MATERIALI E METOD
FASE 1 L’analisi degli elementi in traccia: a Campionamento;
b. Preparazione dei reperti;
c. Determinazione e qualificazione dei contenuti chimici; d. Valutazione ed interpretazione dei dati.
a) Campionamento
Il campionamento comporta la rimozione di un quantitativo relativamente piccolo di materiale. Alcune aspetti sono da tenere in considerazione per ottenere un buon campionamento: - Appropriata selezione dell’osso specifico per la campionatura;
- Ottenimento di una quantità sufficiente di ossa per le analisi; - Uso di tecniche appropriate per l’estrazione dei reperti.
Generalmente per questo tipo di studio è preferibile il campionamento della corticale dell’osso piuttosto che della parte spugnosa dell’osso. Infatti la corticale mostra una minor variazione nelle concentrazioni degli elementi. Sono stati perciò prelevati frammenti di osso delle
dimensioni di circa 2 cm; si è cercato inoltre, qualora i reperti lo permettessero, di prelevare per tutti gli individui un frammento dello stesso distretto scheletrico, in questo caso del femore.
Inoltre per evitare qualsiasi tipo di contaminazione è stato necessario lavare con acqua distillata deionizzata e alcool, e pulire con ultrasuoni gli strumenti utilizzati per maneggiare i reperti.
b) Preparazione dei reperti
In seguito all’estrazione, i reperti vengono preparati per le analisi in modo da renderli trattabili per delineare e quantificare i loro elementi costituenti. Le analisi vengono precedute da: - processo di pulitura;
- processo di asciugatura; - polverizzazione;
- digestione.
A causa della sua natura porosa e della sua suscettibilità alle alterazioni post-deposizionali, l’osso necessita di una speciale attenzione al processo di pulitura. L’osso viene perciò lavato con acqua distillata-deionizzata e lasciato in immersione per 24 ore al fine di sciogliere le concrezioni detritiche; dopodiché viene pulito attraverso l’uso di una vaschetta ad ultrasuoni per rimuovere le particelle di suolo, o di altri elementi contaminanti, dai pori o dalle piccole fessure dell’osso. L’asciugatura avviene lasciando l’osso all’aria, a temperatura ambiente per almeno 24 ore.
La polverizzazione invece è avvenuta attraverso l’uso di un mortaio a pesto in agata, materiale non contaminante.
L’ultima fase è la digestione e la completa dissoluzione, è cioè la fase distruttiva vera e propria del reperto. La dissoluzione del reperto è avvenuta attraverso attacco acido (acido nitrico e acido fluoridrico) e calore (piastra a 180°C) in vari step.
c) Determinazione e qualificazione dei contenuti chimici
La determinazione degli elementi in traccia nell’osso è avvenuta utilizzando la seguente metodologia analitica:
- ICP-MS (inductively coupled plasma mass spectrometry) “Serie X” Thermo dotato di CCTED (Collisional Cell Tecnology) per l’eliminazione/riduzione delle principali interferenze spettrali.
La spettrometria di massa a plasma accoppiato induttivamente, indicata con ICP-MS dall’inglese inductively coupled plasma mass spectrometry, è una tecnica analitica basata sull’utilizzo della spettrometria di massa abbinata al plasma accoppiato induttivamente.
La spettrometria di massa è una tecnica analitica potente usata per identificare prodotti incogniti, per determinazioni quantitative di composti noti e per chiarire le proprietà strutturali e chimiche delle molecole, utilizzando una quantità di campione estremamente limitata (un picogrammo, ossia 10-12 grammi).
Questa tecnica sfrutta l’utilizzo di una torcia al plasma ICP per produrre la ionizzazione ed uno spettrometro di massa per la separazione e la rivelazione degli ioni prodotti (Fig. 5.22).
Il Plasma - La spettrometria di massa elementare fornisce informazioni qualitative su quali elementi sono presenti in un campione complesso e informazioni quantitative sulla loro concentrazione. La sorgente ionica che viene utilizzata nella spettrometria di massa elementare è normalmente una scarica a pressione atmosferica, come il plasma induttivamente accoppiato (ICP), viene utilizzato di solito argon ad alte temperature (Schmidt e Symes, 2008). Il plasma viene prodotto utilizzando un flusso di argon, in tal modo vengono prodotti elettroni liberi e ioni Ar+. Gli elettroni interagiscono con il campo magnetico indotto subendo delle accelerazioni; essi collidono poi con gli atomi di argon producendo ulteriori ioni Ar+ ed elettroni: si raggiungerà una condizione di equilibrio dinamico quando la produzione di nuovi elettroni per collisione sarà bilanciata dalla combinazione degli elettroni con gli ioni Ar+ , processo che porta alla nuova formazione di atomi di argon. La sorgente ionica ha lo scopo di decomporre il campione nei suoi atomi costituenti e di ionizzare tali atomi. Il risultante fascio di ioni monoatomici viene quindi separato in uno spettrometro di massa e il segnale ottenuto viene usato per determinare la composizione del campione (Raffaelli, 2009).
Lo spettrometro di massa. Uno spettrometro di massa è uno strumento utilizzato per misurare la massa di una molecola dopo che essa è stata ionizzata, ossia alla quale è stata impartita una carica elettrica; più nello specifico lo spettrometro di massa non misura direttamente la massa molecolare, ma il rapporto massa/carica degli ioni che si formano dalla molecola in esame. La carica di uno ione è espressa come il numero z di cariche elementari, e il rapporto massa/carica è quindi espresso in termini di Da per unità elementare di carica. L’unità di misura utilizzata è
appunto il dalton (Da), definito come segue: 1 Da è ½ della massa di un atomo di carbonio, o meglio del suo isotopo carbonio 12 (12C) (Raffaelli, 2009).
Il campione, in genere sottoforma di soluzione liquida, viene trasformato in fase gassosa e viene introdotto in una camera da vuoto mediante un opportuno sistema di introduzione e viene ionizzato nella sorgente ionica. Gli ioni vengono generati mediante il bombardamento di molecole gassose con un fascio di elettroni ad alta energia. Gli ioni prodotti, che si trovano in fase gassosa, vengono separati nell’analizzatore sulla base del loro rapporto massa/carica (m/z), e vengono raccolti da un rivelatore. Gli ioni vengono rivelati, dopo la loro separazione, trasformando l’energia prodotta dalla collisione degli ioni sulla superficie del rilevatore, in modo da provocare l’emissione da parte di essa di altri ioni, elettroni o fotoni che vengono poi misurati mediante i rilevatori di luce o di carica. Nel rilevatore essi generano un segnale elettrico proporzionale al numero di ioni presenti. Il sistema di elaborazione dati registra questi segnali elettrici in funzione del rapporto m/z e li converte in uno spettro di massa. I processi che hanno luogo all’interno di uno spettrometro di massa sono (Raffaelli, 2009): 1) produzione di ioni e frammentazione; 2) separazione degli ioni in base al rapporto m/z; 3) rivelazione. La concentrazione può essere determinata tramite calibrazione con standard o tramite diluizione isotopica.
Lo spettro di massa consiste in un diagramma di abbondanza ionica in funzione del rapporto massa/carica. Gli spettri di massa vengono rappresentati spesso in forma di semplici istogrammi (Fig. 5.23); gli ioni e la loro intensità relativa permettono di stabilire peso molecolare e struttura del composto in esame.
Fig. 5.22 – Schema a blocchi di uno spettrometro di massa (Raffaelli, 2009).
FASE 2 – Analisi dei campioni attraverso la tecnica analitica della spettrometria di fluorescenza (XRF) portatile (ARTAX Portable µ-XRF Spectrometer – Bruker).
La spettrometria di fluorescenza portatile (XRF) (Fig.5.24) è una tecnica di spettroscopia in emissione di raggi X che permette l’identificazione degli elementi chimici che sono presenti o che compongono il campione esaminato. Il principio utilizzato è il seguente: impiegando una radiazione X di energia ed intensità appropriate è possibile creare, per effetto fotoelettrico, una vacanza (lacuna) in un guscio interno dell’atomo di un elemento. Tale posizione viene successivamente rioccupata da un elettrone che appartiene ad uno dei gusci più esterni, che nella diseccitazione produce un fotone che ha una energia pari alla differenza tra le energie dell’elettrone nelle due posizioni iniziale e finale (Fig. 5.25). Un sottile fascio di raggi X penetrando nel materiale, attraversando la porzione di superficie su cui incide, diminuisce progressivamente di intensità con una legge esponenziale in quanto la probabilità di interazione del singolo quanto di energia (fotone) non cambia; ma progressivamente il numero di fotoni diminuisce. Nel caso di radiazione molto energetica, come quella X, l’interazione avviene direttamente sul singolo elettrone, anzi in alcuni meccanismi sugli elettroni che appartengono ai gusci più interni dell’atomo. Questo è il caso utile per la produzione della radiazione di fluorescenza dei raggi X, che origina dal successivo processo di diseccitazione in cui vengono prodotti fotoni che hanno energie che sono caratteristiche del singolo elemento. Il processo di diseccitazione avverrà in modo che vi sia la produzione di un elettrone, detto Auger, o, in alternativa di un fotone. Dalla vacanza di un elettrone nel guscio più interno (detto K) vengono prodotti fotoni di due energie diverse (linee Kα
e Kβ ) (Fig. 5.26). Se la vacanza avviene sul guscio successivo (quello L) il numero di possibili
processi aumenta con la conseguente maggiore difficoltà di interpretazione dei risultati (linee L). Come conseguenza della penetrazione di un fascio di raggi X in un materiale vengono prodotti diversi fotoni con energie caratteristiche che tutti insieme danno luogo ad uno spettro che può risultare anche molto complesso. Lo spettro è costituito dai picchi relativi alle emissioni caratteristiche degli elementi costituenti il campione, ma anche dai segni degli eventi di diffusione elastica e non elastica dei fotoni nel materiale stesso (Cesareo et al, 2000; Halliday et al, 1998; Bertin, 1975).
La misura del numero di fotoni di fluorescenza di un certo elemento emessi è una osservazione qualitativa che permette di individuare la presenza di tale elemento sulla superficie del campione, in corrispondenza dell’area investita dalla radiazione eccitatrice; ciò che viene
esaminato è, infatti, uno strato più o meno profondo del campione a seconda della capacità di penetrazione dei fotoni emessi dall’elemento. Questa tecnica permette di stabilire la presenza di un determinato elemento ed, eventualmente, utilizzando un’appropriata metodologia di misura e di analisi dei dati, stabilire la concentrazione di esso nel campione. Il passaggio da tecnica di analisi qualitativa a quella quantitativa non è automatico e necessita di appropriate formule di calibrazione della strumentazione.
Questo tipo di analisi è impiegata in indagini non distruttive, il suo scopo è quello di studiare variazioni o distribuzioni spaziali di uno o più elementi in maniera qualitativa.
Fig. 5.24 - Schema funzionale di un sistema spettrometrico mobile per indagini XRF.
Fig. 5.26 - Principali transizioni nei gusci più interni che producono i raggi X caratteristici dei vari elementi (Cesareo et al, 2000).
FASE 3 – Analisi di due campioni ossei attraverso la tecnica analitica della spettrometria