2. La rappresentazione degli imponibili nel procedimento tributarioprocedimento tributario
2.5 L’accertamento tributario «da studi di settore»
Il terzo millennio ha visto, fin dal suo sorgere, un accentuarsi del processo di «catastalizzazione» dei redditi ma che si è riproposto in termini nuovi ossia, da un lato, attraverso la tendenza da parte del legislatore a sviluppare meccanismi automatici di accertamento del reddito e, dall’altro, volto a far emergere i redditi effettivi236.
È opinione comune, infatti, che la prova del reddito effettivo sulla base di elementi reali è un fatto irrealistico per la mole di controlli che comporterebbe tale circostanza.
235 C.t.r. Bari 22 novembre 2004 n. 26. La determinazione induttiva dell’imponibile è stata ritenuta legittima nelle seguenti ipotesi: numero di borse vendute (fatto ignoto) desunto sulla base della quantità di pellame acquistato (fatto noto), nei confronti di una conceria (Cass. 16 giugno 90 n. 6102); numero di prestazioni professionali svolte (fatto ignoto), desunte dal quantitativo di consumo di anestetico ed amalgama, ridotto di 1/3 (fatto noto), nei confronti di un dentista (Cass. 20 dicembre 2007 n. 26838); numero di pizze vendute (fatto ignoto) sulla base dei contenitori di pizza da asporto e dell’impiego di tovaglioli di stoffa considerati in rapporto al prezzo medio per pasto o per pizza (fatto noto) (C.t.p. Pisa 14 gennaio 2000 n. 203).
236 Per vero il processo di oggettivizzazione dell’accertamento va di pari passo con la ricerca del reddito effettivo. Esso ha radici antiche e può dirsi iniziato nel 1864 con l’introduzione nel Regno d’Italia dell’imposta di ricchezza mobile sul reddito netto. È poi proseguito nel 1923 con l’introduzione dell’imposta personale, tendente a superare gli ottocenteschi metodi di «catastalizzazione» del reddito e quindi su una tassazione del cosiddetto «reddito medio-ordinario». Il cammino legislativo verso la tassazione del reddito effettivo, è proseguito con il testo unico delle imposte dirette (t.u.i.d.) del 1958, anche se l’Amministrazione tributaria manteneva ancora vasti spazi di manovra per addivenire ad una tassazione basata su redditi presunti (Pollari, Diritto tributario tra principi ed economia della finanza pubblica, Roma, p. 328 e ss.), e si è completato con la riforma tributaria degli anni settanta con il quale si è stabilito il principio secondo cui il reddito oggetto di tassazione per gli esercenti arti e professioni e le imprese doveva essere quello desunto dalle scritture contabili. Al fine di commisurare il prelievo tributario ai principi di uguaglianza e capacità contributiva sanciti dagli artt. 3 e 53 Cost., e quindi ancorarlo al reddito effettivo piuttosto che al reddito medio-ordinario, sono stati imposti nuovi e più stringenti obblighi contabili.
Prodotto ultimo e più evoluto di tale processo di astrazione sono gli studi di settore237.
Gli studi di settore, elaborati attraverso la raccolta sistematica di dati contabili ed extracontabili, sia di carattere fiscale che di tipo «strutturale», relativi a determinate attività economiche nei settori del commercio, servizi, manifatture e professioni, rappresentano uno
237 Il sistema parametrico nell’accertamento dei redditi, latamente inteso, non è una prerogativa italiana. Particolarmente significative in merito, sono l’esperienza tedesca, sulla base della quale è costruita la nostra normativa in materia di studi di settore, e l’esperienza belga nelle quali esistono strumenti similari agli studi di settore, sia per la costruzione, sia per gli effetti che possono produrre, consentendo da un lato, di far conoscere in anticipo al contribuente il prelievo tributario che l’Amministrazione finanziaria si aspetta da lui, dall’altro di essere uno strumento che la stessa Amministrazione finanziaria può usare come mezzo per ricostruire i ricavi o i compensi percepiti di quei contribuenti che si discostano dalle loro risultanze. Differenti invece sono l’esperienze della legislazioni francesi ed israeliane e spagnola. In Francia esistono le cosiddette «monografie settoriali» le quali sono degli strumenti di controllo costruiti dall’Amministrazione finanziaria sulla base dei dati in suo possesso o forniti dai singoli contribuenti ad uso esclusivo interno e quindi non conosciuti da parte dei contribuenti, le quali vengono poste alla base delle ricostruzioni dei redditi operate nel caso di dichiarazioni dei redditi che contengono valori che si discostano sensibilmente dai «parametri» in esse contenute. Sostanzialmente differente è l’esperienza israeliana dei tachshiv (Leotta, Elementi di normalità nell’accertamento del reddito e crisi dell’imposizione diretta, in Dir. prat. trib., 1992, 1, p. 43 e ss.), i quali sono degli strumenti di controllo ad uso esclusivo interno da parte dell’Amministrazione finanziaria ma, a differenza delle «monografie settoriali», sono costruiti con la collaborazione delle associazioni di categoria da parte di soggetti esterni all’Amministrazione finanziaria e sono resi pubblici in modo da consentire ai contribuenti di sapere preventivamente quali sono i compensi o i ricavi minimi stimati che debbono dichiarare. Molto simile alla nostra normativa in tema di coefficienti di congruità e presuntivi di reddito e di parametri, è la normativa spagnola sulla estimación objetiva (cfr. Ley de Impuesta sobre la renta de la personas fisicas (IRPF) n. 40/1998, modificata parzialmente dalla l. n. 46/2002 e, in dottrina, Leccisotti, Introduzione al Convegno studi «I nuovi studi di settore», in Il Fisco, 2000, fasc. 25, p. 6). Il suo funzionamento si basa sui cosiddetti «moduli» i quali non sono altro che dei documenti che, per ogni contribuente di ogni settore economico, si preoccupano di individuare gli strumenti, gli elementi e le caratteristiche fondamentali della sua attività. Ad ogni modulo viene associato un coefficiente diverso a seconda dell’attività esercitata. Moltiplicando il modulo per il coefficiente ad esso associato si determina il rendimiento neto anual. Una volta ottenuto tale valore, si perviene alla definizione del reddito
strumento per la ricostruzione induttiva dei ricavi e compensi nei confronti dei soggetti con ricavi o compensi dichiarati non superiori a 5.164.569,00 euro.
Una delle differenze fondamentali tra gli studi di settore e gli altri strumenti in precedenza adottati dal legislatore, è quella secondo la quale, mentre quest’ultimi erano il frutto di elaborazioni statistiche più o meno sofisticate, costruite su dati però che erano già in possesso dell’Amministrazione finanziaria, gli studi di settore, invece, sono il frutto di una procedura piuttosto complessa in cui i contribuenti hanno un ruolo fondamentale già nella raccolta dei dati necessari per la loro predisposizione238.
La collocazione dell’accertamento basato su studi di settore nell’ambito dell’accertamento analitico, sia pure basato su presunzioni239, ha suscitato non poche perplessità alla luce del fatto
netto sommando al rendimiento neto anual ciascun modulo. Il grosso difetto di tale normativa è comunque la eccessiva genericità ed approssimazione dei singoli «modulo».
238 A tal proposito, in collaborazione con le associazioni di categoria, sono stati predisposti dei questionari il cui obiettivo è quello di cogliere, nella maniera più precisa e veritiera possibile, tutti i dati strutturali, contabili ed extracontabili dell’attività di ogni singolo contribuente.
239 Tra i tanti si ricorda: Fantozzi, Gli studi di settore nell’accertamento del reddito di impresa, in Dir. trib. e Corte Cost., Napoli, 2006, pagg. 383 e seguenti; Fantozzi, Valutazione giuridica degli studi di settore - Atti del Convegno sui nuovi studi di settore, Roma, 2000, in allegato a il fisco, n. 25/2000, pag. 8591; Beghin, Il dualismo tra studi di settore evoluti e studi di settore non evoluti: una battaglia di retroguardia, in Riv. dir. trib., 2008, II, pagg. 323 e seguenti; Id., Utilizzo sistematico degli studi di settore e rispetto del principio di capacità contributiva, in Corr. trib., 2007, pag. 1973; Id., Gli studi di settore, le gravi incongruenze ex art. 62-sexies del D.L. n. 331/1993 e l’insostituibile opera di adattamento del risultato di normalità economica alla fattispecie concreta, in Riv. dir. trib., 2007, II, pagg. 749 e seguenti; Carpentieri, Studi di settore e accertamento analitico induttivo a confronto, in Corr. trib., 2008, pagg. 865 e seguenti; Fazzini, L’accertamento per presunzioni: dai coefficienti agli studi di settore, cit., pag. 309; Gaffuri, Brevi considerazioni sugli studi di settore, in Boll. trib., 2001, pagg. 19 e seguenti; Gallo, Ancora sulla questione reddito normale - reddito effettivo: la funzione degli studi di settore, in Giur. imposte, 2000, V, pag. 481; Garbarino, Studi di settore, concordato e nuove tipologie di accertamento dei redditi, in Riv. dir.
che nell’accertamento basato su studi di settore, soprattutto per quel che riguarda l’imposta sul valore aggiunto, si procede ad una globale rideterminazione dei ricavi o dei corrispettivi; globale rideterminazione che è, invece, tipica del cosiddetto accertamento induttivo.
Seppure è senz’altro condivisibile l’osservazione che una collocazione dell’accertamento basato su studi di settore nell’ambito dell’accertamento induttivo avrebbe meglio risposto ad esigenze di ordine sistematico, occorre evidenziare che nella prospettiva di una migliore efficienza e di una più accentuata speditezza dell’azione degli uffici finanziari la collocazione di tale metodologia di accertamento nell’ambito dell’accertamento analitico sembra maggiormente idonea a rispondere a tali esigenze; ciò per almeno due ordini di motivi.
In primo luogo, l’accertamento induttivo richiede due distinte fasi procedimentali: una prima relativa alla demolizione dell’attendibilità delle scritture contabili ed una seconda relativa alla ricostruzione del reddito o del volume di ricavi240; nell’accertamento basato su studi di settore la prima fase può invece essere omessa e si può direttamente passare alla fase ricostruttiva.
In secondo luogo l’accertamento induttivo in ambito Iva richiede
trib., 1997, I, pagg. 87 e seguenti; Gioè, Studi di settore e obbligo di motivazione, in Rass. trib. n. 6/2007, pagg. 1726 e seguenti; Giorgi, L’accertamento basato su studi di settore: obbligo di motivazione e onere della prova, in Rass.trib., n. 3/2001, pagg. 666 e seguenti; Lupi, Studi di settore non autosufficienti (fino alle modifiche del 2006), in Corr. trib., 2007, pag. 3430; Marongiu, Coefficienti presuntivi, parametri e studi di settore, in Dir. prat. trib., 2002, I, pag. 707; Tosi, Le predeterminazioni normative nell’imposizione reddituale, cit.; Versiglioni, Prova e studi di settore, Giuffrè, Milano, 2007. Per una configurazione in termini di presunzione legale relativa, Tesauro, Istituzioni di diritto tributario, Parte Generale, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 236; Lupi, Manuale, cit., pag. 573.
240 Sul punto Lupi, Metodi induttivi e presunzioni nell’accertamento tributario, Milano, 1988, pagg. 221 e seguenti