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Da quando Sabatini, nel 1985 delineò le 35 caratteristiche dell’italiano dell’uso medio119, numerosi studi hanno affrontato gli aspetti evolutivi dell’italiano contemporaneo, mostrando i cambiamenti graduali avvenuti tra la fine dell’Ottocento e la fine del Novecento. Da Nencioni a D’Achille passando per Lepschy, Berruto, Renzi. In alcuni di questi contributi dedicati ai fenomeni emergenti, ai meccanismi di cambiamento e alla difficoltà di individuare il mutamento stesso nel breve periodo, si è spesso lamentata la carenza di repertori e corpora sistematici (di lingua scritta e parlata) per valutare l’effettiva presenza e consistenza di questi fenomeni evolutivi. Una lacuna che, in questi ultimi anni, si sta colmando attraverso ricerche specifiche dove, però, la lingua della Letteratura per l’infanzia si costituisce come un settore ancora tutto da esplorare. Questo sebbene gli studi sulla Letteratura per l’infanzia, le cattedre

117 «Tutti gli usi della parola a tutti mi sembra un bel motto, dal bel suono democratico. Non perché siano tutti

artisti, ma perché nessuno sia schiavo». Rodari G., La grammatica della fantasia. Introduzione all’arte du

inventare storie, Einaudi, Torino, 1973

118Simone R., Le “Tesi” per il 2000, in Italiano e Oltre supplemento al n.5.

universitarie, i master, i corsi di specializzazione, i convegni, le giornate di studio, le occasioni di incontro, i settori delle biblioteche pubbliche dedicate alla Letteratura per l’infanzia, le riviste e le librerie specializzate su questo segmento editoriale, si siano moltiplicate120.

Oggi la ricerca sulla Letteratura per l’infanzia è guidata principalmente da studiosi di formazione più pedagogica che linguistica e letteraria. Gli studi sono principalmente rivolti all’analisi dei temi affrontati nei libri per ragazzi, agli autori, agli illustratori (e all’importanza delle illustrazioni nei libri per bambini e ragazzi), mentre l’ambito linguistico è affrontato prevalentemente dal punto di vista stilistico. La panoramica più importante sulla lingua della Letteratura per l’infanzia è il saggio di Laura Ricci L’italiano per l’infanzia121: una storia della letteratura italiana per l’infanzia, dove l’autrice ripercorre la storia della tradizione favolistica italiana dal Seicento a Calvino e focalizza anche da un punto di vista linguistico le tappe e gli autori più importanti dai fondatori Collodi e De Amicis a Salgari, da Yambo a Rodari e alla sua creatività linguistica (le cui «trasgressioni grammaticali si snodano oltre gli «usi corretti dell’italiano», avvalendosi di «un uso rigoroso della punteggiatura […e di una…] notevole ricercatezza lessicale, con attingimenti anche dalle lingue speciali»122). Quello che più ci

interessa del lavoro della Ricci sono le caratteristiche generali della lingua della letteratura infantile contemporanea; la Ricci constata «la solida tenuta grammaticale anche nei suoi esempi meno pretenziosi e compromessi con le regole di mercato [per esempio i libri della Disney]» e individua come elemento caratterizzante del segmento editoriale la «posizione intermedia tra letterarie e colloquialità»123, anche se gli scrittori - consci del valore esemplare della propria scrittura - hanno saputo costringere «il proprio stile nei ranghi dell’uso normativo»124. Una scelta equilibrata, quindi, che pesca dall’oralità, ricerca la complicità col lettore, ma non presta il fianco al gergo e/o agli usi generazionali (se non per ragioni assolutamente necessarie ai fini narrativi) e sceglie di offrire al suo destinatario prestabilito «ostacoli (come parole nuove, intrecci narrativi articolati, scelte verbali e sintattiche più accurate di quelle della lingua parlata) utili per avviare a una piena comprensione anche di testi più complessi»125.

120 La Storia generale della letteratura italiana (diretta da Borsellino e Pedullà) oggi accoglie un capitolo dedicato esclusivamente alla letteratura per l’infanzia a partire da Collodi e fino a Roberto Piumini, Bianca Pitzorno, Bruno Tognolini e Guido Quarzo.

121 In Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, a cura di Pietro Trifone, Carocci, Roma, 2006, pagg.11-

40.

122 Ricci L., L’italiano per l’infanzia in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, a cura di Pietro Trifone, op. cit., pag.282.-287.

123 Ibidem, pagg. 289-291: «Una moderata colloquialità, distante sì dall’immediata oralità, ma anche da complicazioni sintattiche e da certi perbenismi lessicali a volte incoraggiati nella pratica scolastica».

124 Ibidem, pag. 291. 125 Ibidem, pag.291.

Questo legame a doppio filo con la lingua dell’oralità (e quindi la prevalenza della paratassi sull’ipotassi, con una netta prevalenza tra le subordinate di relative; le ripetizioni, la presenza di connettivi e del discorso diretto) è stata indagata anche da Angela Pesce che ha segnalato anche gli usi di tratti tipici dell’italiano dell’uso medio come la presenza esclusiva di lui/lei/loro come soggetti, l’assenza di codesto, il quale, ciò e il frequente ricorso al c’è presentativo, la predilezione di predicati appropriati al contesto rispetto «predicati generici di uso comune come fare, tenere, prendere, andare»126. Lo studio della Pesce che ha sondato dieci libri pubblicati nel 2002 rivolti alla prima infanzia e ai primi lettori (rispettivamente 2-3 anni e 6-7 anni) ha anche rilevato però il totale rispetto della norma nella concordanza dei tempi nei periodi, l’assenza di indicativi pro congiuntivi e di indicativi pro condizionali, l’assenza di frasi marcate. E secondo la studiosa, questo realizza un mix «composito, che sa mettere insieme semplicità e complessità, tratto dell’uso orale e aspetti tipici dello scritto, trasgressione e adesione alla norma […una dialettica che…] fa in modo che i bambini non sentano la lingua scritta come un codice estraneo e innaturale, ma anzi avvertano una continuità tra la lingua che già parlano e quella che si trovano per la prima volta a leggere [e] fa sì che i bambini mettano in atto, in modo ancora non del tutto consapevole, una prima riflessione sulla lingua»127.

2.3) LINGUA E LINGUAGGI DELL’EDITORIA PER L’INFANZIA E PER RAGAZZI

Molti racconti fiabeschi, soprattutto i più famosi, hanno attraversato diversi paesi europei con le migrazioni dei popoli e il viaggiare dei contastorie. E’ la ragione per la quale troviamo fiabe simili alle nostre europee, per contenuto e struttura, anche in Africa, in Asia. Ovviamente in questo cammino il testo via via si modifica, vale a dire che acquisisce elementi, costumi e tradizioni del luogo in cui viene narrato. E quello che cambia non sono struttura, personaggi e/o vicende, ma le caratteristiche dello sfondo ambientale, compreso il linguaggio: «La fiaba è soggetta ad assorbire qualcosa del luogo in cui è narrata, un paesaggio, un costume, una moralità, o solo un vaghissimo accenno o sapore di quel paese»128.

Non solo. Nel tempo, le fiabe sono state “vittime” dei compilatori che le hanno deformate, considerando necessaria l’eliminazione di alcuni elementi considerati immorali o inadatti ai bambini: le parti che si riferiscono al sesso o alla morte, le descrizioni ritenute troppo

126 Pesce A., Una lingua per l’infanzia, in AA. VV. (a cura di Frasnedi F.), Quaderni dell’Osservatorio linguistico Vol. I, Franco Angeli editore, Milano, 2002, pagg.293-315.

127 Ibidem. pagg. 313-314