetti assumono significato quando si integrano con le conoscenze precedenti, quando sono assimilati o incorporati nella struttura cognitiva del soggetto.49
Ognuno possiede dei significati e dei concetti propri dai quali deve partire per far sì che ne costruisca altri, per adattarli a nuove esigenze ed evidenze. Esiste una conoscenza esperienziale e una formale, una conoscenza situata e una generale.
La concettualizzazione è legata all‟esperienza e la produzione di conoscenza è data da una relazione sociale con il mondo (Wenger, 2002).
45
Ivi pp.105-109
46
G. Moretti, Percorsi di qualità e ricerca- azione nella scuola dell’autonomia, in G. Moretti, (a cura di), Pratiche di
qualità e ricerca- azione. Costruire la scuola dell’autonomia, Anicia, 2003, pp.34-35
47
ibidem
48
J. Novak, L’apprendimento significativo – Le mappe concettuali per creare e usare la conoscenza, Edizioni Erickson, Trento, 2001.
49
34
Ecco che diventa importante costruire una comunità in apprendimento dove la
responsabilità dell'apprendimento è condivisa fra i membri della comunità ma nessun individuo è chiamato a conoscere tutto; piuttosto, la conoscenza e le abilità sono distribuite fra gli individui che ne fanno parte. Individualmente, ciascuno contribuisce alle attività del gruppo, permettendo al gruppo di realizzare più di quello che i membri potrebbero fare da soli, con il vantaggio che tutti acquisiscono una più profonda
comprensione sia del contenuto che dei processi che sono caratterizzati da un alto grado di apprendimento esperenziale ed i partecipanti sono sollecitati ad essere riflessivi.50. Nell‟attuale contesto storico la scuola dovrebbe costituirsi come comunità in
apprendimento51. La formazione formale dovrebbe garantire l‟acquisizione di abilità e competenze significative, sistematiche, stabili, di base e capitalizzabili (Domenici, 2005). per coinvolgere gli allievi sia sul piano cognitivo che su quello affettivo- motivazionale e per far si che si strutturino dei veri e propri reticoli di conoscenze per consentire ad ognuno la possibilità di sistematizzare nuovi dati e nuove informazioni durature nel tempo.52
La scuola pensata come comunità in apprendimento promuove fra tutti i suoi attori una leadership diffusa che favorisce il loro coinvolgimento nel percorso di inclusione- integrazione. Essi sono implicati nell‟azione, coinvolti, orientati ad attivare relazioni e rapporti orizzontali in modo da definirsi persone competenti, da mettersi in gioco e attivare processi di nuove consapevolezze professionali che rinforzano l‟autostima avvicinando la vita personale a quella professionale (Moretti, 2008). L‟organizzazione/ scuola in questo modo si configura anche come una Comunità di Pratica dove i
professionisti dell‟insegnamento/apprendimento costituiscono gruppi informali in cui è possibile scambiarsi confidenze, pareri, impressioni, dubbi, informazioni, e dove si possono apprendere nuove conoscenze e competenze .
La Comunità di Pratica, nei contesti educativi formali e informali può facilitare il cammino dell‟innovazione e della qualità. Occorre riconoscerla e valorizzarla.
Nella Comunità di Pratica il processo di apprendimento, che rappresenta la capacità di produrre significato, ovvero l‟abilità di fare esperienza del mondo dando ad esso un
50
A. Brown L., Campione J. C., Guided discovery in a community of learners, in K. McGilly (a cura di), Classroom
lessons: Integrating cognitive theory and classroom practice, Cambridge, MA, MIT Press, 1994, pp. 229-270.
51
Una comunità di apprendimento è quella in cui i soggetti si sentono reciprocamente coinvolti nel condividere e sperimentare una cultura dell‟apprendimento e dove si cerca di lavorare guardando alla condivisione delle acquisizioni conoscitive. Nella letteratura pedagogica ci sono stati molti tentativi di definizione delle comunità di apprendimento (per esempio: Beaty, 2002; Fox, 2002; McConnell, 2002; Paloff and Pratt, 1999; Perriton 2002; Renninger, 2002; Reynolds and Hodgson, 2002; Wenger,1998).
52
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senso, è profondamente incentrato nell‟ essere sociale della persona: non si impara nel vuoto, bensì all‟interno di una fitta trama di relazioni sociali.
La conoscenza è sempre riferita ad obiettivi di cui è riconosciuto il valore ed è legata alla partecipazione e ad un impegno attivo del soggetto rispetto a pratiche che
caratterizzano l‟identità di una comunità..