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Il diritto all'informazione dell'imputato nei procedimenti penali: il minimum standard comunitario è davvero raggiunto?

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Diritto all’informazione dell’imputato nei procedimenti

penali: il minimum standard comunitario è davvero

raggiunto?

Introduzione……… 1

Capitolo I

Il diritto all’informazione nei procedimenti penali come

delineato dalla Costituzione italiana

1.1. Premessa……… 5 1.2. Il segreto nei sistemi inquisitorio ed accusatorio…………. 6 1.3. Il diritto all’informazione nella Costituzione Italiana…….. 9 1.4. Sistema inquisitorio versus sistema misto: silenzio e

disclosure……….. 28

Capitolo II

Il diritto all’informazione nei procedimenti penali nel

panorama internazionale

2.1. Dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali alla Roadmap per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali……… 32

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2.2. La Roadmap per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali………. 41 2.3. La direttiva 2012/13/UE: una visione d’insieme………… 51 2.4. Il diritto all’informazione sui diritti……….. 58 2.5. Il diritto all’informazione sull’accusa……… 60 2.6. Il diritto di accesso alla documentazione relativa

all’indagine……….. 61

Capitolo III

La normativa italiana prima e dopo il decreto legislativo

1 luglio 2014, n. 101

3.1. Premessa……… 64 3.2. La normativa italiana prima della novella legislativa del 2014: il codice di procedura penale alla prova della direttiva 2012/13/UE……….. 66 3.3. Il decreto legislativo 1 luglio 2014, n. 101……….. 74 3.4. L’implementazione dell’informazione sui diritti………….. 75 3.5. (Segue) il recepimento delle Letters of Rights……….. 83 3.6. L’implementazione dell’informazione sull’accusa………… 89 3.7. Il silenzio del legislatore italiano sul diritto di

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Capitolo IV

I profili codicistici sottesi al diritto all’informazione

sull’accusa

4.1 Premessa……….. 100

4.2. L’informazione di garanzia……… 100

4.3. (Segue) I profili temporali dell’informazione di garanzia 103 4.4. (Segue) Gli aspetti contenutistici dell’informazione di garanzia……….. 108

4.5. (Segue) Omessa o incompleta informazione di garanzia: conseguenze………. 110

4.6. L’accesso al registro delle notizie di reato……….. 112

4.7. L’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari……….. 125

4.8. La riqualificazione giuridica del fatto………. 138

Riflessioni conclusive……….. 151

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Introduzione

Nel nostro ordinamento, il tema delle garanzie informative nei confronti dell’imputato nei procedimenti penali ha forti radici a livello costituzionale. In primis il riferimento va all’articolo 24 della Costituzione, il quale stabilisce che la difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del processo. Fondamentale è anche l’articolo 111 della Costituzione, che enuclea temi come il contraddittorio, la parità delle armi, la necessità di un giudice terzo ed imparziale e la ragionevole durata del processo.

In particolare poi, al comma terzo, l’art 111 Cost. stabilisce che la persona accusata di un reato deve essere informata nel più breve tempo possibile e riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa; inoltre, deve avere tempo sufficiente per preparare la propria difesa ed ha il diritto di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico o in sua difesa.

Se allarghiamo la panoramica sul tema a livello sovranazionale, possiamo vedere che il diritto all’informazione nei procedimenti penali ha le sue radici nei c.d. Miranda Warnings degli USA (1966 Miranda v. Arizona Supreme Court decision) che consistono, essenzialmente, nella comunicazione al fermato o all’arrestato dei propri diritti, tra i quali, il diritto di rimanere in silenzio e il diritto ad essere assistito da un avvocato.

Inoltre, a livello europeo tale diritto emerge dalle direttrici tracciate dal Consiglio Europeo di Tampere nel 1999 poi riprese anche dal programma di misure sul reciproco riconoscimento delle decisioni penali adottato nel 2001 dal Consiglio UE e dal Libro Verde che propone l’istituzione di una “Letter of rights” da

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consegnare all’indagato o all’imputato. Il programma europeo si proponeva come risultato quello di una riforma organica in chiave garantista dei diritti dell’imputato, il modo reputato più idoneo ad ottenere questo ambizioso risultato fu l’adozione di un programma step-by-step per permettere agli Stati membri di raggiungere gli standard europei per gradi. All’uopo il Consiglio Europeo ha emanato una Road Map la quale è stata inserita nel 1

Programma di Stoccolma.

La Road Map invita ad adottare misure concernenti: a) il diritto alla traduzione e all’interpretazione, b) il diritto all’informazione sui diritti e sull’accusa, c) il diritto alla consulenza legale e all’assistenza legale gratuita, d) il diritto alla comunicazione con familiari, datori di lavoro e autorità consolari, e) garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili.

L’argomento trattato da questo lavoro concerne il punto b) della

Road Map, la misura adottata in merito è la Direttiva 2012/13/

UE. Tutti gli Stati membri, ad eccezione della Danimarca, erano tenuti ad adottare, entro il 2 giugno 2014, le misure necessarie per rendere effettivi i diritti tutelati nella direttiva in parola. Il legislatore europeo declina il diritto all’informazione nei procedimenti penali secondo tre diverse accezioni: l’informazione sui diritti, l’informazione sull’addebito e l’informazione sul materiale probatorio. L’informazione sui diritti concerne il diritto all’informazione sulle prerogative processuali, e cioè le garanzie, i poteri, i diritti e le facoltà riconosciuti all’accusato; per informazione sull’addebito si intende invece il diritto a conoscere gli estremi dell’addebito tenendo conto dello stato di avanzamento del rito; infine, per informazione di tipo

Risoluzione del Consiglio d’Europa, 30 novembre 2009, 2009/C 295/01 1

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probatorio si intende diritto di accesso al materiale probatorio raccolto dagli inquirenti.

La direttiva in parola è stata implementata in Italia con il d.lgs. 101/2014. L’intervento del legislatore sul tema si è limitato a modificare e precisare alcuni aspetti della normativa già in vigore. C’è da dire, infatti, che il diritto italiano era sul punto già piuttosto garantista, cosicché per raggiungere il “minimum

standard” richiesto dalla direttiva non è stata necessaria una

riforma radicale, ma è sembrato sufficiente porre in atto una serie di accorgimenti che riguardano, in particolare, gli artt. 293, 386, 369 e 369-bis del codice di procedura penale e l’articolo 12 della legge 69/2005. Se una critica può essere mossa al legislatore italiano è quella appunto di aver fatto solo lo stretto necessario per integrare il minimo di tutela richiesta dall’Unione europea, mentre questa poteva essere l’occasione giusta per realizzare una normativa garantista tout court tale da porsi addirittura al di sopra della tutela garantita dalle fonti normative europee. Sempre su questo tema, un’ulteriore critica che è stata mossa al legislatore italiano è l’incompleta attuazione della normativa europea . Invero, nel d.lgs. 101/2014 non c’è traccia 2

del diritto di informazione inteso come diritto di informazione sul materiale probatorio, cioè della terza accezione con cui è declinato il diritto all’informazione.

Con tale locuzione si intende sostanzialmente la full disclosure all’indagato e all’imputato della documentazione in possesso degli inquirenti. Il legislatore italiano ha ritenuto che la normativa vigente in materia (in particolare gli articoli 386,388 e

S. CIAMPI, Diritto all’informazione nei procedimenti penali: il recepimento low 2

profile della direttiva 2012/13/UE da parte del d.lgs. 1° luglio 2014 n. 101, in Dir. pen. cont.

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301 c.p.p. per fermo e arresto e gli articoli 293, comma terzo e 415-bis, comma secondo, c.p.p.) fosse sufficiente a integrare lo

standard richiesto dalla UE. Questa decisione potrà essere

giudicata solo con il tempo, solo allora sarà chiaro se l’Italia dovrà tornare sul tema o se la scelta operata era corretta.

L’analisi verterà poi sul diritto all’informazione inteso come diritto all’informazione sull’accusa. Si analizzeranno i profili codicistici connessi a tali prerogative garantistiche, in particolare verranno esaminati i seguenti istituti: l’informazione di garanzia, il diritto di accesso al registro delle notizie di reato, l’avviso di conclusione delle indagini e, infine, le problematiche connesse alla riqualificazione giuridica del fatto. Dopo aver precisato le caratteristiche e discusso le problematiche di ogni istituto all’interno del nostro ordinamento, si cercherà di valutare se ed in quale misura le guarentigie garantistiche approntate dal legislatore italiano raggiungano il minimum standard richiesto dall’Unione europea e sotto quali aspetti sarebbe stata auspicabile una maggiore attenzione del legislatore.

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Capitolo I

Il diritto all’informazione nei procedimenti penali come

delineato dalla Costituzione

1.1 Premessa

La persona sottoposta a indagini preliminari e l’imputato ricevono, in modi e tempi diversi, tutta una serie di informazioni relative al procedimento a loro carico, funzionali a far sì che il diritto di difesa di cui sono titolari possa esplicarsi correttamente. Si tratta di un terreno molto scivoloso poiché i diritti dell’indagato e dell’imputato devono essere bilanciati con la necessità che le indagini possano svolgersi correttamente e quindi con l’esigenza che, quanto meno nella prima parte del procedimento, esse siano coperte da segreto per far sì che le operazioni degli inquirenti non vengano vanificate. Il segreto è un tema su cui è bene soffermarsi approfonditamente, per comprenderne le ragioni e per individuare il discrimine tra quando il suddetto è lecito e giustificabile, e quindi lo svolgimento delle indagini resta ignoto per l’indagato, e quando invece prevale il diritto di difesa e il diritto al contraddittorio dell’indagato o dell’imputato.

Ci si propone, innanzitutto, di evidenziare la differenza che vi è sul tema tra gli ordinamenti che adottano un sistema inquisitorio e quelli che invece si conformano al sistema accusatorio.

Dopo di che ci si concentrerà sul sistema del nostro ordinamento, in particolare, ci si soffermerà sul rilievo dato al diritto

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all’informazione dalla nostra Costituzione e quindi si analizzeranno gli articoli 24 e 111 Cost.

1.2. Il segreto nei sistemi inquisitorio ed accusatorio

La distinzione fra sistemi inquisitori e sistemi accusatori è rintracciabile già nel periodo medioevale dove per sistema inquisitorio si intendeva un sistema processuale in cui il giudice aveva il potere di attivarsi d’ufficio, mentre si denominava sistema accusatorio quel tipo di processo in cui l’iniziativa processuale spettava alle parti . 3

La tematica della segretezza dell’atto processuale riguarda, sia pure con intensità diversa, entrambi gli stili processuali in questione. Nel sistema inquisitorio “l’imputato gioca al buio” sa solo quanto gli viene detto e non è nemmeno garantito che tutto sia vero perché “non esiste fair play inquisitoriale” . Mentre, nel 4

sistema accusatorio, sono le parti ad avviare il processo e ad introdurvi le questioni di fatto e le relative prove e il compito del giudice è emettere sentenza in base alle risultanze emerse nel corso del processo. Non bisogna però cadere nel facile equivoco di ritenere che la segretezza sia propria soltanto dei sistemi inquisitori, infatti, il sistema accusatorio è permeato di segretezza per quanto riguarda gli atti delle indagini preliminari che sono appunto, di regola, segreti. Tuttavia, è bene precisare sin da ora che nel sistema accusatorio il materiale raccolto in segreto non è utilizzabile in giudizio. Rispetto ad ogni segreto

P. TONINI, Manuale di Procedura Penale, 14a ed., Milano, Giuffrè, 2013, cit., 3

p. 4

F. CORDERO, Procedura Penale, 8a ed., Milano, Giuffrè, 2006, cit., p. 350 4

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bisogna quindi distinguere fra “chi sa” o “chi ha diritto di sapere” e “chi non sa” o “non ha diritto di sapere” . 5

Ciò precisato, vi è da dire che il segreto è necessario ed ineludibile per tutta una serie di attività di ricerca della prova che sarebbero inutilmente compiute qualora non fossero correlate al fattore-sorpresa. Il segreto riveste un ruolo strumentale rispetto al compimento di importanti attività inquirenti poiché garantisce loro l’“idoneità […] a conseguire il risultato fisiologico cui sono preordinat[e]” . Per fare alcuni 6

esempi pratici, è evidente che l’incisività di una perquisizione domiciliare, così come anche una intercettazione telefonica, è fortemente menomata se il soggetto che vi è sottoposto è avvisato in anticipo del compimento di tali atti. Il discorso è riferibile anche alle misure cautelari personali adottate per la prima volta, infatti l’indagato potrebbe sottrarvisi qualora ne fosse avvertito . 7

Quanto fin qui detto risulta facilmente riscontrabile in un sistema accusatorio in cui ogni limitazione del diritto di difesa o del diritto al contraddittorio è bilanciata da una motivata esigenza investigativa o processuale e da un altrettanto motivato provvedimento giudiziale; queste sono tutele che non trovano

R. ORESTANO, Sulla problematica del segreto nel mondo romano, in Aa.Vv. Il 5

segreto nella realtà giuridica italiana. Atti del Convegno Nazionale. Roma 26-28 ottobre 1981, Cedam, Padova, 1983, cit., p. 108

V. GREVI, Presunzione di non colpevolezza, garanzie dell’imputato ed efficienza 6

del processo nel sistema costituzionale , in Alla ricerca di un processo penale “giusto”, a cura di V. GREVI, Milano, Giuffrè, 2000 cit., p. 105

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano, 7

Giuffrè, 2010, p. 11; Anche la Corte Costituzionale si è pronunciata sul punto stabilendo che la limitazione del diritto di difesa è giustificabile solo nel caso vi sia la “necessità di evitare l’assoluta compromissione di esigenze prioritarie nella economia del processo”. Corte Cost., 8 giugno 1994, n. 219, in Giur. 7 cost.,1994, cit., p. 1823

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corrispondenza nel sistema processuale di tipo inquisitorio, infatti, la logica sottostante tali sistemi è quella di concedere pieno potere all’inquisitore che può, ove lo ritenga necessario, limitare la libertà personale dell’indagato o imputato, disporre perquisizioni ed altre misure afflittive senza che alla controparte venga garantito il diritto al contraddittorio o all’esercizio del diritto di difesa. Come è stato sapientemente sottolineato, la più grave criticità dei sistemi inquisitori non è tanto la riduzione del contraddittorio nella fase delle indagini, quanto piuttosto che “l’assunzione scritta e segreta ‘cristallizza’ gli elementi acquisiti, per poi trasferirli nella fase del giudizio attribuendo ai dati un valore di potenziale irrevocabilità” . Di contro, nel sistema 8

accusatorio vige la tendenziale separazione fra la fase investigativa e quella del giudizio, per cui il giudice del dibattimento potrà formare il proprio convincimento solo sulle prove e sui fatti sui quali si è esplicato il contraddittorio delle parti. La presenza del segreto anche nel sistema accusatorio non deve però apparire come una contraddizione in termini, infatti, esso è necessario a ciò che le le azioni del processo non siano vanificate creando diseconomie ed è ammissibile in quanto circoscritto alla fase delle indagini preliminari, pertanto produce materiale tendenzialmente inutilizzabile in dibattimento . 9

Utilizzando queste cautele i problemi di rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa che il segreto genera nei sistemi inquisitori sono qui decisamente ridimensionati, anche se non totalmente scongiurati. Problemi che dovranno perciò essere

A. TOSCHI, Segreto. IV) Segreto (diritto processuale penale), in Enc. dir., vol. 8

XLI, Milano, 1989, cit., p. 1100

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 24 9

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risolti in concreto pervenendo a un bilanciamento fra le esigenze di segretezza e il rispetto dei principi costituzionali a tutela dell’imputato. L’argomento verrà sviluppato nel prosieguo della trattazione, ma si può sin da ora fare riferimento ad istituti quali l’informazione di garanzia (articolo 369 c.p.p.) l’informazione sul diritto di difesa (articolo 369 bis c.p.p.) e il diritto di accesso al registro delle notizie di reato (articolo 335 c.p.p.).

1.3. Il diritto all’informazione nella Costituzione italiana

Prima di entrare nel vivo dell’argomento è d’uopo inquadrare il tema all’interno della Costituzione.

Fondamentale è, innanzitutto, l’articolo 24 Cost., il quale, dopo aver stabilito che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, precisa che “la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”; al terzo comma il legislatore sottolinea che ai non abbienti sono assicurati i mezzi per l’azione e la difesa in giudizio ed infine, nell’ultimo comma si stabilisce che in caso di errori giudiziali questi dovranno essere riparati nelle condizioni e nei modi stabiliti dalla legge.

Il comma che in particolare rileva ai fini di questo studio è il comma secondo, il quale, come è stato osservato , a dispetto 10

della sua altisonante formulazione, cela un “ventre molle” e finisce con il risultare come una disposizione vuota. E’ stato sottolineato che il concetto di “diritto di difesa” è per definizione quanto mai astratto e si differenzia dagli altri diritti fondamentali

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit. p. 31 10

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per il fatto che tale diritto non instaura alcuna relazione con una situazione “di fatto”.

Per fare un esempio chiarificante con riferimento ad un altro diritto fondamentale, possiamo prendere in considerazione la libertà personale: la situazione di fatto sottostante a tale diritto è la relazione che intercorre fra un soggetto e la propria integrità psico-fisica; o ancora, per quanto riguarda il domicilio, la situazione di fatto è la relazione che intercorre fra un soggetto e un determinato luogo . Il rischio è quindi quello che il diritto di 11

difesa si riduca a “scatola vuota” con la conseguenza che può 12

verificarsi una disparità di trattamento nel caso concreto a seconda di cosa include in tale diritto l’interprete della norma.

Questo rischio è però mitigato se si accoglie la definizione che Ferrua dà di diritto di difesa quale “funzione dialetticamente contrapposta all’accusa che l’imputato (autodifesa) e il suo difensore (difesa tecnica) esercitano di fronte ad un giudice imparziale” . Adottando questa prospettiva, però i problemi si 13

concentrano sulle prime fasi del procedimento: infatti, il combinato disposto dell’inviolabilità proclamata dall’articolo in commento e del concetto di funzione-difesa di Ferrua, portano a sostenere, a rigore, che dovrebbe essere garantita una immediata

disclosure della notizia di reato, nonché il riconoscimento

all’indagato di poteri di investigazione speculari a quelli degli inquirenti e che la documentazione raccolta da questi ultimi sia immediatamente posta a disposizione della persona sottoposta

C.E. MAIORCA, Un’occasione mancata,: la sentenza della Corte costituzionale 11

sul “rifiuto di difesa”, in Riv. it. dir. proc. pen., 1980, cit., p. 1371

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 32 12

P. FERRUA, Difesa (diritto di), in Dig. disc. pen., III, Utet, Torino, 1989, cit., 13

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ad indagini . Tale prospettiva, estremamente garantistica nei 14

confronti del sospettato, non considera però l’altro lato del processo, e cioè la necessità che gli inquirenti svolgano le proprie indagini con modalità tali da assicurare il perseguimento della funzione accertativa che è propria del processo penale.

Affinché questa sia rispettata, è fondamentale l’esigenza di un contemperamento, da realizzarsi tramite un assetto normativo che garantisca un equilibrio fra tutte le forze e le esigenze in campo . Tale contemperamento non è però di facile 15

realizzazione e profonda differenza vi è tra i diversi sistemi processuali: infatti, talvolta il diritto di difesa può risultare eccessivamente sacrificato, come ad esempio accade nei sistemi inquisitori . 16

Altra norma di riferimento è l’articolo 111 Cost., il legislatore costituzionale ha interpolato, con la legge cost. 23 novembre 1999 n. 2, cinque nuovi commi nell’articolo 111 Cost. La legge ha operato quella che è da più parti definita come la più ingente revisione costituzionale sino a quel momento realizzata . 17

L’antecedente istituzionale della riforma è stato la declaratoria di incostituzionalità dell’articolo 513 c.p.p., modificato solo un anno prima dalla legge 267/1997 che aveva tentato di reinserire nel sistema giudiziario le scelte operative che eran state effettuate dall’originario codice di procedura penale.

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 83 14

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 84 15

v. amplius infra, cap. I, par. 1.4 16

E. MARZADURI, La riforma dell’art 111 Cost., tra spinte contingenti e ricerca 17

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La Corte costituzionale era stata investita della questione concernente la legittimità della disciplina, la quale prevedeva che l’imputato, che aveva reso dichiarazioni, anche con riferimento ad un altro soggetto, poteva determinarne l’inutilizzabilità contra

alios qualora in sede dibattimentale si fosse avvalso del diritto al

silenzio, salvo che non si fosse ottenuto il consenso delle parti interessate alla lettura dei verbali . 18

La Coste stabilì che, da un lato, era illegittimo precludere a priori l’utilizzabilità in dibattimento di elementi raccolti legittimamente in una fase antecedente del procedimento, e, dall’altro, che per il rispetto del principio di difesa si imponeva la necessità di subordinare l’ingresso di tali elementi fra le conoscenze del giudice dibattimentale al previo svolgimento del contraddittorio in materia . 19

La volontà politica era in quel momento quella di pervenire rapidamente alla approvazione del nuovo articolo 111 Cost., e questo ha avuto come conseguenza il vaglio superficiale delle possibili alternative che avrebbero consentito di raggiungere il medesimo scopo, in particolare la dottrina proponeva altre due strade: l’adozione tramite legge costituzionale di una normativa sostitutiva di quelle con cui si dette attuazione in Italia ai diritti dell’imputato o la modifica dell’articolo 10 Cost. con l’aggiunta di un adeguamento automatico e continuo per tutte le norme relativo ai diritti e alle libertà fondamentali dell’individuo contenute nelle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia.

sent. Corte Cost. 361/1998, reperibile in http://www.giurcost.org/decisioni/ 18

1998/0361s-98.html

E. MARZADURI, La riforma dell’art 111 Cost., tra spinte contingenti e ricerca 19

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E’ opportuno segnalare anche la particolare struttura che risulta dell’articolo 111 Cost. dopo la riforma: esso delinea, infatti, non solo gli aspetti contenutistici del principio del contraddittorio nella formazione della prova, ma ne prevede anche il modo di operare e le relative eccezioni. Si realizza, dunque, una “tendenza alla codicizzazione” della Carta fondamentale che ha suscitato dubbi in parte della dottrina poiché “incide in modo inopportuno sulla discrezionalità del legislatore ordinario e sulla libertà dei processi interpretativi” . La norma costituzionale 20

dovrebbe rimanere quanto più possibile al livello di principio per far sì che le statuizioni in essa contenute si elevino ad assunti di inaggirabile valore fondamentale e fondante; tuttavia è difficile stabilire in modo preciso cosa sia dettaglio e cosa sia principio . 21

E’ utile però segnalare che, per parte della dottrina, la scelta della riforma di inserire in Costituzione semplici regole processuali piuttosto che principi generali è sintomo della sfiducia del Parlamento nei confronti della Coste costituzionale: la presenza di tali elementi non pare, infatti, necessaria ad assicurare compiutezza al modello di processo penale delineato dal nostro ordinamento . Si fa notare, inoltre, che buona parte 22

degli enunciati interpolati nell’articolo 111 erano già ricavabili in via ermeneutica da altre norme della Costituzione, quindi, il fatto che essi vengano ribaditi in un unico articolo ne realizza una “cristallizzazione per tabulas in una sorta di interpretazione

N. ZANON, Il dibattito sull’art 513 c.p.p. nelle prospettive costituzionalistiche, 20

in Dir. pen. e proc., 1999, cit., p. 244

N. ZANON, Il dibattito sull’art 513 c.p.p. nelle prospettive costituzionalistiche, 21

cit., p. 244

E. MARZADURI, La riforma dell’art 111 Cost., tra spinte contingenti e ricerca 22

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autentica” e riflette la centralità che nel nostro ordinamento si attribuisce a tali principi . 23

Attraverso l’innovazione legislativa in parola sono stati costituzionalizzati i principi cardine del processo in generale, e di quello penale in particolare. Sinteticamente si può dire che la riforma in questione è valsa ad inserire claris verbis il concetto di “giusto processo” nella nostra Carta costituzionale.

E’ stato vivace fra gli studiosi il dibattito riguardo al significato da attribuire a tale espressione: vi è stato chi, come Ferrua, ha escluso che essa potesse avere valore semantico basandosi sull’assunto che ogni processo è giusto per chi lo adotta, e chi, come Grevi, lo ha definito “slogan accattivante”, ma espresso in una forma neutra e retorica; vi è stato ancora chi, come Amodio, ha individuato nell’aggettivo “giusto” la prova dell’adesione a valori etico-politici che si collocano al di sopra della legge scritta, valori da ricollegare al giusnaturalismo, che vanno riferiti alla natura e alla ragione e che sono in definitiva i valori che si rinvengono nel moderno costituzionalismo . 24

Le opinioni della dottrina differiscono anche in merito al contenuto del “giusto processo”: secondo Ferrua l’espressione realizza una sintesi delle garanzie contenute nel prosieguo dell’articolo 111 Cost. , invece, studiosi come Grevi e Chiavario 25

rifiutano tale circoscritta definizione basandosi sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, nelle

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, in Enc. dir., 23

Aggiornamento, vol. V, cit., p. 627

E. MARZADURI, Riflessioni minime sul “giusto processo” penale, in Nuove 24

forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali, Milano, Giuffrè, 2004

P. FERRUA, Il ‘giusto processo’, 2 ed., Zanichelli, Bologna, 2007, cit., p. 34 ss. 25

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pronunce che riguardano l’articolo 6 della Convenzione (dal quale, si ricorda, l’articolo 111 Cost. riprende il suo contenuto), è andata oltre la protezione dei diritti presenti in tale articolo, confermando che tale elenco è tutt’altro che tassativo.

Basandosi su questo secondo filone di opinioni dottrinarie, Marzaduri conclude che per per “giustezza del processo” altro non si intende se non “ragionevolezza delle soluzioni processuali” . 26

Prosegue riprendendo il ragionamento di Zagrebelsky : 27

attraverso la ragionevolezza è stato inserito nell’ordinamento un giudizio di equità, non più concepita come esigenza “accanto al diritto, ma addirittura dentro il diritto, attraverso la ragionevolezza come imperativo di giustizia”. Sarà quindi “giusto quel processo capace di operare un’ottimale ed equilibrata sintesi di valori , sia attraverso i principi del novellato articolo 111 28

Cost., sia attraverso gli altri principi costituzionali.

Tenendo quindi in mente che l’elencazione che segue non è esaustiva e che è possibile la tutela di diritti ulteriori non ricompresi nell’articolo 111 Cost., si può affermare che nella locuzione “giusto processo” sono certamente ricompresi i principi enunciati dal secondo comma dell’art 111 Cost. quali: il contraddittorio, la parità delle parti, l’imparzialità e terzietà del giudice e la ragionevole durata dei processi.

E. MARZADURI, Riflessioni minime sul “giusto processo” penale, in AA.VV., 26

Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali, cit., p. 291

G. ZAGREBELSKY, Su tre aspetti della ragionevolezza, in AA.VV., Il principio 27

di ragionevolezza nella giurisprudenza della corte costituzionale, Milano, Giuffrè,1994, cit., p.187

E. MARZADURI, Riflessioni minime sul “giusto processo” penale, in AA.VV., 28

Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive nelle esperienze processuali, Milano, Giuffrè, 2004, cit., p. 191

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Si tratta di principi riferibili ad ogni processo, più nel dettaglio, per “diritto al contraddittorio”, considerato qui nella sua accezione più ampia e generale, si intende la necessità che l’interessato sia effettivamente coinvolto durante l’intero procedimento, esso postula che la decisione sia emanata audita

altera parte e si concretizza con il “diritto a difendersi 29 provando” . Il legislatore menziona il contraddittorio anche nel 30

successivo comma quarto, ma con una diversa accezione che è sin da ora opportuno precisare. Nel comma quarto, infatti, il legislatore si riferisce in particolare al processo penale e quindi il contraddittorio è considerato in questo caso nella sua accezione più specifica di contraddittorio nella formazione della prova . 31

Il comma secondo sancisce poi la “parità delle armi”, si tratta di un’espressione che ha una valenza diversa nel processo civile e nel processo penale: nel primo è possibile realizzare la piena ed effettiva parità fra attore e convenuto; nel processo penale, invece, la parità può essere solo tendenziale perché è necessario considerare la diversità, sia istituzionale che sostanziale, delle posizioni di imputato e pubblico ministero, nel processo penale, quindi, con tale espressione si intende non identità, bensì equilibrio di poteri. Ergo, ciò che deve realizzarsi acciocché la parità delle armi possa dirsi raggiunta è una tendenziale equipollenza sia “nella ricerca” sia “nella formazione delle prove” . In base al principio di adeguatezza, la parità delle armi 32 P. FERRUA, il “giusto processo”in Costituzione, in Dir. e giust., 2000, n.1, cit., 29

p. 5

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 45 30

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, in Enc. dir., 31

Aggiornamento, vol. V, cit., p. 627

P. FERRUA, Difesa (diritto di), cit., p. 467 32

(20)

deve quindi di necessità atteggiarsi diversamente nel processo civile e in quello penale per adattarsi sì al tipo di processo, ma soprattutto alla natura (pubblica o privata) dell’interesse tutelato . 33

Il comma secondo prosegue stabilendo che il processo deve svolgersi “davanti a giudice terzo ed imparziale”. Parte della dottrina ha definito tale espressione sovrabbondante, ma altro filone di dottrina ha correttamente individuato due accezioni che permettono ad entrambi i termini di mantenere la propria individualità.

In particolare, è stato precisato che l’“imparzialità” concerne il giudice “persona fisica”, riguarda “la funzione esercitata [dal giudice] nel processo” : si richiede, infatti, che non vi siano 34

legami di alcun tipo fra il giudice e le parti per garantire l’obiettività della sentenza. La “terzietà”, invece, concerne il piano ordinamentale, riguarda, cioè, il giudice “organo” e il suo “status” : è richiesto che egli non cumuli altre funzioni 35

processuali per far sì che si realizzi il principio della separazione delle funzioni processuali tra giudice, accusa e difesa e quindi 36

la qualificazione del processo come “actus trium personarum” . 37 CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, in Enc. dir., 33

Aggiornamento, vol. V, cit., p. 627; G. SPANGHER, Il giusto processo penale, in Studium iuris, 2000, cit., p. 256; a sostegno di questa posizione vi è anche una sentenza della Corte costituzionale che ha statuito che una qualche asimmetria tra le parti è giustificabile secondo il principio di ragionevolezza se questa è cagionata dalla posizione del pubblico ministero o da esigenze di giustizia, cfr. Corte cost. 24 gennaio 2007, n. 26

P. FERRUA, Il “giusto processo”, cit., p. 51 34

P. FERRUA, Il “giusto processo”, cit., p. 51 35

P. TONINI, Manuale di Procedura Penale, 14a ed., Milano, Giuffrè, 2013, cit., 36

p. 43

P. MORO, Il diritto come processo, princìpi, regole e brocardi per la formazione 37

(21)

Infine, l’ultimo principio inserito nell’articolo 111, comma secondo, è quello della “ragionevole durata” del processo. Tale principio è sancito dall’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo ed è poi stato costituzionalizzato con la legge Cost. 22 novembre 1999, n. 2. Entrambe le norme tendono a valorizzare il principio della ragionevole durata, ma ad una più attenta analisi risultano solo parzialmente sovrapponibili: infatti, la Convenzione esalta la dimensione soggettiva della ragionevole durata, e cioè il diritto soggettivo immediatamente azionabile dal singolo a ciò che la controversia venga risolta nel più breve tempo possibile; invece, la Costituzione privilegia l’aspetto oggettivo, quindi qualifica la ragionevole durata come canone per la buona amministrazione della giustizia e rinvia per 38

l’attuazione alla legge ordinaria. La differenza di prospettiva non è solo teorica, ma ha anche importanti rilievi nella pratica poiché il criterio è destinato ad operare in modo profondamente diverso a livello europeo e nel panorama nazionale: la Corte europea effettuerà un sindacato ex post sulla ragionevole durata del processo nel caso concreto sottoposto alla sua giurisdizione, mentre la Corte costituzionale valuterà l’idoneità dell’assetto legislativo a garantire il rispetto della previsione costituzionale . 39

E’ necessario sottolineare che l’efficienza processuale non può in alcun modo compromettere o ridurre i diritti e le garanzie dell’imputato e la necessità di giungere all’accertamento della verità processuale , tale bilanciamento è esplicitato dallo stesso 40 h t t p : / / w w w . t r e c c a n i . i t / d i r i t t o / a p p r o f o n d i m e n t i / 38

diritto_penale_e_procedura_penale/2_Garofoli_durata_processo.html

CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 627; FERRUA, Il 39

“giusto processo”, cit., 28

P. FERRUA, Il “giusto processo”, cit., p. 28 40

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utilizzo da parte del legislatore del termine “ragionevole” riferito alla durata del processo: la ragionevolezza deve sempre rapportarsi al contraddittorio, un processo che non garantisce il contraddittorio non potrà mai essere considerato ragionevole poiché è tale soltanto quel processo che tiene conto dell’esigenza di rispettare il contraddittorio e quindi opera un corretto bilanciamento fra le varie esigenze in gioco . 41

Precisato che questa è la corretta interpretazione della ragionevole durata, Amodio fa notare che è comunque alto il rischio che “il legislatore possa limitare le garanzie difensive dell’imputato per assicurare la pronta definizione dei procedimenti penali” . Il rischio, secondo Amodio, può essere 42

quello di “stravolgere i principi costituzionali” e di trasformare la garanzia dello speedy trial, sorta a tutela dell’imputato contro gli abusi causati dalla durata ingiustificata del processo, in una tutela a favore della difesa sociale, in questo modo contravvenendo alle prescrizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo . 43

Grevi, invece, critica la posizione di Amodio e la stigmatizza come “semplicistica [..] e comunque fuorviante nelle sue conclusioni” ; più precisamente, con riguardo al punto mi 44

esame, Grevi sostiene che Amodio confonda i piani del discorso e definisce equivoco il collegamento fra “ragionevole durata” e le

CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 626 41

E. AMODIO, La procedura penale dal rito inquisitorio al giusto processo, in 42

Cass. pen., 2003, n. 4, cit., p. 1422

E. AMODIO, La procedura penale dal rito inquisitorio al giusto processo, cit., 43

p. 1422

V. GREVI, Il principio della “ragionevole durata” come garanzia oggettiva del 44

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finalità della “difesa sociale”. Per Grevi non è neppure sostenibile che la ragionevole durata debba essere garantita “contro gli abusi derivanti dal protrarsi ingiustificato del processo” e questo perché secondo la nostra Costituzione la ragionevole durata deve essere assicurata, non solo quando l’imputato la richiede, ma anche quando, per ipotesi, questi adottasse un strategia difensiva che miri ad allungare i tempi processuali. La ragionevole durata è posta non solo a tutela di esigenze di economie processuali, ma soprattutto in nome della “efficienza del processo”, oggi richiamata anche dall’articolo 111, comma secondo Cost. . 45

In conclusione, secondo Grevi, è proprio il fatto di considerare la “ragionevole durata” del processo come una garanzia oggettiva propria del “giusto processo” che permette al legislatore di intervenire in materia e di regolare e prevenire eventuali strategie difensive dilatorie; il legislatore può intervenire in due modi: o attribuendo al giudice un potere di controllo, di filtro e se del caso di interdizione di quelle iniziative delle parti, che secondo criteri predeterminati ex lege, risultino pretestuose o strumentali; oppure escludendo che tali iniziative dilatorie possano apportare dei vantaggi all’imputato, l’esempio più eclatante è quello in cui tramite tecniche dilatorie si giunge alla scadenza dei termini di prescrizione del reato. Grevi reputa inidoneo l’attuale sistema costituzionale sul punto e considera necessario e imprescindibile un intervento del legislatore in materia per far sì che gli sforzi effettuati con l’esercizio dell’azione penale non vadano vanificati da atteggiamenti ostruzionistici, ma rileva in materia una certa indifferenza del

V. GREVI, Il principio della “ragionevole durata” come garanzia oggettiva del 45

(24)

legislatore di fronte alla necessità che un processo penale per essere “giusto” debba anche essere efficiente . 46

Qualora, invece, si intendesse la “ragionevole durata” come una garanzia soggettiva essa sarebbe soddisfatta con la semplice previsione che l’imputato venga giudicato “in un tempo ragionevole”, com’è previsto nelle Carte internazionali dei diritti dell’uomo; seguendo questa prospettiva però, sempre secondo il ragionamento di Grevi, tutto sarebbe rimesso nella disponibilità del soggetto titolare della garanzia, e cioè dell’imputato con la conseguenza che sarebbe difficile la realizzazione della ragionevole durata qualora l’imputato stesso decidesse di non beneficiarne mettendo in atto una strategia difensiva con essa in contrasto. In questo caso l’unica conseguenza possibile, come confermano le sentenze delle Corte europea dei diritti dell’uomo in materia, sarebbe quella di dichiarare non irragionevole la durata di un processo che fosse addebitabile ad una condotta dilatoria dell’imputato . 47

I successivi commi terzo, quarto e quinto riguardano nello specifico il processo penale. In particolare, il terzo comma risulta particolarmente denso di prerogative e diritti a favore dell’imputato e dell’indagato: esse spaziano dal diritto ad essere informato “nel più breve tempo possibile” e “riservatamente” dell’accusa elevata a suo carico, al diritto ad essere assistito da un interprete nel caso in cui egli non comprenda la lingua usata nel processo, passando per il diritto a disporre di tempo e condizioni sufficienti per preparare la propria difesa. Ci si è

V. GREVI, Il principio della “ragionevole durata” come garanzia oggettiva del 46

“giusto processo” penale”, cit., p. 3211

V. GREVI, Il principio della “ragionevole durata” come garanzia oggettiva del 47

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chiesti se la norma fosse riferibile anche all’indagato, e non solo all’imputato come parrebbe dedursi prima facie dalla littera legis , data la presenza delle locuzioni “persona accusata di un reato” e “accusa elevata a suo carico” . Tuttavia, appare chiaro che una 48

tale soluzione restrittiva non può essere condivisa per due motivi: in primo luogo, dalla riforma dell’art 111 Cost. discende una lettura dell’art 24, comma secondo, Cost. che suffraga le tesi che la norma sia riferibile anche all’indagato. In secondo luogo, l’articolo 111 Cost., discostandosi dal dettame dell’articolo 6 C.e.d.u., che garantisce informazioni “dettagliate”, stabilisce che l’informazione circa l’accusa deve essere “riservata”. E allora, è naturale ritenere che tale informazione sia da collocare in una fase caratterizzata dal segreto, quale appunto quella delle indagini preliminari, e che riguardi un addebito provvisorio . 49

Infatti, non avrebbe senso mantenere la riservatezza “dal momento in cui, con la formulazione dell’imputazione, un vaglio sulla serietà dell’accusa risulta essere stato effettuato in termini tali da escludere l’archiviazione della notizia di reato e dunque in modo da rendere legittimo, per la collettività, un coinvolgimento nella conoscenza” . Inoltre, a suffragio dell’ipotesi qui accolta va 50

anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo la quale si deve parlare di “persona accusata” ex articolo 6, paragrafi 1 e 3 C.e.d.u. ogni volta che si è in presenza di una “official notification given to an individual by the competent authority of any allegation that he has committed a criminal

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 110 48

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 110 49

M. CHIAVARIO, Giusto processo. II) Processo penale, in Enc. Giur. Treccani, 50

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offence” . Vale la pena di sottolineare anche la differente 51

prospettiva che soggiace alla scelta di sostituire l’avverbio “dettagliatamente” con il diverso “riservatamente”: il legislatore italiano ha preferito concentrarsi sulla prevenzione di eventuali processi mediatici paralleli . 52

Chiaramente una disposizione di questo tipo si pone in un punto di frizione fra il diritto dell’indagato ad essere informato della pendenza di investigazioni nei suoi confronti, così da poter raccogliere tempestivamente elementi a suo discarico, e il diritto del pubblico ministero a svolgere le proprie indagini che spesso, per essere efficaci, necessitano si essere compiute a sorpresa . 53

Il bilanciamento fra le due opposte esigenze sta qui proprio nell’espressione “nel più breve tempo possibile”, la quale non individua un preciso momento nell’iter procedurale in cui l’informazione deve essere di necessità data, bensì possiede una pregnante accezione normativa , infatti, il profilo cronologico 54

considerato da tale espressione si presta a prendere in considerazione “interessi contrastanti con quello dell’accusato, in una logica di bilanciamento tra valori coinvolti nella sequenza processuale” . La délei raisonnable non può ledere né il diritto di 55

difesa né l’efficienza delle indagini, si può quindi ritenere che qualora non vengano compiuti atti garantiti, l’indagato non verrà

Corte e.d.u., 27 febbraio 1980, Deweer c. Belgio, par. 46 51

http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-57469 P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 46

52

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, in Enc. dir., 53

Aggiornamento, vol. V

E. MARZADURI, Tutti i rischi legati all’attuazione dei principi, in Guida al 54

diritto, 1999, n. 9, cit., p. 40

E. MARZADURI, Commento all’art. 1 l. cost. 234 novembre 1999 n.2, in Leg. 55

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messo a conoscenza dell’esistenza di un procedimento nei suoi confronti fino a quando l’esigenza di segretezza sarà superiore rispetto al diritto di difesa del soggetto sottoposto ad indagini; in breve, “nel più breve tempo possibile” significa “non appena l’avviso all’indagato è compatibile con l’esigenza di genuinità e di efficacia delle indagini” . 56 Chiaramente, la limitazione di un diritto costituzionalmente tutelato quale il diritto di difesa può essere legittimamente effettuata “solo in presenza non di una mera eventualità, bensì di una elevata probabilità di nocumento processuale” . Sarà quindi possibile soltanto qualora il pubblico 57

ministero sia in grado di provare “la sussistenza di specifiche cautele attinenti all’attività di indagine” . 58

Procedendo con l’analisi dell’articolo 111, comma terzo Cost. notiamo che esso richiama testualmente l’articolo 6 C.e.d.u. par 3, lett. a) stabilendo che il soggetto deve essere informato “della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico”. Si tratta di una informazione tanto in fatto quanto in diritto, ma la sua ampiezza dipende anche dal momento temporale in cui questa avviene: sarà necessariamente più scarna qualora sia vicina nel tempo alla conoscenza della notitia criminis, sarà invece più dettagliata nel caso in cui avvenga in un momento più vicino al giudizio . 59

P. TONINI, La prova penale, 4a ed., Cedam, 2000, cit., p.11 56

G. GIOSTRA, Processo penale e informazione, Giuffrè, Milano, 1989 cit., p. 57

35

E. MARZADURI, Commento all’art. 1. l. cost. 23 novembre 1999 n. 2, in Leg. 58

pen. 2000 cit., p. 779

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano, 59

(28)

E’ stato precisato dai giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo che il diritto alla conoscenza dell’accusa implica anche il diritto ad essere informati tempestivamente su eventuali modificazioni dell’addebito. Il tema della riqualificazione giuridica del fatto è stato affrontato numerose volte dai giudici di Strasburgo, è possibile citare, ex plurimis, un famoso caso che riguarda il nostro Paese, e cioè il caso Drassich c. Italia : in tale 60

sentenza la Corte ha stabilito che se i giudici di merito nazionali procedono alla riqualificazione del fatto devono assicurare all’imputato l’esercizio del “diritto di difesa sul punto in maniera concreta ed effettiva” e perché ciò avvenga è necessario che l’imputato venga informato in tempo utile non solo dei motivi dell’accusa, e cioè dei fatti materiali su cui si fonda l’accusa, ma anche, e dettagliatamente, della qualificazione giuridica di tali fatti.

Nella prima parte del quarto comma dell’articolo 111 Cost. è stabilito che il processo penale è governato dal “principio del contraddittorio nella formazione della prova”. Tale locuzione inquadra il contraddittorio come “metodo di conoscenza” . 61

Il contraddittorio in questione non è però assoluto, infatti, come si legge nel successivo comma quinto, “la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita”. Il legislatore si propone così di attuare un congruo bilanciamento fra opposte esigenze di tutela: il diritto al contraddittorio da una parte e la

Corte e.d.u., 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, par. 34; cfr. amplius sul 60

caso Drassich, Capitolo IV, par. 4.8 di questo lavoro P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 47 61

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necessità di garantire il corretto ed efficace dispiegamento della giustizia penale dall’altra.

La previsione normativa della possibilità, nei casi stabiliti dalla legge, di utilizzare una prova non formata in contraddittorio permette di affermare che l’esercizio del diritto di difesa nella forma del controesame è un diritto disponibile e può essere sacrificato per esigenze superiori o per scelta dell’imputato . Si 62

può affermare che le eccezioni contenute nel comma quinto sono quelle che rendono ragionevole il principio, dove per ragionevole si intende “non contrario agli scopi per i quali è predisposto” . 63

E’ opportuno precisare che, come tutte le eccezioni presenti in norme costituzionali, anche queste sono da interpretarsi restrittivamente.

Anzitutto è prevista un’eccezione in virtù del consenso dell’imputato; il riferimento in questo caso va ai riti deflativi del dibattimento, la ratio sottesa alla norma è quella della economia processuale e quindi della necessità di operare un bilanciamento fra il corretto accertamento dei fatti da una parte e la necessità di contenere tempi e risorse impiegati nel processo penale dall’altra . 64

La seconda deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova riguarda l’ipotesi della “accertata impossibilità di natura oggettiva”.

E. AMODIO, La procedura penale dal rito inquisitorio al giusto processo, in 62

Cass. pen., 2003, n. 4, cit., p 1419

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 627 63

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 627 64

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La formulazione è estremamente generica e non precisa se si debba trattare di una impossibilità dovuta a cause imprevedibili oppure se tali cause possano essere anche prevedibili . 65

Pare condivisibile l’opinione di Grevi che suggerisce di non distinguere, a livello costituzionale, fra irripetibilità prevedibile e imprevedibile e rileva come la norma non imponga alcun vincolo al legislatore ordinario in punto di prevedibilità o meno dell’impossibilità di ripetizione . Il termine “oggettiva” fa 66

riferimento a quelle ipotesi di impossibilità che non dipendono dalla volontà del soggetto e che quindi sono sostanzialmente assimilabili alle cause di forza maggiore . 67

L’impossibilità oggettiva deve essere accertata tramite un procedimento incidentale, nel contraddittorio delle parti.

La terza ed ultima eccezione riguarda il caso in cui la mancata realizzazione di contraddittorio sia viziata dalla presenza di una “comprovata condotta illecita”. Il legislatore si sta in questo caso riferendo a quelle ipotesi in cui, in dibattimento, il dichiarante tace perché vittima di minacce, quindi alle ipotesi di condotta illecita posta in essere “sul” dichiarante . In questi casi, la 68

possibilità di sottoporre al libero apprezzamento del giudice le precedenti dichiarazioni effettuate dallo stesso soggetto nelle fasi antecedenti del procedimento, permette di non disperdere utile materiale probatorio ed assolve quindi una funzione di efficienza

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 638 65

V. GREVI, Dichiarazioni dell’imputato sul fatto altrui, diritto al silenzio e 66

garanzia del contraddittorio, in Riv. it. Dir. proc. pen., 1999, cit., p. 843 C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p. 638 67

cfr Relazione dell’on. Pera, in Atti parl. sen. XIII legislatura, seduta del 18 68

(31)

e permette un migliore accertamento della verità processuale . 69

Anche in questo caso la condotta illecita deve essere provata, nel contraddittorio delle parti, attraverso un procedimento incidentale.

1.4. Sistema inquisitorio versus sistema misto: silenzio e

disclosure

Come già accennato sopra, il concetto di diritto di difesa si articola in modo diverso nei modelli processuali inquisitorio ed accusatorio. La nostra costituzione non sceglie esplicitamente per l’uno o l’altro sistema, ma comunque individua attraverso gli istituti, i diritti e le garanzie fondamentali apprestate le caratteristiche del “giusto processo”, lasciando in questo modo al legislatore ordinario la scelta degli strumenti più idonei per concretizzarlo . 70

La sostanziale differenza fra i due sistemi ai fini del diritto all’informazione dell’indagato sta nel fatto che nel sistema inquisitorio non si ha separazione fra la fase istruttoria ed il dibattimento e gli elementi e le prove raccolti nel primo sono pienamente utilizzabili nel secondo; al contrario, nel sistema accusatorio, stante la separazione funzionale delle fasi, di regola, gli elementi acquisiti nella fase pre-dibattimentale non sono utilizzabili in dibattimento, se non previo contraddittorio fra le parti. Pertanto, qualora nella fase delle indagini, debba essere posto in essere un atto irripetibile, dovranno, in via tendenziale,

C. CONTI, Giusto processo, b) diritto processuale penale, cit., p 639 69

G. UBERTIS, Giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in Cass. pen., 70

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essere assicurate condizioni di parità fra le parti. Si precisa che tale parità è, appunto, assicurata ‘in via tendenziale’, poiché eventuali limitazioni al coinvolgimento della difesa potranno giustificarsi in virtù della preminenza di altri fattori, come, ad esempio, l’assoluta urgenza nel compimento dell’atto o la necessità dell’effetto sorpresa nei confronti dell’indagato . 71

Nel sistema inquisitorio il diritto di difesa risulta maggiormente compresso in quanto le prove raccolte nella fase istruttoria sono valutabili anche dal giudice del dibattimento. E’ vero che in dibattimento la controparte ha la possibilità di ottenere il contraddittorio sulla prova, ma è chiaro come vi sia una profonda differenza fra contraddittorio “sulla” prova, già formata nel segreto e nell’unilateralità, e contraddittorio “nella formazione” della prova, tanto da poter parlare apertamente di

vulnus irreparabile inferto al diritto di difesa . 72

Si deve però sottolineare che un potere di critica ex post in dibattimento sugli elementi raccolti dall’accusa non è sufficientemente garantistico, infatti, perché il diritto di difesa possa ritenersi tutelato nella fase istruttoria di un sistema inquisitorio sarebbe necessario approntare tre guarentigie: la garanzia di informazione tempestiva sull’apertura di un procedimento e sugli estremi dell’addebito, il coinvolgimento della difesa nell’assunzione delle prove da parte degli organi inquirenti, l’esistenza in capo alla difesa di poteri istruttori dotati

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano, 71

Giuffrè, 2010, cit., p. 97

G. FRIGO La posizione del difensore nel nuovo processo penale, in Giust. pen., 72

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di pari forza rispetto a quelli dell’accusa . Tuttavia, una tale 73

conclusione sovvertirebbe gli stessi caratteri fondamentali del sistema inquisitorio, pertanto non resta che ammettere che nei sistemi inquisitori si deve escludere la sussistenza della difesa come funzione del processo, in virtù della preminenza del perseguimento dello scopo accertativo . 74

Il rapporto tra segreto e diritto di difesa assume invece maggiore coerenza e garanzia, sia per l’indagato, sia per gli organi inquirenti, nel sistema accusatorio. Infatti, “se quanto si compie prima del dibattimento è qualcosa che non produce effetto, ed il processo si riduce realmente al dibattimento, […] è accettabile che si sia coinvolti in atti investigativi conoscendo tardivamente il ‘tema’ rispetto al quale difendersi” . In questo modo il segreto 75

nella fase istruttoria è tollerabile in quanto non compromette il diritto al contraddittorio dell’indagato che poi in dibattimento si troverà su un piano di tendenziale parità con l’accusa.

La necessità di informare l’indagato riemergerà, poi, qualora debbano essere posti in essere atti irripetibili, i quali per poter essere utilizzati in dibattimento, necessitano che venga instaurato il contraddittorio in materia; la necessità di informazione circa tali atti irripetibili porta necessariamente con sé anche l’informazione circa l’esistenza delle indagini preliminari e gli estremi dell’addebito. Oltre all’informazione sugli atti irripetibili che devono essere svolti nelle indagini

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano, 73

Giuffrè, 2010, cit., p. 86

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, Milano, 74

Giuffrè, 2010, cit., p. 86

M. NOBILI, La nuova procedura penale. Lezioni agli studenti, Bologna, Clueb, 75

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preliminari, una seconda garanzia imprescindibile a favore dell’indagato riguarda un’informazione che preceda l’elevazione dell’accusa, correlata dalla completa discovery del materiale probatorio, in modo da consentire un’adeguata preparazione della strategia difensiva che tenda, a seconda dei casi, a richiedere l’archiviazione o ad ottenere una più favorevole formulazione dell’accusa.

Quindi, prima della conclusione delle indagini preliminari all’indagato dovrà essere data comunicazione circa l’esistenza del procedimento, e ciò al fine di garantire al soggetto la possibilità di incidere sulle determinazioni del pubblico ministero . 76

L’indagato dovrà godere di un assetto di garanzie minimo così come confermato dal combinato disposto degli articoli 24, secondo comma, Cost., 111 Cost e 6 C.e.d.u.

S. CIAMPI, L’informazione dell’indagato nel procedimento penale, cit., p. 104; 76

tale funzione è garantita, nel nostro ordinamento, dall’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari di cui all’articolo 415-bis c.p.p.

(35)

Capitolo II

Il diritto all’informazione nei procedimenti penali nel

panorama internazionale

2.1 Dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali alla Roadmap per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali Due anni dopo la proclamazione delle Dichiarazione dei diritti dell’uomo, il Consiglio d’Europa (che tra gli organi europei è quello che maggiormente si propone di realizzare una sempre più stretta unione fra gli Stati membri nella consapevolezza che tale alto fine è raggiungibile soltanto attraverso la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali ), promulga la 77

Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo allo scopo di “assicurare la garanzia collettiva di alcuni diritti enunciati nella Dichiarazione universale” . Nella Convenzione, gli Stati 78

contraenti assicurano a tutti coloro che sono sottoposti alla loro giurisdizione una serie di diritti e libertà elencati dal Titolo I, fra le quali: il diritto alla vita, la proibizione della tortura, della schiavitù e del lavoro forzato, il diritto alla libertà e alla sicurezza, il diritto ad un equo processo, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, la libertà di pensiero, coscienza e

Preambolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti 77

dell’uomo e delle libertà fondamentali

Preambolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti 78

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religione, la libertà di espressione, riunione ed associazione. In particolare, l’articolo 6, che riguarda il diritto ad un equo processo è quello che maggiormente rileva ai fini di questo studio ed è stato, inoltre, il punto di riferimento per il legislatore italiano del 1999 nella redazione dell’articolo 111 Cost.

L’articolo 6 C.e.d.u. stabilisce, in primis, che ogni persona ha diritto a che la causa nei suoi riguardi sia esaminata equamente e pubblicamente, in un termine ragionevole e da un tribunale indipendente ed imparziale costituito per legge. La sentenza deve essere pubblica, tranne che nei casi in cui, per esigenze superiori, è previsto per legge che questa venga emessa a porte chiuse. Viene poi sancito che ogni persona è presunta innocente fino a che la sua colpevolezza non venga legalmente accertata.

Al paragrafo terzo, nelle lettere da a) ad e) vengono elencati una serie di diritti di cui gode l’indagato o imputato, tali diritti sono pressoché trasposti integralmente dal legislatore nel terzo comma dell’articolo 111 della Costituzione: a) il diritto

all’informazione, nel più breve tempo possibile ed in modo dettagliato dell’accusa elevata a suo carico, b) il diritto a godere di un tempo sufficiente per preparare una difesa adeguata, c) il diritto di difesa, sia personale sia per mezzo di un legale rappresentante ed il diritto a beneficiare di un avvocato d’ufficio nei casi e nei modi previsti dalle leggi ordinarie dei rispettivi ordinamenti, d) il diritto di esaminare i testimoni a carico e ad ottenere la convocazione dei testimoni a discarico, e) il diritto ad essere assistito da un interprete se non comprende o non parla la lingua del processo.

Nei trattati comunitari, invece, non vi è menzione della tutela dei diritti umani così come neppure dall’Atto Unico europeo del

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1986, fino al trattato di Maastricht (c.d. T.U.E) del 1992 che stabilisce il rispetto dei diritti umani tutelati dalla C.e.d.u.

Tale trattato segna la prima vera svolta nel panorama europeo: si ha il passaggio da una Unione che puntava essenzialmente alla realizzazione di un mercato comune al focus sull’integrazione politica.

Gli obiettivi essenziali che si propone sono sostanzialmente: il rafforzamento della legittimità democratica delle istituzioni, la maggiore efficacia delle istituzioni, la creazione di un’unione economica e monetaria, lo sviluppo della dimensione sociale della comunità e l’istituzione di una politica estera e di sicurezza comune . Con Maastricht viene creata l’Unione Europea ed essa 79

viene strutturata in tre pilastri: le Comunità europee, la politica estera e di sicurezza comune, la cooperazione di polizia e giudiziale in materia penale.

Sin dalla redazione di tale trattato i Paesi membri erano consapevoli che la strada per l’integrazione europea era soltanto alle sue fasi iniziali, infatti, all’interno di esso era stata inserita una clausola di revisione del trattato stesso. Revisione che è culminata con la redazione del trattato di Amsterdam nel 1997. Si realizza un ulteriore rafforzamento dei poteri dell’Unione con la creazione di una politica comunitaria in tema di occupazione e si tende a realizzare una più stretta cooperazione fra gli Stati membri.

Il completamento dell’evoluzione si avrà poi con il trattato di Lisbona del 2007 il quale mette in atto una riforma radicale.

europa.eu/legislation_summaries/institutional_affair/treaties/ 79

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Pone fine alla divisione dell’UE in pilastri e realizza una nuova ripartizione di competenze tra l’Unione e gli Stati membri.

Viene modificata anche la struttura delle istituzioni europee, nonché il loro processo decisionale per rendere la struttura istituzionale adatta ad un’Europa allargata a ventisette membri. Fra i vari temi affrontati dal trattato, quello che più interessa ai fini di questo studio è la politica che mira alla realizzazione di uno “spazio europeo di libertà sicurezza e giustizia”. Con tale locuzione si intende uno spazio europeo comune dove le persone siano libere di circolare e godere di una protezione giuridica efficace. La realizzazione di tale spazio passa attraverso l’implementazione di quattro macro-aree: a) le politiche riguardanti controlli alle frontiere, asilo e immigrazione, b) la cooperazione giudiziaria in materia civile, c) la cooperazione giudiziaria in materia penale, d) la cooperazione di polizia . 80

In particolare, per quanto riguarda la materia della cooperazione giudiziaria in materia penale, con il trattato di Lisbona essa è diventata un tema su cui le istituzioni europee possono legiferare, stante l’abolizione da parte del trattato, della struttura a pilastri. Tale materia infatti, così come la cooperazione di polizia, rientrava nel terzo pilastro e perciò le istituzioni europee non potevano legiferare a riguardo. Adesso lo scenario è cambiato e, anzi, si tende ad andare ancora oltre con la possibile creazione di una procura europea che si proponga di giudicare autonomamente gli autori dei reati; tale procura, si prevede nel trattato di Lisbona, potrebbe essere istituita da un regolamento

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votato all’unanimità dal Consiglio che però, sino ad oggi, non si è ancora mosso in tal senso . 81

Tende alla realizzazione di uno spazio di sicurezza, libertà e giustizia nell’Unione europea anche il Consiglio europeo di Tampere del 1999 . Tale Consiglio straordinario sottolinea che, 82

sin dagli albori, l’integrazione europea era saldamente legata alla implementazione dei diritti dell’uomo, necessari per garantire la pace e il benessere all’interno dell’Unione. I principali elementi di uno spazio comune di prosperità e pace sono un mercato unico, un’unione monetaria ed economica e la capacità di affrontare le sfide politiche ed economiche mondiali. Il trattato di Amsterdam ha evidenziato la necessità che si possa godere di tale libertà in condizioni sicurezza e giustizia accessibili a tutti. “Per godere della liberà è necessario uno spazio autentico di giustizia, in cui i cittadini possano rivolgersi ai tribunali e alle autorità di qualsiasi stato membro con la stessa facilità che nel loro” . Il Consiglio 83

auspica la creazione di un autentico spazio di giustizia europeo e pone l’accento sulla necessità di migliorare l’accesso alla giustizia tramite la pubblicazione di “guide all’utente” sulla cooperazione giudiziaria nell’Unione e sui sistemi giuridici degli Stati membri . 84

Un ulteriore aspetto interessante evidenziato a Tampere è il riconoscimento della necessità del reciproco riconoscimento delle

europa.eu/legislation_summaries/institutional_affair/treaties/ 81

lisbon_treaty/ai0022_it.htm

http://www.europarl.europa.eu/summits/tam_it.htm 82

Consiglio europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999, G.U.U.E., 15 gennaio 83

2001, C-12, p. 10, cit., par. 5

Consiglio europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999, G.U.U.E., 15 gennaio 84

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