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2.3) LINGUA E LINGUAGGI DELL’EDITORIA PER L’INFANZIA E PER RAGAZZ

paratassi sull’ipotassi, con una netta prevalenza tra le subordinate di relative; le ripetizioni, la presenza di connettivi e del discorso diretto) è stata indagata anche da Angela Pesce che ha segnalato anche gli usi di tratti tipici dell’italiano dell’uso medio come la presenza esclusiva di lui/lei/loro come soggetti, l’assenza di codesto, il quale, ciò e il frequente ricorso al c’è presentativo, la predilezione di predicati appropriati al contesto rispetto «predicati generici di uso comune come fare, tenere, prendere, andare»126. Lo studio della Pesce che ha sondato dieci libri pubblicati nel 2002 rivolti alla prima infanzia e ai primi lettori (rispettivamente 2-3 anni e 6-7 anni) ha anche rilevato però il totale rispetto della norma nella concordanza dei tempi nei periodi, l’assenza di indicativi pro congiuntivi e di indicativi pro condizionali, l’assenza di frasi marcate. E secondo la studiosa, questo realizza un mix «composito, che sa mettere insieme semplicità e complessità, tratto dell’uso orale e aspetti tipici dello scritto, trasgressione e adesione alla norma […una dialettica che…] fa in modo che i bambini non sentano la lingua scritta come un codice estraneo e innaturale, ma anzi avvertano una continuità tra la lingua che già parlano e quella che si trovano per la prima volta a leggere [e] fa sì che i bambini mettano in atto, in modo ancora non del tutto consapevole, una prima riflessione sulla lingua»127.

2.3) LINGUA E LINGUAGGI DELL’EDITORIA PER L’INFANZIA E PER RAGAZZI

Molti racconti fiabeschi, soprattutto i più famosi, hanno attraversato diversi paesi europei con le migrazioni dei popoli e il viaggiare dei contastorie. E’ la ragione per la quale troviamo fiabe simili alle nostre europee, per contenuto e struttura, anche in Africa, in Asia. Ovviamente in questo cammino il testo via via si modifica, vale a dire che acquisisce elementi, costumi e tradizioni del luogo in cui viene narrato. E quello che cambia non sono struttura, personaggi e/o vicende, ma le caratteristiche dello sfondo ambientale, compreso il linguaggio: «La fiaba è soggetta ad assorbire qualcosa del luogo in cui è narrata, un paesaggio, un costume, una moralità, o solo un vaghissimo accenno o sapore di quel paese»128.

Non solo. Nel tempo, le fiabe sono state “vittime” dei compilatori che le hanno deformate, considerando necessaria l’eliminazione di alcuni elementi considerati immorali o inadatti ai bambini: le parti che si riferiscono al sesso o alla morte, le descrizioni ritenute troppo

126 Pesce A., Una lingua per l’infanzia, in AA. VV. (a cura di Frasnedi F.), Quaderni dell’Osservatorio linguistico Vol. I, Franco Angeli editore, Milano, 2002, pagg.293-315.

127 Ibidem. pagg. 313-314

crudeli, brutali e violente, le espressioni considerate troppo grossolane. Rifacimenti e alterazioni profonde, operazioni di adattamento e riduzione che modificano profondamente il testo sia a livello linguistico sia a livello strutturale perché - erroneamente - si ritiene che la letteratura per ragazzi possa essere manipolata a “scopi educativi”.

L’intento è quello di proteggere l’infanzia, salvaguardando l’ingenuità e la purezza dei bambini e dei ragazzi: una «comprensibile preoccupazione educativa che ha assunto toni perentori e censori»129. Se, in alcuni casi, le fiabe sono sconsigliate per il loro contenuto, in altri vengono consentite purché «lette in una versione adattata e purgata»130.

Da questa opera di “adattamento” sono colpite non solo le fiabe, ma anche romanzi e altre opere, inizialmente non destinate a un pubblico giovane, che vengono ridotte, rimaneggiate e “adeguate” a un pubblico di bambini e ragazzi. La selezione delle opere viene operata in nome dei valori condivisi, ma «questo controllo implica un’operazione di riduzione e adattamento di molte opere che vengono modificate a livello di contenuto, di struttura e di stile, alfine di semplificarle e di adeguarle ai valori da veicolare e ai modelli da rappresentare»131. La riduzione, alla quasi si abbina un processo di rielaborazione linguistica, trasforma la fiaba in un’imitazione di se stessa con un linguaggio stereotipato e banale che - spesso - fa assumere al racconto un tono paternalistico: «Queste manomissioni sono dettate da un intento didascalico, che immiserisce e impoverisce la fiaba nei suoi significati e nella sua bellezza artistico-formale, cristallizzandola in immagini stereotipate che ben poco conservano dei testi originali»132. Nel processo di rielaborazione linguistica - che può arrivare anche alla completa riscrittura del testo - infatti, «si alleggeriscono le descrizioni e i periodi pesanti e complessi, adottando un linguaggio più semplice e comprensibile, ma anche più lezioso e infantilissimo, ricco di inutili quanto assurdi diminutivi e vezzeggiativi»133. Inizialmente, tanto la selezione quando le revisioni avvengono in maniera trasparente (anche i fratelli Grimm - per esempio - ammettono di essersi presi non poche licenze nel purgare e rimaneggiare i racconti per renderli adatti ai

129 Blezza Picherle S., Libri, bambini, ragazzi. Incontri tra educazione e letteratura, Vita & Pensiero, Milano, 2004, pag. 65.

130 Ibidem, pag. 66. 131 Ibidem, pag. 71. 132 Ibidem, pag. 74.

133 Ibidem, pag. 71: «I diversi tipi di trattamento, effettuati per altro in modo integrato , interessano soprattutto le opere straniere. La traduzione, che in tutti i casi implica un tradimento dell’opera, è stata sapientemente usata per impartire insegnamenti e per rendere educativo il racconto. E’ nelle traduzioni che si compiono i peggiori stravolgimenti, i quali aumentano quando il curatore-riscrittole non legge le opere straniere in lingua originale. Accade che egli adoperi una versione già tradotta e magari già modificata, per cui alla fine il bambino-lettore si trova di fronte a un testo che è passato attraverso più fasi di adattamento e di riduzione. Durante ognuno di questi passaggi la storia si carica di messaggi rispecchianti le diverse idee e ideologie educative, sia del singolo che di un preciso periodo storico».

bambini); nel tempo, però, «gran parte dei compilatori […] ha operato silenziosamente ben più gravi omissioni e deformazioni, tanto che molti testi originali hanno perso l’originale vigore, la vitalità, i particolari coloriti della vicenda, insomma la loro vera essenza»134. «Queste e altre forme di adattamento135 […] hanno impedito per lungo tempo ai bambini e ai ragazzi di conoscere l’autentico quanto affascinante mondo delle grandi opere classiche. La maggioranza dei classici per adulti sono stati riscritti integralmente da scrittori e compilatori, i quali al fine di renderli leggibili a un pubblico giovane ne hanno modificato completamente il senso, il linguaggio e lo stile. […] Quest’operazione semplificatrice suscita numerose perplessità, soprattutto quando i riscrittori, pur adottando una prosa gradevole, snaturano non solo il contenuto, ma anche lo stile. La magia della narrativa è racchiusa infatti nella forza della “parola” che solo i grandi scrittori sanno usare con maestria, creando quell’atmosfera speciale […] Moltissimi compilatori […] approfittano della rielaborazione linguistico-stilistica per cambiare episodi e per aggiungere sani consigli e suggerimenti morali. Nella maggior parte dei casi la riscrittura […] trasforma a tal punto il testo sino a farlo diventare “altro da sé”»136.

Come dicevamo, la fiaba in particolare si presta, come forma letteraria, si risponde alla doppia finalità dell’editoria per bambini e ragazzi: quella di narrare da una parte e di essere programmatica, di formare, dall’altra. Ma «rendere pienamente educativa la narrativa ha significato interpretare importanti opere per ragazzi in modo ideologicamente forzato, cioè alla luce dei valori e degli ideali personali o dominanti di un determinato periodo storico»137.

Le opere per ragazzi vengono dunque piegate per scopi didattico-educativi: un arbitrarietà interpretativa che modificando il senso del testo finisce per trasformarlo in un pretesto, cioè in un’occasione per evidenziare idee e messaggi che riflettono il proprio obiettivo didascalico piuttosto che il pensiero dell’autore, arrivando a soffocarne i significati più autentici, proprio come sostenuto anche da Umberto Eco quando sostiene che sia necessario

134 Lurie A., Non ditelo ai grandi, A. Mondadori, Milano, 1993, pag. 28-29.

135 Carla Ida Salviati ha approfondito lo studio degli interventi testuali nelle fiabe evidenziando i diversi tipi: la riduzione, la correzione, l’attenuazione, la censura e l’aggiunta.

Salviati C.I., Raccontare destini. La fiaba come materia prima dell’immaginario di ieri e di oggi, Einaudi ragazzi, EL, S. Dorligo della Valle (TS), 2002

136 Blezza Picherle S., op. cit. ibidem, pag. 75.

137 Blezza Picherle S., op. cit., ibidem, pag. 80. «Un primo esempio significativo riguarda Pinocchio che, pur essendo un’opera polisemica e ricca di una forte carica trasgressiva, viene letto più spesso alla luce degli insegnamenti morali che se ne possono trarre. Per Vincenzina Battisteri Pinocchio è “l’alleato dei grandi a tener quieti e attenti i piccini nel rimproverarli e nel moralizzarli garbatamente” […] Circa vent’anni più tardi anche Ottavia Bonafin interpreta l’opera colligiana a senso unico sottolineandone l’esclusiva valenza educativa […] La maggior parte dei critici e degli studiosi non concorda affatto con questa interpretazione morale del capolavoro collodiano. Si tratta infatti di una lettura troppo semplicistica che tradisce la complessità dell’opera, la cui dimensione trasgressiva e critico-satirica assume una rilevanza significativa».

Battisteri V., La letteratura infantile moderna. Guida bibliografica, Vallecchi, Firenze, 1923, pagg. 56-57. Bonafin O., La letteratura per l’infanzia. Note storiche, critiche e bibliografiche, La Scuola, Brescia, 1946.

distinguere «l’uso libero di un testo assunto quale stimolo immaginativo dall’interpretazione di un testo aperto» dove il lettore «usa il testo come un contenitore per le proprie passioni che possono provenire dall’esterno del testo, o che il testo può eccitare in maniera casuale»138.

«Nel passato, insomma, sono state proposte ai ragazzi soltanto le letture “adatte” cioè quelle ritenute valide sotto il profilo morale in quanto si doveva leggere soprattutto per diventare uomini e donne migliori. Il libro di narrativa “amena” viene quindi sottoposto a un rigido controllo poiché si ritiene che il ragazzo non può scegliere da sé le proprie letture, non possedendo la maturità necessaria per valutare ciò che risulta utile per la sua crescita»139. Questo atteggiamento protettivo nei confronti dell’infanzia, però, si trasforma spesso in una selezione e in una valutazione troppo rigida e soprattutto è stata l’origine di una situazione ambigua a causa della quale i ragazzi «per molto tempo non hanno potuto godere del diritto basilare di ogni lettore adulto, che è quello di scegliere le proprie letture in funzione del piacere e del godimento». Un comportamento che - fortunatamente - non si riscontra nella moderna letteratura per bambini e per ragazzi.

Anche il linguaggio utilizzato in una letteratura scritta con queste finalità istruttive riflette «i valori e gli ideali della società di un determinato periodo storico e di conseguenza la rappresentazione che si ha dell’infanzia»140.

Inizialmente, la preoccupazione dello scrittore è quella di scrivere in modo semplice e chiaro in modo che il testo possa risultare facilmente comprensibile anche ai lettori ancora inesperti. I periodi sono lineari e fluidi; si evitano le frasi troppo elaborate, allontanandosi da quello che era stato lo stile ottocentesco. Il lessico, però è preciso, corretto; di più chi utilizza un lessico generico, vago o impreciso è da criticare141 perché spinge all’approssimazione142. Purtroppo, spesso, le due “indicazioni” non camminano sullo stesso binario. Se da un lato, per quanto riguarda le descrizioni «la narrativa otto-novecentesca risulta prolissa, in quanto si elencano minuziosamente tutti gli elementi che caratterizzano i paesaggi, gli ambienti e i personaggi»143 con una preoccupazione didascalica che appesantisce il testo, dall’altro lato «l’uso di un linguaggio semplice, chiaro e preciso fa sì che la scrittura per ragazzi si impoverisca

138 Eco U., Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979, pag. 10. 139 Blezza Picherle S., op. cit., pag. 87.

140 Blezza Picherle S., op. cit., pag. 53-63.

141 Bitelli G., Piccola guida alla conoscenza della letteratura infantile, G.B. Partiva & C., Torino, 1946, pagg. 30- 31: «I ragazzi impareranno e scriveranno che i funghi sono avvelenati anziché velenosi, che la mamma mescola la polenta invece di rimestarla o dimenarla, che il cane grida e non abbaia e i tacchini escono in esclamazioni invece di gurgugliare».

142 Ibidem, pag. 32: «Occorre allargare la conoscenza dei vocaboli e conviene che gli autori dei libri per la gioventù rivestano il periodo di nomi, di aggettivi, di avverbi convenienti all’azione che intendono descrivere, e lo potenziano di rigorosa proprietà espressiva».

poiché vengono a mancare quei tratti originali che dovrebbero connotare ogni opera artistica, anche quella rivolta ai ragazzi. Un vero artista infatti manipola il linguaggio, ricercando espressioni originali e inconsuete rispetto al parlare quotidiano. Una buona parte dei libri scritti tra il tardo Ottocento i primi decenni del Novecento adotta uno stile che scade sovente nella banalità e nell’ovvietà»144.

Nei libri per ragazzi fino al secondo dopoguerra, il linguaggio è melenso, lezioso di tipo «infantilistico», vale a dire che si ricorre spesso all’uso di diminutivi e vezzeggiativi (rivolti non solo ai personaggi-bambini, ma anche agli ambienti, alle persone e agli oggetti)145. Una tendenza che si rivela anche nei nomi propri dei personaggi che popolano questa narrativa (Annina, Luisetta, Mariuccia…) e nei titoli stessi delle opere (Il buon fanciullino, Il giornalino declinometri e delle donnine…). E ancora, un’altra caratteristica del linguaggio utilizzato nella narrativa per ragazzi che possiamo classificare come istruttivo-educativa è quella di essere edulcorato, purgato e “attenuato”146 dalle parole, dalle descrizioni, dalle espressioni ritenute troppo crudeli, brutali, violente, grossolane o volgari. Questa forma di censura, in alcuni casi è un intervento che può essere interpretato alla luce di una precisa e cosciente volontà di agire sui contenuti dell’opera originale perché ritenuti immorali o inadatti al mondo dell’infanzia147.

Sul linguaggio, pesano anche le integrazioni, spesso aggiunte esplicative, che si soffermano sui dettagli, attributi ed elementi al fine di semplificare e chiarire le situazioni snaturando, però, l’essenza stilistico-formale della fiaba che non si sofferma sui dettagli usando pochi essenziali aggettivi.

144 Ibidem., pag. 54.

145 Anche nella Letteratura per l’infanzia contemporanea, il numero di alterati presenti è piuttosto elevato: un vero e proprio tratto tipico di questo segmento editoriale. Ci sono composizioni erotizzanti (“superconiglio”), superlativi enfatici (“un gioco bellissimo che si chiama carota pigliatutto”), diminuito vi addolcenti (“casetta”, “calduccio”, “vocina”, “sonnellino”), aggettivazioni semplici, ma emotive (“i suoi grandi occhi gialli”, “il tunnel spaventoso”) - esempi tratti da Giulio Conglio. Storie di paura e di coraggio di Nicoletta Costa, Franco Cosimo Panini, 2011. L’aggettivazione superlativa è conforme a questa sfera dell’esagerazione (“aveva forse mille denti dentro una bocca enorme”). Altre caratteristiche diffuse sono gli abbinamenti sintagmatici inusuali (“coccodrillo da guardia”) - esempi tratti da Il coccodrillo gentile di Anton Gionata Ferrari, Il Castoro, 2008.

146 Salviati C. I., Raccontare destini. La fiaba come materia prima dell’immaginario, op. cit., pag.52-53; op. cit. in Blezza Picherle S., Letteratura per l’infanzia. Ambiti, caratteristiche, tematiche, op. cit. pag 68-75: «Altro intervento è l’attenuazione, cioè la sostituzione di uno o più termini ritenuti troppo coloriti e pesanti e quindi poco adatti alla lettura infantile. Talvolta i nuovi termini appaiono meno vivaci e più vaghi, mentre spesso se ne adottano altri di significato molto diverso dall’originale, il che altera profondamente il testo originale. Tale tipo di intervento va dalla pura e semplice trascuratezza fino ai più gravi controsenso insinuanti e pericolosi. […] Allora in

Cenerentola di Charles Perrault il termine “Culdicenere” è spesso eliminato; in altre fiabe “gattabuia” diventa

“prigione”; “Porco” diventa “maialino” […] ecc.»

147 A livello contenutistico la censura si manifesta in vari aspetti: dalla sfera religiosa all’ambito familiare, dallo spirito d’iniziativa femminile (la donna nella fiaba popolare è altrettanto abile e attiva degli uomini) al tema orrifico. Per esempio, in alcune versioni si censurano gli spargimenti di sangue e la morte dei malvagi; in altre meno edulcorate la morte viene “addolcita” in modo da farla apparire giusta e non crudele o viene sostituita fatalmente da una morte naturale o accidentale.

Fra le opere classiche le grave son quelle che hanno subito e continuano a subire maggiori alterazioni in fase di traduzione e riscrittura per i bambini. E la fiaba classica e popolare è anche la forma letteraria più studiata secondo metodologie pertinenti a diverse discipline (letteratura etnografia, psicoanalisi, semiologia, critica letteraria, pedagogia, sociologia…) anche ai fini dell’educazione alla lettura. Alla fiaba sono assegnati molti compiti, funzioni fondamentali per lo sviluppo complessivo del bambino a livello della personalità, intellettuale, linguistico ed emotivo-affettivo148.

148 Le molteplici funzioni educative e formative della fiaba - se guardata dai diversi punti prospettici offerti delle discipline che concorrono al suo studio - sono esplicitati nel volume Il mondo incantato. Uso, importanza e

CAPITOLO III