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Pregiudizialità di rito e pregiudizialità di merito.

LA SORTE DEL CONTRATTO E LA PREGIUDIZIALE AMMINISTRATIVA.

8. La pregiudizialità amministrativa

8.1. Pregiudizialità di rito e pregiudizialità di merito.

Storicamente la questione specifica della pregiudizialità amministrativa, nasce antecedentemente alla sentenza delle SSUU 500/99 che apre la via alla risarcibilità dell’interesse legittimo. La tecnica di tutela degli interessi legittimi, per lo meno quelli oppositivi, era costruita attorno alla teoria della degradazione, per cui, solo il vittorioso esperimento dell’azione caducatoria dinnanzi al G.A. e la conseguente eliminazione dell’atto amministrativo, avrebbe consentito la riemersione di un diritto soggettivo risarcibile dinnanzi al G.O. 180 In questa struttura, l’azione di annullamento si pone senz’altro in termini di pregiudizialità di rito nei confronti dell’azione di

179 Secondo M. LIPARI, Il Contenzioso sui Contratti Pubblici un Anno Dopo il

Recepimento Della Direttiva Ricorsi, Giuffrè, 2011, accanto alla privazione

d’efficacia del contratto, si riscontrano altre tre conseguenze tipiche:il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente, l’applicazione delle sanzioni alternative, l’effetto conformativo del giudicato (soprattutto se la P.A. deve procedere alla riedizione della gara), e l’applicazione di sanzioni alternative. Tuttavia, l’aspetto sanzionatorio non si rivela satisfattivo per il ricorrente, a meno che non incida sulla durata del contratto e sempre che la P.A. opti per la riedizione della gara per la parte restante.

risarcimento, poiché il G.O., dinnanzi ad un’istanza di risarcimento del danno per lesione di un interesse legittimo, non avrebbe potuto far altro che declinare la giurisdizione in favore del G.A. e solo successivamente alla declaratoria di annullamento del provvedimento illegittimo, accordare tutela per equivalente ad un (riespanso) diritto soggettivo. La prospettiva cambia con la sentenza delle SSUU del 1999. La ridefinizione della difesa accordata all’interesse legittimo in termini di spettanza del bene della vita, porta con sé non pochi dubbi sulla persistenza della pregiudizialità181. Il giudice del risarcimento è da ora in poi chiamato ad accertare che vi sia stata “la lesione di un interesse rilevante per l'ordinamento”182,indagine questa, che non coincide con quella tipica dell’ annullamento.

Se nel giudizio demolitorio, infatti, la caducazione dell’atto è conseguente al mero riscontro del vizio, il giudizio risarcitorio richiede, oltre all’individuazione di un evento dannoso lesivo di un interesse rilevante per l’ordinamento, anche la verifica della sussistenza del nesso di causalità tra danno e comportamento della P.A. nonché dell’soggettivo in capo a quest’ultima.

Il riposizionamento dell’interesse legittimo all’interno dell’ordinamento, ha avuto l’effetto di rendere superflua la teoria della degradazione e di sganciare, almeno sotto il profilo logico, l’azione di risarcimento da quella demolitoria 183.

Tuttavia la Suprema Corte non chiariva se l’accertamento dell’ingiustizia del danno desse comunque luogo ad una pregiudiziale di merito, limitandosi ambiguamente ad affermare che “non sembra

181 CORTESE, La questione della pregiudizialità amministrativa. Il risarcimento del

danno da provvedimento illegittimo tra diritto sostanziale e diritto processuale,

CEDAM, 2007

182 Cassazione civile , SS.UU., sentenza 22.07.1999 n° 500 183 CORTESE, ivi

I contratti pubblici e l’annullamento dell’aggiudicazione dopo la direttiva ricorsi

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ravvisabile la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento”.184

Neanche il legislatore del 2000185 si pronuncia sulla questione della pregiudiziale, limitandosi ad attribuire al GA la giurisdizione in materia di risarcimento del danno nell’ambito della giurisdizione generale di legittimità e degli altri diritti patrimoniali consequenziali, senza chiarire, ancora una volta il rapporto tra le due azioni186.

Complice il silenzio del legislatore, la dottrina ha avuto modo di dividersi a lungo sulla questione. Già all’indomani della sentenza 500/99 si individuano due tendenze, una maggioritaria, sostenuta dai giudici di Palazzo Spada, favorevole alla teoria della pregiudizialità187, ravvisava nell’annullamento dell’atto, la condicio sine qua non per il risarcimento del danno. Un altro orientamento, poi abbracciato dalla Corte di Cassazione, propugnava, invece, l’autonomia delle due azioni. Si segnalano, inoltre, posizioni isolate ma suggestive che propendevano addirittura per l’alternatività delle due azioni.

L’argomento più pregnante a sostegno della pregiudiziale di merito188, si sostanziava nell’analisi del rapporto tra norme di relazione e provvedimento dove, la norma di relazione attribuisce il potere alla P.A., la norma di azione ne individua le modalità di esercizio ed il provvedimento amministrativo rappresenta la regola del caso concreto, acquisendo potestà disciplinatoria ed ordinatrice.

Se dunque il provvedimento è la norma del caso de quo, l’infruttuoso decorso dei termini per impugnare, implica la cristallizzazione della regola, che viene definitivamente acquisita nell’ordinamento giuridico con la conseguenza che, in ossequio al principio di non

184 Cass. civ., Sez. Un. 500/99. 185 L. 205/00.

186 Art.7, l. 205/2000. 187 C.d.S., Ad. Plen., 4/03.

contraddittorietà, viene meno l’antigiuridicità dell’atto amministrativo. Se il danno non è più contra ius, l’azione di risarcimento risulta preclusa, poiché non sorge in capo alla parte un corrispondente diritto di credito. Tale tesi, metteva in evidenza anche il rischio di condotte di parte ricorrente, volte ad eludere il termine decadenziale previsto dalla legge.

Per contro, fautori della tesi autonomistica negavano un qualunque rapporto di pregiudizialità e ponevano l’accento, invece, sull’autonomia della domanda risarcitoria rispetto a quella costitutiva, in quanto vertente su di un diritto soggettivo (al risarcimento) già sorto al momento dell’emanazione dell’atto contra legem e persistente in capo al soggetto leso, indipendentemente dalla sorte poi seguita dal provvedimento.

Si sosteneva, inoltre, la differenza funzionale dei due strumenti, infatti, mentre l’azione risarcitoria si considerava posta a tutela del patrimonio, l’azione caducatoria proteggeva la sfera giuridica della persona. Il diverso ambito di tutela giustificava, secondo quest’impostazione, l’autonomia delle due azioni, sicché l’acquiescenza prestata verso l’azione di annullamento non avrebbe implicato un’automatica rinuncia al risarcimento del danno, semmai la prima avrebbe realizzato una tutela in forma specifica e la seconda per equivalente.

I riflessi giurisprudenziali dei diversi approcci alla questione hanno dato vita al noto contrasto tra Consiglio di Stato e Corte di Cassazione, nei cui riguardi è risultato decisivo l’intervento della Corte Costituzionale. Questa, interpellata sulla legittimità costituzionale dell’attribuzione al G.A. del potere di decidere sul risarcimento per lesione d'interessi legittimi, dichiarava la scelta del legislatore coerente col quadro costituzionale e, pur non pronunciandosi mai sulla natura di diritto soggettivo del risarcimento, evidenzia come l’istituto sia da attenzionare sotto il profilo funzionale, come strumento di tutela

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indispensabile per garantire una tutela piena ed effettiva all’interesse legittimo. Tale rilievo rafforza la tesi autonomistica, sostenuta dalla Cassazione, che finisce con l’identificare il ripristino di una qualunque forma di pregiudizialità come un diniego di tutela “piena” alla posizione d’interesse legittimo in quanto avrebbe assoggettato l’azione di risarcimento ad un termine legislativamente non previsto189.

Riguardo alla cristallizzazione della regola espressa dal provvedimento, sostenuta dal Consiglio di Stato, le Sezioni Unite rispondevano come la mancata impugnazione non equivalesse ad una convalida dell’atto, prova ne era che non influiva sui poteri di annullamento in autotutela, pur sempre esercitabili dalla P.A.

Contestualmente, la Corte ribadiva la propria competenza a sindacare la sentenza del G.A. tutte le volte in cui questo si fosse rifiutato di accordare il risarcimento del danno adducendo la tardiva impugnazione dell’atto190.

In questo contesto s’inserisce l’orientamento mediano del Consiglio di Giustizia Amministrativa che sin dal 2006, propugna la tesi mitigatamente autonomistica secondo cui la mancata proposizione dell’azione di annullamento, poteva essere valutata dal giudice secondo i canoni dell’art. 1227 del c.c. comma 2, laddove tale condotta fosse qualificabile come causativa di un danno evitabile dalla parte. In questo caso sarebbe stato negato il risarcimento per equivalente per le lesioni che il privato avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza.