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L’applicabilità dell’art 2542 (già art 2535)

Il problema delle persone giuridiche amministratrici di società (di persone)

2.2. L’applicabilità dell’art 2542 (già art 2535)

Il primo profilo tematico da analizzare concerne l’eventuale rilevanza, ai nostri fini, del previgente art. 2535, dettato in materia di cooperative, secondo cui «gli amministratori

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Tra le varie pronunce in tal direzione: Cass., 2.1.1995, n. 7, in Dir. fall., 1995, II, p. 545; Cass., 16.2.1993, n. 1906, in Dir. fall., 1993, II, p. 779; Cass., 17.10.1988, n. 5636, in Giur. comm., 1989, II, p. 708.

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devono essere soci o mandatari di persone giuridiche socie» 62.

La dottrina risalente traeva da questa norma la convinzione che amministratrici potessero essere solo le persone fisiche socie o quelle nominate come mandatarie dalle persone giuridiche socie (e giammai queste ultime) 63.

Si rispondeva, correttamente, che la dizione della norma non escludeva la possibilità che le persone giuridiche socie, in quanto tali, assumessero la veste di amministratrici della società, e che, anzi, lo scopo del legislatore era quello di ampliare la cerchia dei soggetti eleggibili, comprendendovi cioè soggetti non soci, purchè mandatari di persone giuridiche socie 64. Inoltre, la norma non impediva certo che mandatari delle persone giuridiche socie fossero a loro volta persone giuridiche 65.

Riteniamo che tale disposizione non fosse e non sia tuttora (nella sua nuova formulazione contenuta nell’art. 2542) applicabile alle società di persone.

Innanzitutto, la ratio della norma, che appare oggi più chiara grazie al nuovo testo dell’art. 2542, è quella di riservare ai soci cooperatori la nomina della maggioranza degli

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L’attuale art. 2542 («La maggioranza degli amministratori è scelta tra i soci cooperatori ovvero tra le persone indicate dai soci cooperatori persone giuridiche») rinnova nella forma ma non nella sostanza la precedente disposizione, lasciando così inalterata la tesi sfavorevole alla nomina dell’amministratore – persona giuridica, che si era precedentemente formata: cfr. R. Guglielmo,

Riflessi della riforma del diritto societario sull’amministrazione delle società di persone, cit., p. 1203. 63

G. Minervini, Gli amministratori di società per azioni, Milano, 1956, p. 88; G. Marasà, Poteri e

requisiti di eleggibilità degli amministratori di società cooperative, in Riv. dir. civ., 1989, I, p. 255 ss.;

E. Gliozzi, Società di capitali amministratore di società per azioni?, in Riv. soc., 1968, p. 138. 64

P. Guerra, op. cit., p. 700; Candian, Una persona giuridica in funzione di amministratore di

associazione non riconosciuta, in Temi, 1959, p. 329; S. Rizzini Bisinelli – S. Lopatriello, op. cit., p.

1177. Così anche G. Pescatore, Società di capitali amministratrice di altra società di capitali, in Giur.

comm., 2009, I, p. 1167, a mente del quale la norma «potrebbe anche essere letta nel senso di attribuire

ai soci cooperatori persone giuridiche la facoltà di scegliere se essere eletti amministratori (…) o indicare un terzo». La riforma sembra aver confermato quest’ultima tesi, consentendo «ora esplicitamente il superamento della riserva a favore dei soci nelle cariche amministrative» (F. Vella,

Commento all’art. 2542, in Commentario alla riforma delle società, a cura di Marchetti, Bianchi,

Ghezzi, Notari, Milano, 2006, p. 336). Anche secondo l’orientamento dell’8 novembre 2010 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, cit., dall’art. 2542 non si può trarre un argomento contrario all’ammissibilità della persona giuridica – amministratrice di società, giacchè se questo fosse un principio generale, il legislatore non avrebbe avuto alcun motivo di esplicitarlo nella norma de qua. Contrario rimane P.M. Sanfilippo, Eleggibilità di persona giuridica a liquidatore

o anche ad amministratore di società di capitali?, in Giur. comm., 2008, II, p. 668, secondo il quale la

disposizione ha come unico scopo quello di conservare il fondamentale principio di competenza assembleare nella scelta degli amministratori, senza che la norma «possa leggersi nel senso di introdurre una facoltà “ampliativa”, che si aggiungerebbe alla possibilità della persona giuridica di essere nominata essa stessa amministratore». A mente dell’Autore da ultimo citato, la regola dell’art. 2542 non avrebbe carattere eccezionale, ma sarebbe invece applicabile certamente alle s.p.a. (visto anche il divieto del voto per rappresentanza nel consiglio di amministrazione) e, se non diversamente disposto in statuto, anche alle s.r.l.

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amministratori, ratio che risulta evidentemente estranea alle società di persone ove, come vedremo, oltre a mancare una simile distinzione tra categorie di soci, non viene nemmeno sancito il diritto indisponibile di ogni socio di nominare gli amministratori 66.

In secondo luogo, la stessa dizione letterale del precedente art. 2535 (che parlava di «mandatari» di persone giuridiche socie 67) appariva inadeguata se trasportata nell’universo delle società personali. Relativamente a queste ultime, infatti, è ormai convinzione della dottrina prevalente che la natura giuridica del rapporto di amministrazione non possa qualificarsi semplicemente di mandato reciproco tra i soci, non condividendo le caratteristiche precipue del contratto di mandato 68. Sarà oggetto del Capitolo III la ricognizione delle tesi dottrinali sull’ammissibilità dell’amministratore estraneo nelle società di persone, strettamente connesse alla natura giuridica del rapporto di amministrazione. Qui si vuole però sottolineare come l’applicazione analogica alle società personali del previgente art. 2535, 1° comma, (o, meglio, della sua interpretazione come dato normativo contrario all’amministratore – persona giuridica), da un lato sia metodologicamente scorretta perché non fondata sui presupposti richiesti da simile tecnica ermeneutica, e, dall’altro, risulti fuorviante negli esiti: affermare che nelle società di persone partecipate da società di capitali, amministratori possano essere sole le persone fisiche designate come mandatarie delle persone giuridiche socie, non solo contrasta con quanto sopra specificato in ordine alla natura giuridica del rapporto di amministrazione, ma non serve neppure a risolvere il problema allo studio.

Al riguardo, bastino due considerazioni.

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R. Guglielmo, op. cit., p. 1204. In passato, sostenevano l’eccezionalità dell’art. 2535, 1° comma, evidenziando però l’estrinseca differenziazione tra società cooperative e società lucrative: B. Libonati,

Holding e investment trust, Milano, 1959, p. 179; G. Oppo, Sulla partecipazione di società a società personali, in Riv. dir. civ., 1976, I, p. 9.

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Lo stesso legislatore della riforma, accogliendo le critiche della precedente dottrina (G. Marasà,

Poteri e requisiti di eleggibilità degli amministratori di società cooperative, cit., p. 255 ss.), ha

eliminato il riferimento al mandato, sostituendolo con la più generica “indicazione” degli amministratori da parte dei soci cooperatori persone giuridiche: la scelta sarebbe «indirizzata a marcare l’indifferenza di tali rapporti allo svolgimento della funzione amministrativa» (F. Vella,

Commento all’art. 2542, cit., p. 337). 68

G. Grippo, Le società di persone, in AA. VV., Diritto commerciale, Bologna, 1999, p. 139; F. Galgano, Diritto commerciale. Le società, Bologna, 2003, p. 65. Si veda, in particolare, G. Cottino – R. Weigmann, Le società di persone, in Tratt. di dir. comm., III, Padova, 2004, p. 148 ss.: «a differenza del mandatario, l’amministratore non è soggetto alle istruzioni dei soci, non deve dare comunicazione dell’eseguito mandato, deve un rendiconto secondo un quadro contabile ben diverso da chi si limita a compiere uno o più atti giuridici».

Innanzitutto, la migliore dottrina ha da tempo riconosciuto la possibilità di nominare, anche nelle società personali, come mandatari generali o institori (qualora si tratti di impresa commerciale) soggetti estranei alla società, senza che ai soci venga così sottratta la direzione ed il controllo dell’impresa 69

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Inoltre – e questa è una delle chiavi di lettura su cui ci soffermeremo più diffusamente al Capitolo IV – sostenere che, in caso di società di persone interamente partecipata da società di capitali, queste ultime, non possano, in quanto persone giuridiche, assumere la veste di amministratrici, ma debbano necessariamente, all’uopo, designare persone fisiche estranee alla compagine sociale 70, non risolverebbe neanche l’alternativa dogmatica che ci si è posti all’indomani della riforma (sulla quale si rinvia in fine al paragrafo 2 del Capitolo I): quella tra l’amministratore – persona giuridica e l’amministratore - non socio. Infatti, nessuna norma 71

vieterebbe alle società di capitali socie di designare come amministratore non una persona fisica, bensì un altro ente, con la conseguenza più generale che le persone giuridiche potrebbero amministrare società di persone anche quando non fossero socie di queste ultime. Ma allora, così ragionando, cadrebbe l’alternativa dogmatica che si poneva inizialmente: verrebbe scardinato sia il principio per cui amministratore di una società di persone deve essere una persona fisica, sia quello per cui amministratore deve necessariamente essere un socio.

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F. Galgano, Diritto commerciale. Le società, cit., p. 66: «Per ritenere ammissibili amministratori non soci si dovrebbe, in realtà, dimostrare che la stessa direzione dell’impresa, nella quale si identifica la facoltà di amministrare, sia trasferibile ad estranei». G. Grippo, Le società di persone, cit., p. 139: «La società, a seconda delle situazioni, potrà nominare, come può farlo qualunque imprenditore, anche un mandatario generale oppure, in caso di esercizio di un’attività commerciale, un institore. Le funzioni amministrative e l’esclusività della loro attribuzione ai gestori sociali non saranno vanificate dalla delega, che, come tale, implica poteri di controllo e di revoca, nonché la permanenza del sistema di responsabilità». G. Cottino – R. Weigmann, Le società di persone, cit., p. 149: «E nemmeno, ai sensi dell’art. 1717 cod. civ., l’amministratore potrebbe delegare integralmente i suoi compiti a un sostituto: se nomina un institore nelle società commerciali o se conferisce procure, generali o speciali, a soci o a terzi, ne deve dirigere e sorvegliare l’operato, senza abdicare alle sue funzioni».

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Ritenendo quindi, contrariamente alla dottrina tradizionale, tramontato il principio dell’amministratore socio: A. Riccio, La società di capitali può, dunque, essere socia ed

amministratore di una società di persone, in Contr. impr., 2004, p. 321; ID., La persona giuridica può, dunque, esercitare la funzione di amministratore, in Contr. impr., 2007, p. 26.

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Certo non l’attuale art. 2542, 2° comma, che parla di «persone» (suscettibile di ricomprendere, letteralmente, persone fisiche e giuridiche) nominate dai soci cooperatori persone giuridiche. Anche altrove il termine «persone» si riferisce genericamente ad ogni soggetto di diritto; cfr., ad esempio, l’art. 2463, 2° comma, n. 8 (così anche A. Busani, Nomina di persone giuridiche alla carica di

amministratore di società di capitali, cit., p. 352). Dunque l’argomento letterale che la tesi ostativa

alla persona giuridica amministratrice di società vorrebbe valorizzare, può essere utilizzato a

È evidente, dunque, che il richiamo all’art. 2542 (già art. 2535) al fine di sostenere l’impossibilità per una persona giuridica (nel nostro caso, una società di capitali) di amministrare una società (di persone), sia inadeguato allo scopo.