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Ketorolac e FANS

Il Ketorolac, è un farmaco antiinfiammatorio non steroideo (FANS) appartenente alla famiglia degli Eteroaril-alcanoici, che è di frequente utilizzo in terapia antalgica postoperatoria e somma all'effetto analgesico anche quello antipiretico ed antiflogistico.

In linea generale, i FANS vengono distinti in diverse classi chimiche caratterizzate da farmacocinetica diversa ma svariate caratteristiche comuni quali l'essere chimicamente acidi organici deboli. La maggior parte dei fans è ampiamente metabolizzata da reazioni di fase uno seguite da reazioni di fase II, ed il metabolismo di questa classe farmacologica procede per la maggior parte attraverso la via dei citocromi CYP3A e CYP2C, appartenenti al sistema enzimatico epatico dei citocromi P450. La più importante via di eliminazione di questi farmaci è rappresentata dalla eliminazione renale, ma quasi tutti i FANS sono anche sottoposti per una certa percentuale ad escrezione biliare o riassorbimento attraverso la circolazione entero-epatica. Proprio in virtù della diversa percentuale di circolazione entero epatica si ha la variabilità riguardo al grado di irritazione del tratto gastrointestinale che può verificarsi a seguito dell'assunzione cronica di tali farmaci.

L'attività antiinfiammatoria ed analgesica dei fans è principalmente dovuta all'inibizione della sintesi di prostaglandine. Nel caso particolare in esame, anche il Ketorolac esercita la sua azione analgesica periferica attraverso l'inibizione delle Cicloossigenasi (COX1 e COX2) ed impedendo in tal modo la sintesi di prostaglandine e trombossani. Il danno tissutale inevitabilmente conseguente allo stimolo chirurgico, infatti, ha l'effetto di indurre la liberazione di prostaglandine E che

31 aumentano la sensibilità dei nocicettori nei confronti di bradichinina, istamina e serotonina. [16]

L'eccitazione del sistema nocicettivo avviene solo in presenza di prostaglandine E, che vengono sintetizzate soltanto a seguito di un danno alla membrana cellulare.

Mentre le cicloossigenasi di tipo uno sono costitutivamente presenti nella maggior parte delle cellule endoteliali, nei reni, nello stomaco, nelle piastrine e nei tubuli renali , le ciclossigenasi di tipo due sono inducibili, ed in condizioni fisiologiche non sono dimostrabili nella maggioranza dei tessuti, aumentando la loro concentrazione a seguito di uno stimolo flogistico. Risultano costitutivamente espresse solamente a carico di encefalo e tubuli renali e rappresentano le principali responsabili dello stimolo algico, flogistico e della risposta febbrile. L'azione di farmaci come il Ketorolac, dunque, è basata in maniera preponderante sulla inibizione delle cicloosigenasi e sulla conseguente sintesi di prostaglandine, oltre che sull'inibizione della liberazione dei mediatori chimici della flogosi da neutrofili e macrofagi. L'azione sulla COX-2 fornisce quindi l'effetto antinfiammatorio e analgesico, mentre, non essendo un inibitore selettivo delle cicloossigenasi di tipo due, l'azione sulla COX-1 induce l'insorgenza degli effetti collaterali più frequenti quali la gastrolesività e la nefrotossicità.

Il principale impiego del Ketorolac è proprio nella terapia antalgica post operatoria, ai fini di evitare proprio l'instaurarsi di lesioni gastriche, con conseguente rischio di sanguinamento gastro intestinale, oltre che di eventi trombotici arteriosi che sono più frequentemente riscontrabili a seguito di trattamento prolungato per oltre cinque giorni.

Come vantaggio rispetto agli oppioidi, d'altro canto, i FANS non provocano nausea né vomito e non alterano la motilità gastrointestinale.

32 Inoltre, non presentano neanche il rischio di eccessiva sedazione e depressione respiratoria, a fronte di una attività analgesica paragonabile a quella degli oppiacei: 30 mg di Ketorolac intravenoso/intramuscolare hanno una potenza analgesica pari a circa 12 mg di Morfina intravenosa/intramuscolare, ed a Meperidina cloridrato (Petidina) 75 mg intravenosa-intramuscolare) [17]

Attualmente, il protocollo prevede anche l'utilizzo di paracetamolo in Recovery room in quantità di un grammo somministrato per via endovenosa come antidolorifico di supporto su richiesta del paziente.

8. Paracetamolo

Gli analgesici non oppioidi, infatti, vengono impiegati nei dolori d'intensità leggera fino a moderata. Nei dolori forti, quali quelli che possono verificarsi come esito di intervento chirurgico, vengono appunto utilizzati per adiuvare l'efficacia degli oppioidi e ridurne l'utilizzo. Proprio a questo scopo, nella Recovery room si prevede che i pazienti, ormai estubati ed al termine della procedura chirurgica, possano durante il periodo di osservazione assumere un grammo di Paracetamolo qualora provassero dolore. Allo stesso fine, viene lasciata ai pazienti la possibilità di richiedere il paracetamolo anche una volta ricoverati in reparto, in aggiunta alla dose di Ketorolac somministrata ogni otto ore. La scelta tra gli antidolorifici ricade sul paracetamolo a causa del suo favorevole profilo tra beneficio ed effetti collaterali. In caso di somministrazione per via endovenosa, l'effetto analgesico è paragonabile a quello del metamizolo. [18]

Il paracetamolo, infatti, rappresenta il metabolita attivo della fenacetina, che è responsabile dei suoi effetti antidolorifici. E' un debole inibitore

33 della COX-1 e della COX-2 nei tessuti periferici, e non ha effetti antiinfiammatori significativi.

La sostanza viene somministrata per via endovenosa come infusione in un periodo breve (un grammo diluito a 100 ml di soluzione di NaCl in un periodo di 15-30 minuti). E' tuttavia necessario considerare che, nonostante le eccellenti proprietà antidolorifiche che svolgono effetto sinergico in concomitanza con gli oppioidi, i FANS non sono scevri da effetti collaterali ben noti. Questi farmaci, al contrario degli oppioidi che operano nel sistema nervoso centrale, agiscono principalmente sui nocicettori dei tessuti traumatizzati. Essi vengono descritti come analgesici periferici, sebbene sia stato dimostrato sperimentalmente anche il loro meccanismo di analgesia centrale a carico del grigio periacqueduttale. Il paracetamolo afferisce ai derivati dell'anilina, e diversamente dai derivati degli acidi carbonici e dai derivati pirazolonici, non presenta effetto antiinfiammatorio ma agisce soltanto quale analgesico ed antipiretico. Il paracetamolo non inibisce la sintesi delle prostaglandine periferiche, mentre inibisce quelle centrali e quindi ha un effetto antipiretico. Il meccanismo d'azione sul dolore non è stato fino ad ora ben chiarito: si presume sia dovuto all'inibizione di Cox-3 centrali. [19]

La potenza analgesica del paracetamolo nel dolore post operatorio corrisponde a quella dell'acido acetilsalicilico, ma a differenza di questo con il paracetamolo la coagulazione non viene influenzata, le reazioni allergiche e gli effetti collaterali sono più rari, nonostante non siano assenti. In particolare, a seguito della sua assunzione si è comunque registrato l'aumento del rischio di sanguinamento delle varici esofagee, l'alterazione della funzione renale e la resistenza ai diuretici [20].

34 A dosaggi terapeutici, può manifestarsi talvolta un leggero aumento degli enzimi epatici che è comunque reversibile con la sospensione del trattamento. Il principale rischio clinico consiste nella epatopatia fulminante che può essere fatale a seguito di assunzione di quindici grammi di paracetamolo, determinando grave epatotossicità con necrosi centrolobulare, che si manifesta con nausea, vomito, diarrea e dolori addominali con sintomatologia ingravescente. Sono dunque controindicati i dosaggi superiori a 4-6grammi al giorno, ed una storia clinica di alcolismo ne preclude l'utilizzo anche a queste dosi. mentre la concomitante assunzione di paracetamolo in combinazione con codeina o morfina può causare sonnolenza ed eccessivo stordimento.

9.Propositi di studio

Ognuna delle classi farmacologiche fin qui analizzate presenta, quindi, caratteristiche peculiari ed effetti collaterali che rendono la scelta del singolo farmaco fra le varie classi un momento fondamentale al fine di arrivare a proporre al paziente la migliore tra le possibili anestesie generali.

Così come l'anestetico ideale dovrebbe indurre rapida e dolce perdita di coscienza, assicurando contemporaneamente una rapida ripresa delle funzioni cognitive al termine della somministrazione, l'analgesico ideale dovrebbe garantire un eccellente controllo del dolore possedendo, contemporaneamente, un ampio margine di sicurezza al prezzo dei minori effetti collaterali possibili. Nessun singolo farmaco da solo è in grado di rispondere a questi requisiti, ma la possibilità di disporre di oppioidi con caratteristiche estremamente diverse tra loro, nonché

35 diversamente conciliabili con la somministrazione di analgesici non steroidei ha spinto verso l'analisi oggetto di questo studio, che come introdotto in principio volge a dimostrare quale, tra Fentanyl e Remifentanil, possa rappresentare l'analgesico di scelta nel gruppo degli oppioidi analizzando il paziente nella sua complessità.

Se si suppone, infatti, in ragione delle sue caratteristiche farmacologiche, che il Remifentanil consenta un risveglio più rapido del paziente al termine dell'intervento chirurgico, ed una eventuale più rapida eliminazione in caso di eventuale sovradosaggio, rappresentando un farmaco di buona maneggevolezza, a causa della sua breve emivita si rende necessario affiancare nell'immediato post operatorio un analgesico non oppioide.

Il Fentanyl, al contrario, potrebbe rappresentare una scelta non inferiore e, forse, superiore: presentando una maggiore emivita, potrebbe non rendersi necessario l'utilizzo del paracetamolo nell'immediato post operatorio.

Inoltre, in termini di intensità analgesica, assenza di risposta allo stimolo chirurgico e gestione dello stress intraoperatorio il Remifentanil mostra effetti paragonabili a quelli del Fentanil, analizzato in gruppi diversi di pazienti chirurgici.

Il Fentanil, al contrario, è stato frequentemente usato per l'induzione dell'anestesia in pazienti affetti da patologia cardiaca, in ragione della sua migliore maneggevolezza dal punto di vista della stabilità emodinamica (comportando minori effetti ipotensivanti e bradicardizzanti) Al contrario, in particolar modo se utilizzato in concomitanza con il Propofol ,il Remifentanil può indurre più frequentemente bradicardia ed ipotensione.

36 Oltre all'aspetto di migliore, eventuale, gestione del dolore avvertito dal paziente, è da tenere conto che i due farmaci presentano anche un profilo economico nettamente diverso (una confezione di Remifentanil ha un costo di 122 euro a fronte dei 3,10 euro del Fentanyl attualmente in uso), e sostituire i due oppioidi potrebbe comportare anche un notevole risparmio in termini economici, in particolar modo in chirurgie ad alto volume di lavoro quali la U.O.Endocrinochirurgia di Pisa.

Ci si è posti, infine, il problema di indagare quale delle due molecole potesse causare con maggiore frequenza l'insorgenza di effetti collaterali, e da queste riflessioni è nato dunque il proposito del nostro studio, che volge quindi a dimostrare la non inferiorità del Fentanyl rispetto al Remifentanil riguardo alla gestione del dolore post operatorio e dell'insorgenza di effetti collaterali in pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia breve.

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