Nel corso dei paragrafi precedenti abbiamo accennato ai metodi di "scientometria naïf" e del suo metodo prediletto, il sondaggio, per illustrare il modello del deficit e le sue inefficienze strutturali. Con queste premesse potrebbe sembrare che la nostra intenzione sia dequalificare del tutto il metodo del sondaggio per avere informazioni sul rapporto tra scienza e pubblico. Al contrario: i
sondaggi possono essere strumenti di grande utilità, sebbene non esauriscano le modalità d’indagine possibili e forniscano un quadro per forza di cose parziale (gran peso alla quantità delle informazioni, peso molto minore alla loro qualità). Uno dei leitmotiv del modello del deficit, assai diffuso ancora oggi, è quello dell’ignoranza del pubblico riguardo temi scientifici e della sua diffidenza generale per tutto ciò che è tecnologicamente innovativo, il che avrebbe tra le sue conseguenze uno scarso interesse dei decisori politici per la tecnoscienza e quindi per il suo finanziamento. Questa opinione corrisponde al vero?
Nell’ultimo ventennio la Commissione Europea ha monitorato l’opinione pubblica sul rapporto tra europei e scienza attraverso l’Eurobarometro96: ne emerge, secondo i dati analizzati da Sturloni,
«un cittadino diffidente ma attento, per nulla tecnofobo, avido di notizie e capace di distinguere perfettamente tra diverse applicazioni tecnologiche, tanto da osteggiarne alcune [...] e allo stesso tempo sostenerne fortemente altre, in particolare quando promettono benefici in campo medico e ambientale»97. Concludiamo quindi questo capitolo con alcuni dati relativi alle opinioni degli
italiani e dei cittadini della UE.
Già nel 2001 gli italiani sono, nell’UE, i più interessati agli sviluppi scientifici e tecnici della medicina (76,3% degli intervistati), mentre l’ambiente raccoglie il 58,8%98 degli interessi (secondi
nell’UE) e la genetica il 26,3 (quarti nell’UE).
Come fonte preferita d’informazione scientifica la maggior parte degli italiani, come anche degli europei99, usa la televisione (48,8%), ma il dato viene relativizzato dalla considerazione che
gli italiani sono gli europei che in assoluto la usano di meno, mentre si piazzano al primo posto per l’uso di fonti in rete (23,7%), riviste scientifiche (33,1%) e scuola/università (34,1%); radio e stampa non godono in Italia di particolare rilevanza, come attestano l’ultimo e il terzultimo posto, rispettivamente, nell’UE, con percentuali del 15,9% e del 28,1%.
È interessante notare che la maggioranza degli europei ritiene che i giornalisti che si occupano
96 Si vedano:
European Commission (2001), Europeans, science and technology, Eurobarometer 55.2. European Commission, Bruxelles, dicembre.
European Commission (2005a), Europeans, science and technology, Special Eurobarometer 224. European Commission, Bruxelles, giugno.
European Commission (2005b), Social values, science and technology. Special Eurobarometer 225. European Commission, Bruxelles, giugno.
European Commission (2008), Young people and science, Analytical report, Flash Eurobarometer 239. European Commission, Bruxelles, ottobre.
European Commission (2010), Science and technology, Special Eurobarometer 340. European Commission, Bruxelles, giugno.
97 Sturloni (2009): 37.
98 Agli intervistati è data la possibilità di selezionare più di una risposta: per questo motivo, il totale può superare il 100%.
di temi scientifici non abbiano una conoscenza sufficiente per farlo (53,3%)100. Gli europei nel 2001
si consideravano poco informati in materia di scienze e tecnologia e meno della metà si dichiarava interessata a questi temi. La visione generale degli scienziati e della scienza restava comunque positiva, benché la scienza non fosse più considerata una panacea per una serie di problemi, per i quali si auspicava l’intervento di altre agenzie orientate al sociale o al politico.
Nel 2005 gli italiani che si dichiaravano molto interessati alle innovazioni tecnoscientifiche erano il 16% (contro una media UE del 30%), i moderatamente interessati il 54% (media UE: 48%), i per niente interessati il 28% (media UE: 21%); nell’UE, ancora, era la medicina a convogliare il maggiore interesse (61% contro il 47% dell’ambiente), ma in generale si segnalava uno scarso impegno degli europei nelle questioni tecnoscientifiche: solo il 19% dichiarava di leggere regolarmente articoli di scienza su riviste, giornali o internet (il 10% in Italia, il dato più basso dell’UE) e il 10% di parlarne con amici e colleghi (il 4% in Italia, anche in questo caso fanalino di coda); una minoranza quasi irrilevante, il 2%, dichiarava di partecipare a incontri pubblici su temi tecnoscientifici. Inoltre una maggioranza di europei riteneva che scienza e tecnica fossero presentate in maniera troppo negativa dai media (32% del totale, 38% in Italia).
Per quanto riguarda dati puramente scientometrici (conoscenza aneddotica e cognizioni scientifiche di base) la maggior parte degli europei e degli italiani dava risposte corrette (66 e 63%, rispettivamente); le figure professionali percepite dagli europei come più qualificate a spiegare gli impatti di scienza e tecnologia sulla società erano gli scienziati impiegati nel settore pubblico (52%), seguiti da giornalisti della televisione (32%) e da scienziati impiegati nel privato (28%)101.
In un certo senso inaspettatamente, visto il seguito di cui gode ancora in Italia la Chiesa e le battaglie di quest’ultima per la definizione di nuovi tabù scientifici, gli italiani erano tra i più pronti ad accettare l’affermazione che non dovrebbero esserci ambiti nei quali alla scienza non si permetta di investigare (50% contro una media UE del 36%), mentre erano tra i meno convinti del fatto che l’interesse dei giovani per le scienze fosse necessario alla prosperità futura (78% di favorevoli, penultimo gradino nell’UE, contro una media UE comunque non molto differente dell’82%). Infine si dichiaravano persuasi del fatto che dovessero esserci più cittadini coinvolti nella ricerca tecnoscientifica (76% d’accordo, terzi nella UE), che la UE dovesse spendere di più in questo settore (68%, secondi nella UE), e che - anche questo, un risultato inatteso, gli europei dovessero preoccuparsi meno di questioni di natura etica riguardo alla scienza moderna (44%, primi nella UE).
Le conclusioni di Eurobarometro segnalavano «un interesse latente» tra gli europei su questioni di scienza e tecnologia, una percezione di essere scarsamente informati, un divario ancora esistente
100European Commission (2001). 101European Commission (2005a).
tra scienza e società, ma un miglioramento rispetto a quattro anni prima in termini di conoscenza scientifica di base. Si esortava, in pieno stile deficitario, a portare scienza e tecnologia ai meno esposti, vedendo nella loro scarsa esposizione la ragione del loro scetticismo tecnoscientifico. In generale, si segnalava un buon grado di fiducia nella scienza e nelle sue prospettive, rimarcando però le preoccupazioni degli europei per le conseguenze sociali negative di una presenza eccessiva di tecnoscienza nella società (sostituzione degli uomini con le macchine, nuovi rischi); dato ancora più importante, per gli europei l’etica doveva giocare un ruolo cruciale nella ricerca scientifica e occorreva cercare un’armonizzazione tra gli scopi della ricerca e i principi etico-morali102,103.
Lo studio Eurobarometro del 2008 confermava alcuni dei dati citati precedentemente, arricchendoli con considerazioni qualitative: per esempio, gli europei percepiscono come insufficiente la ricerca scientifica nei loro paesi; hanno un atteggiamento favorevole verso scienza e tecnologia, pur con riserve riguardanti possibili "abusi" a fini dannosi o conseguenze di una non completa capacità di gestione delle nuove tecnologie o ancora i rischi derivanti dal prevalere della logica del profitto nello sfruttamento delle innovazioni tecnoscientifiche; la tecnologia è valorizzata per le sue applicazioni che permettono un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini. Quanto alle fonti d’informazione scientifica si conferma la preponderanza della televisione, seguita a grande distanza dalla stampa: marginale la radio104.
Infine dall’ultimo studio del 2010, vediamo che il dato riguardante l’interesse degli europei per gli sviluppi di scienza e tecnologia arriva al 79% (tra molto e moderatamente interessati): tuttavia, solo il 61% si sente informato; il medesimo andamento si riscontra per l’interesse nelle le ricerche mediche (82% di interessati, 65% si sente informato). Gli europei si dichiarano nel 2010 appena meglio informati su questioni ambientali che nel 2005 (19% contro 15%), in compenso si nota un decremento dei moderatamente informati su questioni mediche (59% nel 2005, 54% nel 2010) e un incremento dei poco informati (29% nel 2005, 34% nel 2010). Per quanto riguarda gli italiani un 7% sostiene di essere molto informato sugli sviluppi di scienza e tecnologia, un 52% moderatamente informato e un 39% poco o per nulla informato. I risultati dello studio mostrano che gli europei ritengono più corretto che a prendere decisioni sulla scienza sia la comunità scientifica. Tuttavia, anche quando i cittadini europei considerano gli scienziati più esperti i più qualificati per parlare di scienza, ne lamentano una scarsa efficacia comunicativa.
In generale lo studio riporta le seguenti conclusioni: i cittadini credono a) che il pubblico debba essere informato e coinvolto nelle decisioni riguardanti la scienza; b) che i governi non facciano abbastanza per stimolare l’interesse dei giovani verso la scienza; c) che le questioni di salute siano
102Ibid.
103 European Commission (2005b). 104 European Commission (2008).
prioritarie per la ricerca (lo dichiara il 35% degli italiani, contro una media UE del 40%). La maggior parte dei cittadini pensa che scienza e tecnologia rendano la loro vita più salutare (il 67% degli italiani è di questo avviso, contro una media UE del 56%); due europei su cinque ritengono che la scienza possa riuscire a fornire un quadro completo della natura e dell’universo (lo pensa più della metà degli italiani, il 58%, contro il 44% degli europei); due europei su cinque sono superstiziosi (ma ben il 58% in Italia, contro il 40% di media UE); gli europei temono che la tecnoscienza possa essere usata in futuro per atti terroristici (gli italiani sono tra i meno preoccupati, il 64%, contro un 78% di media UE). Per quanto riguarda i rischi tecnologici si ritiene che se questi siano incerti, bisognerebbe considerare la possibilità di arrestare lo sviluppo di una tecnologia, anche se allo stesso tempo ci si preoccupa che dare troppa importanza ai rischi possa rallentare il progresso tecnologico; un giudizio neutrale è espresso sulla scienza: non è ritenuta né "buona" né "cattiva", ma ciò che importa è come viene usata105.
Infine, per quanto riguarda la partecipazione a questioni pubbliche concernenti scienza e tecnologia si conferma il dato del 2005: gli europei non sono generalmente attivi in tali questioni, eccetto coloro che sono specificamente interessati e più direttamente o indirettamente coinvolti nella scienza. Lo studio si conclude con la constatazione negativa che le iniziative messe in pratica per coinvolgere maggiormente i cittadini europei in scienza e tecnologia non sembrano aver portato a rilevanti miglioramenti strutturali negli anni tra il 2000 e il 2010, e che ciò si rifletta nella percezione pubblica attuale riguardo ai due settori.