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L’ Accordo europeo sullo stress-lavoro correlato

3. Il benessere organizzativo e la valutazione dei rischi psicosociali

3.3. Stress, rischi psicosociali e stress lavoro-correlato

3.3.2. L’ Accordo europeo sullo stress-lavoro correlato

Per un esplicito riconoscimento delle determinanti psicologico-sociali relative alla prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro dal punto di vista legislativo, in

144 Ibidem 145 Ibidem

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Italia si è arrivati col recepimento dell’Accordo europeo sullo stress lavoro-

correlato nel D.lgs. 81/2008. In tale decreto, all’art.1, comma 1 si afferma che “Lo

stress lavoro-correlato è individuato a livello internazionale, europeo e nazionale come oggetto di preoccupazione sia per i datori di lavoro che per i lavoratori”146. Nel testo si afferma, inoltre, all’art. 1, comma 2 che “potenzialmente lo stress può riguardare ogni luogo di lavoro ed ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dai settori di attività o dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro”147. Sempre all’art.1, al comma 3, si afferma che “affrontare la questione dello stress lavoro-correlato può condurre ad una maggiore efficienza e ad un miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori, con conseguenti benefici economici e sociali per imprese, lavoratori e società nel suo complesso”148.

Tra le novità del D.lgs. 81/2008 viene attribuito un ruolo primario al concetto di salute, riprendendo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che la definisce uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o di infermità149. Un’altra tematica

cui si dà importante rilievo in questo decreto è quella della formazione. Il processo formativo è un vero e proprio strumento di prevenzione, come misura generale di tutela per i lavoratori, i loro rappresentanti, per i dirigenti e i preposti.

Connesso al concetto di concetto di salute e di stress lavoro-correlato è una tematica che rivesta grande importanza nell’Accordo europeo sullo stress-lavoro correlato: la valutazione dei rischi. L’art.6 dell’Accordo istituisce la “Commissione Consultiva Permanente sulla salute e sicurezza del lavoro”, con carattere consultivo, cui spetta il compito di elaborare le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi, che si divide in:

146 http://www.bollettinoadapt.it/old/files/document/3930GOTTARDI_07_06_2.pdf 147 Ibidem

148 bidem

149 Aiello A., Deitinger P., Nardella C., Il modello “Valutazione dei Rischi Psicosociali” (Varp): metodologia e strumenti per una gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro- correlato al mobbing”, Parte Prima, Angeli, 2012

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1) Valutazione preliminare, che consiste nella rilevazione di indicatori di rischio da stress lavoro-correlato oggettivi e verificabili. Questi indicatori vengono individuati dalla Commissione, come appartenenti a tre famiglie diverse:

• Eventi sentinella;

• Fattori di contenuto del lavoro; • Fattori di contesto del lavoro.

Sui fattori di contenuto e di contesto del lavoro devono essere ascolti i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e/o i lavoratori; nelle aziende di grandi dimensioni è possibile “sentire” un campione rappresentativo di lavoratori. Lo strumento introdotto dalla Commissione per la rivelazione dei fattori del contenuto e del contesto di lavoro è rappresentato dalle liste di controllo o checklist.

2) Valutazione approfondita, che può essere considerata la valutazione effettiva del rischio da stress lavoro-correlato. Mira ad indagare la percezione soggettiva dei lavoratori, circa gli indicatori valutati in fase preliminare, attraverso strumento quali interviste semi-strutturate e questionari150. Quindi, per la valutazione dello

stress devono essere sempre coinvolti i lavoratori, chiedendo loro cosa provano e sentono in relazione al proprio ambiente di lavori. Nonostante sia difficile individuare un questionario onnicomprensivo, gli strumenti di analisi devono tendere a includere molti degli aspetti presenti in un’organizzazione. Un modello teorico potrebbe focalizzarsi su caratteristiche specifiche del compito, come il modello “domanda-controllo” di Karasek o su specifiche caratteristiche delle richieste lavorative, come il modello “squilibrio sforzo-ricompensa” di Siegrist151.

Per aiutare gli operatori a svolgere una valutazione efficace del rischio da stress lavoro-correlato, Antonio Aiello, Patrizia Deitinger e Christian Nardella hanno elaborato il “Modello di valutazione Varp”, che comprende le indicazioni della

150 http://centrostresslavoro-lazio.it/slc_beta/wp-content/uploads/2015/08/Opuscolo-stampabile.pdf 151 Aiello A., Deitinger P., Nardella C., Il modello “Valutazione dei Rischi Psicosociali” (Varp): metodologia e strumenti per una gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro- correlato al mobbing”, Parte Prima, Angeli, 2012

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Commissione Consultiva Permanente, ma offre anche suggerimenti per superarne le criticità152.

3.4. Effetti dello stress sull’individuo e sull’organizzazione e strategie di coping

Gli effetti dello stress sull’individuo possono essere divisi in tre principali categorie: fisiologici, psicologici e comportamentali.

1) Effetti fisiologici: lo stress intenso può portare all’insorgere di malattie, a causa dell’eccessiva quantità di quelli che ormai sono conosciuti come “ormoni dello stress” a livello ematico, a causa dei quali i vasi sanguigni possono restringersi e il cuore può danneggiarsi. Molti degli studi contemporanei sono caratterizzati dall’associazione tra stress e salute; una delle conseguenze a livello fisiologico dell’elevato stress è l’arteriosclerosi, ovvero la perdita di elasticità delle arterie: essa è associata all’aumento della pressione sanguigna e alla maggiore probabilità di infarti e problemi cardiaci, poiché il cuore deve lavorare con maggiore intensità. 2) Effetti psicologici: quando le richieste lavorative non possono essere fronteggiate con un impegno lavorativo normale, aumenta lo sforzo, con conseguenze negative a livello psicologico come l’irritabilità e l’affaticamento. Un costrutto molto utilizzato per spiegare le conseguenze psicologiche di condizioni prolungate di stress sul lavoro è quello di “burnout”. Il burnout indica una condizione di esaurimento emotivo derivante da stress lavoro-correlato e da fattori della sfera personale e ambientale; è un processo nel quale lo stress si trasforma in una sorta di meccanismo di difesa e una strategia di risposta alla tensione. Esso può essere definito come un particolare tipo di risposta affettiva a condizioni di lavoro stressanti, e quindi una conseguenza che deriva da un’elevata esposizione a stress lavorativo. È una sindrome caratterizzata da tre principale dimensioni:

152 Per maggiori informazioni: Aiello A., Deitinger P., Nardella C., Il modello “Valutazione dei Rischi Psicosociali” (Varp): metodologia e strumenti per una gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro-correlato al mobbing”, Parte Seconda, Angeli, 2012

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• Esaurimento emotivo: stanchezza psicofisica e sensazione di essere emotivamente svuotato. È la prima reazione allo stress prodotto da eccessive richieste di lavoro o da cambiamenti significatici. Quando una persona sente di aver superato il limite massimo, sia a livello emozionale che fisico, si sente incapace di rilassarsi e di recuperare l’energia necessaria per affrontare nuovi progetti e nuove sfide153;

• Depersonalizzazione: diffuso cinismo e atteggiamento caratterizzato da freddezza, atteggiamento negativo e di distacco verso l’attività lavorativa. Quando una persona assume un atteggiamento freddo e distaccato nei confronti del lavoro e delle persone che incontra sul lavoro, diminuisce il proprio coinvolgimento emotivo nel lavoro e può arrivare ad abbandonare i propri valori e ideali. Queste reazioni rappresentano il tentativo di proteggere sé stessi dall’esaurimento e dalla delusione; un comportamento così negativo può compromettere seriamente il benessere di una persona, il suo equilibrio psico-fisico e la sua capacità di lavorare;

• Distacco lavorativo: ridotta efficacia personale, sensazione di diminuzione della propria competenza professionale e del proprio desiderio di successo. Quando in una persona si manifesta la sensazione di inadeguatezza, qualsiasi nuovo progetto viene percepito come opprimente e difficile da realizzare. Quel poco che si riesce a realizzare appare privo di significato, con la conseguente perdita di fiducia nelle proprie capacità e in sé stessi. Il job burnout è considerato come un segnale di malessere diffuso che coinvolge non solo il singolo, ma l’intera organizzazione in cui si manifesta. Esso è posto lungo un continuum, al cui polo posto è possibile collocare il fenomeno del job engagement, ovvero la propensione dell’individuo ad essere emozionalmente coinvolto e a sentirsi efficace nel proprio lavoro154.

Il burnout viene considerato da molti studiosi, non solo uno stato di sofferenza individuale legata al lavoro, ma anche come un problema di natura sociale

153 http://www.psicologiadellavoro.org/burnout-d1/

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provocato da dinamiche sociali, politiche ed economiche. La sindrome deriva prevalentemente dal contatto continuo con persone sofferenti, sia fisicamente che socialmente. Lo stress, quindi, sarebbe una conseguenza dell’interazione sociale tra l’operatore e il destinatario dell’aiuto. Infermieri, psicologi, assistenti sociali, insegnanti, poliziotti possono incorrere in questo esaurimento emotivo, che porta inevitabilmente ad una diminuzione delle capacità professionali.

Disturbi del sonno, della memoria, senso di stanchezza, irritabilità, difficoltà a mantenere la concentrazione sono i tipici effetti psicologici dello stress-lavoro correlato. Oltre a questi, in condizioni prolungate di stress, si evidenziano altri comportamenti dannosi per la salute, quali abuso di fumo, alcool e farmaci. Questi comportamenti, se prolungati nel tempo, possono implicare per l’individuo il deterioramento delle relazioni sociale e, quindi, ridurre la possibilità di ottenere sostengo sociale, fattore molto importante per ridurre lo stress155.

I fattori che possono determinare il burnout si possono raggruppare in tre tipologie156:

1) Fattori individuali, ovvero le caratteristiche della persona: • Incapacità di lavorare in équipe;

• Tendenza a porsi obiettivi non realistici; • Personalità autoritaria;

• Considerare sé stessi come indispensabili; • Motivazione e aspettative personali. 2) Fattori socio-demografici:

• Differenza di genere (le donne sono più predisposte degli uomini); • Età (si è più predisposti nei primi anni di carriera);

• Stato civile (sono più predisposte le persone senza un compagno stabile).

155 Aiello A., Deitinger P., Nardella C., Il modello “Valutazione dei Rischi Psicosociali” (Varp): metodologia e strumenti per una gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro- correlato al mobbing”, Parte Prima, Angeli, 2012

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3) Struttura organizzativa. Struttura di ruolo, ovvero distribuzione dei compiti e delle funzioni all’interno dell’organizzazione. Le tensioni sono generate da:

• Ambiguità di ruolo: informazioni insufficienti in relazione ad una determinata posizione;

• Conflitto di ruolo: richieste che il lavoratore ritiene incompatibili con il proprio ruolo professionale;

• Sovraccarico: quando al lavoratore viene assegnato un eccessivo carico di lavoro o un’eccessiva responsabilità che non gli consentono di svolgere una buona prestazione lavorativa;

• Mancanza di motivazione: monotonia nell’attività lavorativa;

• Struttura di potere: concerne il modo in cui si stabiliscono i processi decisionali e di controllo nell’ambiente di lavoro, cioè la possibilità dell’individuo di partecipare alla presa di decisione;

• Turnazione lavorativa: la turnazione e l’orario di lavoro possono far insorgere il burnout. Questo avviene più spesso nel personale infermieristico, essendo più soggetto ad un utilizzo maggiore di energie psicofisiche rispetto al personale medico;

• Retribuzione inadeguata.

3) Effetti comportamentali: nel corso degli anni gli studiosi hanno focalizzato i propri studi sul significato che i lavoratori attribuivano al proprio lavoro, soffermandosi, in particolare, sull’elemento della soddisfazione lavorativa. Già la scuola della Relazioni Umane aveva messo in luce come per la maggior parte dei lavoratori la fonte principale di soddisfazione era il valore delle interazioni sociali, il riconoscimento sociale piuttosto che la variabile economica. Tra le caratteristiche del lavoro più importanti per la soddisfazione, ad esempio, rientrano la possibilità del lavoratore di seguire l’intero processo produttivo, il grado di autonomia nel decidere le modalità di svolgimento del proprio lavoro, e quindi un elevato senso di responsabilità. La soddisfazione può essere considerata come un atteggiamento verso il proprio lavoro, ovvero ciò che si prova nei confronti del proprio lavoro. Come ogni atteggiamento, la soddisfazione lavorativa può essere

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descritta in termini cognitivi, affettivi e comportamentali. Il livello di soddisfazione lavorativa è considerato uno dei fattori che contribuisce al benessere organizzativo. In un ambiente di lavoro altamente stressante si manifesta, all’opposto, una situazione di insoddisfazione o disaffezione lavorativa. Questo è il tipico esempio di effetto comportamentale dello stress lavoro-correlato, nonché indicatore di malessere organizzativo157. Le cause dell’insoddisfazione lavorativa

possono essere molteplici: contenuto o natura del lavoro, modalità di svolgimento e ambiente in cui si svolge il lavoro.

Come reagiscono gli individui che si trovano in situazioni prolungate di stress lavoro-correlato? Di fronte ad eventi stressanti gli individui hanno a disposizione un’ampia gamma di pensieri, emozioni e comportamenti che consentono di ridurre gli effetti di questi eventi: queste risposte possono essere definite strategie di

coping (o “fronteggiamento”). Il coping è considerato una risposta volta a

mantenere uno stato di equilibrio, con azioni rivolte a salvaguardare condizioni di benessere individuale. Secondo la teoria di Lazarus, le risposte di coping comprendono tutte le decisioni e le azioni utilizzate da un soggetto di fronte ad un evento stressante, ma anche le emozioni connesse a questo evento158.

Benessere organizzativo e strategie di coping possono essere considerati costrutti che si influenzano reciprocamente; infatti, il benessere diventa sia obiettivo che conseguenza del coping. Un’analisi organizzativa esauriente e completa dovrebbe includere nel processo di valutazione dello stress lavoro-correlato anche un’analisi delle strategie di coping; questa può essere utile nel caso in cui emergesse l’opportunità di interventi sul lavoratore all’interno dell’organizzazione per sviluppare, ad esempio, le capacità di adattamento alle costanti trasformazioni nel mondo del lavoro.

Il coping può essere considerato come una modalità flessibile di motivazione cognitiva a reagire ad eventi quotidiani stressanti, dovuti a cause esterne

157Aiello A., Deitinger P., Nardella C., Il modello “Valutazione dei Rischi Psicosociali” (Varp): metodologia e strumenti per una gestione sostenibile nelle micro e grandi aziende: dallo stress lavoro- correlato al mobbing”, Parte Prima, Angeli, 2012

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all’individuo. In ogni situazione stressante vengono utilizzate strategie di adattamento e di coping diverse in relazione alle caratteristiche individuali e del contesto. Di conseguenza, una strategia di coping che ha funzionato in una situazione, e che quindi viene considerata valida in un determinato contesto, può essere inefficace in un altro contesto159.

Le diverse ricerche effettuate per studiare meglio questa tematica, hanno messo in luce due macro-tipologie di strategie di coping, che si differenziano in base all’obiettivo che intendono perseguire:

a) strategia di coping orientata sul problema, con l’obiettivo di ridurre le conseguenze negative di un evento stressante attraverso attività e pianificazione. In questa tipologia di strategia di coping l’individuo agisce definendo il problema, individuando soluzioni e realizzando una delle soluzioni per risolvere le difficoltà. b) strategia di coping orientata sulle emozioni, con la quale non si interviene sul problema per modificare la situazione, ma per modificare la propria risposta emotiva alla situazione stessa, con lo scopo di contenere la propria ansia. Si traduce spesso in un risultato scadente, in una soluzione provvisoria. Questo tipo di strategie si articolata in quattro modalità:

• Autocontrollo, per evitare di farsi sovrastare dalle proprie emozioni;

• Assunzione di responsabilità, ritenendosi cioè responsabili (almeno in parte) della situazione;

• Rivalutazione positiva della situazione, riconoscendo e accettando i cambiamenti positivi che possono scaturire dalla situazione;

• Distanziamento, negando l’esistenza del problema o distraendosi. In questo caso può rientrare una terza tipologia di strategia di coping, la “strategia dell’evitamento”, che consiste nell’ignorare la minaccia attraverso azioni di rifiuto della situazione o di comportamenti alternativi160.

159 Ibidem

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