LA SORTE DEL CONTRATTO E LA PREGIUDIZIALE AMMINISTRATIVA.
8. La pregiudizialità amministrativa
8.2. L’Adunanza Plenaria 3/2011.
Il codice del processo amministrativo consacra l’autonomia delle due azioni (art. 30 c.p.a.) attribuendo al giudice il potere di conoscere
189 Ex multis, Cass. Sez. Un. 13659/2006. 190 Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254.
incidentalmente della legittimità dell’atto non impugnato ai soli fini risarcitori (art.34 c.p.a.) ed introducendo due termini di decadenza differenziati.
Tale autonomia, tuttavia, è riconosciuta a pieno titolo solo laddove alla tutela in forma specifica, cui è preordinata l’azione di annullamento, non si riveli di alcuna utilità ai fini del risarcimento del danno patito dal privato, danno che in definitiva potrà trovare ristoro soltanto per equivalente come nel caso in cui il provvedimento sia già stato portato ad esecuzione. Tale scelta si pone senz’altro in linea con la giurisprudenza comunitaria che si è più volte pronunciata in materia, sebbene non senza incertezze, in senso contrario ad una duplicazione dei mezzi di tutela.
Qualora invece, l’azione di annullamento, secondo un giudizio prognostico, sia in astratto idonea a ripristinare lo status quo ante, la sua mancata proposizione può essere valutata dal giudice come abuso del processo e pertanto escludere il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 30 co.3.
In particolar modo l’Adunanza Plenaria mette in evidenza come non possa più parlarsi di pregiudizialità di rito, che comporta l’inammissibilità dell’azione di risarcimento in assenza del previo annullamento dell’atto, ma di un nesso eziologico che lega le due azioni sotto il profilo della causalità. La questione transita dunque da una pregiudizialità di rito191, ad una pregiudizialità di merito192.
191
Questioni concernenti l’esistenza di un presupposto necessario per poter rendere una decisione in merito al rapporto controverso, definite come “condizioni di decidibilità nel merito”.
192
Questioni vertenti su un diritto o uno status o un rapporto giuridico diverso da quello fatto valere in giudizio ma che ne condiziona l’accertamento sostanziale in termini di dipendenza, nel senso che la fattispecie del rapporto dipendente comprende in sé il diritto condizionante, in tale rapporto si pongono a titolo di mero esempio il diritto di credito agli alimenti e quello di filiazione.
I contratti pubblici e l’annullamento dell’aggiudicazione dopo la direttiva ricorsi
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In merito, occorre rilevare come la figura di “abuso del processo” e la sua trasposizione in materia di pregiudizialità amministrativa non appare cristallina neanche nell’elaborazione del consiglio di stato del 2011.
La nozione, la cui definizione risulta sfuggente rappresenta, infatti, il corollario processualcivilistico del più ampio (e per lo più oscuro) istituto dell’abuso del diritto. È stato osservato come il processo ben conosca comportamenti vietati, ai quali riconnette sanzioni tipiche (nullità, annullabilità, inammissibilità ecc.) con la conseguenza che può intanto parlarsi di abuso del processo, in quanto si ammetta che si tratta di comportamenti che la legge processuale consente e addirittura prescrive193.
Si avrà allora abuso del processo tutte le volte in cui si rilevi un “uso distorto dello strumento processuale […] ai fini di sviamento della verità e di dilazione dei tempi processuali”.194
Di qui una certa difficoltà nel ricostruire l’istituto195e cionondimeno la necessità d’individuare dei parametri cui fare riferimento, soprattutto in considerazione del fatto che dal rispetto di questi dipende la possibilità di ottenere il risarcimento del danno in assenza d’impugnazione dell’atto lesivo, nonché di scongiurare l’ingresso della figura di obbligo del processo, incompatibile col principio di disponibilità del giudizio in capo alle parti. In questa prospettiva, s’inquadrano i tentavi della giurisprudenza d’individuare degli indici a cui ancorare le condotte processuali delle parti.
La giurisprudenza della Suprema Corte, ha qualificato come comportamento abusivo il frazionamento delle azioni da parte del
193
M. TARUFFO, L'abuso del processo: profili generarli. Riv. trim. dir. proc. civ. 2012, 01, 117.
194 A. DONDI, Abuso Del Processo, in enc. Giur.agg, II, Milano, 2002, p. I. 195
creditore a fronte dell’inadempimento riferibile ad un unico rapporto, rilevando come la scelta processuale adottata dalla parte (in sé insindacabile) fosse meritevole di censura in quanto esclusivamente rivolta ad arrecare un danno alla controparte senza alcun vantaggio legittimo per l’attore.196 L’ipotesi sub specie, citata come caso esemplare dall’adunanza plenaria del 2011, sebbene ricalchi lo schema dell’abuso del diritto, mal si attaglia all’ipotesi di omessa o tardiva proposizione dell’azione di annullamento, dove la scelta processuale può celare, oltre alla semplice negligenza, anche un comportamento volto ad incrementare la lesione patrimoniale in danno al creditore, al fine di ottenere un maggior risarcimento per equivalente.
Un tentativo di enucleare degli schemi di condotta chiari, volti ad orientare le parti nel gioco del processo, sono riferibili ad un recente arresto del Consiglio di Stato che individua tra gli elementi costitutivi dell’abuso del processo “la circostanza che, a causa di una tale
modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte” 197.
196
Cass. Sez. Un., 15 novembre 2007, n. 23726, cit.
197 Gli altri criteri sono: «1) la titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un
soggetto; 2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate; 3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico; 4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrifico cui è soggetta la controparte […] Il divieto di abuso del diritto, in quanto espressione di un principio generale che si riallaccia al canone costituzionale di solidarietà, si applica anche in ambito processuale, con la conseguenza che ogni soggetto di diritto non può esercitare un'azione con modalità tali da implicare un aggravio della sfera della controparte, sì che il divieto di abuso del diritto diviene anche divieto di abuso del processo Si giunge, così, all'elaborazione della figura dell' abuso del processo quale esercizio improprio, sul piano funzionale e modale, del potere discrezionale della parte di scegliere le più convenienti strategie di difesa».
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Un ulteriore profilo che merita di essere affrontato riguarda la configurazione del danno evitabile. L’ art. 30 c.p.a. comma 3 attribuisce al Giudice Amministrativo il potere di valutare “tutte le
circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”. Il richiamo, seppure non esplicito all’
art. 1227 co. 2 è generalmente riconosciuto198.
A riguardo si nota, come l’art. 1227, in generale, consacra l’irrisarcibilità dei danni evitabili dal creditore-danneggiato, operante anche in materia extracontrattuale attraverso il rinvio effettuato dall’art. 2056 c.c.
La norma però consta di due commi, il primo dove viene chiamato in causa il nesso di causalità ed alla luce del quale il creditore concorre alla verificazione dell’inadempimento (evento-base) ed un secondo comma che, presupponendo l’evento dannoso come già prodottosi, prende in considerazione una tipologia di danni “ulteriori”, esclusivamente riconducibili alla condotta del creditore. Con riferimento a questa seconda ipotesi, è stato osservato come << la
previsione relativa ai danni evitabili, non ha a che fare con il concorso di cause nella produzione dell’evento dannoso, e quindi con la ripartizione della responsabilità (sulla scorta di criteri causali) fra autore e vittima del danno. Ma, dando per risolto tale problema, essa attiene piuttosto alla determinazione del danno risarcibile199 .>> Trasponendo il ragionamento al caso in oggetto, vanno individuate due tipologie di danno, una prima (c.d. danno evento) direttamente riconducibile all’atto amministrativo illegittimo, per cui il risarcimento
198 C. d. S., Ad. Plen., 3/2011.
199C.ROSSELLO, il danno evitabile: la misura della responsabilità tra diligenza ed
può essere soltanto ridotto ma non del tutto negato200 in quanto il concorso del fatto del creditore potrebbe diminuire l’importo del risarcimento ma non negarlo del tutto. Semmai oggetto di esclusione rispetto ad una pretesa risarcitoria, sarebbe una seconda categoria di danni causalmente riconducibile all’esclusiva condotta anche omissiva del privato-ricorrente.
In sintesi anche a voler riconoscere una pregiudizialità di merito tra atto amministrativo e azione di annullamento, non sarebbe possibile escludere in toto, il risarcimento di quei danni direttamente riconducibili all’atto illegittimo ai sensi del secondo comma dell’art.1227. Diversamente, potrà essere negato il risarcimento di quel danno ulteriore, che si pone in rapporto di causalità diretta ed esclusiva dell’agente onde scongiurare condotte opportuniste dei privati.
Tuttavia, da una disamina della giurisprudenza del Consiglio di Stato, il danno evento, nelle sue diverse sfaccettature non è di norma soggetto a risarcimento.