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“L’informazione sull’esistenza di un’indagine in corso può comprometterne senza dubbio il successo, sicché fra efficacia e conoscenza delle indagini preliminari vi è un rapporto di tendenziale incompatibilità” . In passato il legislatore era 214

orientato per la prevalenza del primo valore, oggi, al contrario, prevale il secondo, ma non in modo assoluto.

Infatti, prima della modifica dell’articolo 335 c.p.p. da parte della l. n. 332 del 1995 la giurisprudenza era decisamente orientata nel senso di estendere il segreto delle indagini preliminari anche nei confronti dell’indagato e quindi escludere che questi potesse venire a conoscenza dell’iscrizione del proprio nome nel registro. A tale interpretazione conseguiva che, fino all’assunzione della formale qualità di imputato, salvo il caso in cui, ex articolo 369 c.p.p., scattava l’obbligo di inviare l’informazione di garanzia, era preclusa all’indagato la facoltà di preparare la difesa e partecipare alla fase procedimentale “con vistoso sacrificio dell’esercizio dei diritti e delle garanzie dell’imputato” . Il 215

controsenso della precedente normativa era che la persona sottoposta ad indagini, nel caso in cui il pubblico ministero avesse chiesto al giudice la proroga del termine fissato in sei mesi per concludere le indagini preliminari , avrebbe ricevuto 216

la notifica di tale richiesta di proroga ai sensi dell’articolo 406,

G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, vol. III, a cura di G. Garuti, 214

Torino, 2009, cit., p. 99

A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), 215

Torino, Giappichelli, 1995, cit., p. 86; cfr anche G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, vol. III, a cura di G. Garuti, Torino, 2009, cit., p. 99

Cfr. articolo 405, comma secondo c.p.p. 216

comma terzo c.p.p., senza neppure avere contezza di essere sottoposto ad indagini.

L’inaccessibilità del registro delle notizie di reato sarebbe cessata soltanto con l’intervento modificativo operato dalle legge n. 332 del 1995; l’articolo 18 di tale legge ha provveduto, infatti, alla modifica del comma terzo dell’articolo 335 c.p.p. e ad interpolare il nuovo comma 3-bis nel tessuto della norma.

Oggi prevale quindi il secondo valore, ma non in modo assoluto: come si vedrà, la necessità di preservare l’efficienza delle indagini prevale per una serie di reati previsti dal legislatore o a seguito di specifiche esigenze manifestate in tal senso dal pubblico ministero . La riforma dell’accesso al registro delle 217

notizie di reato doveva bilanciare, nelle intenzioni del legislatore, il posticipo del momento di invio dell’informazione di garanzia realizzatosi con l’articolo 19 della medesima riforma del 1995. Sostanzialmente l’idea era che, ad una informazione di garanzia dai caratteri più rigidi facesse da contraltare la concessione della possibilità, per l’indagato e per la vittima, di accedere, su richiesta, al registro delle notizie di reato. All’indomani della riforma da più parti si sollevarono, però, le critiche della dottrina; è stato anche severamente sostenuto che la contestuale lettura degli articoli 18 e 19 della legge 332 del 1995 celasse una logica riassumibile nel “favorire il più possibile (il diritto di difesa del)l’indagato colpevole, riducendo al contempo le garanzie dell’indagato che per avventura sia innocente” . 218

G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, vol. III, a cura di G. Garuti, 217

Torino, 2009, cit., p. 99

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 218

La modifica operata dalla riforma consente a chiunque sospetti di essere sottoposto ad indagini preliminari la facoltà di presentare una domanda alla segreteria del pubblico ministero legittimato e la risposta che riceverà potrà essere, alternativamente: “risultano le seguenti iscrizioni suscettibili di comunicazione” ovvero “non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione”. Tuttavia, il diritto di accesso non è senza limiti: dal combinato disposto dei commi 3 e 3-bis c.p.p. emerge che l’accesso al registro delle notizie di reato è garantito “alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori”, qualora 219

ne facciano richiesta, salvo che si proceda per uno dei delitti di cui all’articolo 407, comma secondo lett. a) c.p.p. e salvo che il 220

pubblico ministero decreti la segretazione delle iscrizioni, per un tempo non superiore a tre mesi e non rinnovabile, qualora

Si precisa però che la persona offesa non ha il diritto all’informazione sul 219

nome della persona sottoposta alle indagini, pertanto le verranno comunicati solamente la data dell’iscrizione, il magistrato incaricato e in nomen delicti. Questo perché in capo all’offeso non è configurabile alcun interesse giuridicamente rilevante con riferimento all’identificazione del possibile autore del reato: “ciò che preme all’offeso è solo conoscere il P.M. responsabile dell’inchiesta, perché a lui deve rivolgersi per esercitare le facoltà che gli competono”, G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, cit., p. 101; Ulteriore motivo a sostegno dell’omessa disclosure del nome dell’indagato alla persona offesa è la necessità di impedire divulgazioni esterne del nome dell’indagato, poiché l’offeso non è tenuto al segreto processuale e potrebbe lecitamente diffondere l’informazione ricevuta, M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 490

Si citano in via esemplificativa: 1) i delitti di cui agli articoli 285, 286, 416- 220

bis e 422 c.p.; l’articolo 291-ter limitatamente alle ipotesi previste dalle lett. a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del T.U. n. 43/1973; 2) i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, comma 3, 629, comma 2, e 630 c.p.; 3) i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. o al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo; 4) i delitti commessi per finalità di terrorismo o eversione dell’ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché i delitti di cui agli articoli 270, comma 3 e 306, comma 2 c.p.

“sussistano specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine”. Già dalla formulazione letterale della norma si percepisce come la riforma risponda ad esigenze d’ufficio piuttosto che ad esigenze di tutela del diritto di difesa dell’indagato . 221

Il primo limite all’accesso riguarda la legittimazione attiva: non tutti gli indagati hanno diritto di venire tempestivamente a conoscenza dell’esistenza di indagini a loro carico . La logica 222

sottesa alla norma rispecchia la volontà del legislatore di innalzare la tutela del segreto investigativo nei procedimenti che riguardano un certo tipo di criminalità e, in particolare, la criminalità organizzata. Il legislatore con la novella dimostra di voler mantenere quel “doppio binario” che caratterizza i procedimenti che riguardano la criminalità organizzata, e cioè “un processo parallelo contraddistinto da norme speciali” che prevede la rinuncia a determinate garanzie e la deroga a principi cardine del sistema accusatorio per permettere una più efficace repressione di tali crimini . 223

Tuttavia, nonostante le premesse siano condivisibili, il modo in cui il legislatore le ha concretizzate è opinabile: appare difficile giustificare che, a priori e soltanto per alcune categorie di

A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), 221

cit., p. 88; in senso contrario, però cfr, P. GUALTIERI, Il registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, II) il punto di vista di un avvocato, cit., p. 500, che definisce “incomprensibili le critiche mosse alla riforma dalla dottrina e dalla giurisprudenza in particolare e sottolinea come a suo parere risulti rispettata la ratio legis dichiarata dal legislatore, e cioè quella di operare un equo bilanciamento fra le esigenze di segretezza delle indagini e il diritto di difesa dell’indagato, peraltro con prevalenza di quest’ultimo.

L. CARACENI, Tutta da rivedere l’informazione di garanzia, cit., p. 640; 222

A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), cit., p. 88

L. CARACENI, Tutta da rivedere l’informazione di garanzia, cit. p. 640; 223

CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), Torino, 195, p. 88

indagati, si deroghi ad un principio di valenza costituzionale quale il diritto di difesa. Parte della dottrina ha, inoltre, evidenziato come l’obiettivo, senz’altro meritevole di tutela, di provvedere alla salvaguardia delle indagini preliminari potesse essere proficuamente raggiunto tramite la nuova disciplina del comma 3-bis dell’articolo 335 c.p.p. Infatti, la previsione del potere di segretazione del pubblico ministero ha il vantaggio di tener conto delle situazioni “caso per caso” e avrebbe potuto permettere di evitare le pericolose presunzioni ope legis introdotte dalla riforma . 224

Inoltre, fra le fattispecie ricomprese nell’articolo 407, comma secondo lett. a) c.p.p. non vi sono soltanto delitti di criminalità organizzata, ma anche reati quali, ad esempio, l’omicidio, la rapina e l’estorsione, pertanto la varietà delle fattispecie coinvolte impedisce di individuare una presunzione di pericolosità per l’efficacia delle indagini che le accomuni tutte e che possa giustificare la limitazione a priori del diritto di difesa . I difetti di tale norma sono, quindi, molti: a partire 225

dall’ambiguità della formulazione della disposizione, passando per la discutibile scelta delle tipologie di reati per i quali l’accesso al registro è impedito, per arrivare al non trascurabile rischio che il pubblico ministero metta in atto forzature imputative “per attendere indisturbato ad indagini blindate dal punto di vista della segretezza” . Tuttavia, il punto più critico, anche a livello 226

di compatibilità con la Carta costituzionale, è il fatto che per una

L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, in Dir. pen. proc., 1995, cit., 224

p. 1210

L. CARACENI, Tutta da rivedere l’informazione di garanzia, cit., p. 640 225

G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, cit., p. 102 226

serie di gravissime imputazioni l’indagato sia posto per legge in una “situazione di minorata difesa”: le esigenze di segretezza delle indagini, che, lo si riconosce, per tali tipologie di reati potrebbero essere superiori, non dovrebbero mai giustificare un segreto ope legis che in concreto non sia o non sia più necessario; sarebbe stato opportuno, invece, consentire al pubblico ministero, nel caso concreto, di segretare le iscrizioni per periodi determinati e prorogabili . 227

Il secondo limite all’accesso al registro delle notizie di reato è rimesso, caso per caso, alla discrezionalità del pubblico ministero, il quale ha il potere di secretare le indagini nel caso sussistano “specifiche esigenze” da indicare in un “decreto motivato”. Tuttavia, è stato sottolineato come gli specifici requisiti richiesti dal legislatore risultino facilmente aggirabili e corrano il “rischio di finire nel comodo letto delle formule di stile”, tanto più che il decreto deputato ad individuare le suddette specifiche esigenze non è impugnabile . 228

Anche l’accorgimento di porre un termine massimo alla durata della segretazione tutela il legittimato attivo solo a metà: infatti il termine dei tre mesi non decorre, come sarebbe stato più logico nonché maggiormente garantista, dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro, bensì decorre dal momento della decisione sulla richiesta di accesso.

In aggiunta, un ulteriore margine di discrezionalità, è dato dal fatto che il comma 3-bis dell’articolo 335 c.p.p., nel prevedere che il pubblico ministero debba rispondere alla richiesta di

G. GIOSTRA, I novellati articoli 335 e 369 c.p.p.: due rimedi inaccettabili, 227

cit., p. 3601

A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), 228

accesso effettuata dalla persona indagata o dalla persona offesa, non stabilisce il termine entro il quale tale risposta deve essere data . Per il caso di comportamento omissivo del pubblico 229

ministero, la dottrina prospetta due opinioni discordanti.

Per una parte di dottrina tale omissione non avrà come conseguenza la nullità degli atti successivi, bensì soltanto responsabilità disciplinari del pubblico ministero ex articolo 124 c.p.p. e se del caso penali . Invece, per altra parte di dottrina, il 230

mancato o incompleto rilascio della certificazione produce una invalidità che si estende ex articolo 185 c.p.p. a tutti gli atti successivi che da esso dipendono: ciò in virtù del fatto che la mancata risposta alla richiesta di cui all’articolo 335 c.p.p. è suscettibile di configurare un’ipotesi di nullità ex articolo 178 lett. c) c.p.p. senza che sia necessaria la previsione di una fattispecie di nullità ad hoc. Secondo tale opinione dottrinaria, infatti, l’illegittimo diniego può causare un ritardo nell’inizio delle indagini difensive e nella predisposizione della strategia difensiva suscettibile di provocare un grave pregiudizio per l’indagato e, di conseguenza, una lesione del suo diritto di difesa . 231

Due ulteriori difetti della riforma sono stati individuati, poi, nel fatto che essa, paradossalmente, quasi costituisce un pregiudizio per l’indagato innocente, al quale difficilmente capiterà di chiedere se risultano iscrizioni a suo carico e che, in ogni caso,

A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), 229

cit., p. 91

R. ORLANDI, Commento all’articolo 18 legge n. 332 del 1995, cit., p. 267; 230

L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, cit., p. 1209, nota n. 181 P. GUALTIERI, Il registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 231

anche per la persona che sospetta un’iscrizione nei suoi confronti, sarà di non marginale ostacolo individuare l’ufficio competente a cui inviare la richiesta . Inoltre, anche le risposte 232

che gli uffici sono autorizzati a comunicare non risultano chiarificatrici per il richiedente: è facile immaginare come l’indagato che riceve un riscontro formulato in termini di “non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione” possa dirsi tutt’altro che sollevato in merito al fatto che non sussista un procedimento a suo carico . Tale formula sarà, quindi, 233

indifferentemente usata sia per il caso in cui non risultino iscrizioni, sia nel caso di iscrizioni segretate, sia in caso di sussistenza di iscrizioni concernenti i delitti di cui all’articolo 407, comma secondo lett. a) c.p.p.; anche perché, se si utilizzassero formule differenziate, il risultato sarebbe, di fatto, quello di rendere nota l’iscrizione, la sua segretezza o la sua riferibilità alle summenzionate gravi categorie di delitti . 234

Relativamente all’aspetto contenutistico del responso del pubblico ministero in merito alla sussistenza o meno di iscrizioni suscettibili di comunicazione, la dottrina si è posta il quesito se fossero o meno configurabili risposte parziali o se, al contrario, il pubblico ministero potesse solo negare tout court l’accesso per quanto concerne i reati ex articolo 407, comma secondo lett. a) c.p.p. o per un periodo non superiore a tre mesi per gli altri reati. Il problema ha trovato risposte differenziate in dottrina soprattutto perché, a monte, vi è l’ulteriore dilemma, mai

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 232

I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 487

L. CARACENI, Tutta da rivedere l’informazione di garanzia, cit., p. 641 233

L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, cit., p. 1210 234

definitivamente chiarito, di quali notizie di reato debbano essere riunite sotto il medesimo numero di iscrizione . In questa sede 235

non sarà possibile trattare dell’argomento in modo esaustivo, tuttavia qualche precisazione pare comunque utile.

Stando all’impianto del codice in generale, al disposto dei primi due commi dell’articolo 335 c.p.p. in particolare, e all’opinione della giurisprudenza di legittimità , si evince che si dovrebbe 236

far luogo a nuova iscrizione per ogni singola persona indagata e per ogni distinto episodio criminoso.

Nella prassi però, ed in particolare nei procedimenti in materia di criminalità organizzata, spesso accade che venga effettuata un’unica iscrizione, in particolare per il caso di concorso di reati, ma talvolta anche per il caso di concorso di persone . 237

Tuttavia, neppure a livello di prassi si riscontra uniformità e differenze nel modo di iscrizione nel registro delle notizie di reato possono essere riscontrate anche all’interno dello stesso ufficio giudiziario, tra magistrato e magistrato. E’ appena il caso di sottolineare che si deve prescindere il più possibile da tali diverse prassi e modalità di iscrizione, poiché la posta in gioco è

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 235

I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 490

Cfr. Cass, Sez I, 7 aprile 1992, Rossi, in Arch. nuova proc. pen. 1992, cit., p. 236

777

Nel caso di concorso di persone, solitamente si preferisce procedere ad 237

un’unica iscrizione della notizia di reato, ma per permettere di conservare l’individualità dei vari indagati, si effettuano annotazioni nominative distinte per ciascun indagato. In questo modo si preserva la connessione ma si tiene conto anche dell’eventualità che il procedimento abbia esiti differenti per i diversi indagati; cfr. M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, I) Il punto di vista di un magistrato, cit. p., 491

l’inviolabile diritto di difesa degli interessati, pertanto non è tollerabile l’attribuzione di diritti diversi in situazioni uguali . 238

Ciò precisato, i problemi di comunicabilità si verificano, in particolare, con riferimento a due profili: il primo riguarda l’ostensibilità o meno nei confronti del richiedente di tutti i dati, anche riguardanti più soggetti o più accadimenti, inseriti in un unico numero di registro; il secondo profilo si riferisce, invece, alla comunicabilità dei dati contenuti in una pluralità di iscrizioni, a carico di più soggetti e per fatti diversi, ma connessi

ex articolo 12 c.p.p.

Ad entrambe le ipotesi sottendono, in definitiva, due problemi: il problema della comunicabilità al richiedente di coloro che risultano coindagati e il problema della comunicabilità delle iscrizioni concernenti un reato connesso ad un altro per il quale la comunicazione è esclusa a norma dell’articolo 335 comma terzo o comma 3-bis c.p.p . 239

In dottrina vi sono a riguardo, in particolare fra i primi commentatori, pareri più radicali che escludono tout court la configurabilità di responsi parziali ; a una riflessione più 240

puntuale la dottrina è poi giunta ad operare una differenziazione fra le varie situazioni, tenendo presente come fondamento dei

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 238

I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 492

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 239

I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 492

Cfr. R. ORLANDI, Commento all’articolo 18 legge n. 332 del 1995, cit., p. 240

256; cfr anche A. CRISTIANI, Misure cautelari e diritto di difesa (l. 8 agosto 1995, n. 332), cit., p. 92, egli argomenta partendo dall’ipotesi che definisce come la più eclatante, e cioè il caso di connessione fra reati: il pubblico ministero, in tali casi deciderà probabilmente di emettere il provvedimento di segretazione e ciò causerà il configurarsi di un “diritto affievolito” per l’interessato, difficilmente compatibile con le regole sovranazionali.

propri ragionamenti l’idea che il pubblico ministero è tenuto a comunicare tutte le notizie di reato che non pregiudichino l’ulteriore svolgimento dell’attività di indagine ed ha, quindi, distinto il caso in cui siano semplicemente presenti una pluralità di indagati, da quello, più complesso, in cui si verifichi un’ipotesi di connessione ex articolo 12 c.p.p . 241

La teoria orientata ad ammettere la configurabilità di comunicazioni parziali da parte del pubblico ministero fa leva sulla dichiarata ratio della norma novellata, id est, quella di bilanciare la tutela dell’effettività delle indagini con l’esercizio del diritto di difesa e sostiene, inoltre, come la stessa formulazione del responso, tramite l’utilizzo della locuzione “seguenti iscrizioni”, potrebbe lasciare ad intendere che le iscrizioni comunicate siano sì plurime, ma non necessariamente tutte” . Di conseguenza, nel caso siano presenti coindagati, non 242

si vede il motivo di dover negare al richiedente l’accesso al registro degli indagati; a tutelare l’effettività delle indagini è, infatti, sufficiente che al richiedente vengano comunicati soltanto i reati a lui attribuiti e non quelli attribuiti ai coindagati . 243

Cfr. M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo 241

riforma, I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 491; P. GUALTIERI, Il registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, II) il punto di vista di un avvocato, cit., p. 500; L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, cit., p. 1210; G. SPANGHER, Trattato di procedura penale, cit., p. 102, il quale, più in generale, scrive che l’indagato può conoscere: “il numero del procedimento che lo riguarda, il nome del magistrato designato all’indagine, il titolo di reato per cui si procede, la data e il luogo del fatto”.

P. GUALTIERI, Il registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 242

II) il punto di vista di un avvocato, cit., p. 500

M. MADDALENA, Registro delle notizie di reato: i problemi del dopo riforma, 243

I) Il punto di vista di un magistrato, cit., p. 491; L. D’AMBROSIO, La riforma dell’8 agosto 1995, cit., p. 1210: “al richiedente sono comunicabili solo le iscrizioni che direttamente lo riguardano”

Ammettere la configurabilità di un responso parziale risulta, però più complicato nell’ipotesi in cui il reato da comunicare sia connesso con un reato non suscettibile di comunicazione: una

disclosure parziale potrebbe, in questo caso, pregiudicare lo

stesso scopo delle eccezioni ex articolo 335 c.p.p., poiché appare chiaro che “la conoscenza dell’attribuzione di un reato-mezzo

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