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Il nostro itinerario didattico, quindi, prende le mosse dall’affermazioni di Noam Chomsky che nel 1968, in Introduzione alla linguistica applicata, affermò: «Possiamo solo

321Di particolare interesse per la glottodidattica sono alcuni risultati della ricerca neuro linguistica, secondo la quale l’emisfero sinistra oriocessa la fonologia, la morfologia e la sintassi; seleziona gli elementi più adatti nella costruzione del periodo e determina il significato letterale e a livello del periodo stesso; mentre l’emisfero destro controlla gli elementi prosodici come il ritmo e l’intonazione; elabora gli aspetti connotativi ed espressivi; definisce le implicazioni funzionali e determina il significato figurato e a livello di un intero enunciato. Questa visione bifocale dell’apprendimento linguistico implica un coinvolgimento integrale, cognitivo e affettivo della mente che deve essere attivata sua nello studio analitico degli aspetti formali del sistema linguistico, attraverso processi sistematici e deduttivi (emisfero sinistro), sia nello sviluppo più globale delle abilità funzionali e comunicative, attraverso processi intuitivi e induttivi (emisfero destro). Cfr. Danesi M., Il cervello in aula.

Neurolinguistica e didattica delle lingue, Guerra Perugia, 1998, in Mariani L., “Stili e strategie nella dinamica apprendimento/insegnamento della lingua”, Lingua e nuova didattica, Anno XXV, Numero Speciale.

suggerire che un programma didattico sia concepito in modo da dare libero gioco a quelli principi creativi che gli essere umani utilizzano nel processo di apprendimento linguistico, e presumo nell’apprendimento di qualsiasi altra cosa. Penso che dovremmo probabilmente tentare di creare un ricco ambiente per l’euristica intuitiva che l’essere umano possiede automaticamente»322.

Alla luce di questo e delle più recenti teorie in tema di insegnamento della grammatica a scuola, si intende attivare il processo di riflessione linguistica323, vale a dire quel processo cognitivo attraverso il quale lo studente scopre le regolarità della lingua con la quale viene in contatto dando priorità a un approccio induttivo, piuttosto che deduttivo. Questo processo, implica la dinamicità della riflessione linguistica, dove le regole - sotto la guida dell’insegnante che punta a promuovere l’autonomia - sono meccanismi di funzionamento della lingua e riguardano tutti gli aspetti legati alla comunicazione. In questo modo, lo studente non abbraccia solo la competenza linguistica (e quindi la grammatica tradizionale), ma anche tutti i problemi posti da varietà legate alla situazione sociale, all’area geografica, al canale usato: oggetto della riflessione linguistica infatti è il fenomeno lingua nella sua complessità, non solo la forma della lingua324.

In questi termini, l’insegnante deve costruire dei percorsi di “scoperta” grammaticale su cui condurre gli studenti e coinvolgerli nella costruzione di conoscenze, attivando capacità di base - ma trasversali a varie discipline - come l’osservazione, la classificazione, il confronto, l’ordinamento, l’inclusione, la categorizzazione e sviluppando competenze metalinguistica e metacomunicative, vale a dire la capacità di ragionare esplicitamente sulle regole e di passare dalla competenza d’uso alla competenza sull’uso. Non più quindi memorizzazione e applicazione passiva di regole, ma un processo attivo di analisi della lingua alla ricerca di regolarità e modelli. La lingua oggi si impara usandola in contesti significativi e motivanti, il più possibile autentici e non studiandone le regole. Del resto, l’approccio contrastivo, l’analisi degli errori325, l’ipotesi dell’interlingua e il modello LAD di Chomsky hanno contribuito a

322 Chomsky N., in Corder S.P. Introduzione alla linguistica applicata, Bologna, Il Mulino, 1983, pag. 372. 323 Il concetto di “riflessione linguistica” è relativamente recente in Italia ed è presente nei Programmi scolastici ministeriali per la Scuola media dal 1979, alla fine di un lungo percorso ideologico che ha messo in crisi la tradizionale concezione della grammatica di una lingua, applicata per lunghissimo tempo all’insegnamento delle lingue. Il concetto di riflessione linguistica riabilita l’importanza della conoscenza delle regole di funzionamento e della struttura di una lingua, ma vuole al tempo stesso superare la tradizione glottodidattica che incentra sulla grammatica e sull’insegnamento esplicito delle regole morfosintattiche l’insegnamento delle lingue. A seguito di questo, negli ultimi decenni, le lingue si sono per lo più insegnate in base ai principi del comunicativismo che accentua l’importanza della dimensione funzionale della lingua

324 Balboni P.E., Fare educazione linguistica, Utet, Torino, 2008.

325 Per errore si intende solitamente uno «scarto rispetto alla norma riconosciuta e codificata dalla comunità linguistica». In questo senso è facile osservare come un errore sia un indizio di una relazione complessa tra codice

dimostrare e a evidenziare che ogni parlante, a contatto con una lingua, finisce per costruirsi una propria grammatica induttiva, basata sulla creazione spontanea di ipotesi e regole sul funzionamento della lingua stessa (utilizzando strategie di semplificazione, ipergeneralizzazione, transfer, ipercorrettismo… applicando quindi ipotesi errate che, anche se dotate di logica interna, vanno corrette).

Si farà leva sul piacere della scoperta della novità, della sistematizzazione, ella sfida a risolvere un determinato problema portando gli studenti a essere attivi nel confrontarsi con la lingua per scoprirne i meccanismi interni e non “cavie” passivamente esposte alla spiegazione della regola grammaticale. A questo fine, il confronto con i pari (oltre che con l’insegnante) sarà fondamentale: le potenzialità di interazione con i compagni, in un’ottica costruttivista, può essere determinante nel percorso ideale dall’osservazione della lingua, alla formazione delle ipotesi, alla verifica della loro fondatezza, fino al riuso delle regole ipotizzate, verificate e fissate.

La metodologia sarà di tipo induttivo. Partendo dai testi selezionati, e quindi da più esempi di lingua, si tenterà di estrapolare la regola e - considerato il caso specifico dell’itinerario didatti proposto più avanti - uno schema del sistema dei pronomi italiani nelle forme libere e clitiche, con funzioni di soggetto e complemento diretto e indiretto. Il metodo induttivo si basa sulla scoperta e favorisce l’autonomia del discente che diviene protagonista del processo di acquisizione.

L’insegnante punterà alla concretezza, ricercando nei contenuti su cui si sta lavorando, la giusta mediazione tra esaustivi e funzionalità, tra completezza e operatività. Questo perché l’insegnamento della lingua e della grammatica, per lo studente deve avere una forte base funzionale: deve servirgli per scopi comunicativi ed espressivi.

Il tema grammaticale trattato verrà esplorato in tre aspetti: quello della forma (perché superare l’insegnamento tradizionale della grammatica non significa non occuparsi delle regole grammaticali, nei loro aspetti fonologici, grafemici, lessicali, morfosintattici, testuali, significa piuttosto occuparsene partendo da basi significative e utili per lo studente), quello dell’uso (all’interno dei contesti sociali e comunicativi che sono importanti da conoscere e rispettare), quello delle funzioni (perché si comunica per ottenere scopi pragmatici, perché la lingua ha una

linguistico e usi comunicativi delle strutture di tale codice da parte dei suoi utenti. Le tipologie di errore sono dunque riconducibili a diverse situazioni e funzioni d’uso. Possiamo quindi riconoscere anzitutto una differenza tra: l’errore di apprendimento (vale a dire una mancato conoscenza della regola del codice, sia a livello ortografico, morfosintattico e lessicale), l’errore di produzione (quelli che si commettono quando, anche se la regola è consciuta non viene padroneggiata a sufficienza o non viene applicata per ininfluenza del contesto comunicativo). In ogni caso l’errore si verifica di solito in un punto di crisi del codice linguistico, ovvero laddove il sistema ortografico, morfosintattico o lessicale presenta regole che esulano dai principi base dell’analogia o dell’opposizione. In prospettiva glottodidattica, l’errore rappresenta una tappa evolutiva nella costituzione di sistemi di regole.

dimensione funzionale che va considerata e gli studenti devono essere consapevoli di cosa si esprime quando si usa una determinata forma linguistica e se ci sono altre forme che possono esprimere la stessa funzione).

In particolare, visto che nel caso del nostro itinerario i destinatari sono bambini, è importante dare uno sguardo al tema della riflessione linguistica con i piccoli. Le metodologie segnalate finora risultano ideali per i bambini che attraverso un sistema induttivo e concreto sono attivi nella scoperta della regola, attraverso la manipolazione della lingua, le attività concrete. Anche l’interazione tra pari si rivela fondamentale visto che attraverso la discussione sulle loro osservazioni sarà possibile verificare le regole in una continua attività informale di osservazione della lingua e di stimolazione al confronto. L’esercizio sarà proposto sotto forma di gioco o di problema per stimolarne le capacità di osservazione. La fissazione delle regole, quindi, avverrà attraverso degli esercizi strutturali concepiti come giochi basati principalmente sulle tecniche di combinazione e incastro, sulla caccia all’errore, sull’esplicitazione.

La decisione di lavorare sui pronomi è dovuta al fatto e il sistema pronominale è lo specchio di quelli che vengono chiamati fenomeni di ristandardizzazione, ovvero gli aspetti più eclatanti del cambiamento linguistico cui ogni lingua è esposta. Fornire a un’osservazione sociolinguistica un’analisi strutturale farà capire come e perché una lingua evolve e aiuterà a conoscere meglio e usare al meglio la propria lingua.

All’inizio, dell’itinerario sarà necessario circoscrivere l’argomento fornendo una serie di esempi (anche spiegando l’etimologia della parola come “elemento che sostituisce il nome”) e introdurre il concetto di referenzialità, proprietà intima dei pronomi. Mentre durante lo svolgimento del percorso, potrebbe risultare utile far notare la distribuzione sintattica delle forme libere (o toniche) e delle forme clitiche (o atone), ma anche la distribuzione semantico- pragmatica (che mostra le forme atone utilizzate per un antecedente atteso, noto a chi parla perché già menzionato nel discorso e le forme toniche per introdurre un referente inatteso, nuovo dal punto di vista dell’organizzazione delle informazioni linguistiche). Infine, a conclusione dell’itinerario, potrebbe risultare utile e divertente per gli allievi cimentarsi con le dislocazioni e le frasi marcate in genere basate su varianti che dipendono ad dimensioni linguistiche diverse (regionali, sociali, diafasiche…) per aumentare la consapevolezza d’uso e far emergere il concetto di ridondanza.