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La rilevanza dell’intuitus personae

Il problema delle persone giuridiche amministratrici di società (di persone)

2.4. La rilevanza dell’intuitus personae

Veniamo ora ad una terza argomentazione utilizzata anteriormente alla riforma per negare sia la partecipazione di società di capitali in società di persone, sia, a maggior ragione, la gestione delle seconde ad opera delle prime.

L’intuitus personae, cioè quell’elemento che fa sì che «due o più soggetti si uniscono in società sul fondamento della reciproca fiducia nelle attitudini dei singoli e dell’affidamento che la consistenza del patrimonio di ciascuno ingenera negli altri» 85, avrebbe determinato, prima della riforma, l’impossibilità per una società di capitali di partecipare ad una di persone e continuerebbe a determinare, dopo la riforma – caduto espressamente, per disposizione normativa, il primo assunto – l’inammissibilità della società di capitali amministratrice di una società personale.

Non si vuole ripetere quanto già detto al paragrafo 2 del Capitolo I in merito all’evoluzione della dottrina circa la valenza soltanto “naturale” e non essenziale dell’intuitus personae. Basti però ricordare come tale argomento, già considerato troppo debole da quella stessa Cassazione che negava la partecipazione di società di capitali a società di persone (ma sulla base di altre argomentazioni) 86, appaia ancor più inconferente se rapportato al problema della società di capitali – amministratrice della società di persone partecipata.

In primo luogo, quale che sia la natura giuridica del rapporto di amministrazione nelle società personali, l’intuitus personae non rappresenta un elemento essenziale di quel rapporto. Questo vale qualora si accolga la tesi della natura originaria, ex lege, dei poteri di amministrazione, essendo in tal caso rimarcata l’indipendenza e l’autonomia decisionale di ciascun amministratore, il quale non sarà tenuto a dar conto dell’esercizio della sua sovranità, se non nei limiti del controllo di cui all’art. 2261. Ma vale anche qualora si preferisca la tesi del rapporto di amministrazione come di mandato conferitosi reciprocamente dai soci. All’uopo

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G. Grippo, Le società di persone, cit., p. 119. 86

La ormai celebre Cassazione 17.10.1988, n. 5636, in Foro it., 1988, I, 3248; Giur. it., 1989, I, 1, c. 59; Dir. fall., 1989, II, p. 315; Giur. comm., 1989, II, p. 5, aveva già superato le tradizionali argomentazioni basate sull’intuitus personae e sull’affectio societatis, giacchè «ritenute irrilevanti perché generiche e descrittive e non correlate da norme inderogabili ed imperative» (F. Pugliese, La

partecipazione di una società di capitali in qualità di socio in una società di persone comporta violazione di norme inderogabili?, in Impresa e Società di persone, a cura di A. Gambino, Torino,

2004, p. 147), spostando l’attenzione sul possibile pregiudizio derivante alla società di capitali e ai suoi creditori dalla partecipazione ad una società di persone. Cfr. anche C. Conforti, La società in

accomandita semplice, in Il Diritto privato oggi, a cura di P. Cendon, Milano, 2005, p. 112. Sul piano

pratico, anche la recente dottrina ribadisce che nella persona giuridica ben possono rinvenirsi requisiti che costituiscono «i coefficienti alla base di una relazione di fiducia», tra i quali, ad es., la «puntualità nell’adempimento di incarichi assunti; affidabilità economica; consistenza patrimoniale; ecc.» (i virgolettati sono di A. Cetra, op. cit., p. 119).

soccorrono un’autorevole dottrina 87

e, ora, la giurisprudenza di legittimità 88, che negano il carattere fiduciario del mandato ad amministrare, proprio per la mancanza di quell’intuitus personae che dovrebbe determinare la produzione di conseguenze giuridiche 89.

In secondo luogo, non riteniamo possibile invocare, in siffatta ipotesi, una tutela del legittimo affidamento dei soci della società di persone a non vedersi cambiare gli amministratori da loro scelti. E questo semplicemente perché il mutamento della compagine amministrativa della partecipante non rappresenta una modifica dei patti sociali della società di persone e non richiede quindi il consenso dei soci di quest’ultima 90

. Amministratrice della società personale resta la società di capitali, alla quale già i soci della società di persone partecipata avevano (solo eventualmente, stante le possibili deroghe esposte sopra) espresso la preferenza. Finchè si rimane nell’ambito della rappresentanza organica 91

, non si può discorrere di elusione delle norme sull’amministrazione. Semmai si volesse ancora far valere una presunta riserva assoluta, in capo ai soci, del potere di nomina degli amministratori (così non è, come già

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Su tutti v. A. Luminoso, Mandato, commissione, spedizione, Milano, 1984, p. 181. 88

Cass., sez. II, 24 ottobre 2006, n. 22840, in Dir. e giust., n. 41/2006, p. 18 ss., anche se con riferimento all’amministrazione di un condominio: «Al contrario, nel mandato la particolare rilevanza della persona o delle qualità del mandatario non influisce sulla disciplina, posto che il mandato, come tipo legale, non è caratterizzato dalla personalità della prestazione del mandatario». Contra, Cass., 8.10.1963, n. 2668, in Mass. Giust. civ., 1963, p. 1250; Cass., 9.6.1994, n. 5608, in Foro it., 1994, c. 3436.

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Secondo Cass., sez. II, 24 ottobre 2006, n. 22840, cit., p. 18 ss., altrove occorre individuare la ratio della disciplina del contratto di mandato, che pure presenta, prima facie, elementi di vicinanza ad un contratto intuitu personae: «L’incedibilità inter vivos degli obblighi del mandatario, piuttosto che dal carattere personale degli obblighi stessi, dispone dell’applicazione della disciplina dettata in materia di trasferimento delle obbligazioni passive (artt. 1273 ss., 1406 ss. c.c.). Non trova giustificazione in un elemento fiduciario l’assetto dello scioglimento, in ordine a talune cause speciali di estinzione, quali la revoca o la rinuncia (art. 1722, nn. 2 e 3, c.c.) ed il fallimento (art. 78 l. fall.). Quanto all’estinzione per morte o sopravvenuta incapacità di uno dei contraenti (art. 1722, n. 4, c.c.) e alla intrasmissibilità

mortis causa del rapporto non sussiste la ratio fiduciae poiché lo scioglimento trova la propria fonte

non nella fiducia, ma nel carattere personale della valutazione dell’interesse compiuta in precedenza dal mandante».

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Così anche F. Platania, Partecipazione di società di capitali in società di persone, cit., p. 199. Che la società amministratrice operi per il tramite di persone fisiche mutevoli, è considerato «un dato di mero fatto, giuridicamente non rilevante» anche dall’orientamento dell’8 novembre 2010 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, cit.

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Si è anche affermato che agli amministratori di società per azioni è attribuita «una rappresentanza simile (ma non uguale) a quella organica», meglio definibile come «rappresentanza sociale, considerando tale fattispecie una tipologia autonoma e distinti da quella civilistica» (A. Montonese, La

rappresentanza ―sociale‖ degli amministratori, in www.dircomm.it). Sulla fonte del potere rappresentativo degli amministratori di s.p.a. si discute tra chi la individua nella legge (V. Calandra Buonaura, Potere di gestione e potere di rappresentanza, in Trattato delle società per azioni, diretto da Colombo e Portale, Milano, 1991, V, p. 130 ss.) e chi nella volontà della società, espressa nello statuto o nella delibera di nomina (C. Malberti, Commento all’art. 2384, in Il nuovo diritto delle

dimostrato supra), tale riserva non verrebbe comunque violata dal mutamento del rappresentante legale della società di capitali – amministratrice della società personale: la fiducia è stata accordata dai soci a quella società di capitali, con la piena consapevolezza delle regole che ne governano il funzionamento. Sorprende, quindi, che un’autorevole dottrina consideri come «l’obiezione più seria» alla tesi della società di capitali amministratrice sia «quella secondo cui la scelta della persona fisica che dovrà materialmente gestire l’impresa societaria venga (n.d.r.) sottratta all’assemblea dei soci e rimessa alla discrezione della società, con cui il rapporto di amministrazione viene instaurato» 92. Invero, il principio della riserva di competenza assembleare per la nomina e la revoca degli amministratori (valido al più, come già visto, solo nelle s.p.a.) non contrasta con il principio della rappresentanza organica: del resto, l’assemblea della s.p.a. può revocare, in qualunque tempo, l’amministratore – società, determinando di conseguenza «la cessazione delle funzioni amministrative esercitate dall’organo decisionale della persona giuridica designata quale amministratore e poi revocata» 93. Nelle società di persone, dove manca una riserva assoluta di competenza in capo a tutti i soci per la nomina degli amministratori, la revoca di questi ultimi presuppone pur sempre la sussistenza della giusta causa 94. E certo la giusta causa, che è stata individuata dalla giurisprudenza anche nel compimento di fatti idonei a minare il pactum fiduciae tra gli amministratori e la società 95, non può rinvenirsi in un semplice mutamento organizzativo interno alla società di capitali socia ed amministratrice della società di persone. La giusta causa di revoca deve pur sempre consistere in un comportamento concreto posto in essere dall’amministratore o in un impedimento oggettivo allo svolgimento delle funzioni gestorie 96, non bastando all’uopo un avvenimento esterno al rapporto società – amministratore. Dunque, se l’avvicendamento delle persone fisiche chiamate a gestire e a

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V. Salafia, Persone giuridiche amministratrici di società, cit., p. 1329. 93

A. Busani, Nomina di persone giuridiche alla carica di amministratore di società di capitali, cit., p. 347. Resta salvo il diritto al risarcimento del danno sa la revoca avviene senza giusta causa: art. 2383, 3° comma. Di questo parere, pur giungendo implicitamente a negare la configurabilità di una società di capitali amministratrice di una di persone, A. Lanza, Una società di capitali amministratore di

società in accomandita semplice, in Banca, borsa, tit. cred., 1970, I, p. 267: «il potere di revocare la

persona fisica organo della società amministratrice è assorbito dal potere di revocare la stessa società amministratrice».

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La quale si atteggia come condizione di efficacia della revoca, se gli amministratori sono stati nominati nel contratto sociale, o come semplice requisito per il risarcimento dei danni, in caso di nomina con atto separato (art. 2259).

95

Cass., 21.11.1998, n. 11801, in Giust. civ. Mass., 1998, 2417. 96

G. Grippo, Le società di persone, cit., p. 140; per una sintetica ricognizione giurisprudenziale delle fattispecie di giusta causa, v. F. Lombardo, Commento all’art. 2259, in Commentario breve al diritto

rappresentare la società di capitali – amministratrice della società di persone non costituisce una giusta causa di revoca della stessa società amministratrice, ciò si verifica perché tale mutamento non incide direttamente su quell’intuitus personae che caratterizza, in modo naturale (ma derogabile), i rapporti tra i soci di società personali e tra questi e gli amministratori.

Tutto ciò a patto – come vedremo meglio al Capitolo IV – che le sostituzioni delle persone fisiche concretamente preposte all’amministrazione vengano realizzate all’interno del contesto della rappresentanza organica (o al più, della rappresentanza commerciale), senza sconfinare in quello della rappresentanza volontaria, profilandosi sì, in quest’ultimo caso, la violazione di vari principi generali, tra cui quello della nomina degli amministratori da parte dei soci della società di persone (principio che, come già detto supra, può ben essere disatteso, ma sempre con una decisione unanime, “a monte”, dei soci).

Il principio dell’intuitus personae, dunque, non ostacola l’assunzione dell’amministrazione di una società di persone da parte di una società di capitali, allo stesso in modo in cui non ostacola – per espresso riconoscimento normativo – la partecipazione di una società di capitali come socia di una di persone.