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La riserva di legge nella nomina degli amministrator

Il problema delle persone giuridiche amministratrici di società (di persone)

2.3. La riserva di legge nella nomina degli amministrator

Vediamo ora se sia calzante l’invocazione di un altro principio generale (o presunto tale) al fine di escludere la fattispecie società di capitali – amministratrice di società personale. Si tratta del principio secondo cui la nomina degli amministratori spetterebbe esclusivamente ai soci della stessa società amministrata, con il conseguente rischio della violazione del medesimo qualora le persone fisiche concretamente preposte alla gestione fossero scelte ad libitum dalla persona giuridica amministratrice della società. Per la verità, il principio era stato elaborato con riguardo all’ipotesi di una persona giuridica nominata amministratrice di una società di capitali, nella quale ultima si sarebbe dovuta rispettare, secondo questa dottrina, la competenza esclusiva dell’assemblea della società amministrata nella nomina e nella revoca degli amministratori 72.

Questa tesi, ampiamente criticata nel merito prima della riforma 73, risulta oggi insoddisfacente nella sua asserita valenza di interpretazione comune a tutti i tipi di società di capitali (e, vedremo di seguito, anche di persone) amministrate.

Già con riguardo alla società in accomandita per azioni si è osservato che «non sussiste il potere esclusivo dell’assemblea dei soci di designare gli amministratori» 74

, poiché i soci

72

E. Gliozzi, op. cit., p. 138 ss., ove si faceva leva sui previgenti artt. 2364 e 2383 che riservavano all’assemblea di s.p.a. la nomina e la revoca degli amministratori.

73

Si osservava giustamente che i soci, nominando e revocando la persona giuridica amministratrice, «ben lungi dall’essere esautorati, esercitano i poteri previsti dall’art. 2383, essendo indifferente chi, in concreto, venga prescelto, in applicazione delle regole che la contraddistinguono, per darle voce» (G. Caselli, Vicende del rapporto di amministrazione, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, IV, Torino, 1991, p. 28, il quale Autore era comunque contrario all’amministratore – persona giuridica). Adde, A. Torrente – P. Schlesinger, Manuale di diritto privato, Milano, 1994, p. 101; S. Rizzini Bisinelli – S. Lopatriello, op. cit., p. 1173. Da ultimo, in questa direzione, v. A. Cetra,

La persona giuridica amministratore nelle società, in AA. VV., Amministrazione e controllo nel diritto delle società, Torino, 2010, pp. 115 ss., il quale ritiene che la nomina dell’amministratore –

persona giuridica debba essere intesa come una «sorta di determinazione per relationem di chi in concreto è chiamato a svolgere l’incarico gestorio, per il tramite dell’affidamento della stessa ai centri decisionali della persona giuridica prescelta».

74

F. Galgano – R. Genghini, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e di diritto

accomandatari sono di diritto amministratori, ragione per cui se una società è socia accomandataria di una s.a.p.a., ne sarà anche amministratrice 75.

Ma è con riferimento alle società a responsabilità limitata che la tesi, dopo la riforma, appare ancor più inappagante. L’affrancamento della disciplina delle s.r.l. da quella delle s.p.a. porta oggi ad affermare che non sussista più, nelle prime, una riserva assoluta di competenza assembleare nella nomina degli amministratori. L’inciso «salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo» di cui all’art. 2475, 1° comma, è stato correttamente inteso nel senso di consentire che il diritto di nomina degli amministratori venga attribuito ad uno o alcuni soltanto dei soci (ex art. 2468, 3° comma) 76 o, ancora, nel senso che lo statuto possa designare direttamente gli amministratori, senza necessità di nomina da parte dei soci 77.

Il rischio dell’esautoramento del potere dei soci di nominare gli amministratori – che, come appena visto, non è comune a tutte le società di capitali – non può tantomeno rinvenirsi nell’universo delle società personali.

Nelle società in accomandita semplice la qualifica di amministratore è inscindibilmente connessa con lo status di socio accomandatario (art. 2318) – pur non essendo tutti gli accomandatari necessariamente amministratori - per cui è evidente che se una persona giuridica partecipa ad una s.a.s. in veste di unica socia accomandataria, per ciò solo ne sarà amministratrice, in difetto di diversa pattuizione contenuta nel contratto sociale o in atto separato.

Anche nelle società semplici e nelle società in nome collettivo, dove pure, di regola, è richiesta l’unanimità per la nomina, nel contratto sociale o con atto separato, degli amministratori, si esclude l’immanenza di una riserva in capo a tutti i soci di tale potere. Infatti è ben possibile che alcuni soci siano privati non solo del potere di amministrare ma anche di quello di scegliere gli amministratori, e ciò sfruttando l’apertura determinata

75

Parere dell’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato, in risposta al quesito n. 5920/I «Società di capitali amministratore di altra società di capitali», cit.; Massima n. 100 elaborata dalla Commissione società del Consiglio notarile di Milano, cit.; A. Busani, Nomina di persone giuridiche

alla carica di amministratore di società di capitali, cit., p. 354; P. Gallini, Persona giuridica come amministratore di srl: vantaggi e limiti, in Dir. e prat. delle società, n. 20/2008, p. 36.

76

Si veda, ex pluribus, O. Cagnasso, Una s.r.l. come amministratore di altra s.r.l.?, cit., p. 10; F. Galgano – R. Genghini, Il nuovo diritto societario, cit., p. 768; M. Frascati, Soluzioni operative: s.r.l.

amministrata da altra s.r.l., in Dir. e prat. delle società, n. 8/2007, p. 43. 77

A. Busani, Nomina di persone giuridiche alla carica di amministratore di società di capitali, cit., p. 352; Massima n. 100 elaborata dalla Commissione società del Consiglio notarile di Milano, cit. Significativo che lo stesso V. Salafia, Persone giuridiche amministratrici di società, cit., p. 1325, pur essendo tendenzialmente contrario all’amministratore – persona giuridica, riconosca che il lessico dell’art. 2475, 1° comma, «potrebbe leggersi nel senso di non escludere la comprensione, fra i soggetti abilitati alla funzione amministrativa, delle persone giuridiche».

dall’inciso «salvo diversa pattuizione» di cui al 1° comma dell’art. 2257. Questo potrebbe avvenire, in via diretta, mediante una clausola contrattuale che riservi il potere di nomina ad uno o alcuni soltanto dei soci, analogamente a quanto può prevedere lo statuto di s.r.l. in materia di particolari diritti dei soci 78: si noti, tra l’altro – ad ulteriore conferma della liceità della suddetta clausola - come, nel pensiero della dottrina, quest’ultimo istituto innesti «una variabile personalistica sull’impianto capitalistico» 79 della s.r.l., con ciò presupponendosi la piena legittimità del modello derogatorio di partenza proprio delle società di persone. Oppure, la sottrazione ai soci della nomina degli amministratori potrebbe concretarsi, in via indiretta, per effetto del subingresso di un nuovo socio acquirente della partecipazione sociale, senza il consenso di tutti gli altri soci, in deroga all’art. 2252, qualora l’atto costitutivo preveda la libera circolazione delle quote 80. In tale ultimo caso, l’acquirente della partecipazione sociale

78

Secondo R. Guglielmo, Riflessi della riforma del diritto societario sull’amministrazione delle

società di persone, cit., p. 1204, «si avrebbe, in tale ipotesi, una rinuncia da parte degli altri soci al

diritto di scegliere gli amministratori della società». Così orientato A. Rossi, Il GEIE nell’ordinamento

italiano, Milano, 1998, p. 224: «nominare un amministratore nel contratto sociale significa sottrarre

agli altri soci una facoltà che spetterebbe loro per legge». Anche secondo A. Cetra, op. cit., p. 114, nelle società di persone non si pone il problema esaminato nel testo, giacchè in esse «il criterio di attribuzione della carica gestoria presuppone l’investitura su un soggetto specifico, determinato o determinabile ex ante, in ragione dello status di socio rivestito o di determinate qualità possedute, senza risentire delle caratteristiche legate alla natura di tale soggetto, che allora potrebbe essere anche diverso dalla persona fisica». Favorevolmente schierato anche F. Platania, Partecipazione di società di

capitali in società di persone, cit., p. 62, che reputa lecite le «clausole statutarie che attribuiscano alla

società-socia poteri decisivi nella nomina degli amministratori, o che attribuiscano, alla società-socia, il potere di amministrare la società senza effettivo controllo da parte degli altri soci». In effetti nulla osta a considerare disponibile la facoltà di amministrare di ogni socio, poiché quel che interessa al legislatore, nelle società personali, è solamente la tutela dei terzi creditori sociali, legando il potere di gestione alla responsabilità illimitata. Problema diverso, di cui ci occuperemo al Capitolo III, è valutare se la rinunzia al diritto ad amministrare possa avvenire anche a favore di un terzo. Si noti anche che l’Autore da ultimo citato considera pienamente lecita (in quanto possibile conseguenza dell’introduzione delle clausole contrattuali sopra menzionate) l’ipotesi inversa a quella della società di capitali amministratrice della società personale: cioè l’ipotesi in cui tutti i poteri amministrativi siano assegnati a soci diversi dalla società di capitali partecipante alla società di persone, restando relegata la prima ad un «ruolo del tutto marginale nelle decisioni vitali» della seconda (p. 94).

79

M. Maltoni, Commento all’art. 2468, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, Padova, 2007, p. 995.

80

R. Guglielmo, Riflessi della riforma del diritto societario sull’amministrazione delle società di

persone, cit., p. 1204. Ovviamente, a condizione che si ammetta la legittimità di una clausola statutaria

di libera trasferibilità della quota di società di persone: in senso positivo, in giurisprudenza, Cass., 22.6.1963, n. 1692, in Riv. dir. comm. e obbligazioni, 1964, II, p. 40; Cass., 10.2.1971, n. 340, in

Giust. civ., 1971, I, p. 706; Trib. Milano, 28.12.1989, in Riv. dir. comm. e obbligazioni, 1991, II, p.

589. In dottrina: P. Spada, La tipicità delle società, Padova, 1974, p. 305; G.C. Rivolta, La

partecipazione sociale, Milano, 1965, p. 327 ss.; A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963, p.

164; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, 2, Diritto delle società, Torino, 2002, p. 111; F. Di Sabato, Manuale delle società, Torino, 1995, p. 91, il quale ammette la clausola di trasferibilità che preveda la valutazione di requisiti soggettivi della persona del socio subentrante. In senso contrario, F. Tassinari, Trasferimento per atto tra vivi delle quote di società di persone, in Riv. notariato, 1958, p.

(a responsabilità illimitata) diventerebbe certamente amministratore senza essere scelto dagli altri soci, per il fatto che, se non previsto diversamente nel contratto sociale, il potere di amministrare spetta disgiuntamente a ciascun socio 81. Questa conclusione mi pare condivisibile sia accogliendo la tesi che considera il potere di amministrazione come un potere originario, che la legge riconosce al socio, quale «capo dell’impresa sociale» 82, sia aderendo a quella opposta dottrina, che distingue dal rapporto sociale il rapporto di amministrazione, rinvenendo in quest’ultimo la sostanza del mandato 83

. Insomma, una volta ammessa la convenzione del libero trasferimento delle quote, ne deriva che la sottrazione ai soci del potere di scegliere gli amministratori rappresenta una conseguenza legale dell’assetto organizzativo unanimemente determinato nel contratto sociale 84.

Affermata dunque l’insussistenza di una riserva legale assoluta, in capo ai soci di società di persone, del potere di nomina degli amministratori, ne discende l’impossibilità di invocare il rischio di violazione di detta riserva per negare la capacità di una società di capitali di amministrare una società personale.

294 ss.; E. Simonetto, Responsabilità e garanzia nel diritto delle società, Padova, 1959, p. 510, e in

Arch. civ., 1985, p. 289 ss. 81

L’esattezza di questa ricostruzione sembra essere confermata anche da quella dottrina che ha evidenziato l’opportunità, a tal riguardo, di clausole statutarie volte a disancorare le vicende degli amministratori dalla circolazione delle partecipazioni sociali, «per far sì che il nuovo entrato in società, pur subentrando ad un amministratore, non acquisti il diritto di amministrare, ma quello, più limitato, di concorrere alla nomina degli amministratori» (L. Pisani, Società di persone ―a struttura

corporativa‖, Torino, 2000, p. 25). Il libero subingresso, nella compagine della s.n.c., di un nuovo

socio – nell’ipotesi che ci interessa, una società di capitali - munito del potere di gestione potrebbe determinare inoltre, come sottolinea F. Platania, Partecipazione di società di capitali in società di

persone, cit., p. 207, il problema della possibile violazione del divieto di concorrenza di cui all’art.

2301: in tal caso, secondo il citato Autore, sarebbe necessario e sufficiente il consenso espresso dagli amministratori della società di persone all’esercizio dell’attività concorrente da parte della società di capitali – socia, e ciò sulla base del fatto che la legittimazione a proporre la domanda di risarcimento del danno, in caso di violazione del divieto di concorrenza, spetta alla società e dunque a chi la rappresenta. A nostro avviso, invece, il consenso de quo deve essere prestato necessariamente da tutti i soci, trattandosi di un diritto soggettivo disponibile che opera a favore e contro ogni socio della s.n.c. (ed ogni accomandatario della s.a.s.).

82

V. per tutti, F. Galgano, Diritto commerciale. Le società, cit., p. 62 ss. 83

G. Ferri, Delle società, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, V, Del lavoro, 3a ed., Bologna-Roma, 1981, p. 172: «Il potere di amministrazione, anche quando è soltanto conseguenza della partecipazione alla società, non è elemento del rapporto sociale, ma è elemento di un distinto rapporto che in quello sociale si innesta, rimanendone autonomo anche se connesso, e pertanto soggetto ad una autonoma disciplina».

84

Sotto questo profilo, non c’è dubbio che è dalla manifestazione unanimistica all’atto della conclusione del contratto di società che deriva l’applicazione della regola (eccezionale) del libero trasferimento della partecipazione (v. anche F. Galgano, Diritto commerciale. Le società, cit., p. 52 ss., con riguardo all’introduzione del principio maggioritario in deroga all’art. 2252).